La nonviolenza e' in cammino. 514



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 514 del 21 febbraio 2003

Sommario di questo numero:
1. Al Prefetto di Pordenone
2. Maria G. DI Rienzo, sul metodo del consenso
3. Vincenzo Orsomarso, impero e dintorni
4. Maria Luigia Casieri: una sintesi di Emilia Ferreiro e Ana Teberosky, "La
costruzione della lingua scritta nel bambino", 1985 - ed. or. 1979 - (parte
terza)
5. Ernesto Balducci, immaginare un futuro
6. Riletture: Maria de Zayas y Sotomayor, Novelas amorosas y ejemplares
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. LETTERE. AL PREFETTO DI PORDENONE
[Riportiamo il testo della lettera inviata ieri dal responsabile del "Centro
di ricerca per la pace" di Viterbo al prefetto di Pordenone]
Egregio signore,
con la presente ci pregiamo di comunicarle che nei prossimi giorni avvieremo
una serie di colloqui con le autorita' del Comune di Aviano, della Provincia
di Pordenone, della regione Friuli Venezia Giulia, e ci sarebbe grato anche
con Lei che costi' rappresenta il governo italiano.
Avremo colloqui anche con altre istituzioni e vari soggetti della societa'
civile.
Ed effettueremo dei sopralluoghi sul terreno intorno alla base Usaf di
Aviano, come gia' comunicato con lettera al comandante di essa.
* L'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere della pace
Finalita' di questa attivita' comunicativa, ricognitiva e di confronto e
dialogo e' l'illustrazione del nostro intendimento di realizzare - qualora
la guerra illegale e criminale da settimane minacciata con vieppiu'
crescente tracotanza iniziasse - una azione diretta nonviolenta intesa ad
impedire che la base militare in oggetto possa essere utilizzata a supporto
di essa guerra illegale e criminale; azione diretta nonviolenta con la quale
ci ripromettiamo di ostruire lo spazio aereo antistante e sovrastante le
piste di decollo degli aerei militari invadendolo con delle "mongolfiere
della pace" talche' i bombardieri da essa base non possano decollare.
*
* Le caratteristiche di questa azione diretta nonviolenta
Lei sicuramente conoscera' gia' questa iniziativa poiche' essa fu realizzata
con successo (come esplicitamente riconosciuto dalle autorita' locali e
particolarmente da quelle preposte alla pubblica sicurezza), sebbene solo
per alcune ore, nel 1999 durante la guerra dei Balcani; e sa gia' quali
siano le sue caratteristiche:
- rispetto della vita, dell'integriita' e della dignita' di tutti gli esseri
umani;
- difesa della legalita' costituzionale e del diritto internazionale;
- assunzione diretta e personale di responsabilita' nel contrastare la
guerra e le stragi;
- assoluta trasparenza e lealta' di comportamenti;
- attenersi strettamente ai criteri della nonviolenza: e quindi ripudio di
ogni forma di aggressione, di menzogna, di messa in pericolo e di
danneggiamento di ogni persona.
* Un "codice di condotta" per l'azione diretta nonviolenta
Lei ricordera' anche come gia' nel 1999 diffondemmo una sorta di "codice di
condotta" al quale chiedemmo e nuovamente chiederemo a tutti gli eventuali
partecipanti di attenersi senza eccezione alcuna.
Ci permettiamo di riprodurlo qui ancora una volta:
"Quattro regole di condotta obbligatorie per partecipare all'azione diretta
nonviolenta delle mongolfiere per la pace
I. A un'iniziativa nonviolenta possono partecipare solo le persone che
accettano incondizionatamente di attenersi alle regole della nonviolenza.
II. Tutti i partecipanti devono saper comunicare parlando con chiarezza, con
tranquillita', con rispetto per tutti, e senza mai offendere nessuno.
III. Tutti i partecipanti devono conoscere perfettamente senso e fini di
questa azione diretta nonviolenta delle "mongolfiere per la pace", vale a
dire:
a) fare un'azione nonviolenta concreta:
- per impedire il decollo dei bombardieri;
- opporsi alla guerra, alle stragi, alle deportazioni, alle devastazioni, al
razzismo;
- chiedere il rispetto della legalita' costituzionale e del diritto
internazionale che proibiscono questa guerra;
b) le conseguenze cui ogni singolo partecipante puo' andare incontro
(possibilita' di fermo e di arresto), conseguenze che vanno accettate
pacificamente e onestamente, ed alle quali nessuno deve cercare di
sottrarsi.
IV. Tutti devono rispettare i seguenti principi della nonviolenza:
- non fare del male a nessuno (se una sola persona dice o fa delle
stupidaggini, o una sola persona si fa male, la nostra azione diretta
nonviolenta e' irrimediabilmente e totalmente fallita, e deve essere
immediatamente sospesa);
- spiegare a tutti (amici, autorita', interlocutori, interpositori,
eventuali oppositori) cosa si intende fare, e che l'azione diretta
nonviolenta non e' rivolta contro qualcuno, ma contro la violenza (in questo
caso lo scopo e' fermare la guerra, cercar di impedire che avvengano altre
stragi ed atrocita');
- dire sempre e solo la verita';
- fare solo le cose decise prima insieme con il metodo del consenso ed
annunciate pubblicamente (cioe' a tutti note e da tutti condivise); nessuno
deve prendere iniziative personali di nessun genere; la nonviolenza richiede
lealta' e disciplina;
- assumersi la responsabilita' delle proprie azioni e quindi subire anche le
conseguenze che ne derivano;
- mantenere una condotta nonviolenta anche di fronte all'eventuale violenza
altrui.
Chi non accetta queste regole non puo' partecipare all'azione diretta
nonviolenta, poiche' sarebbe di pericolo per se', per gli altri e per la
riuscita dell'iniziativa che e' rigorosamente nonviolenta".
Cosi' scrivevamo gia' nel 1999, questa e' la nostra limpida ed intransigente
posizione.
* Per la chiarezza
Lei sapra' anche che il nostro "Centro di ricerca per la pace" non ammette
posizioni ambigue; che non e' stato corrivo a scellerate iniziative di
provocazione che in tempi passati hanno portato altri (e sovente,
sciaguratamente, persone investite di pubbliche responsabilita') alla
commissione di autentici orrori.
Il nostro "Centro di ricerca per la pace" si attiene strettamente ai
principi della nonviolenza.
E Lei sapra' quindi anche, in particolare, che la nostra iniziativa
nonviolenta e' intesa a salvare vite umane e a difendere il nostro
ordinamento giuridico, la legalita' e la democrazia della e nella Repubblica
Italiana, e che quindi nei confronti delle istituzioni democratiche italiane
e degli operatori pubblici, e soprattutto di quelli preposti alla difesa
delle leggi e alla tutela della sicurezza e dei diritti dei cittadini, il
nostro atteggiamento e' del tutto rispettoso e inteso a collaborare al fine
di difendere la legalita', e la vita e l'incolumita' delle persone.
Lei sapra' anche, infine, che il nostro atteggiamento nei confronti dello
stesso personale della base militare Usaf le cui attivita' di supporto alla
guerra intendiamo contrastare e bloccare, e' un atteggiamento ugualmente
rispettoso della dignita' e dell'incolumita' di tutti gli esseri umani; il
nostro scopo e' unicamente opporci alla guerra, impedire le stragi: vorremmo
che tutti i nostri interlocutori fossero serenamente certi di questo.
Lei coglie dunque anche come, a differenza di altri che sovente compiono
azioni o pronunciano dichiarazioni irresponsabili e non meditate, noi siamo
intransigenti nella scelta della nonviolenza, e non offriamo quindi alcun
appiglio ad alcuno per poter mistificare la nostra posizione o per
proditoriamente aggredirci.
* Un dovere morale
Certo, siamo consapevoli oggi come lo eravamo nel 1999, che la nostra azione
diretta nonviolenta puo' dar luogo ad un'azione penale nei nostri confronti
se interpretata come "attentato alla sicurezza dei trasporti", o come
"istigazione a delinquere": ma gia' nel 1999 la magistratura decise di
archiviare il procedimento avviato a nostro carico, riconoscendo cosi' de
jure et de facto che la nostra azione non ha nulla a che vedere con
"attentati" o con il "delinquere", ma e' semplicemente atto dovuto di
cittadini che vogliono difendere la Costituzione Italiana, come di ogni
cittadino italiano e' dovere giuridico; ed e' semplicemente condotta
doverosa di esseri umani che vogliono difendere altre vite umane e la stessa
civilta' umana, come di ogni essere umano e' dovere morale.
E' naturale che siamo coscienti della possibilita' di subire spiacevoli
conseguenze penali per la nostra azione diretta nonviolenta: da amici della
nonviolenza accettiamo anch'esse come un dovere: un dovere morale, civile,
di testimonianza.
*
Signor Prefetto,
le scriviamo la presente in particolare:
I. per renderla edotta dei motivi, delle finalita' e delle forme di
realizzazione della nosta iniziativa;
II. per interloquire con Lei come figura istituzionale autorevolmente
rappresentativa;
III. per sottoporre alla sua attenzione alcune riflessioni che a noi
sembrano ineludibili nella situazione presente.
Quanto al primo punto sara' sufficiente rinviare ai documenti che le inviamo
a parte, e che sicuramente gia' conoscera', e precisamente:
- alla lettera aperta al comandante della base Usaf di Aviano del 12
febbraio 2003;
- alla lettera al sindaco del Comune di Aviano del 18 febbraio 2003;
- agli estratti dalla nostra "Guida pratica all'azione diretta nonviolenta
delle mongolfiere della pace" del 1999 che abbiamo recentemente piu' volte
riprodotto e ridiffuso.
Quanto al secondo punto: e' proprio dell'azione diretta nonviolenta essere
condotta nel massimo rispetto dell'incolumita' e della dignita' di tutti gli
esseri umani, nella massima responsabilizzazione propria e degli
interlocutori e quindi nella massima disponibilita' all'ascolto e
all'apertura; nel costante contatto e dialogo, dunque, con tutti gli
interlocutori al fine di trovare soluzioni condivise e nonviolente al
conflitto.
Pertanto ci teniamo particolarmente ad un rapporto che almeno da parte
nostra sia assolutamente corretto e trasparente nei confronti delle
istituzioni oltre che delle persone, affinche' non possano essere fraintese
le nostre intenzioni e le nostre azioni, ed affinche' si possano trovare
quanti piu' punti di convergenza possibile, e quanto agli aspetti
dell'iniziativa che restassero non condivisi o che trovassero per varie
ragioni un'opposizione, vi sia la possibilita' di una gestione dei
rispettivi ruoli, dei rispettivi compiti e delle rispettive azioni che
garantisca che il conflitto, anche nella sua acuzie, possa svolgersi nelle
forme civili, democratiche e legittime, da persone ragionevoli che si
rispettano ed hanno contezza e cura dei diritti umani altrui.
Cosicche' ci terremmo molto a poter interloquire con Lei, che rappresenta
localmente il potere esecutivo centrale, al fine di dissipare ogni possibile
equivoco e di illustrare con chiarezza il senso, i fini e le forme della
nostra azione diretta nonviolenta.
Quanto al terzo punto occorrerebbe svolgere qui un ragionamento assai ampio
ed articolato; sara' sufficiente riassumerne i termini essenziali.
* Profili giuridici
a) La Costituzione della Repubblica Italiana all'articolo 11 e'
inequivocabile nel ripudiare la guerra, e massime una guerra che ha le
caratteristiche della guerra che si va preparando, una guerra che e' quindi
evidentemente illegale e criminale. La Costituzione e' la base del nostro
ordinamento giuridico; la fedelta' ad essa e' dovere di tutti i cittadini e
massime di tutti i pubblici ufficiali.
b) La Carta dell'Onu e' inequivocabile, fin dall'incipit del suo preambolo,
nello stabilire che la "ratio" stessa dell'esistenza dell'Onu e' opporsi
alla guerra. L'Onu quindi esiste in funzione dell'agire per impedire la
guerra, pertanto in nessun caso suoi organi (e quindi anche suoi associati
in quanto ne sono membri), sia pur autorevolissimi, possono confliggere con
il fondamento stesso che fa esistere e legittima l'Organizzazione delle
Nazioni Unite. Rilevar questo equivale a rilevare che sotto il profilo del
diritto internazionale, e degli accordi internazionali sottoscritti da quasi
tutti gli stati della terra, la guerra che si va preparando e' ancora una
volta palesemente illegale e criminale.
c) Legalita' costituzionale italiana e diritto internazionale coincidono
quindi nel ripudio della guerra, ed hanno - devono avere - efficacia cogente
tanto per le persone quanto per le istituzioni: e' dovere dei popoli come
degli stati opporsi alla guerra, guerra che sempre consiste nella
commissione di omicidi di massa; guerra che nell'eta' atomica mette in
pericolo l'intera civilta' umana.
d) Ne consegue pertanto anche che e' dovere di tutti i pubblici ufficiali
italiani opporsi alla guerra come conseguenza del giuramento di fedelta'
alla Costituzione della Repubblica Italiana. Ne consegue che e' dovere dello
Stato italiano opporsi alla guerra nel modo piu' esplicito ed energico.
e) Ne consegue altresi' che chi viola la legalita' costituzionale cui ha
giurato fedelta' per questo stesso fatto commette un reato di eccezionale
gravita' e deve essere perseguito penalmente.
f) Tanto le comunichiamo anche affinche' Lei stesso valuti se cio' che
abbiamo scritto fin qui costituisca, come crediamo, "notitia criminis" (di
un crimine, l'avallo alla guerra illegale e criminale, reiteratamente
commesso e avallato da autorevolissime figure istituzionali con compiti di
governo, di legislatori, di supremo garante della Costituzione) e se sia
anche in capo a Lei quale pubblico ufficiale il dovere di procedere a
denunciare all'autorita' giudiziaria (come noi abbiamo gia' fatto) quegli
appartenenti ad autorevolissimi organi istituzionali che negli ultimi anni e
mesi e giorni hanno disatteso il loro mandato e violato la legalita'
costituzionale con il loro non essersi opposti alla guerra, ed anzi con il
loro effettuale sostegno alla guerra (nella situazione presente
specificamente nella forma, fin qui, dell'annunciata disponibilita' a
cooperare con gli aggressori ed a mettere a disposizione degli stragisti
risorse ed infrastrutture allocate nel territorio italiano).
E fin qui per quanto attiene ai profili piu' squisitamente giuridici.
* Profili civili e morali
Ma vi sono ovviamente anche peculiari profili civili e morali, ovvero
politici nel senso in cui di politica si parla ad esempio nell'Etica
nicomachea di Aristotele, e nella Critica della ragion pratica di Kant.
Ed al riguardo non si puo' prescindere dalla grande riflessione etica
contemporanea: quella articolata ad esempio dalle opere di Simone Weil, di
Tzvetan Todorov, di Vandana Shiva, di Rosa Luxemburg, di Primo Levi, di Hans
Jonas, di Etty Hillesum, di Mohandas Gandhi, di Ernesto Balducci, di Hannah
Arendt, di Guenther Anders; i temi angoscianti e ineludibili della
condizione umana nell'eta' atomica; della "banalita' del male"; del crinale
apocalittico; del principio responsabilita'.
Si pone ad ogni essere umano il compito di aver cura dell'umanita' intera e
del mondo.
Si pone ad ogni essere umano il compito primo di impedire lo scatenamento
della guerra che l'intera umanita' puo' annichilire.
Si pone ad ogni essere umano una responsabilita' grande e ineludibile.
* Concludendo
Se ci siamo permessi di evidenziare tutto quanto precede e' perche'
riteniamo che fermare la guerra, che l'intera umanita' mette in pericolo,
sia compito di tutti gli esseri umani di volonta' buona e di tutte le
istituzioni finalizzate alla promozione e tutela della civile convivenza,
ovvero del con-vivere, del vivere insieme, del vivere tutti.
*
Signor Prefetto,
siamo certi che la nostra angoscia per l'ora presente dell'umanita' e' anche
la sua, e di ogni persona di retto sentire. E che ci accomuni l'auspicio e
l'impegno affinche' possa prevalere la pace, e con essa e attraverso essa
l'umanita'.
Voglia gradire distinti saluti ed auguri di buon lavoro, e voglia estendere
saluti ed auguri ai suoi collaboratori, ai suoi familiari, ai cittadini del
territorio in cui esercita il suo alto incarico istituzionale.
Con viva cordialita' e sincera sollecitudine, restiamo in attesa di un cenno
di riscontro.

2. STRUMENTI. MARIA G. DI RIENZO: SUL METODO DEL CONSENSO
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione questo testo elaborato per essere utilizzato in
seminari di formazione alla nonviolenza. Maria G. Di Rienzo e' una delle
principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale
femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa,
formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per
conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney
(Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput,
in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e
la nonviolenza]
Il metodo del consenso, una novita' quasi assoluta per gli/le attivisti/e in
Italia, sta cominciando a venir usato (con un successo ancora variabile,
ovviamente) da nuovi gruppi che si avvicinano alla nonviolenza. E' un
sistema semplice ed efficace, ma richiede qualche tempo di rodaggio e la
comprensione del senso dell'incontrarsi.
Il piu' importante beneficio di tale processo e' il modo in cui coinvolge
ogni membro del gruppo nella decisione, la quale e' arricchita anziche'
indebolita dalle preoccupazioni sollevate da coloro che non sono d'accordo
con il tipo di azione proposto inizialmente: affinche' la decisione finale
sia sostenuta dall'intero gruppo e non si formino minoranze/maggioranze o
esclusi, il processo decisionale partecipato e' essenziale.
Raggiungere il consenso, pero', non significa delineare opposti schieramenti
che "consentono" su una proposta e "dissentono" su un'altra; questo puo' far
parte di un processo decisionale facilitato, ma non e' consenso condiviso.
Quando quest'ultimo funziona, le idee di ciascuno/a vengono ricevute con
rispetto e incorporate nella decisione finale del gruppo, il che muove
chiunque ne abbia espresse ad accettarla.
*
La prima cosa che i membri di qualsiasi gruppo che voglia usare il metodo
del consenso devono imparare e' l'ascolto.
Un ascolto rispettoso dei tempi, delle persone e delle loro preoccupazioni,
delle loro esitazioni e dei loro sentimenti.
La seconda e' entrare nel processo con ottimismo: aspettarsi il meglio,
insomma, dal fatto che ognuno/a mettera' la propria parte di verita' a
disposizione. Se la partecipazione di una persona (o piu' persone) nel
gruppo e' tollerata in quanto "portatore/portatrice d'acqua" e non partner,
se l'espressione dei sentimenti e' dismessa come frivola o inutile, se non
ci si aspetta nulla perche' tanto uno o piu' "leader" hanno il compito o il
dovere di prendere la decisione finale per tutti, i risultati saranno
un'adesione tiepida, un'azione scarsamente efficace e la perdita di
attivisti/e.
La terza cosa da apprendere e': pensare prima di agire/reagire. Questo non
significa solo pianificare accuratamente le azioni, ma prepararsi a
discutere in maniera calma e rispettosa. Ad esempio, quando una decisione
sembra raggiunta, e vengono sollevati nuovi problemi, e' facile sentirsi
impazienti o seccati con chi lo ha fatto. Quando vi accade, centratevi sulla
questione, ascoltate in profondita', ricordate a voi stessi il valore
positivo dell'essere insieme. Non abbiate timore di nominare i "cattivi
processi" come blocchi delle potenzialita' del gruppo: non abbiamo bisogno
di animosita', di giochi egoici, di lotte per il dominio interno. Queste si'
sono cose che ci fanno perdere tempo!
La quarta cosa da tenere sempre in mente e' la cifra del cambiamento. Piu'
un gruppo apprende (sulla nonviolenza, sulla costruzione di comunita', sulla
trasformazione dei conflitti e delle situazioni potenzialmente od
effettivamente violente, ecc.) piu' usare il consenso diventera' facile.
*
Suggerimenti:
1) Fidatevi l'uno dell'altro. Il processo del consenso non e' una
competizione: ciascuno/a deve sentirsi pienamente autorizzato ad esprimere
idee ed opinioni.
2) Assicuratevi che ciascuno/a abbia capito di che problema si sta
discutendo, e che stia ascoltando attentamente.
3) Tutti i presenti contribuiscono con le loro idee ed i loro saperi
relativi al soggetto che si sta trattando.
4) Potete non essere d'accordo con quanto si sta decidendo, e questo va
bene. Vi si chiede solo di essere flessibili e di fornire qualche suggerimen
to per arrivare ad un accordo.
5) Separate le istanze espresse da chi le esprime: non siate d'accordo o non
d'accordo solo perche' la persona che le esprime vi piace o no.
6) Prendetevi il tempo che occorre. Essere veloci non significa essere
efficaci, o produrre azioni "di qualita'".
*
Procedura:
a) Stabilite i vostri obiettivi riguardo al progetto, le aspettative, ecc.;
b) Definite i problemi o le decisioni che volete prendere tramite consenso;
c) Ipotizzate su come trovare loro una soluzione (brainstorming);
d) Traete dalla discussione una lista sintetica delle idee/soluzioni
proposte;
e) Maneggiatele, cambiatele, "aggiustatele" fino a che sembrino soddisfare
tutto il gruppo;
f) Chiedete venga espresso il consenso: se il consenso non viene raggiunto,
ripercorrete il punto precedente;
g) Quando una decisione viene presa, stabilite come agirete rispetto ad essa
(chi fara' cosa, ecc.).
*
Una nota finale.
Ricordate che il processo del consenso condiviso sara quale voi vorrete che
sia: cio' che metterete in esso, come individui e come gruppo, e'
determinante per la qualita' del suo funzionamento. L'unica qualita' che vi
richiede come indispensabile e' l'onesta volonta' di venirvi incontro (il
senso dell'incontrarsi di cui parlavo all'inizio). Percio', usate le vostre
teste (ne avete di ottime, o non sareste qui): pensate prima di parlare,
ascoltate prima di obiettare. Partecipare al processo del consenso vi dara'
modo non solo di far nascere intuizioni negli altri, ma vi arricchira' in
prima persona.

3. RIFLESSIONE. VINCENZO ORSOMARSO: IMPERO E DINTORNI
[Ringraziamo Vincenzo Orsomarso (per contatti: vorsomar at beactive.it] per
averci messo a disposizione questo articolo apparso sull'ultimo numero della
rivista "Ora locale". Enzo Orsomarso insegna a Viterbo ed e' studioso e
saggista di acuta analisi e di forte passione civile]
"Soltanto oggi", scriveva alcuni decenni fa Roman Rosdolsky, "esistono i
presupposti dell'eliminazione totale e definitiva del furto del tempo di
lavoro altrui; soltanto oggi le forze produttive della societa' possono
ricevere un cosi' potente impulso che, in un futuro non troppo lontano,
misura della ricchezza sociale diventi non piu' il tempo di lavoro, ma il
tempo disponibile, il tempo di riposo [...]. Mai le condizioni per una
palingenesi della societa' in senso socialista sono state cosi' mature; mai
il socialismo e' apparso cosi' necessario e, insieme, economicamente
realizzabile" (1).
Affermazioni condivise in quegli anni e misurate tanto sullo sviluppo delle
forze produttive quanto sull'insorgenza dell'operaio massa ad Est come ad
Ovest e sulle lotte di liberazione del Sud del mondo. Processi che allo
stesso tempo hanno spinto il capitale a rivoluzionare i suoi presupposti, ad
avviare una poderosa e diffusa innovazione tecnico-scientifica a livello
globale, che ha avuto come conseguenza particolarmente rilevante il declino
della sovranita' dello stato-nazione. Un evento che non si traduce nella
messa in discussione della sovranita' in quanto tale, al contrario,
precisano Antonio Negri e Michael Hardt in Impero, Rizzoli, Milano 2002, "ha
assunto una forma nuova, composta da una serie di organismi nazionali e
sopranazionali uniti da un'unica logica di potere" (2), l'impero per
l'appunto; una realta' che nulla ha da vedere con l'imperialismo, da
considerare invece una "vera e propria proiezione della sovranita' degli
stati-nazione europei al di la' dei loro confini".
L'Impero non stabilisce alcun centro di potere e non poggia su confini e
barriere fisse; si tratta di un apparato di potere decentrato e
deterritorializzato che progressivamente incorpora l'intero spazio mondiale
all'interno delle sue frontiere aperte e in continua espansione (3); non ha
un terreno o un centro attualmente localizzabile ma e' distribuito
attraverso le reti, lungo una serie di meccanismi di controllo mobili e
reticolari (4).
Tutto cio' in conseguenza del fatto che i processi di centralizzazione e
concentrazione capitalistica hanno assunto un carattere sovranazionale,
ridimensionando pesantemente il potere degli Stati, la cui politica e i cui
modi di funzionamento risultano condizionati da centri di decisione del
capitale ormai svincolati da ogni legame con gli Stati-nazione.
Rimane il fatto pero' che le prime duecento societa' multinazionali che
condizionano l'economia e la finanza mondiale, pur avendo filiali in tutto i
continenti, sono in buona parte riconducibili a questo o a quel gruppo
nazionale, solidamente intrecciate col potere politico statale dei paesi
della Triade (Usa, Europa, Giappone), la cui capacita' di condizionamento,
per quanto ridotta, e' tutt'altro che trascurabile.
E' il caso degli Usa che, possedendo saldamente il controllo sulle
tecnologie, sulla comunicazione, sulla produzione di armamenti e sulla
gestione dei flussi finanziari (5), si sono posti come motore del processo
di globalizzazione determinando, in quanto azionista di maggioranza, la
politica degli aggiustamenti strutturali, delle liberalizzazioni e delle
privatizzazioni perseguita dal Fondo monetario e dalla Banca mondiale.
Scelte  che hanno accentuato drammaticamente il divario sociale ed economico
tra Nord e Sud, che hanno prodotto tensioni dirompenti che gli Usa si
propongono di governare militarmente ricorrendo alle guerre preventive, per
creare un sistema di apartheid, finalizzato a garantire il trasferimento di
risorse dalle periferie al centro.
Si tratta di una strategia che si propone di lunga durata, il cui successo
non e' certo scontato, per i costi, per le contraddizioni sociali che apre,
per l'opposizione che puo' fomentare (6) ma difficilmente puo' essere
considerata, come afferma lo stesso Negri, il rigurgito di un arcaismo che
il capitale transnazionale trascinera' via.
Tutto questo non toglie nulla al fatto che l'iniziativa contro la
mondializzazione neoliberista pone il problema per la sinistra e per il
movimento del superamento dell'orizzonte dello Stato nazionale, proprio  per
proporre un'altra idea di globalizzazione.
Il passaggio all'Impero per Negri e Hardt rappresenta un evento storico
sostenuto e accompagnato da una trasformazione degli stessi processi
produttivi, dalla riduzione del ruolo del lavoro industriale di fabbrica e
da una crescente priorita' attribuita al lavoro basato sulla comunicazione,
sulla cooperazione, sull'affettivita'. Nella "post-modernizzazione
dell'economia globale" la creazione della ricchezza tende sempre piu'
risolutamente verso cio' che gli autori definiscono produzione biopolitica -
la produzione della vita sociale stessa - in cui l'elemento economico,
quello politico e quello culturale si sovrappongono sistematicamente e si
investono reciprocamente (7).
Pertanto il potere dell'Impero non puo' non agire su tutti i livelli
dell'ordine sociale, penetrando nelle sue profondita'. "L'impero non solo
amministra un territorio e una popolazione, ma vuole creare il mondo reale
in cui abita. Non si limita a regolare le interazioni umane, ma cerca di
dominare direttamente la natura umana. L'oggetto del suo potere e' la
totalita' della vita sociale; in tal modo, l'Impero costituisce la forma
paradigmatica del biopotere" (8).
Negri e Hardt con queste affermazioni riconoscono come oggi, nell'era della
globalizzazione e dell'imperialismo, l'oppressione si sia moltiplicata in
termini esponenziali, ma ritengono "la costruzione dell'Impero [...] un
passo in avanti", considerano la nuova costruzione "meglio di cio' che l'ha
preceduta, allo stesso modo in cui Marx" definiva il capitalismo la migliore
delle forme di societa' e dei modi di produzione finora realizzati.
Pur disponendo di enormi strumenti di oppressione e distruzione, l'Impero,
secondo i due autori, offre nuove possibilita' alle forze di liberazione:
"le forze creative della moltitudine (9), che sostengono" le nuove forme di
dominio, "sono in grado di costruire autonomamente un controimpero,
un'organizzazione politica alternativa dei flussi e degli scambi globali. Le
lotte volte a contestare e sovvertire l'Impero, cosi' come quelle tese a
costruire una reale alternativa si svolgeranno sullo stesso terreno
imperiale [...]. Attraverso queste a altri tipi di lotte, la moltitudine
sara' chiamata a inventare nuove forme di democrazia e un nuovo potere
costituente che, un giorno, ci condurra' attraverso l'Impero, fino al suo
superamento" (10).
La moltitudine e' la reale forza produttiva del nostro mondo, mentre
l'Impero e' un mero apparato di cattura che si alimenta della vitalita'
della moltitudine; il governo imperiale appare quindi come un guscio vuoto e
come un parassita (11), "un vampiresco regime di lavoro morto accumulato che
sopravvive soltanto succhiando il sangue dei viventi" (12). Ed e' questo
quadro che rende evidente come le armi necessarie al processo rivoluzionario
siano gia' in possesso della moltitudine, realizzate dall'evolversi dello
stesso modo di produzione capitalistico, un potenziale per "sabotare e
distruggere" rappresentato dalla stessa forza produttiva della moltitudine
(13).
Proprio in ragione del ruolo parassitario del capitale globale, la
resistenza al comando  non puo' che emergere di continuo, l'antagonismo nei
confronti dello sfruttamento si articola lungo le reti globali della
produzione, "determinando crisi su ogni singolo nodo".
Una tesi percorsa da una sorta di necessita' storica che si rivela nella
richiesta di non resistere  "alla globalizzazione capitalista" ma di
"accelerarne l'andatura" (14); Negri usa le parole di Deleuze e Guattari per
recuperare quella funzione civilizzatrice di marxiana memoria che il
capitalismo per Samir Amin non ha piu'. Se l'imperialismo ha avuto una
vocazione costruttiva tale da alimentare l'illusione nelle periferie intorno
alla possibilita' di raggiungere i paesi di antica industrializzazione,
l'attuale flusso di profitti e di trasferimenti di capitali dal Sud al Nord,
e non solo in termini quantitativi, supera largamente il ridotto flusso di
nuove esportazioni di capitali dai paesi della Triade verso il resto del
pianeta (15).
In questo quadro il divario economico e sociale tende ad accentuarsi
radicalmente e il monopolio di Usa, Europa e Giappone  nei settori che vanno
 dalle tecnologie, alla gestione dei flussi finanziari, alle comunicazioni e
alle risorse naturali, annullano la portata dell'industrializzazione delle
periferie, svuotano il lavoro produttivo incorporato nelle sue produzioni.
Non c'e' spazio per le magnifiche sorti e progressive in versione
rivoluzionaria, inoltre l'impresa postfordista e' virtuale, si presenta come
una ragnatela di imprese medie e piccole, di lavoro autonomo e attivita'
affidate ad un esercito di fornitori con i quali il contratto non e' piu' di
dipendenza, bensi' di appalto.
Se la fabbrica fordista fondava la sua organizzazione sulla concentrazione
dei fattori della produzione e l'espansione della relazione economica era
piu' caratterizzata dalla dipendenza e dalla subordinazione, l'impresa
post-fordista fonda la sua organizzazione su due tendenze esattamente
opposte. Alla concentrazione si oppone il decentramento, la
esternalizzazione delle attivita' e dei cicli della produzione, mentre il
lavoro salariato tende ad essere sostituito dal contratto di appalto,
passando attraverso le diverse forme di contrattazione intermedie, che si
traduce in una crescente precarizzazione della condizione operaia.
Il capitale fugge dal lavoro vivo frantumando la vecchia fabbrica in aziende
sempre piu' piccole, trasformando in non pochi casi anche culturalmente
vecchi lavoratori in piccoli imprenditori, in liberi fornitori di prodotti e
servizi legati dal contratto di appalto con l'assunzione di tutti i costi e
di tutti i rischi.
Si realizza cosi' un gigantesco processo di subordinazione reale del lavoro
al capitale, d'altra parte nell'organizzazione della produzione postfordista
il punto chiave e' il controllo e la manipolazione della volonta' del
lavoratore, sia dipendente che autonomo; questo proprio nella misura in cui
l'intervento consapevole e attivo del produttore diventa centrale nel
processo di lavoro.
Senza alcun dubbio il postfordismo presenta spazi di autodeterminazione
nella sfera produttiva, ma non e' certo facendo affidamento alla
spontaneita' del movimento storico che tale aspetto puo' prevalere sulle
pretese totalizzanti di un modo di produzione che chiama in causa sapere,
linguaggi e intenzionalita'; pertanto la questione che non puo' essere
elusa, neanche dalla sinistra antagonista, ritorna ad essere  quella della
ricerca collettiva intorno ad una progettualita' politica che facendo leva
sulle possibilita' del presente si cimenti nella costruzione di percorsi di
trasformazione che non possono non assumere a presupposto l'ampliamento di
quanto sta gia' avvenendo: la riappropriazione collettiva del dibattito
politico, la sua articolazione nelle forme della democrazia partecipativa.
*
Note
1. R. Rosdolsky, Genesi e struttura del "Capitale" di Marx, vol. II,
Roma-Bari, Laterza, 1975, p. 493.
2. A. Negri e M. Hardt, Impero, Milano, Rizzoli, 2002, pp. 13-14.
3. Cfr. ibidem, pp. 13-14.
4. Cfr. ibidem, p. 356.
5. Cfr. S. Amin, I mandarini del capitale, Roma, Datanews, 1996.
6. Cfr. W. Bello, Il mondo del crepuscolo americano, intervista a cura di B.
Vecchi, in "Il manifesto", 17 settembre 2002, p. 12.
7. Cfr. ibidem, p. 15.
8. Ibidem, p. 16.
9. Per moltitudine Negri intende un insieme di singolarita' operanti, "e' la
forma odierna del lavoro vivo". E' "un insieme di soggettivita' il cui
impatto produttivo e' direttamente proporzionale alla loro capacita'
relazionale, linguistica, comunicativa" (A. Zanini, Moltitudine, in Lessico
postfordista, a cura di A. Zanini e U. Fadini, Milano, Feltrinelli, 2001, p.
214), assunte a competenze centrali della valorizzazione postfordista.
10. Ibidem, p. 17.
11. Cfr. ibidem, pp. 334 - 335.
12. Ibidem p. 72.
13. Cfr. ibidem pp. 75 - 76.
14. Ibidem, p. 198.
15. Cfr. S. Amin, Il capitalismo senile, in "La rivista del manifesto",
settembre 2002, p. 9.

4. MATERIALI. MARIA LUIGIA CASIERI: UNA SINTESI DI EMILIA FERREIRO E ANA
TEBEROSKY, "LA COSTRUZIONE DELLA LINGUA SCRITTA NEL BAMBINO", 1985 - ED. OR.
1979 - (PARTE TERZA)
[Proseguiamo la pubblicazione di una serie di schede bibliografiche curate
da Maria Luigia Casieri relative all'opera di Emilia Ferreiro. Maria Luigia
Casieri insegna nella scuola dell'infanzia ed e' una delle principali
collaboratrici di questo foglio. Emilia Ferreiro, argentina, docente in
Messico, pedagogista illustre, e' una delle piu' grandi studiose viventi del
processi di alfabetizzazione, e' di fondamentale importanza il suo
contributo sul tema dell'apprendimento della lettura e della scrittura da
parte dei bambini. Tra le opere di Emilia Ferreiro si veda in primo luogo
l'ormai classico volume scritto insieme ad Ana Teberosky, La costruzione
della lingua scritta nel bambino, Giunti, Firenze 1985. Ana Teberosky,
docente in varie universita', ha collaborato con Emilia Ferreiro al volume
sopra citato, ed ha condotto numerose altre ricerche; un suo lavoro condotto
nell'ambito dell'Imipae di Barcellona e' in Emilia Ferreiro, Margarita Gomez
Palacio (a cura di), Nuevas perspectivas sobre los procesos de lectura y
escritura, Siglo veintiuno editores, Mexico 1982, 2000]
* Evoluzione della scrittura
1) riproduzione dei "tratti tipici del modello di scrittura identificato dal
bambino come la forma basilare della scrittura stessa" (pag. 219): a stampa
(tramite uso di grafismi separati) o corsivo (scrittura ondulata)
- la scrittura non e' comprensibile separatamente dalla conoscenza delle
intenzioni: "ognuno puo' interpretare la propria scrittura ma non quella
degli altri" (pag. 220);
- ricerca di corrispondenza "tra aspetti quantificabili dell'oggetto e
aspetti quantificabili della scrittura" (pag. 221);
- comparsa dell'"ordine lineare" (pag. 226);
- solo sul modello dello stampato "si evidenziano nell'agire del bambino due
ipotesi di base [...]: i grafismi sono diversi e la loro quantita' e'
costante" (pag. 226);
- "una variazione nella quantita' di grafismi non scaturisce dalla
contrapposizione parola/proposizione, ma da quella nome di oggetto
piccolo/nome di oggetto grande" (pag. 226);
- "la lettura dello scritto e' sempre globale" e "ogni lettera vale per il
tutto" (pag. 226);
2) "per poter leggere cose differenti [...] deve esserci una differenza
oggettiva tra le scritture" (pag. 226-227)
- alcuni bambini "esprimono la differenza di significazione per mezzo di
cambiamenti di posizione nell'ordine lineare" (pag. 227);
- "la corrispondenza tra la scrittura ed il nome e' ancora globale e non
analizzabile" (pag. 228);
- possibile  "utilizzazione dei modelli conosciuti per la previsione di
nuove scritture" (pag. 230) (nel rispetto della regola della quantita'
minima e varieta' dei caratteri);
3) "tentativo di attribuire un valore sonoro ad ognuna delle lettere che
compongono una scrittura": ipotesi sillabica (pag. 232)
- "superamento [...] della corrispondenza globale" (pag. 232);
- "ipotesi che la scrittura rappresenti parti sonore del parlato" (pag.
232);
- i grafismi "possono essere o non essere utilizzati con un valore sonoro
stabile" (pag. 232);
- "conflitto tra la quantita' minima di caratteri e l'ipotesi sillabica"
(pag. 234);
- "nel passare dalla scrittura di sostantivi a quella di proposizioni, il
bambino puo' seguitare ad utilizzare l'ipotesi sillabica [...], oppure puo'
passare ad un altro tipo di analisi, ma sempre cercando le unita' minori che
compongono la totalita' che si intende rappresentare per iscritto [...]
(soggetto-predicato oppure soggetto-verbo-complemento)" (pag. 236);
4) "passaggio dall'ipotesi sillabica a quella alfabetica" (pag. 249)
- "attraverso il conflitto tra l'ipotesi sillabica e l'esigenza della
quantita' minima di grafismi [...] e quello tra le forme grafiche che il
contesto gli propone, [...] abbandona l'ipotesi sillabica e scopre la
necessita' di un'analisi" ulteriore (pag. 249);
- e' frequente l'"alternanza del valore sillabico o fonetico" attribuito
alle diverse lettere (pag. 251);
- il bambino ha elaborato interiormente in modo non trasmesso dall'adulto le
due ipotesi della quantita' minima e varieta' dei caratteri e l'ipotesi
sillabica. Perche' si produca il conflitto cognitivo che lo porti al
superamento di queste prime regole e' necessario acquisire dall'ambiente
alcune informazioni: "un repertorio di lettere, una serie di equivalenti
sonori per molte di esse [...] e una serie di forme fisse stabili, la piu'
importante delle quali e' senza dubbio il nome proprio" (pag. 252);
5) scrittura alfabetica
- il bambino "effettua sistematicamente un'analisi sonora dei fonemi delle
parole che si accinge a scrivere" (pag. 254);
- "da questo momento il bambino affrontera' le difficolta' specifiche
dell'ortografia" (pag. 254).

* Atti di lettura
L'oggetto di questa indagine e' l'individuazione di quali indici usi il
bambino per individuare un atto di lettura.
"L'imitazione spontanea [... compiuta dai bambini...] non e' una copia
passiva, bensi' e' intenzione di comprendere il modello imitato" (pag. 187).
In questo processo di comprensione i bambini individuano quali siano le
"azioni pertinenti" all'atto di lettura, che grazie ad esse si differenzia
"da altri atti verbali" (ibidem), ad esempio attraverso l'intonazione, il
registro utilizzato, l'osservare e il parlare, il sostenere un supporto.
"Una volta raggiunta la differenziazione tra le chiavi comportamentali del
leggere e del non leggere, il secondo aspetto che resta da stabilire e'
quello della relazione tra i contenuti scritti e i diversi tipi di supporti
materiali [...]. Queste differenze si manifestano attraverso caratteristiche
specifiche relative al contenuto ed allo stile.
D'altra parte, e' necessario prendere in considerazione il fatto che il
linguaggio scritto differisce anche dalla lingua orale, sia relativamente
alla struttura, sia per quanto concerne il valore e la funzione [...].
Riepilogando, interpretare un atto di lettura silenziosa cosi' come
anticipare il contenuto scritto concordemente al tipo di supporto materiale
in cui compare, richiede, evidentemente, l'aver messo in corrispondenza il
significato e i gesti del lettore, ma anche l'aver ascoltato e valutato un
testo, mettendolo in relazione con un determinato portatore ed in funzione
di chiavi stilistiche o di contenuto che lo rendano pertinente a determinati
contesti" (pag. 188). Oltre a cio' richiede ovviamente la capacita' di
valutare la pertinenza di un enunciato alla lingua orale o alla lingua
scritta.
Situazione sperimentale
La situazione sperimentale prevedeva il successivo compimento di tre azioni:
atto di lettura silenziosa; sfogliare; atto di lettura ad alta voce con
l'inserimento di un elemento conflittuale quale leggere il testo di una
fiaba da un giornale, una notizia giornalistica da un libro di fiabe, un
testo orale comprendente un discorso diretto da un giornale.
A partire da questa situazione sono state poste ai bambini delle domande del
tipo: "cosa sto facendo? Come fai a saperlo?".
Lo scopo era di far emergere come il bambino interpreta il modello: come
registra la presenza di indici dell'azione del leggere e quali oggetti sono
interpretati come "cose per leggere" in riferimento alla scoperta della
funzione specifica che li caratterizza.
Sul problema della "funzione attribuita alla scrittura in generale e in modo
particolare ai differenti media in cui compare" si fa riferimento ad una
ricerca longitudinale in corso in Messico.
Riguardo all'interpretazione della lettura silenziosa sono emersi due
successivi livelli di comprensione, da cui risulta che la presenza di
modelli e' necessaria ma "non sufficiente a spiegare le conoscenze e le
ipotesi dei bambini" (pag. 193).
1) la lettura silenziosa non e' concepita come lettura
- sono necessari indicatori linguistici, perche' si compia un atto di
lettura;
- guardare e' considerato un prerequisito, ma per leggere "parlare e
guardare devono avvenire insieme";
- il "guardare" comprende tanto un atto di lettura quanto uno scorrere con
lo sguardo;
- l'attivita' di lettura silenziosa non viene confusa con un'attivita'
qualsiasi.
2) la lettura e possibile indipendentemente dalla voce e si distingue dallo
scorrere dello sguardo
- e' caratterizzata dal "guardare attentamente" come opposto allo scorrere
dello sguardo;
- comincia l'appellarsi all'esempio di lettori adulti che e' reso possibile
in quanto il bambino ha compreso la natura dell'atto osservato;
3) gli atti di lettura silenziosa diventano definibili in se stessi
- la lettura silenziosa e' definita da gesti, direzione dello sguardo, tempo
e tipo di esplorazione.
Riguardo alla lettura ad alta voce, con riferimento alla relazione tra
contenuti e supporti l'inchiesta dirigeva l'attenzione del bambino su due
aspetti: la provenienza orale o scritta dell'enunciato e la plausibilita'
della pertinenza rispetto ad un certo tipo di testo stampato.
Proviamo ad azzardare un'ipotesi di comparazione, riportata tra parentesi
quadre, tra le fasi seguenti e quelle precedenti.
1) l'impossibilita' di anticipare il contenuto di un messaggio in funzione
dell'identificazione del portatore di testo [corrisponde a: la lettura
silenziosa non e' concepita come  lettura]
"qualunque atto di lettura ad alta voce e' accettato come tale, senza
possibilita' di problematizzare la provenienza del testo ascoltato" (pag.
198).
a. attenzione alle proprieta' formali dell'atto di lettura
- "la presenza della voce, l'esistenza delle lettere ed i gesti del lettore
sono sufficienti" (pag.199) per accettare l'atto di lettura;
- si ignora la relazione tra contente grafico e contenuto scritto;
b. inizio di concentrazione sul contenuto tematico dell'enunciato
- la prima messa a fuoco dell'enunciato avviene relativamente al tema del
quale si parla, indipendentemente dalle proprieta' formali del testo;
- si esprime attraverso due possibili comportamenti alternativi:
b.1. esigere la presenza dell'immagine
- si tratta di un "modo per verificare cio' che [loro stessi] hanno
ascoltato, che non mette in questione l'atto di lettura ne' il tipo di
supporto" (pag. 200), basato sull'idea di "corrispondenza tra testo e
disegno" (ibidem);
- "il giudizio di adeguatezza non riguarda la relazione
contenente-contenuto, in quanto i soggetti ritagliano - dall'enunciato
completo ascoltato - il contenuto tematico e non i suoi aspetti formali,
riducendo pero' il tema al contenuto referenziale del messaggio" (pag. 201),
di cui viene cercata la traccia nel disegno: la possibilita' di aver letto
su un certo supporto viene giustificata a posteriori in funzione di tale
corrispondenza;
- "caratteristica di queste risposte e' quella di definire il contenuto
letto come 'un racconto', oltre che qualificare l'atto osservato come
'leggendo'" (pag. 200). "Resta dunque il problema di capire se, per questi
bambini, 'raccontare' e' compatibile con 'leggere' oppure si oppone ad esso.
La nostra ipotesi e' che, sebbene siano compatibili, i due atti si
differenziano. E questa differenziazione si spiega con l'esigenza dei
soggetti che il supporto includa lettere e disegni. Leggere e raccontare
sarebbero due azioni realizzate sopra queste due parti e, rispettivamente,
leggere in presenza delle lettere e raccontare in presenza del disegno"
(pag. 204).
- "L'atto osservato e' ritenuto legittimo se soddisfa certe condizioni: in
questo caso che sia realizzato su un supporto che presenti testo scritto ed
immagini" (ibidem).
- Di questo gruppo fanno parte soprattutto bambini di classe media, piu'
frequentemente destinatari di atti di lettura.
b.2. senza esigere la presenza dell'immagine
- "accettazione dell'atto di lettura realizzato sul supporto mostrato, senza
che venga richiesta la presenza del disegno, fissando fondamentalmente
l'attenzione sul tema di cui si parla" (pag. 204).
- La situazione di lettura non viene considerata, ne' vengono scoperte le
differenze tra gli enunciati a seconda della loro provenienza (pag. 205).
- "i bambini non vanno a cercare il disegno corrispondente al tema e non
usano il termine  generico 'racconto'" (pag. 206).
- Le domande sulla provenienza del testo vengono capite in riferimento al
contenuto.
- Di questo gruppo fanno parte soprattutto bambini di classe sociale bassa,
piu' frequentemente spettatori passivi di atti di lettura adulti (ad esempio
del quotidiano).
2) possibilita' di anticipare i contenuti secondo una classificazione dei
diversi supporti materiali
- "la classificazione dei supporti influisce sull'anticipazione del
contenuto corrispondente [... e...] determina l'interpretazione degli
enunciati" (pag. 206);
- il soggetto non "esprime riserve rispetto alla situazione di lettura
poiche' la sua attenzione e' diretta ad interpretare l'equivalenza
contenente-contenuto scritto" (ibidem);
- "il tipo di supporto materiale non determina solo il contenuto [...], ma
anche il tipo di azione che si esercita su di esso [... (il giornale e' 'per
leggere' e il libro di racconti 'per raccontare') e] il destinatario" (pag.
207);
- in tutti i casi analizzati la cosa fondamentale e' l'anticipazione della
classe di cose che vanno in un testo ed e' su questa base che gli enunciati
vengono accettati o rifiutati. Malgrado cambi la maniera di concettualizzare
cio' che e', comune e' l'esistenza di criteri per classificare i portatori.
- In genere non c'e' l'analisi delle chiavi stilistiche.
- Comincia ad apparire il conflitto dovuto alla discrepanza tra supporto e
testo letto, fino ad arrivare alla dichiarazione "Non stai leggendo" quando
il contenuto ascoltato non  corrisponde alla previsione sul supporto.
3) inizio di differenziazione tra lingua orale e lingua scritta
- focalizzazione sull'enunciato contemporaneamente ad una valutazione degli
atti di lettura;
- precise indicazioni di superamento della situazione conflittuale tramite
risposte argomentate o reazioni di riso o meraviglia;
- emerge una chiara differenziazione tra lingua orale e lingua scritta;
- l'enunciato viene preso in considerazione nei termini delle sue
caratteristiche stilistiche e sottoposto a giudizio di compatibilita' con il
supporto materiale.
(3. Continua)

5. MAESTRI. ERNESTO BALDUCCI: IMMAGINARE UN FUTURO
[Da Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace, San Domenico di
Fiesole (Fi) 1988, p. 161. Ernesto Balducci e' nato a Santa Fiora (in
provincia di Grosseto) nel 1922, ed e' deceduto a seguito di un incidente
stradale nel 1992. Sacerdote, insegnante, scrittore, organizzatore
culturale, promotore di numerose iniziative di pace e di solidarieta'.
Fondatore della rivista "Testimonianze" nel 1958 e delle Edizioni Cultura
della Pace (Ecp) nel 1986. Oltre che infaticabile attivista per la pace e i
diritti, e' stato un pensatore di grande vigore ed originalita', le cui
riflessioni ed analisi sono decisive per un'etica della mondialita'
all'altezza dei drammatici problemi dell'ora presente. Opere di Ernesto
Balducci: segnaliamo particolarmente alcuni libri dell'ultimo periodo: Il
terzo millennio (Bompiani); La pace. Realismo di un'utopia (Principato), in
collaborazione con Lodovico Grassi; Pensieri di pace (Cittadella); L'uomo
planetario (Camunia, poi Ecp); La terra del tramonto (Ecp); Montezuma scopre
l'Europa (Ecp). Si vedano anche l'intervista autobiografica Il cerchio che
si chiude (Marietti); la raccolta postuma di scritti autobiografici Il sogno
di una cosa (Ecp); il manuale di storia della filosofia, Storia del pensiero
umano (Cremonese), ed il corso di educazione civica Cittadini del mondo
(Principato), in collaborazione con Pierluigi Onorato. Opere su Ernesto
Balducci: cfr. i due fondamentali volumi monografici di "Testimonianze" a
lui dedicati: Ernesto Balducci, "Testimonianze" nn. 347-349, 1992; ed
Ernesto Balducci e la lunga marcia dei diritti umani, "Testimonianze" nn.
373-374, 1995. Un'ottima rassegna bibliografica preceduta da una precisa
introduzione biografica e' il libro di Andrea Cecconi, Ernesto Balducci:
cinquant'anni di attivita', Libreria Chiari, Firenze 1996. Recente e' il
libro di Bruna Bocchini Camaiani, Ernesto Balducci. La Chiesa e la
modernita', Laterza, Roma-Bari 2002. Cfr. anche Enzo Mazzi, Ernesto Balducci
e il dissenso creativo, Manifestolibri, Roma 2002]
Non e' piu' possibile immaginare un futuro con la guerra, e non e' possibile
immaginare un futuro senza guerre se non immaginando una Comunita' Mondiale
in cui tutte le strutture dell'inimicizia - fisiche, giuridiche e mentali -
siano abolite.

6. RILETTURE. MARIA DE ZAYAS Y SOTOMAYOR: NOVELAS AMOROSAS Y EJEMPLARES
Maria de Zayas y Sotomayor, Novelas amorosas y ejemplares, Catedra, Madrid
2000, pp. 568. I racconti della grande scrittrice spagnola del Seicento,
aperti dalla fiammeggiante denuncia dell'oppressione maschilista e nitida
rivendicazione della dignita' della donna, rivendicazione e denuncia che
costituiscono la tesi sottostante e per cosi' dire il programma militante
del libro.

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it;
angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it

Numero 514 del 21 febbraio 2003