De Bortoli «Siamo contro questa guerra». Un inedito editoriale del Corriere



Fonte: Il Manifesto - 11 febbraio 2003

CORSERA
Siamo tutti pacifisti
De Bortoli «Siamo contro questa guerra». Un inedito editoriale del Corriere
BRUNO PERINI
«Siamo a posto, adesso il 'giovanotto' di via Solferino si mette anche a pontificare sulla guerra!». La battuta viene accreditata a uno stretto collaboratore del presidente del consiglio. E, ça va sans dire, il giovanotto indicato nella sarcastica battuta è Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere della Sera e autore di un editoriale contro la guerra pubblicato domenica scorsa dal titolo: «Le ragioni per dire no». Si dice che l'inedita presa di posizione del più diffuso e autorevole quotidiano italiano abbia innervosito non poco il capo del governo e il suo entourage. Il presidente del consiglio era convinto che almeno sulla guerra il quotidiano di via Solferino lo seguisse, assecondasse la sua politica estera, così come aveva fatto in precedenza su altre questioni di politica internazionale. E invece anche in questo caso De Bortoli ha voluto prendere le distanze da Berlusconi e lo ha lasciato in compagnia del Foglio di Ferrara o dello zerbino di Belpietro.

Non sappiamo se i tentacoli del presidente del consiglio siano tanto ramificati da essere riuscire ad ottenere come riparazione allo strappo di De Bortoli, l'editoriale che compariva ieri in prima pagina firmato da Ernesto Galli Della Loggia o quel «dietro le quinte» a pagina 3 che elogiava Berlusconi, ma comunque sia l'uscita di De Bortoli resta un fatto rilevante. Un sintomo del fatto che la filosofia della guerra preventiva comincia a mostrare la corda anche nello schieramento moderato.

Il direttore del Corriere della Sera non scrive nulla di eversivo o di rivoluzionario. Anzi, ricorda che il Corsera le ha appoggiate proprio tutte le guerre di questo decennio e che il 12 settembre se ne uscì addirittura con con un editoriale dal titolo «Siamo tutti americani». «Lo siamo ancora - scrive oggi De Bortoli - anche perché la trincea è comune. Ma esserlo non significa rinunciare a critiche e dubbi. L'amicizia è fatta di lealtà, non di passiva fedeltà. L'Europa deve trovare la forza ( intellettuale), oltre che l'unità politica, di rinsaldare il proprio legame con gli Stati uniti. Anche nella diversità delle idee. L'appiattimento delle opinioni e l'irritazione per i dubbi di coscienza non rendono più efficace la lotta al terrorismo... La guerra preventiva rischia di trasformarsi in una guerra continua: dopo l'Iraq toccherà al vicino Iran che fra pochi anni avrà l'atomica? E che fare con la Siria che considera patrioti i kamikaze? Siamo sicuri che una pressione internazionale costante, un'ispezione prolungata, una vigilanza ferrea (con l'impiego dei caschi blu come pensano Parigi e Berlino), non otterrebbero, dal lato della sicurezza e della lotta al terrorismo, migliori risultati di un conflitto dalle conseguenze imprevedibili, specie nei Paesi arabi confinanti?». Sembra che i consiglieri del principe e il principe stesso si siano arrabbiati per quel riferimento all'amicizia «fatta di lealtà e non di passiva fedeltà» ma dalle parti di via Solferino ti spiegano che il primo a provocare è stato proprio il capo del governo quando ha assimilato tutti quelli che non sono d'accordo con lui e con Bush ad amici dei terroristi o a disfattisti.

C'è anche chi pensa, e forse non a torto, che l'uscita di De Bortoli faccia ormai parte di uno schieramento più ampio: una sorta di blocco di potere moderato che raccoglie attorno a sé banchieri come Corrado Passera (interessante la sua intervista al Corsera del 28 gennaio), Giovanni Bazoli, Cesare Geronzi e Antonio Fazio; editori come Cesare Romiti e Caltagirone; politici come Romano Prodi, Pierferdinando Casini e tutta quell'area cattolica vicina alle posizioni del Vaticano. Il Corriere sarebbe diventato, insomma, il punto di riferimento di quest'area che in più occasioni ha preso le distanze da Berlusconi. Fantapolitica? Può darsi, ma certo di segnali ce ne sono tanti in questa direzione.