News da diyarbakir



Diyarbakir - 19/3/2003

Siamo arrivati a Diyarbakir la sera tardi. Lei ci ha accolto con la luna
piena che illuminava le sue mura imponenti, col sottofondo della musica
curda del taksi. Una visione indimenticabile.

Daniele mi fa notare come questo sia un mondo completamente diverso.
E' vero, non ha niente a che vedere con Istanbul. Sono due mondi diversi,
come e' possibile tenerli sotto lo stesso stato? O addirittura che uno
reprima l'altro?

Mi rendo conto di essere come fuori dal mondo in questo momento
particolare, con la guerra alle porte. Baghdad e' qui vicino, ma sembra
cosi' lontana rispetto alla quotidianita' della vita in Kurdistan,
riempita della costante oppressione turca.
E poi c'e' il Newroz tra pochi giorni che assorbe tutta l'attenzione e le
energie della gente da queste parti. Ci dicono che e' stato autorizzato,
anche se non nel posto dove volevano farlo; sara' fuori citta', ma
l'importante e' che ci sara'.

L'accoglienza e l'ospitalita' orientale sono un rito cosi' profondo e
radicato, che lo senti anche nelle cose, nelle sedie, nei braccioli, nei
tavolini, e in questo meraviglioso te'.

A notte fonda scopriamo dall'usciere che il governo turco ha concesso le
basi agli USA, ma che non partecipera' con le proprie truppe alla guerra.
A prima vista, per quel poco che posso capire da qui, sembra una notizia
relativamente buona.
Tanto gli USA stavano lo stesso utilizzando le basi, per loro cambia
poco, Certo ora proveranno a farlo in maniera piu' intensa, ma magari
cio' dara' anche l'occasione per forme di protesta popolare nonviolenta.
Invece la non partecipazione delle forze armate turche evita una maggiore
militarizzazione del sud-est, proprio drante il Newroz, e soprattutto
evita lo scontro con i curdi dell'Iraq settentrionale.
Mah, chissa'.

In aereo c'era gente di tanti paesi, francesci, belgi, inglesi, italiani,
mescolati a donne curde visibilmente impacciate nella dinamica degli
spostamenti di un aereo, e militanti curdi, armati di strumenti musicali
e di voglia di riunirsi per questa importante occasione.
Ma c'erano anche degli uomini robusti, capelli corti, lineamenti decisi,
parlata chiaramente americana. Stavano in parte, per i fatti loro.
I dubbi si chiariscono all'arrivo alla'eroporto, alla raccolta dei
bagagli, quando vediamo le loro eloquenti borse verdi.
Sono militari statunitensi, sono qui per la guerra.
Sono qui per fare la guerra.
Mi pento di non essere riuscito a parlare con loro. Ci confermano che
si', in questi giorni molti soldati arrivano anche con voli civili.
Chissa' perche', forse hanno compiti diversi, o forse non gli bastano i
voli militari...
Certo fa riflettere il fatto che eravamo sullo stesso aereo, abbiamo
condiviso la coda e le varie operazioni di imbarco e sbarco, e ora le
nostre strade si separano.
E' terribilmente difficile spiegarsi come questi uomini qui di fronte a
me siano qui per... per questa assurda guerra. Per farla, forse anche per
uccidere.
Come Jim, il batterista con cui suonavo solo due mesi fa, e che ora e'
giu' con l'esercito britannico, pronto a combattere nel deserto.
O come Piero, che cantavamo qualche sera fa.

Francesco Iannuzzelli

[Nota: In questi giorni un volontario dell'associazione PeaceLink (Francesco Iannuzzelli) e un volontario della comunita' Papa Giovanni XXIII (Daniele Tramonti) sono presenti in Turchia per raccontare un altro Kurdistan, che non e' quello dell'Iraq, ma quello della Turchia. Per contatti: In Turchia: email goel.apg23 at libero.it - Tel. 0090 543 2957827 In Italia: email odcpace at apg23.org - Tel. 348 2900582]