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Fwd: Portare testimonianza/8 - Baghdad, 25 dicembre 2002
- Subject: Fwd: Portare testimonianza/8 - Baghdad, 25 dicembre 2002
- From: Giorgio Lavelli <giorgiolavelli at katamail.com>
- Date: Thu, 20 Mar 2003 11:00:05 +0100
Se non hai piacere di ricevere, in futuro, i messaggi che raccontano i prossimi passi di questo viaggio, inviami una e-mail vuota con oggetto "cancellami dall'elenco" all'indirizzo <giorgiolavelli at katamail.com>. E scusami dell'intrusione. Se, invece, conosci altre persone interessate al contenuto di questo messaggio, sentiti libero/a di inoltrare loro questa e-mail oppure se preferisci, e loro sono d'accordo, comunicami il loro indirizzo di posta elettronica in modo che io possa inviargli il resoconto delle prossime tappe di questa testimonianza. -------------------------------------- NATALE A BAGHDAD Baghdad, 25 dicembre 2002 Questa è una lettera da parte di tutti e due, l'ultima, per ora, dall'Iraq. Dopo due mesi dal nostro arrivo abbiamo deciso di tornare negli Stati Uniti per contribuire lì agli sforzi di chi nel nostro paese si adopera per fermare la corsa alla guerra. Non è stata una decisione facile. Anche adesso ci chiediamo se sia la mossa giusta. Abbiamo semplicemente paura di essere coinvolti nello scontro? Prendiamo i nostri figli come scusa per evitare di condividere la sofferenza e il rischio mortale che la guerra comporterebbe? Un gruppetto della nostra delegazione ha deciso di restare per tutta la durata della guerra, se dovesse accadere. Amiamo e ammiriamo queste persone. C'è Charlie, settantadue anni, già cappellano militare in Vietnam, insignito dal Congresso di una medaglia al valore per aver tratto in salvo ventidue feriti durante uno scontro a fuoco. In seguito ha restituito la medaglia, e la relativa pensione, per protestare contro la politica USA in Sud America. È un uomo alto, dalla voce pacata, che dice: "Immagino che il mio compito sia andare in prima linea e vedere cosa Dio vuole da me. La mia vita e la mia morte sono nelle Sue mani". C'è Cynthia, anche lei sulla settantina, una bibliotecaria in pensione dallo stato di New York, che cita dai classici e dai racconti per ragazzi, e che non farebbe male a nessuno. C'è Kathy, l'ispiratrice della delegazione per la pace, che vuole condividere i rischi degli iracheni e dimostrare che non saranno abbandonati nell'ora del bisogno. C'è Michael, un irlandese di trentatré anni con un sorriso luminoso, che semplicemente sente che questo è il posto migliore dove stare per scongiurare la guerra. "Non abbiamo il diritto di rinunciare alla pace", ci ricorda. Gli altri membri del gruppo "degli irriducibili" la pensa allo stesso modo. Per quanto ci riguarda, i motivi principali che ci spingono a tornare negli Stati Uniti sono due. Il primo riguarda i nostri figli. Non ci sembra giusto affrontare un rischio così elevato senza il loro consenso. Potremmo ancora chiederglielo, ma finora non lo abbiamo fatto. In secondo luogo, a malincuore ci siamo convinti che al momento siamo più utili in America. Tutti quelli che si oppongono alla guerra devono uscire allo scoperto e far valere il proprio diritto: "NON NEL NOSTRO NOME!". La posta in gioco è troppo alta. Adesso è il momento di portare il messaggio contro la guerra sui gradini della Casa bianca e del Congresso, e dovunque e comunque possiamo. Le prossime sei settimane sono di importanza cruciale. Una volta negli Stati Uniti, dedicheremo pressoché tutte le nostre energie a questo lavoro. Parleremo nelle chiese, nelle università, ai raduni, alla radio, alla televisione, con membri del congresso e via dicendo. Avendo passato gli ultimi due mesi in Iraq, forse riceveremo attenzione. Se siete in grado di aiutarci offrendo contatti o spazi per il nostro intervento ne saremo molto grati. Siamo disponibili a viaggiare nel caso di un pubblico adeguato. Speriamo di essere di aiuto in tutti i modi possibili alle esistenti azioni per la pace. La marcia a Washington in programma per il 18 gennaio potrebbe innescare un'onda lunga nell'opposizione contro il militarismo nel nostro paese. Potete intervenire? Inondiamo Washington con un milione di persone! E non solo per la giornata, restiamo! Un milione di noi per le strade! Paralizziamo Washington! Potrebbe essere il solo modo di fermare la guerra imminente: disobbedienza civile non violenta di massa. Vogliamo riprenderci il nostro paese, salvarlo dalla china pericolosa di un imperialismo ignorante. Un giornalista russo ha domandato a una donna della nostra delegazione se aveva paura. "Di morire?", ha risposto, "Un po'. Ma ho più paura del mio paese. Ho paura di quello che sta diventando e di cosa sta succedendo alla sua anima". Siamo venuti qui per essere testimoni della realtà del popolo iracheno e per condividere la loro posizione vulnerabile. Abbiamo compreso qualcosa in più e abbiamo visto tanta sofferenza e tanto amore. Mentre gli ispettori delle Nazioni Unite cercavano le armi, noi abbiamo cercato segni di gentilezza, amore pace: e li abbiamo trovati. L'altro aspetto dell'essere testimoni è attestare la verità di cui abbiamo fatto esperienza diretta. Il nostro rientro negli USA ci permette di farlo: dire la verità al potere. Condividere quello che abbiamo imparato. Contribuire a gettare un po' più di luce sull'oscurità del pregiudizio che in questo momento ottenebra il nostro governo. C'è anche l'idea di inviare in Iraq un'ultima, più ampia delegazione (75-100 persone) per dieci giorni (dal 18 al 28 gennaio). Questo viaggio non implicherà visite a ospedali, scuole, agenzie, o ad altre città come nel caso di delegazioni precedenti. Il suo scopo sarà piuttosto di costituire una presenza spirituale, una presenza orante, a Baghdad, come appello contro la guerra. Per informazioni, contattate Kathy o Jeff al seguente indirizzo: info at vitw.org Ieri sera abbiamo partecipato a una veglia per la vigilia di Natale nella piccola chiesa parrocchiale di St. Raphael. Il sacerdote, Padre Vincent, ha detto che eravamo caldamente benvenuti, anche se (gli abbiamo spiegato) probabilmente avremmo attirato una folla di giornalisti. Abbiamo montato uno striscione sullo spazio antistante la chiesa con su scritto, in arabo e inglese: "Che sia pace sulla terra". Con le candele in mano, e intonando canti natalizi, abbiamo ricevuto una folla di operatori televisivi di CNN, BBC, NBC, ABC, Reuters e di emittenti francesi e russe. È comparso perfino il nunzio apostolico, che ha celebrato la messa solenne. A un certo punto le telecamere hanno inquadrato Rabia, e le hanno chiesto perché era lì. Rabia ha risposto: "Questo è il momento più buio dell'anno. È il momento in cui la gente si riunisce a pregare perché torni la luce, e perché lo spirito di Cristo nasca dentro di noi. Qui in Iraq, oggi, c'è la doppia oscurità della minaccia di guerra. Perciò siamo venuti a pregare perché torni la luce, nel mondo e nei nostri governanti. Perché il Cristo della pace nasca davvero". Elias Amidon Rabia (Elizabeth Roberts) ---------------------- AVVERTENZA Legge 675/96. Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento di dati personali. Gli indirizzi e-mail presenti nell'archivio provengono da conoscenze personali di amici e conoscenti, da contatti avuti sulla rete o da elenchi e servizi di pubblico dominio pubblicati su internet, da dove sono stati prelevati. Non considero questa e-mail come SPAM (posta elettronica non richiesta). Per non ricevere più questi messaggi invia un e-mail vuota con oggetto "cancellami dall'elenco" all'indirizzo <giorgiolavelli at katamail.com>
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