Il senato risponde ai medici contro la guerra



[Nota della Redazione di Peacelink: per comprendere meglio la portata di queste dichiarazioni, segnaliamo che il senatore Tomassini e' Presidente della <http://www.parlamento.it/leg/14/bgt/schede/senatori/00003855.htm/leg/14/Bgt/Schede/Commissioni/0-00012.htm>12ª Commissione permanente (Igiene e sanita'<http://www.parlamento.it/leg/14/bgt/schede/senatori/00003855.htm/leg/14/Bgt/Schede/Commissioni/0-00012.htm>)]

Fonte: http://www.emi.it/articoli.asp?id=137

Risposta del Senato alla Lettera
dei Medici Italiani contro la Guerra
a cura di  Angelo Stefanini

Il governo, a firma del Sen. Antonio Tomassini, ha risposto alla Lettera aperta a Silvio Berlusconi dei Medici Italiani contro la Guerra a tutt'oggi sottoscritta da oltre 1300 professionisti. Ogni cittadino pensante puo' trarre le proprie conclusioni dal contenuto di tale risposta.

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SENATO DELLA REPUBBLICA
COMMISSIONE IGIENE E SANITA
IL PRESIDENTE

Roma, 27 febbraio 2003


Egr. Dott.
Angelo STEFANINI
Dipartimento di Medicina e Sanita'
Pubblica - Universita' degli Studi di
Bologna
Via S. Giacomo, 12
40 126-Bologna


Egregio Dott.

"Non siamo per la guerra ma non vogliamo mettere la testa sotto la sabbia. Siamo per la pace ma anche per la sicurezza dei cittadini".

Crediamo che queste poche ma significative parole pronunciate dal Presidente del Consiglio Berlusconi alle Camere rispecchino lo stato d’animo della maggioranza degli italiani, inclusi i medici.

La lettera in oggetto appare un tentativo di dimostrare con dati scientifici un teorema politico che proprio in questi giorni due partiti (Verdi e Rifondazione Comunista) vanno diffondendo con grande tenacia.

Non si tratta di biasimare certe posizioni ma di non far passare per scientifica una mozione di matrice politica. D’altronde la visione unilaterale del problema trova conferma nel fatto che, accanto agli scenari apocalittici di una possibile guerra in Irak che vengono evocati nella missiva, non trovano spazio le altrettanto drammatiche conseguenze che eventuali attacchi bioterroristici potrebbero scatenare, inclusa la ricomparsa del virus del vaiolo che paesi ostili continuano fraudolentemente a conservare.

Non crediamo quindi che una lettera di evidente matrice antiamericana inviata al Presidente del Consiglio sia la soluzione del problema, ritenendo invece che il mondo scientifico debba mantenersi estraneo a problemi che per la loro valenza non possono che essere affrontati dai supremi Organi elettivi del nostro Paese ai quali ci rimettiamo con la piena fiducia che ogni cittadino dovrebbe avere nei riguardi delle Istituzioni.

Cordiali saluti.

Sen. Antonio Tomassini

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LA LETTERA DEI MEDICI CONTRO LA GUERRA

Fonte: http://www.emi.it/articoli.asp?id=134

MEDICI ITALIANI CONTRO LA GUERRA
Lettera aperta al Presidente
del Consiglio Silvio Berlusconi
di  Angelo Stefanini

Carissimi, eccovi la Lettera aperta spedita il 13 feb (assieme a 704 adesioni raccolte in meno di 10 giorni) a Berlusconi e p.c. a Ciampi e Sirchia, oltre che alle agenzie di stampa. Questa mattina abbiamo superato le 1000 adesioni (la stragrande maggioranza per e-mail) da tutta Italia. Avrei bisogno, oltre che di altre adesioni di medici, anche di menti pensanti per concepire un evento mediatico o roba del genere per ripubblicizzare l'iniziativa con le 1000 adesioni e la guerra sempre piu' vicina. A presto, Angelo...

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Alla vigilia di una guerra considerata inevitabile, perche' fortemente voluta da alcuni governi, si sono sviluppati in tutto il mondo vasti movimenti di opposizione, anche tra le organizzazioni mediche e sanitarie.(1) Oltre 500 tra docenti e studenti della London School of Hygiene and Tropical Medicine hanno sottoscritto una lettera aperta al Primo Ministro Tony Blair, pubblicata sul British Medical Journal(2) e sul Lancet(3), come contributo al dibattito tra il governo e l’opinione pubblica sulla necessita' di opporsi all’azione militare sul terreno etico ed umanitario, al di la' di ogni punto di vista politico o religioso. L’International Physicians for the Prevention of Nuclear War, l’Australian Medical Association for Prevention of War, il gruppo canadese Physicians for Global Survival hanno preso iniziative autonome per sensibilizzare i propri governi sulla necessita' di prevenire la guerra in Irak. L’organizzazione non governativa OXFAM, l’American Academy of Arts and Science, l’UNICEF e la Yale University hanno elaborato le loro stime sul probabile impatto della guerra sulla popolazione civile.

In queste ultime settimane sono stati inoltre pubblicati due rapporti di particolare significato per chi come professione si occupa di salute. Il primo, Collateral Damage, The health and environmental costs of war on Iraq, prodotto da Medact, organizzazione non governativa di medici e operatori sanitari britannici(4), stima il numero totale di morti, durante il conflitto e nei tre mesi seguenti ad un attacco all’Irak, nell’ordine di grandezza compreso tra 48.000 e 260.000. Una guerra civile che si scatenasse all’interno dell’Irak aggiungerebbe altri 20.000 morti. Gli effetti piu' tardivi della guerra potrebbero aggiungere altre 200.000 vittime. Nel caso si facesse uso di armi nucleari il numero dei morti potrebbe arrivare a 3.900.000. In tutti gli scenari considerati la maggior parte delle vittime sarebbero civili. Il rapporto prevede inoltre come estremamente probabili, a seguito dell’attacco, guerre civili, carestie ed epidemie, considerevoli masse di rifugiati ed effetti catastrofici sulla salute, soprattutto dei bambini. Come effetto collaterale viene inoltre prevista la intensificazione dei conflitti internazionali, delle disuguaglianze e delle divisioni tra gruppi di persone e popoli.

Un documento delle Nazioni Unite "strettamente confidenziale" datato 10 dicembre 2002 e intitolato Likely Humanitarian Scenarios(5) prevede un elevato numero di morti tra i civili, una crisi delle condizioni nutrizionali della popolazione e la esplosione di malattie "di proporzioni epidemiche se non addirittura pandemiche". Questo documento, fatto segretamente pervenire alla Universita' di Cambridge, riporta le stime OMS (Organizzazione Mondiale della Sanita') di 100.000 morti da effetti diretti della guerra e 400.000 da impatto indiretto, oltre 2 milioni di bambini e 1 milione di donne in gravidanza grevemente malnutriti, e 2 milioni di irakeni senzatetto. La previsione delle Nazioni Unite e' che, in caso di guerra, non saranno in grado di far fronte nemmeno ai 130.000 rifugiati che attualmente gia' si trovano in Irak. Il rapporto sottolinea inoltre l’assoluta inadeguatezza del sistema sanitario irakeno, vittima da diversi anni dell’embargo imposto dalle Nazioni Unite, a rispondere alla accresciuta domanda che una guerra imporrebbe, oltre alla assenza dei servizi di base per la popolazione locale al termine dell’intervento armato.

Nell’anno 2002 e' uscito il "Rapporto Mondiale su Violenza e Salute"(6) della OMS. Indicando esplicitamente la violenza, sia individuale che collettiva, come importante problema di salute pubblica, l’OMS ha voluto sottolineare in tutta la sua rilevanza il ruolo attivo che l’operatore sanitario deve assumere nel contrastare la guerra e nel promuovere la cultura della pace. Secondo le Nazioni Unite uno degli effetti piu' sconvolgenti dell’uso della forza militare in Iraq e a livello internazionale potrebbe essere l’esplosione incontrollabile di violenza collettiva, definita come "l’uso strumentale della violenza da parte di stati o gruppi non governativi allo scopo di ottenere obiettivi politici, economici o sociali".

E’ indubbio che la guerra sia un problema di salute pubblica. In qualita' di medici abbiamo non soltanto il dovere di prenderci cura delle vittime della violenza e dei conflitti armati, ma anche di cercare di prevenirli. Come medici siamo inclini a pensare soprattutto in termini di mortalita' e morbosita'. Ebbene, la guerra in Irak provochera' centinaia di migliaia di morti, la maggior parte tra i civili e i bambini, la esplosione di epidemie, carestie e distruzioni ambientali (...). Non dobbiamo inoltre sottovalutare le conseguenze che potrebbero aversi tra la popolazione civile dei paesi aggressori in caso di attacchi biologici, chimici o addirittura nucleari, eventualita' quest’ultima presa esplicitamente in considerazione dal presidente Bush.

Per noi medici, impegnati nella missione di alleviare le sofferenze e prevenire le malattie, queste morti e mutilazioni sono inaccettabili. Convinti che la guerra avrebbe conseguenze disastrose per la salute umana nel breve, medio e lungo termine e che si debba fare uso di mezzi politici e diplomatici per evitarla, ci opponiamo all’intervento militare in Irak. Poiche' la nostra opposizione si fonda su argomenti esclusivamente etici, umanitari e professionali, facciamo appello a tutte le forze politiche e della societa' civile affinche' venga impedito un conflitto armato che avrebbe effetti catastrofici per la famiglia umana.

"La violenza si sviluppa in assenza di democrazia, di rispetto per i diritti umani e di buon governo", scrive Nelson Mandela nella introduzione al Rapporto OMS. Sosteniamo con forza, inoltre, la posizione della nostra piu' alta organizzazione professionale, l’Organizzazione Mondiale della Sanita', secondo cui i conflitti possono essere prevenuti soltanto attraverso forme piu' eque di sviluppo e modelli internazionali e locali di governo basati su etica e responsabilita'.

3 febbraio 2003

Dr. Angelo Stefanini
Dipartimento di Medicina e Sanita' pubblica
Universita' degli Studi di Bologna
Via S.Giacomo 12
40126 Bologna
Tel. 051 2094833, Fax. 051 2094839
E-Mail: stefanin at alma.unibo.it


___________ NOTE ___________

(1) BMJ 2003; 326: 184.
(2) BMJ 2003; 326: 220.
(3) The Lancet 2003; 361(9354): 345.
(4) www.medact.org
(5) www.casi.org.uk/pr/pr030107undoc.html
(6) www.who.int


Angelo Stefanini