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La nonviolenza e' in cammino. 514
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 514
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 21 Feb 2003 02:41:54 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 514 del 21 febbraio 2003 Sommario di questo numero: 1. Al Prefetto di Pordenone 2. Maria G. DI Rienzo, sul metodo del consenso 3. Vincenzo Orsomarso, impero e dintorni 4. Maria Luigia Casieri: una sintesi di Emilia Ferreiro e Ana Teberosky, "La costruzione della lingua scritta nel bambino", 1985 - ed. or. 1979 - (parte terza) 5. Ernesto Balducci, immaginare un futuro 6. Riletture: Maria de Zayas y Sotomayor, Novelas amorosas y ejemplares 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. LETTERE. AL PREFETTO DI PORDENONE [Riportiamo il testo della lettera inviata ieri dal responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo al prefetto di Pordenone] Egregio signore, con la presente ci pregiamo di comunicarle che nei prossimi giorni avvieremo una serie di colloqui con le autorita' del Comune di Aviano, della Provincia di Pordenone, della regione Friuli Venezia Giulia, e ci sarebbe grato anche con Lei che costi' rappresenta il governo italiano. Avremo colloqui anche con altre istituzioni e vari soggetti della societa' civile. Ed effettueremo dei sopralluoghi sul terreno intorno alla base Usaf di Aviano, come gia' comunicato con lettera al comandante di essa. * L'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere della pace Finalita' di questa attivita' comunicativa, ricognitiva e di confronto e dialogo e' l'illustrazione del nostro intendimento di realizzare - qualora la guerra illegale e criminale da settimane minacciata con vieppiu' crescente tracotanza iniziasse - una azione diretta nonviolenta intesa ad impedire che la base militare in oggetto possa essere utilizzata a supporto di essa guerra illegale e criminale; azione diretta nonviolenta con la quale ci ripromettiamo di ostruire lo spazio aereo antistante e sovrastante le piste di decollo degli aerei militari invadendolo con delle "mongolfiere della pace" talche' i bombardieri da essa base non possano decollare. * * Le caratteristiche di questa azione diretta nonviolenta Lei sicuramente conoscera' gia' questa iniziativa poiche' essa fu realizzata con successo (come esplicitamente riconosciuto dalle autorita' locali e particolarmente da quelle preposte alla pubblica sicurezza), sebbene solo per alcune ore, nel 1999 durante la guerra dei Balcani; e sa gia' quali siano le sue caratteristiche: - rispetto della vita, dell'integriita' e della dignita' di tutti gli esseri umani; - difesa della legalita' costituzionale e del diritto internazionale; - assunzione diretta e personale di responsabilita' nel contrastare la guerra e le stragi; - assoluta trasparenza e lealta' di comportamenti; - attenersi strettamente ai criteri della nonviolenza: e quindi ripudio di ogni forma di aggressione, di menzogna, di messa in pericolo e di danneggiamento di ogni persona. * Un "codice di condotta" per l'azione diretta nonviolenta Lei ricordera' anche come gia' nel 1999 diffondemmo una sorta di "codice di condotta" al quale chiedemmo e nuovamente chiederemo a tutti gli eventuali partecipanti di attenersi senza eccezione alcuna. Ci permettiamo di riprodurlo qui ancora una volta: "Quattro regole di condotta obbligatorie per partecipare all'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere per la pace I. A un'iniziativa nonviolenta possono partecipare solo le persone che accettano incondizionatamente di attenersi alle regole della nonviolenza. II. Tutti i partecipanti devono saper comunicare parlando con chiarezza, con tranquillita', con rispetto per tutti, e senza mai offendere nessuno. III. Tutti i partecipanti devono conoscere perfettamente senso e fini di questa azione diretta nonviolenta delle "mongolfiere per la pace", vale a dire: a) fare un'azione nonviolenta concreta: - per impedire il decollo dei bombardieri; - opporsi alla guerra, alle stragi, alle deportazioni, alle devastazioni, al razzismo; - chiedere il rispetto della legalita' costituzionale e del diritto internazionale che proibiscono questa guerra; b) le conseguenze cui ogni singolo partecipante puo' andare incontro (possibilita' di fermo e di arresto), conseguenze che vanno accettate pacificamente e onestamente, ed alle quali nessuno deve cercare di sottrarsi. IV. Tutti devono rispettare i seguenti principi della nonviolenza: - non fare del male a nessuno (se una sola persona dice o fa delle stupidaggini, o una sola persona si fa male, la nostra azione diretta nonviolenta e' irrimediabilmente e totalmente fallita, e deve essere immediatamente sospesa); - spiegare a tutti (amici, autorita', interlocutori, interpositori, eventuali oppositori) cosa si intende fare, e che l'azione diretta nonviolenta non e' rivolta contro qualcuno, ma contro la violenza (in questo caso lo scopo e' fermare la guerra, cercar di impedire che avvengano altre stragi ed atrocita'); - dire sempre e solo la verita'; - fare solo le cose decise prima insieme con il metodo del consenso ed annunciate pubblicamente (cioe' a tutti note e da tutti condivise); nessuno deve prendere iniziative personali di nessun genere; la nonviolenza richiede lealta' e disciplina; - assumersi la responsabilita' delle proprie azioni e quindi subire anche le conseguenze che ne derivano; - mantenere una condotta nonviolenta anche di fronte all'eventuale violenza altrui. Chi non accetta queste regole non puo' partecipare all'azione diretta nonviolenta, poiche' sarebbe di pericolo per se', per gli altri e per la riuscita dell'iniziativa che e' rigorosamente nonviolenta". Cosi' scrivevamo gia' nel 1999, questa e' la nostra limpida ed intransigente posizione. * Per la chiarezza Lei sapra' anche che il nostro "Centro di ricerca per la pace" non ammette posizioni ambigue; che non e' stato corrivo a scellerate iniziative di provocazione che in tempi passati hanno portato altri (e sovente, sciaguratamente, persone investite di pubbliche responsabilita') alla commissione di autentici orrori. Il nostro "Centro di ricerca per la pace" si attiene strettamente ai principi della nonviolenza. E Lei sapra' quindi anche, in particolare, che la nostra iniziativa nonviolenta e' intesa a salvare vite umane e a difendere il nostro ordinamento giuridico, la legalita' e la democrazia della e nella Repubblica Italiana, e che quindi nei confronti delle istituzioni democratiche italiane e degli operatori pubblici, e soprattutto di quelli preposti alla difesa delle leggi e alla tutela della sicurezza e dei diritti dei cittadini, il nostro atteggiamento e' del tutto rispettoso e inteso a collaborare al fine di difendere la legalita', e la vita e l'incolumita' delle persone. Lei sapra' anche, infine, che il nostro atteggiamento nei confronti dello stesso personale della base militare Usaf le cui attivita' di supporto alla guerra intendiamo contrastare e bloccare, e' un atteggiamento ugualmente rispettoso della dignita' e dell'incolumita' di tutti gli esseri umani; il nostro scopo e' unicamente opporci alla guerra, impedire le stragi: vorremmo che tutti i nostri interlocutori fossero serenamente certi di questo. Lei coglie dunque anche come, a differenza di altri che sovente compiono azioni o pronunciano dichiarazioni irresponsabili e non meditate, noi siamo intransigenti nella scelta della nonviolenza, e non offriamo quindi alcun appiglio ad alcuno per poter mistificare la nostra posizione o per proditoriamente aggredirci. * Un dovere morale Certo, siamo consapevoli oggi come lo eravamo nel 1999, che la nostra azione diretta nonviolenta puo' dar luogo ad un'azione penale nei nostri confronti se interpretata come "attentato alla sicurezza dei trasporti", o come "istigazione a delinquere": ma gia' nel 1999 la magistratura decise di archiviare il procedimento avviato a nostro carico, riconoscendo cosi' de jure et de facto che la nostra azione non ha nulla a che vedere con "attentati" o con il "delinquere", ma e' semplicemente atto dovuto di cittadini che vogliono difendere la Costituzione Italiana, come di ogni cittadino italiano e' dovere giuridico; ed e' semplicemente condotta doverosa di esseri umani che vogliono difendere altre vite umane e la stessa civilta' umana, come di ogni essere umano e' dovere morale. E' naturale che siamo coscienti della possibilita' di subire spiacevoli conseguenze penali per la nostra azione diretta nonviolenta: da amici della nonviolenza accettiamo anch'esse come un dovere: un dovere morale, civile, di testimonianza. * Signor Prefetto, le scriviamo la presente in particolare: I. per renderla edotta dei motivi, delle finalita' e delle forme di realizzazione della nosta iniziativa; II. per interloquire con Lei come figura istituzionale autorevolmente rappresentativa; III. per sottoporre alla sua attenzione alcune riflessioni che a noi sembrano ineludibili nella situazione presente. Quanto al primo punto sara' sufficiente rinviare ai documenti che le inviamo a parte, e che sicuramente gia' conoscera', e precisamente: - alla lettera aperta al comandante della base Usaf di Aviano del 12 febbraio 2003; - alla lettera al sindaco del Comune di Aviano del 18 febbraio 2003; - agli estratti dalla nostra "Guida pratica all'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere della pace" del 1999 che abbiamo recentemente piu' volte riprodotto e ridiffuso. Quanto al secondo punto: e' proprio dell'azione diretta nonviolenta essere condotta nel massimo rispetto dell'incolumita' e della dignita' di tutti gli esseri umani, nella massima responsabilizzazione propria e degli interlocutori e quindi nella massima disponibilita' all'ascolto e all'apertura; nel costante contatto e dialogo, dunque, con tutti gli interlocutori al fine di trovare soluzioni condivise e nonviolente al conflitto. Pertanto ci teniamo particolarmente ad un rapporto che almeno da parte nostra sia assolutamente corretto e trasparente nei confronti delle istituzioni oltre che delle persone, affinche' non possano essere fraintese le nostre intenzioni e le nostre azioni, ed affinche' si possano trovare quanti piu' punti di convergenza possibile, e quanto agli aspetti dell'iniziativa che restassero non condivisi o che trovassero per varie ragioni un'opposizione, vi sia la possibilita' di una gestione dei rispettivi ruoli, dei rispettivi compiti e delle rispettive azioni che garantisca che il conflitto, anche nella sua acuzie, possa svolgersi nelle forme civili, democratiche e legittime, da persone ragionevoli che si rispettano ed hanno contezza e cura dei diritti umani altrui. Cosicche' ci terremmo molto a poter interloquire con Lei, che rappresenta localmente il potere esecutivo centrale, al fine di dissipare ogni possibile equivoco e di illustrare con chiarezza il senso, i fini e le forme della nostra azione diretta nonviolenta. Quanto al terzo punto occorrerebbe svolgere qui un ragionamento assai ampio ed articolato; sara' sufficiente riassumerne i termini essenziali. * Profili giuridici a) La Costituzione della Repubblica Italiana all'articolo 11 e' inequivocabile nel ripudiare la guerra, e massime una guerra che ha le caratteristiche della guerra che si va preparando, una guerra che e' quindi evidentemente illegale e criminale. La Costituzione e' la base del nostro ordinamento giuridico; la fedelta' ad essa e' dovere di tutti i cittadini e massime di tutti i pubblici ufficiali. b) La Carta dell'Onu e' inequivocabile, fin dall'incipit del suo preambolo, nello stabilire che la "ratio" stessa dell'esistenza dell'Onu e' opporsi alla guerra. L'Onu quindi esiste in funzione dell'agire per impedire la guerra, pertanto in nessun caso suoi organi (e quindi anche suoi associati in quanto ne sono membri), sia pur autorevolissimi, possono confliggere con il fondamento stesso che fa esistere e legittima l'Organizzazione delle Nazioni Unite. Rilevar questo equivale a rilevare che sotto il profilo del diritto internazionale, e degli accordi internazionali sottoscritti da quasi tutti gli stati della terra, la guerra che si va preparando e' ancora una volta palesemente illegale e criminale. c) Legalita' costituzionale italiana e diritto internazionale coincidono quindi nel ripudio della guerra, ed hanno - devono avere - efficacia cogente tanto per le persone quanto per le istituzioni: e' dovere dei popoli come degli stati opporsi alla guerra, guerra che sempre consiste nella commissione di omicidi di massa; guerra che nell'eta' atomica mette in pericolo l'intera civilta' umana. d) Ne consegue pertanto anche che e' dovere di tutti i pubblici ufficiali italiani opporsi alla guerra come conseguenza del giuramento di fedelta' alla Costituzione della Repubblica Italiana. Ne consegue che e' dovere dello Stato italiano opporsi alla guerra nel modo piu' esplicito ed energico. e) Ne consegue altresi' che chi viola la legalita' costituzionale cui ha giurato fedelta' per questo stesso fatto commette un reato di eccezionale gravita' e deve essere perseguito penalmente. f) Tanto le comunichiamo anche affinche' Lei stesso valuti se cio' che abbiamo scritto fin qui costituisca, come crediamo, "notitia criminis" (di un crimine, l'avallo alla guerra illegale e criminale, reiteratamente commesso e avallato da autorevolissime figure istituzionali con compiti di governo, di legislatori, di supremo garante della Costituzione) e se sia anche in capo a Lei quale pubblico ufficiale il dovere di procedere a denunciare all'autorita' giudiziaria (come noi abbiamo gia' fatto) quegli appartenenti ad autorevolissimi organi istituzionali che negli ultimi anni e mesi e giorni hanno disatteso il loro mandato e violato la legalita' costituzionale con il loro non essersi opposti alla guerra, ed anzi con il loro effettuale sostegno alla guerra (nella situazione presente specificamente nella forma, fin qui, dell'annunciata disponibilita' a cooperare con gli aggressori ed a mettere a disposizione degli stragisti risorse ed infrastrutture allocate nel territorio italiano). E fin qui per quanto attiene ai profili piu' squisitamente giuridici. * Profili civili e morali Ma vi sono ovviamente anche peculiari profili civili e morali, ovvero politici nel senso in cui di politica si parla ad esempio nell'Etica nicomachea di Aristotele, e nella Critica della ragion pratica di Kant. Ed al riguardo non si puo' prescindere dalla grande riflessione etica contemporanea: quella articolata ad esempio dalle opere di Simone Weil, di Tzvetan Todorov, di Vandana Shiva, di Rosa Luxemburg, di Primo Levi, di Hans Jonas, di Etty Hillesum, di Mohandas Gandhi, di Ernesto Balducci, di Hannah Arendt, di Guenther Anders; i temi angoscianti e ineludibili della condizione umana nell'eta' atomica; della "banalita' del male"; del crinale apocalittico; del principio responsabilita'. Si pone ad ogni essere umano il compito di aver cura dell'umanita' intera e del mondo. Si pone ad ogni essere umano il compito primo di impedire lo scatenamento della guerra che l'intera umanita' puo' annichilire. Si pone ad ogni essere umano una responsabilita' grande e ineludibile. * Concludendo Se ci siamo permessi di evidenziare tutto quanto precede e' perche' riteniamo che fermare la guerra, che l'intera umanita' mette in pericolo, sia compito di tutti gli esseri umani di volonta' buona e di tutte le istituzioni finalizzate alla promozione e tutela della civile convivenza, ovvero del con-vivere, del vivere insieme, del vivere tutti. * Signor Prefetto, siamo certi che la nostra angoscia per l'ora presente dell'umanita' e' anche la sua, e di ogni persona di retto sentire. E che ci accomuni l'auspicio e l'impegno affinche' possa prevalere la pace, e con essa e attraverso essa l'umanita'. Voglia gradire distinti saluti ed auguri di buon lavoro, e voglia estendere saluti ed auguri ai suoi collaboratori, ai suoi familiari, ai cittadini del territorio in cui esercita il suo alto incarico istituzionale. Con viva cordialita' e sincera sollecitudine, restiamo in attesa di un cenno di riscontro. 2. STRUMENTI. MARIA G. DI RIENZO: SUL METODO DEL CONSENSO [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione questo testo elaborato per essere utilizzato in seminari di formazione alla nonviolenza. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza] Il metodo del consenso, una novita' quasi assoluta per gli/le attivisti/e in Italia, sta cominciando a venir usato (con un successo ancora variabile, ovviamente) da nuovi gruppi che si avvicinano alla nonviolenza. E' un sistema semplice ed efficace, ma richiede qualche tempo di rodaggio e la comprensione del senso dell'incontrarsi. Il piu' importante beneficio di tale processo e' il modo in cui coinvolge ogni membro del gruppo nella decisione, la quale e' arricchita anziche' indebolita dalle preoccupazioni sollevate da coloro che non sono d'accordo con il tipo di azione proposto inizialmente: affinche' la decisione finale sia sostenuta dall'intero gruppo e non si formino minoranze/maggioranze o esclusi, il processo decisionale partecipato e' essenziale. Raggiungere il consenso, pero', non significa delineare opposti schieramenti che "consentono" su una proposta e "dissentono" su un'altra; questo puo' far parte di un processo decisionale facilitato, ma non e' consenso condiviso. Quando quest'ultimo funziona, le idee di ciascuno/a vengono ricevute con rispetto e incorporate nella decisione finale del gruppo, il che muove chiunque ne abbia espresse ad accettarla. * La prima cosa che i membri di qualsiasi gruppo che voglia usare il metodo del consenso devono imparare e' l'ascolto. Un ascolto rispettoso dei tempi, delle persone e delle loro preoccupazioni, delle loro esitazioni e dei loro sentimenti. La seconda e' entrare nel processo con ottimismo: aspettarsi il meglio, insomma, dal fatto che ognuno/a mettera' la propria parte di verita' a disposizione. Se la partecipazione di una persona (o piu' persone) nel gruppo e' tollerata in quanto "portatore/portatrice d'acqua" e non partner, se l'espressione dei sentimenti e' dismessa come frivola o inutile, se non ci si aspetta nulla perche' tanto uno o piu' "leader" hanno il compito o il dovere di prendere la decisione finale per tutti, i risultati saranno un'adesione tiepida, un'azione scarsamente efficace e la perdita di attivisti/e. La terza cosa da apprendere e': pensare prima di agire/reagire. Questo non significa solo pianificare accuratamente le azioni, ma prepararsi a discutere in maniera calma e rispettosa. Ad esempio, quando una decisione sembra raggiunta, e vengono sollevati nuovi problemi, e' facile sentirsi impazienti o seccati con chi lo ha fatto. Quando vi accade, centratevi sulla questione, ascoltate in profondita', ricordate a voi stessi il valore positivo dell'essere insieme. Non abbiate timore di nominare i "cattivi processi" come blocchi delle potenzialita' del gruppo: non abbiamo bisogno di animosita', di giochi egoici, di lotte per il dominio interno. Queste si' sono cose che ci fanno perdere tempo! La quarta cosa da tenere sempre in mente e' la cifra del cambiamento. Piu' un gruppo apprende (sulla nonviolenza, sulla costruzione di comunita', sulla trasformazione dei conflitti e delle situazioni potenzialmente od effettivamente violente, ecc.) piu' usare il consenso diventera' facile. * Suggerimenti: 1) Fidatevi l'uno dell'altro. Il processo del consenso non e' una competizione: ciascuno/a deve sentirsi pienamente autorizzato ad esprimere idee ed opinioni. 2) Assicuratevi che ciascuno/a abbia capito di che problema si sta discutendo, e che stia ascoltando attentamente. 3) Tutti i presenti contribuiscono con le loro idee ed i loro saperi relativi al soggetto che si sta trattando. 4) Potete non essere d'accordo con quanto si sta decidendo, e questo va bene. Vi si chiede solo di essere flessibili e di fornire qualche suggerimen to per arrivare ad un accordo. 5) Separate le istanze espresse da chi le esprime: non siate d'accordo o non d'accordo solo perche' la persona che le esprime vi piace o no. 6) Prendetevi il tempo che occorre. Essere veloci non significa essere efficaci, o produrre azioni "di qualita'". * Procedura: a) Stabilite i vostri obiettivi riguardo al progetto, le aspettative, ecc.; b) Definite i problemi o le decisioni che volete prendere tramite consenso; c) Ipotizzate su come trovare loro una soluzione (brainstorming); d) Traete dalla discussione una lista sintetica delle idee/soluzioni proposte; e) Maneggiatele, cambiatele, "aggiustatele" fino a che sembrino soddisfare tutto il gruppo; f) Chiedete venga espresso il consenso: se il consenso non viene raggiunto, ripercorrete il punto precedente; g) Quando una decisione viene presa, stabilite come agirete rispetto ad essa (chi fara' cosa, ecc.). * Una nota finale. Ricordate che il processo del consenso condiviso sara quale voi vorrete che sia: cio' che metterete in esso, come individui e come gruppo, e' determinante per la qualita' del suo funzionamento. L'unica qualita' che vi richiede come indispensabile e' l'onesta volonta' di venirvi incontro (il senso dell'incontrarsi di cui parlavo all'inizio). Percio', usate le vostre teste (ne avete di ottime, o non sareste qui): pensate prima di parlare, ascoltate prima di obiettare. Partecipare al processo del consenso vi dara' modo non solo di far nascere intuizioni negli altri, ma vi arricchira' in prima persona. 3. RIFLESSIONE. VINCENZO ORSOMARSO: IMPERO E DINTORNI [Ringraziamo Vincenzo Orsomarso (per contatti: vorsomar at beactive.it] per averci messo a disposizione questo articolo apparso sull'ultimo numero della rivista "Ora locale". Enzo Orsomarso insegna a Viterbo ed e' studioso e saggista di acuta analisi e di forte passione civile] "Soltanto oggi", scriveva alcuni decenni fa Roman Rosdolsky, "esistono i presupposti dell'eliminazione totale e definitiva del furto del tempo di lavoro altrui; soltanto oggi le forze produttive della societa' possono ricevere un cosi' potente impulso che, in un futuro non troppo lontano, misura della ricchezza sociale diventi non piu' il tempo di lavoro, ma il tempo disponibile, il tempo di riposo [...]. Mai le condizioni per una palingenesi della societa' in senso socialista sono state cosi' mature; mai il socialismo e' apparso cosi' necessario e, insieme, economicamente realizzabile" (1). Affermazioni condivise in quegli anni e misurate tanto sullo sviluppo delle forze produttive quanto sull'insorgenza dell'operaio massa ad Est come ad Ovest e sulle lotte di liberazione del Sud del mondo. Processi che allo stesso tempo hanno spinto il capitale a rivoluzionare i suoi presupposti, ad avviare una poderosa e diffusa innovazione tecnico-scientifica a livello globale, che ha avuto come conseguenza particolarmente rilevante il declino della sovranita' dello stato-nazione. Un evento che non si traduce nella messa in discussione della sovranita' in quanto tale, al contrario, precisano Antonio Negri e Michael Hardt in Impero, Rizzoli, Milano 2002, "ha assunto una forma nuova, composta da una serie di organismi nazionali e sopranazionali uniti da un'unica logica di potere" (2), l'impero per l'appunto; una realta' che nulla ha da vedere con l'imperialismo, da considerare invece una "vera e propria proiezione della sovranita' degli stati-nazione europei al di la' dei loro confini". L'Impero non stabilisce alcun centro di potere e non poggia su confini e barriere fisse; si tratta di un apparato di potere decentrato e deterritorializzato che progressivamente incorpora l'intero spazio mondiale all'interno delle sue frontiere aperte e in continua espansione (3); non ha un terreno o un centro attualmente localizzabile ma e' distribuito attraverso le reti, lungo una serie di meccanismi di controllo mobili e reticolari (4). Tutto cio' in conseguenza del fatto che i processi di centralizzazione e concentrazione capitalistica hanno assunto un carattere sovranazionale, ridimensionando pesantemente il potere degli Stati, la cui politica e i cui modi di funzionamento risultano condizionati da centri di decisione del capitale ormai svincolati da ogni legame con gli Stati-nazione. Rimane il fatto pero' che le prime duecento societa' multinazionali che condizionano l'economia e la finanza mondiale, pur avendo filiali in tutto i continenti, sono in buona parte riconducibili a questo o a quel gruppo nazionale, solidamente intrecciate col potere politico statale dei paesi della Triade (Usa, Europa, Giappone), la cui capacita' di condizionamento, per quanto ridotta, e' tutt'altro che trascurabile. E' il caso degli Usa che, possedendo saldamente il controllo sulle tecnologie, sulla comunicazione, sulla produzione di armamenti e sulla gestione dei flussi finanziari (5), si sono posti come motore del processo di globalizzazione determinando, in quanto azionista di maggioranza, la politica degli aggiustamenti strutturali, delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni perseguita dal Fondo monetario e dalla Banca mondiale. Scelte che hanno accentuato drammaticamente il divario sociale ed economico tra Nord e Sud, che hanno prodotto tensioni dirompenti che gli Usa si propongono di governare militarmente ricorrendo alle guerre preventive, per creare un sistema di apartheid, finalizzato a garantire il trasferimento di risorse dalle periferie al centro. Si tratta di una strategia che si propone di lunga durata, il cui successo non e' certo scontato, per i costi, per le contraddizioni sociali che apre, per l'opposizione che puo' fomentare (6) ma difficilmente puo' essere considerata, come afferma lo stesso Negri, il rigurgito di un arcaismo che il capitale transnazionale trascinera' via. Tutto questo non toglie nulla al fatto che l'iniziativa contro la mondializzazione neoliberista pone il problema per la sinistra e per il movimento del superamento dell'orizzonte dello Stato nazionale, proprio per proporre un'altra idea di globalizzazione. Il passaggio all'Impero per Negri e Hardt rappresenta un evento storico sostenuto e accompagnato da una trasformazione degli stessi processi produttivi, dalla riduzione del ruolo del lavoro industriale di fabbrica e da una crescente priorita' attribuita al lavoro basato sulla comunicazione, sulla cooperazione, sull'affettivita'. Nella "post-modernizzazione dell'economia globale" la creazione della ricchezza tende sempre piu' risolutamente verso cio' che gli autori definiscono produzione biopolitica - la produzione della vita sociale stessa - in cui l'elemento economico, quello politico e quello culturale si sovrappongono sistematicamente e si investono reciprocamente (7). Pertanto il potere dell'Impero non puo' non agire su tutti i livelli dell'ordine sociale, penetrando nelle sue profondita'. "L'impero non solo amministra un territorio e una popolazione, ma vuole creare il mondo reale in cui abita. Non si limita a regolare le interazioni umane, ma cerca di dominare direttamente la natura umana. L'oggetto del suo potere e' la totalita' della vita sociale; in tal modo, l'Impero costituisce la forma paradigmatica del biopotere" (8). Negri e Hardt con queste affermazioni riconoscono come oggi, nell'era della globalizzazione e dell'imperialismo, l'oppressione si sia moltiplicata in termini esponenziali, ma ritengono "la costruzione dell'Impero [...] un passo in avanti", considerano la nuova costruzione "meglio di cio' che l'ha preceduta, allo stesso modo in cui Marx" definiva il capitalismo la migliore delle forme di societa' e dei modi di produzione finora realizzati. Pur disponendo di enormi strumenti di oppressione e distruzione, l'Impero, secondo i due autori, offre nuove possibilita' alle forze di liberazione: "le forze creative della moltitudine (9), che sostengono" le nuove forme di dominio, "sono in grado di costruire autonomamente un controimpero, un'organizzazione politica alternativa dei flussi e degli scambi globali. Le lotte volte a contestare e sovvertire l'Impero, cosi' come quelle tese a costruire una reale alternativa si svolgeranno sullo stesso terreno imperiale [...]. Attraverso queste a altri tipi di lotte, la moltitudine sara' chiamata a inventare nuove forme di democrazia e un nuovo potere costituente che, un giorno, ci condurra' attraverso l'Impero, fino al suo superamento" (10). La moltitudine e' la reale forza produttiva del nostro mondo, mentre l'Impero e' un mero apparato di cattura che si alimenta della vitalita' della moltitudine; il governo imperiale appare quindi come un guscio vuoto e come un parassita (11), "un vampiresco regime di lavoro morto accumulato che sopravvive soltanto succhiando il sangue dei viventi" (12). Ed e' questo quadro che rende evidente come le armi necessarie al processo rivoluzionario siano gia' in possesso della moltitudine, realizzate dall'evolversi dello stesso modo di produzione capitalistico, un potenziale per "sabotare e distruggere" rappresentato dalla stessa forza produttiva della moltitudine (13). Proprio in ragione del ruolo parassitario del capitale globale, la resistenza al comando non puo' che emergere di continuo, l'antagonismo nei confronti dello sfruttamento si articola lungo le reti globali della produzione, "determinando crisi su ogni singolo nodo". Una tesi percorsa da una sorta di necessita' storica che si rivela nella richiesta di non resistere "alla globalizzazione capitalista" ma di "accelerarne l'andatura" (14); Negri usa le parole di Deleuze e Guattari per recuperare quella funzione civilizzatrice di marxiana memoria che il capitalismo per Samir Amin non ha piu'. Se l'imperialismo ha avuto una vocazione costruttiva tale da alimentare l'illusione nelle periferie intorno alla possibilita' di raggiungere i paesi di antica industrializzazione, l'attuale flusso di profitti e di trasferimenti di capitali dal Sud al Nord, e non solo in termini quantitativi, supera largamente il ridotto flusso di nuove esportazioni di capitali dai paesi della Triade verso il resto del pianeta (15). In questo quadro il divario economico e sociale tende ad accentuarsi radicalmente e il monopolio di Usa, Europa e Giappone nei settori che vanno dalle tecnologie, alla gestione dei flussi finanziari, alle comunicazioni e alle risorse naturali, annullano la portata dell'industrializzazione delle periferie, svuotano il lavoro produttivo incorporato nelle sue produzioni. Non c'e' spazio per le magnifiche sorti e progressive in versione rivoluzionaria, inoltre l'impresa postfordista e' virtuale, si presenta come una ragnatela di imprese medie e piccole, di lavoro autonomo e attivita' affidate ad un esercito di fornitori con i quali il contratto non e' piu' di dipendenza, bensi' di appalto. Se la fabbrica fordista fondava la sua organizzazione sulla concentrazione dei fattori della produzione e l'espansione della relazione economica era piu' caratterizzata dalla dipendenza e dalla subordinazione, l'impresa post-fordista fonda la sua organizzazione su due tendenze esattamente opposte. Alla concentrazione si oppone il decentramento, la esternalizzazione delle attivita' e dei cicli della produzione, mentre il lavoro salariato tende ad essere sostituito dal contratto di appalto, passando attraverso le diverse forme di contrattazione intermedie, che si traduce in una crescente precarizzazione della condizione operaia. Il capitale fugge dal lavoro vivo frantumando la vecchia fabbrica in aziende sempre piu' piccole, trasformando in non pochi casi anche culturalmente vecchi lavoratori in piccoli imprenditori, in liberi fornitori di prodotti e servizi legati dal contratto di appalto con l'assunzione di tutti i costi e di tutti i rischi. Si realizza cosi' un gigantesco processo di subordinazione reale del lavoro al capitale, d'altra parte nell'organizzazione della produzione postfordista il punto chiave e' il controllo e la manipolazione della volonta' del lavoratore, sia dipendente che autonomo; questo proprio nella misura in cui l'intervento consapevole e attivo del produttore diventa centrale nel processo di lavoro. Senza alcun dubbio il postfordismo presenta spazi di autodeterminazione nella sfera produttiva, ma non e' certo facendo affidamento alla spontaneita' del movimento storico che tale aspetto puo' prevalere sulle pretese totalizzanti di un modo di produzione che chiama in causa sapere, linguaggi e intenzionalita'; pertanto la questione che non puo' essere elusa, neanche dalla sinistra antagonista, ritorna ad essere quella della ricerca collettiva intorno ad una progettualita' politica che facendo leva sulle possibilita' del presente si cimenti nella costruzione di percorsi di trasformazione che non possono non assumere a presupposto l'ampliamento di quanto sta gia' avvenendo: la riappropriazione collettiva del dibattito politico, la sua articolazione nelle forme della democrazia partecipativa. * Note 1. R. Rosdolsky, Genesi e struttura del "Capitale" di Marx, vol. II, Roma-Bari, Laterza, 1975, p. 493. 2. A. Negri e M. Hardt, Impero, Milano, Rizzoli, 2002, pp. 13-14. 3. Cfr. ibidem, pp. 13-14. 4. Cfr. ibidem, p. 356. 5. Cfr. S. Amin, I mandarini del capitale, Roma, Datanews, 1996. 6. Cfr. W. Bello, Il mondo del crepuscolo americano, intervista a cura di B. Vecchi, in "Il manifesto", 17 settembre 2002, p. 12. 7. Cfr. ibidem, p. 15. 8. Ibidem, p. 16. 9. Per moltitudine Negri intende un insieme di singolarita' operanti, "e' la forma odierna del lavoro vivo". E' "un insieme di soggettivita' il cui impatto produttivo e' direttamente proporzionale alla loro capacita' relazionale, linguistica, comunicativa" (A. Zanini, Moltitudine, in Lessico postfordista, a cura di A. Zanini e U. Fadini, Milano, Feltrinelli, 2001, p. 214), assunte a competenze centrali della valorizzazione postfordista. 10. Ibidem, p. 17. 11. Cfr. ibidem, pp. 334 - 335. 12. Ibidem p. 72. 13. Cfr. ibidem pp. 75 - 76. 14. Ibidem, p. 198. 15. Cfr. S. Amin, Il capitalismo senile, in "La rivista del manifesto", settembre 2002, p. 9. 4. MATERIALI. MARIA LUIGIA CASIERI: UNA SINTESI DI EMILIA FERREIRO E ANA TEBEROSKY, "LA COSTRUZIONE DELLA LINGUA SCRITTA NEL BAMBINO", 1985 - ED. OR. 1979 - (PARTE TERZA) [Proseguiamo la pubblicazione di una serie di schede bibliografiche curate da Maria Luigia Casieri relative all'opera di Emilia Ferreiro. Maria Luigia Casieri insegna nella scuola dell'infanzia ed e' una delle principali collaboratrici di questo foglio. Emilia Ferreiro, argentina, docente in Messico, pedagogista illustre, e' una delle piu' grandi studiose viventi del processi di alfabetizzazione, e' di fondamentale importanza il suo contributo sul tema dell'apprendimento della lettura e della scrittura da parte dei bambini. Tra le opere di Emilia Ferreiro si veda in primo luogo l'ormai classico volume scritto insieme ad Ana Teberosky, La costruzione della lingua scritta nel bambino, Giunti, Firenze 1985. Ana Teberosky, docente in varie universita', ha collaborato con Emilia Ferreiro al volume sopra citato, ed ha condotto numerose altre ricerche; un suo lavoro condotto nell'ambito dell'Imipae di Barcellona e' in Emilia Ferreiro, Margarita Gomez Palacio (a cura di), Nuevas perspectivas sobre los procesos de lectura y escritura, Siglo veintiuno editores, Mexico 1982, 2000] * Evoluzione della scrittura 1) riproduzione dei "tratti tipici del modello di scrittura identificato dal bambino come la forma basilare della scrittura stessa" (pag. 219): a stampa (tramite uso di grafismi separati) o corsivo (scrittura ondulata) - la scrittura non e' comprensibile separatamente dalla conoscenza delle intenzioni: "ognuno puo' interpretare la propria scrittura ma non quella degli altri" (pag. 220); - ricerca di corrispondenza "tra aspetti quantificabili dell'oggetto e aspetti quantificabili della scrittura" (pag. 221); - comparsa dell'"ordine lineare" (pag. 226); - solo sul modello dello stampato "si evidenziano nell'agire del bambino due ipotesi di base [...]: i grafismi sono diversi e la loro quantita' e' costante" (pag. 226); - "una variazione nella quantita' di grafismi non scaturisce dalla contrapposizione parola/proposizione, ma da quella nome di oggetto piccolo/nome di oggetto grande" (pag. 226); - "la lettura dello scritto e' sempre globale" e "ogni lettera vale per il tutto" (pag. 226); 2) "per poter leggere cose differenti [...] deve esserci una differenza oggettiva tra le scritture" (pag. 226-227) - alcuni bambini "esprimono la differenza di significazione per mezzo di cambiamenti di posizione nell'ordine lineare" (pag. 227); - "la corrispondenza tra la scrittura ed il nome e' ancora globale e non analizzabile" (pag. 228); - possibile "utilizzazione dei modelli conosciuti per la previsione di nuove scritture" (pag. 230) (nel rispetto della regola della quantita' minima e varieta' dei caratteri); 3) "tentativo di attribuire un valore sonoro ad ognuna delle lettere che compongono una scrittura": ipotesi sillabica (pag. 232) - "superamento [...] della corrispondenza globale" (pag. 232); - "ipotesi che la scrittura rappresenti parti sonore del parlato" (pag. 232); - i grafismi "possono essere o non essere utilizzati con un valore sonoro stabile" (pag. 232); - "conflitto tra la quantita' minima di caratteri e l'ipotesi sillabica" (pag. 234); - "nel passare dalla scrittura di sostantivi a quella di proposizioni, il bambino puo' seguitare ad utilizzare l'ipotesi sillabica [...], oppure puo' passare ad un altro tipo di analisi, ma sempre cercando le unita' minori che compongono la totalita' che si intende rappresentare per iscritto [...] (soggetto-predicato oppure soggetto-verbo-complemento)" (pag. 236); 4) "passaggio dall'ipotesi sillabica a quella alfabetica" (pag. 249) - "attraverso il conflitto tra l'ipotesi sillabica e l'esigenza della quantita' minima di grafismi [...] e quello tra le forme grafiche che il contesto gli propone, [...] abbandona l'ipotesi sillabica e scopre la necessita' di un'analisi" ulteriore (pag. 249); - e' frequente l'"alternanza del valore sillabico o fonetico" attribuito alle diverse lettere (pag. 251); - il bambino ha elaborato interiormente in modo non trasmesso dall'adulto le due ipotesi della quantita' minima e varieta' dei caratteri e l'ipotesi sillabica. Perche' si produca il conflitto cognitivo che lo porti al superamento di queste prime regole e' necessario acquisire dall'ambiente alcune informazioni: "un repertorio di lettere, una serie di equivalenti sonori per molte di esse [...] e una serie di forme fisse stabili, la piu' importante delle quali e' senza dubbio il nome proprio" (pag. 252); 5) scrittura alfabetica - il bambino "effettua sistematicamente un'analisi sonora dei fonemi delle parole che si accinge a scrivere" (pag. 254); - "da questo momento il bambino affrontera' le difficolta' specifiche dell'ortografia" (pag. 254). * Atti di lettura L'oggetto di questa indagine e' l'individuazione di quali indici usi il bambino per individuare un atto di lettura. "L'imitazione spontanea [... compiuta dai bambini...] non e' una copia passiva, bensi' e' intenzione di comprendere il modello imitato" (pag. 187). In questo processo di comprensione i bambini individuano quali siano le "azioni pertinenti" all'atto di lettura, che grazie ad esse si differenzia "da altri atti verbali" (ibidem), ad esempio attraverso l'intonazione, il registro utilizzato, l'osservare e il parlare, il sostenere un supporto. "Una volta raggiunta la differenziazione tra le chiavi comportamentali del leggere e del non leggere, il secondo aspetto che resta da stabilire e' quello della relazione tra i contenuti scritti e i diversi tipi di supporti materiali [...]. Queste differenze si manifestano attraverso caratteristiche specifiche relative al contenuto ed allo stile. D'altra parte, e' necessario prendere in considerazione il fatto che il linguaggio scritto differisce anche dalla lingua orale, sia relativamente alla struttura, sia per quanto concerne il valore e la funzione [...]. Riepilogando, interpretare un atto di lettura silenziosa cosi' come anticipare il contenuto scritto concordemente al tipo di supporto materiale in cui compare, richiede, evidentemente, l'aver messo in corrispondenza il significato e i gesti del lettore, ma anche l'aver ascoltato e valutato un testo, mettendolo in relazione con un determinato portatore ed in funzione di chiavi stilistiche o di contenuto che lo rendano pertinente a determinati contesti" (pag. 188). Oltre a cio' richiede ovviamente la capacita' di valutare la pertinenza di un enunciato alla lingua orale o alla lingua scritta. Situazione sperimentale La situazione sperimentale prevedeva il successivo compimento di tre azioni: atto di lettura silenziosa; sfogliare; atto di lettura ad alta voce con l'inserimento di un elemento conflittuale quale leggere il testo di una fiaba da un giornale, una notizia giornalistica da un libro di fiabe, un testo orale comprendente un discorso diretto da un giornale. A partire da questa situazione sono state poste ai bambini delle domande del tipo: "cosa sto facendo? Come fai a saperlo?". Lo scopo era di far emergere come il bambino interpreta il modello: come registra la presenza di indici dell'azione del leggere e quali oggetti sono interpretati come "cose per leggere" in riferimento alla scoperta della funzione specifica che li caratterizza. Sul problema della "funzione attribuita alla scrittura in generale e in modo particolare ai differenti media in cui compare" si fa riferimento ad una ricerca longitudinale in corso in Messico. Riguardo all'interpretazione della lettura silenziosa sono emersi due successivi livelli di comprensione, da cui risulta che la presenza di modelli e' necessaria ma "non sufficiente a spiegare le conoscenze e le ipotesi dei bambini" (pag. 193). 1) la lettura silenziosa non e' concepita come lettura - sono necessari indicatori linguistici, perche' si compia un atto di lettura; - guardare e' considerato un prerequisito, ma per leggere "parlare e guardare devono avvenire insieme"; - il "guardare" comprende tanto un atto di lettura quanto uno scorrere con lo sguardo; - l'attivita' di lettura silenziosa non viene confusa con un'attivita' qualsiasi. 2) la lettura e possibile indipendentemente dalla voce e si distingue dallo scorrere dello sguardo - e' caratterizzata dal "guardare attentamente" come opposto allo scorrere dello sguardo; - comincia l'appellarsi all'esempio di lettori adulti che e' reso possibile in quanto il bambino ha compreso la natura dell'atto osservato; 3) gli atti di lettura silenziosa diventano definibili in se stessi - la lettura silenziosa e' definita da gesti, direzione dello sguardo, tempo e tipo di esplorazione. Riguardo alla lettura ad alta voce, con riferimento alla relazione tra contenuti e supporti l'inchiesta dirigeva l'attenzione del bambino su due aspetti: la provenienza orale o scritta dell'enunciato e la plausibilita' della pertinenza rispetto ad un certo tipo di testo stampato. Proviamo ad azzardare un'ipotesi di comparazione, riportata tra parentesi quadre, tra le fasi seguenti e quelle precedenti. 1) l'impossibilita' di anticipare il contenuto di un messaggio in funzione dell'identificazione del portatore di testo [corrisponde a: la lettura silenziosa non e' concepita come lettura] "qualunque atto di lettura ad alta voce e' accettato come tale, senza possibilita' di problematizzare la provenienza del testo ascoltato" (pag. 198). a. attenzione alle proprieta' formali dell'atto di lettura - "la presenza della voce, l'esistenza delle lettere ed i gesti del lettore sono sufficienti" (pag.199) per accettare l'atto di lettura; - si ignora la relazione tra contente grafico e contenuto scritto; b. inizio di concentrazione sul contenuto tematico dell'enunciato - la prima messa a fuoco dell'enunciato avviene relativamente al tema del quale si parla, indipendentemente dalle proprieta' formali del testo; - si esprime attraverso due possibili comportamenti alternativi: b.1. esigere la presenza dell'immagine - si tratta di un "modo per verificare cio' che [loro stessi] hanno ascoltato, che non mette in questione l'atto di lettura ne' il tipo di supporto" (pag. 200), basato sull'idea di "corrispondenza tra testo e disegno" (ibidem); - "il giudizio di adeguatezza non riguarda la relazione contenente-contenuto, in quanto i soggetti ritagliano - dall'enunciato completo ascoltato - il contenuto tematico e non i suoi aspetti formali, riducendo pero' il tema al contenuto referenziale del messaggio" (pag. 201), di cui viene cercata la traccia nel disegno: la possibilita' di aver letto su un certo supporto viene giustificata a posteriori in funzione di tale corrispondenza; - "caratteristica di queste risposte e' quella di definire il contenuto letto come 'un racconto', oltre che qualificare l'atto osservato come 'leggendo'" (pag. 200). "Resta dunque il problema di capire se, per questi bambini, 'raccontare' e' compatibile con 'leggere' oppure si oppone ad esso. La nostra ipotesi e' che, sebbene siano compatibili, i due atti si differenziano. E questa differenziazione si spiega con l'esigenza dei soggetti che il supporto includa lettere e disegni. Leggere e raccontare sarebbero due azioni realizzate sopra queste due parti e, rispettivamente, leggere in presenza delle lettere e raccontare in presenza del disegno" (pag. 204). - "L'atto osservato e' ritenuto legittimo se soddisfa certe condizioni: in questo caso che sia realizzato su un supporto che presenti testo scritto ed immagini" (ibidem). - Di questo gruppo fanno parte soprattutto bambini di classe media, piu' frequentemente destinatari di atti di lettura. b.2. senza esigere la presenza dell'immagine - "accettazione dell'atto di lettura realizzato sul supporto mostrato, senza che venga richiesta la presenza del disegno, fissando fondamentalmente l'attenzione sul tema di cui si parla" (pag. 204). - La situazione di lettura non viene considerata, ne' vengono scoperte le differenze tra gli enunciati a seconda della loro provenienza (pag. 205). - "i bambini non vanno a cercare il disegno corrispondente al tema e non usano il termine generico 'racconto'" (pag. 206). - Le domande sulla provenienza del testo vengono capite in riferimento al contenuto. - Di questo gruppo fanno parte soprattutto bambini di classe sociale bassa, piu' frequentemente spettatori passivi di atti di lettura adulti (ad esempio del quotidiano). 2) possibilita' di anticipare i contenuti secondo una classificazione dei diversi supporti materiali - "la classificazione dei supporti influisce sull'anticipazione del contenuto corrispondente [... e...] determina l'interpretazione degli enunciati" (pag. 206); - il soggetto non "esprime riserve rispetto alla situazione di lettura poiche' la sua attenzione e' diretta ad interpretare l'equivalenza contenente-contenuto scritto" (ibidem); - "il tipo di supporto materiale non determina solo il contenuto [...], ma anche il tipo di azione che si esercita su di esso [... (il giornale e' 'per leggere' e il libro di racconti 'per raccontare') e] il destinatario" (pag. 207); - in tutti i casi analizzati la cosa fondamentale e' l'anticipazione della classe di cose che vanno in un testo ed e' su questa base che gli enunciati vengono accettati o rifiutati. Malgrado cambi la maniera di concettualizzare cio' che e', comune e' l'esistenza di criteri per classificare i portatori. - In genere non c'e' l'analisi delle chiavi stilistiche. - Comincia ad apparire il conflitto dovuto alla discrepanza tra supporto e testo letto, fino ad arrivare alla dichiarazione "Non stai leggendo" quando il contenuto ascoltato non corrisponde alla previsione sul supporto. 3) inizio di differenziazione tra lingua orale e lingua scritta - focalizzazione sull'enunciato contemporaneamente ad una valutazione degli atti di lettura; - precise indicazioni di superamento della situazione conflittuale tramite risposte argomentate o reazioni di riso o meraviglia; - emerge una chiara differenziazione tra lingua orale e lingua scritta; - l'enunciato viene preso in considerazione nei termini delle sue caratteristiche stilistiche e sottoposto a giudizio di compatibilita' con il supporto materiale. (3. Continua) 5. MAESTRI. ERNESTO BALDUCCI: IMMAGINARE UN FUTURO [Da Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace, San Domenico di Fiesole (Fi) 1988, p. 161. Ernesto Balducci e' nato a Santa Fiora (in provincia di Grosseto) nel 1922, ed e' deceduto a seguito di un incidente stradale nel 1992. Sacerdote, insegnante, scrittore, organizzatore culturale, promotore di numerose iniziative di pace e di solidarieta'. Fondatore della rivista "Testimonianze" nel 1958 e delle Edizioni Cultura della Pace (Ecp) nel 1986. Oltre che infaticabile attivista per la pace e i diritti, e' stato un pensatore di grande vigore ed originalita', le cui riflessioni ed analisi sono decisive per un'etica della mondialita' all'altezza dei drammatici problemi dell'ora presente. Opere di Ernesto Balducci: segnaliamo particolarmente alcuni libri dell'ultimo periodo: Il terzo millennio (Bompiani); La pace. Realismo di un'utopia (Principato), in collaborazione con Lodovico Grassi; Pensieri di pace (Cittadella); L'uomo planetario (Camunia, poi Ecp); La terra del tramonto (Ecp); Montezuma scopre l'Europa (Ecp). Si vedano anche l'intervista autobiografica Il cerchio che si chiude (Marietti); la raccolta postuma di scritti autobiografici Il sogno di una cosa (Ecp); il manuale di storia della filosofia, Storia del pensiero umano (Cremonese), ed il corso di educazione civica Cittadini del mondo (Principato), in collaborazione con Pierluigi Onorato. Opere su Ernesto Balducci: cfr. i due fondamentali volumi monografici di "Testimonianze" a lui dedicati: Ernesto Balducci, "Testimonianze" nn. 347-349, 1992; ed Ernesto Balducci e la lunga marcia dei diritti umani, "Testimonianze" nn. 373-374, 1995. Un'ottima rassegna bibliografica preceduta da una precisa introduzione biografica e' il libro di Andrea Cecconi, Ernesto Balducci: cinquant'anni di attivita', Libreria Chiari, Firenze 1996. Recente e' il libro di Bruna Bocchini Camaiani, Ernesto Balducci. La Chiesa e la modernita', Laterza, Roma-Bari 2002. Cfr. anche Enzo Mazzi, Ernesto Balducci e il dissenso creativo, Manifestolibri, Roma 2002] Non e' piu' possibile immaginare un futuro con la guerra, e non e' possibile immaginare un futuro senza guerre se non immaginando una Comunita' Mondiale in cui tutte le strutture dell'inimicizia - fisiche, giuridiche e mentali - siano abolite. 6. RILETTURE. MARIA DE ZAYAS Y SOTOMAYOR: NOVELAS AMOROSAS Y EJEMPLARES Maria de Zayas y Sotomayor, Novelas amorosas y ejemplares, Catedra, Madrid 2000, pp. 568. I racconti della grande scrittrice spagnola del Seicento, aperti dalla fiammeggiante denuncia dell'oppressione maschilista e nitida rivendicazione della dignita' della donna, rivendicazione e denuncia che costituiscono la tesi sottostante e per cosi' dire il programma militante del libro. 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 514 del 21 febbraio 2003
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