Kurdistan: newroz 2003




E' importante come si comincia un giorno, un periodo, un anno; l'inizio
e' un momento delicato, carico di speranza e aspettative.
Siamo abituati a consegnare al capodanno i ricordi e le aspirazioni
migliori; il nostro capodanno casca in un freddo e grigio giorno
d'inverno, i curdi invece lo festeggiano il primo giorno di primavera,
quando la natura riprende vita e colore. Qualcosa vorra' dire...

Il capodanno curdo si chiama Newroz; viene celebrato con gioia, canti e
danze, e da sempre rappresenta il giorno piu' importante per manifestare
l'identita' culturale del popolo curdo.
Proprio per questo in Turchia e' stato per lungo tempo represso, anche
nel sangue, e tuttora viene ostacolato in mille modi.
Nell'ambito del processo di assimilazione della minoranza curda, la
distruzione della sua cultura e' uno degli strumenti principali attuati
dal governo turco; la lingua viene vietata, la musica e la letteratura
ostacolate, e le feste proibite.
Solo nel 2000 il Newroz e' stato autorizzato e cosi' pure negli anni
seguenti: il governo pero' concede l'autorizzazione solo all'ultimo
momento, stabilisce il posto e detta le modalita' del suo svolgimento.
Quest'anno il Newroz e' stato autorizzato, per la prima volta, anche a
Istanbul, dove e' diventato una grande occasione per manifestare uniti
anche ad associazioni turche contro la guerra.

A Diyarbakir, la capitale del Kurdistan turco, il Newroz si svolge in uno
spazio apposito fuori dalla citta', diverso da quello richiesto dagli
organizzatori. Si tratta di un recinto, circondato da un dispiegamento
notevole di polizia, che perquisisce tutti, sequestra bandiere e simboli
curdi, intimidisce i partecipanti. Anche la durata e' prestabilita, dalle
9 alle 16, in modo che i lavoratori non vi possano partecipare.
Sembra una specie di ora d'aria, concessa all'interno di una prigionia
che dura per tutto il resto dell'anno.

L'astmosfera e' elettrizzante, gia' dalla mattina presto. In tutti i modi
possibili immaginabili la gente si muove verso il posto della festa;
camion carichi, carretti, pulmini, bus, trattori, moto, qualsiasi mezzo
di locomozione e' utile allo scopo, ed e' quindi stracarico di persone.
E' il giorno del vestito della festa, soprattutto per le ragazze, e del
pane migliore.

Dopo tanta oppressione, ingiustizie e tragedie, che colpiscono
praticamente tutti qui in Kurdistan, in questo giorno esplode la voglia
di vivere. Vedo centinaia di occhi che mi riempiono di gioia. Con stupore
raccolgo in continuazione sorrisi, strette di mano, dolci tipici e anche
qualche parola in inglese.

Il ricordo va piu' di una volta, durante la festa, a chi soffre nelle
carceri turche, ma la paura imposta dall'oppressione, e che permane nelle
visibili forze militari presenti intorno alla festa, sembra impotente di
fronte alla gioiosa determinazione di un popolo che pretende giustamente
la liberta'.
Sembra... forse lo e'.
C'e' qualche tensione, in altre citta' probabilmente degli scontri, ma la
forza che palpita dalle centinaia di migliaia di persone qui a Diyarbakir
non puo' essere fermata.

Mi chiedo quanto c'entri tutto questo, la festa, i canti e i balli, con
la tragedia che si sta consumando qui vicino, in Iraq, e che potrebbe
ripercuotersi tra poco anche da queste parti.
Mi rispondo che si', c'e' un tempo anche per gioire, per scambiarsi uno
sguardo e un sorriso, che ci faccia sentire parte della stessa umanita'
che vuole un mondo di pace e liberta' per tutti.
Per poi ricominciare il giorno dopo, con nuovo entusiasmo, a costruire un
mondo diverso.

Diyarbakir, Kurdistan, 21/3/2003
Francesco Iannuzzelli - Associazione PeaceLink