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La nonviolenza e' in cammino. 499
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 499
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 6 Feb 2003 09:52:53 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 499 del 6 febbraio 2003 Sommario di questo numero: 1. Tavola della pace, fermiamo la guerra in Iraq 2. Maria G. Di Rienzo: smuovere le montagne 3. Giulio Vittorangeli, il tronco immenso dell'umanita' 4. Rete Lilliput, "chiedo un voto di pace" 5. Coordinamento degli enti locali per la pace, una proposta di ordine del giorno contro la guerra 6. Luciano Bernabei, esseri liberi 7. Elettra Deiana, una lettera aperta alle parlamentari e ai parlamentari 8. Diritto al futuro, contro il razzismo di guerra 9. Un appello da Roma: no alla guerra, si' alla pace 10. Anna Picciolini, della paura e del coraggio 11. Sergio Paronetto: no alla guerra, sconfitta dell'umanita' 12. Letture: Caritas italiana, I conflitti dimenticati 13. Riletture: Silvia Vegetti Finzi, Il bambino della notte 14. Riletture: Silvia Vegetti Finzi, Volere un figlio 15. La "Carta" del Movimento Nonviolento 16. Per saperne di piu' 1. APPELLI. TAVOLA DELLA PACE: FERMIAMO LA GUERRA IN IRAQ [Dal sito della Tavola della pace (www.tavoladellapace.it), il principale network pacifista italiano, riprendiamo questo appello] Fermiamo la guerra in Iraq. Per la pace e la giustizia in Medio Oriente. Il 15 febbraio a Roma si terra' una grande manifestazione nazionale per "fermare la guerra in Iraq". La manifestazione sara' il contributo italiano alla giornata europea contro la guerra promossa dal Forum Sociale Europeo tenutosi a Firenze nel novembre scorso. La manifestazione partira' da piazzale Ostiense alle ore 14 e terminera' in piazza San Giovanni. La Tavola della pace aderisce al comitato organizzatore della manifestazione e invita tutti a partecipare per dire: - Fermiamo la guerra in Iraq, Palestina, Israele, Afghanistan, Cecenia, Costa d'Avorio, Sudan, Colombia e in tutte le altre parti del mondo dove continua a scorrere il sangue; - Fuori l'Italia dalla guerra; - Fuori l'Europa dalla guerra; - Pace, giustizia e democrazia per il Medio Oriente; - La democrazia non si esporta con le bombe; - Contro le dittature e il terrorismo; - Per democratizzare e rafforzare l'Onu; - Contro i mercanti di armi difendiamo la legge 185. 2. RIFLESSIONE. MARIA G. DI RIENZO: SMUOVERE LE MONTAGNE [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione questo testo. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza] I sistemi di protezione dei diritti umani sono governati da trattati redatti da governi: questi ultimi promettono sostanzialmente di rispettare le liberta' e le vite dei loro popoli. Naturalmente, le promesse sono parole (spesso parole aride e fredde) e sovente non vengono mantenute. Ma tentate per un attimo di immaginare come sarebbe questo mondo - dominato e diretto dalla violenza, dal pregiudizio, dall'odio - se i diritti nominati nei trattati vivessero veramente per ciascuna persona, e non solo sulla carta. Se riuscite ad immaginare un tale mondo, la sua dignita' ed il suo valore, avete compreso il potere che il diritto umano internazionale puo' assumere. Il problema e' proprio muovere le "carte sociali" dalla semplice promessa all'attuazione. Ora compiremo insieme un piccolo passo in quella direzione. * In primo luogo: perche' gli attivisti / le attiviste dovrebbero usare i meccanismi internazionali? Queste istituzioni cosi' distanti sono davvero attrezzi efficienti? Alcuni parlano di "diritto umano internazionale" come se fosse un'unica parola, come se di diritti non si potesse parlare se non all'interno di una cornice internazionale. La verita' e' che i diritti non cominciano a questo livello. Cominciano a livello di problemi ed esistenze locali, con individui che capiscono come la loro dignita' venga offesa e lottano per immaginare rimedi e soluzioni. Il fatto che le organizzazioni governative e non - da Amnesty International all'Onu - abbiano le loro sedi principali nel Nord del mondo (a Londra, New York o Ginevra), induce molte persone a pensare che in qualche modo i diritti umani provengano da li' o vi appartengano, e che e' li' che bisogna difenderli. Invece, il luogo piu' importante dove difendere i vostri diritti e' il luogo in cui vi trovate. La vostra liberta' comincia dove voi vivete. Portare i casi personali a livello internazionale comporta vantaggi e svantaggi allo stesso tempo; alcuni/e attivisti/e potrebbero trovare estenuante il dispendio di energie, altri/e potrebbero invece trovarvi nuove prospettive e possibilita'; altri/e ancora potrebbe scoprire che questo tipo di lavoro li distanzia dall'istanza locale proprio mentre stanno cercando di portarla all'attenzione "globale". Tuttavia, lo svantaggio principale dell'appellarsi ai meccanismi che difendono il diritto umano internazionale e' presto detto: l'Onu e gli altri organismi internazionali possono condannare le violazioni del diritto umano, ma non hanno forza legale per rendere fattive le loro condanne. La retorica che circonda le pratiche inaccettabili perpetrate dagli Stati ha alle spalle un infinito idealismo, ma nessuna possibilita' di costringere gli Stati stessi ad abbandonarle. Non c'e' una "polizia globale" che arresti i violatori e li porti in giudizio. Stati molto potenti, come gli Usa, possono tentare di comportarsi - e lo fanno - come una polizia internazionale privata, ma con ovvia parzialita' ed essendo politicamente motivati dai propri scopi. In rari casi, in presenza di palesi ed enormi violazioni, l'Onu o alcuni dei suoi Stati membri possono accordarsi per esercitare una pressione economica sui Paesi interessati; ma questo, come detto, non accade spesso e gli interessi politici prendono spesso il sopravvento sul genuino interesse per la salvaguardia dei diritti umani. * Ma ci sono anche molte buone ragioni per cui dovreste prendere in considerazione la possibilita' di parlare alla comunita' internazionale: 1. A volte l'effetto di "svergognamento" funziona. Alcuni governi (locali e nazionali) si preoccupano della propria immagine internazionale e/o pubblica. Alcuni si imbarazzano, per cosi' dire, con facilita' e l'attenzione portata sul loro comportamento puo' effettivamente forzarli a cambiare strada. Riflettete, prima di agire, su quanto il vostro governo tenga alla propria reputazione internazionale e su che effetto potrebbe produrre la vostra azione. 2. Il fatto che un organismo internazionale ufficiale riconosca la vostra istanza le conferisce un'immensa credibilita' e puo' effettivamente trasformare il grado di serieta' con cui la questione e' trattata nel vostro Paese. Puo' anche aprirvi possibilita' di entrare in "reti" di attivisti, di costruire alleanze, di raccogliere fondi, e di espandere la vostra attivita'. 3. Nel portare all'orecchio dei sistemi di salvaguardia dei diritti umani le violazioni di cui vi occupate, voi pungolate l'inerzia istituzionale che tende a pensarle non comuni e sporadiche. Anche se non otterrete soddisfazione per il vostro caso specifico, renderete piu' facile che si presti attenzione a casi simili in futuro. E di per se', questa e' gia' una vittoria. 4. Per molte persone che soffrono di violazioni dei loro diritti umani, c'e' una sorta di "compenso" nel sapere che le loro storie sono state udite dalla comunita' internazionale. Anche se nessuna giustizia concreta dovesse essere fatta, ne' il torto riparato, il sapere che le loro esistenze sono state narrate cosi' lontano e da cosi' tanta altra gente, da' a queste persone consolazione e speranza. 5. Infine, la cosa piu' apprezzabile nel rivolgersi alle istituzioni internazionali e' che esse possono fungere da megafono per quello che voi volete dire; ma non dovete pensare che il cambiamento nel vostro Paese verra' dall'Onu o da qualche Commissione Europea. Queste istituzioni vi forniranno, per cosi' dire, un "muscolo" in piu', eppure sarete ancora voi a dover smuovere la montagna che vi impedisce il cammino. * Come opera il Tribunale Europeo per i Diritti Umani? Come si puo' far giungere ad esso il vostro problema? Esso consta di 41 giudici, uno per ogni stato membro del Consiglio d'Europa, che vengono eletti dal Parlamento europeo e prestano il loro servizio come individui, non in rappresentanza diretta dei loro governi nazionali. Il tribunale e' diviso in 4 sezioni. Per presentare un rapporto o una petizione alla Corte, dovete stabilire quale diritto della Convenzione Europea e' stato violato e la vostra comunicazione dovra' rispondere ai seguenti requisiti: chi fa la richiesta, individuo o gruppo, dev'essere la vittima diretta della violazione di cui si parla, non un semplice testimone o una parte comunque interessata; la petizione dev'essere indirizzata ad uno Stato, non a privati od organizzazioni; chi fa la richiesta deve aver tentato di ottenere giustizia usando tutti i mezzi legali nel Paese in cui essa si e' data (per esempio, sino ad arrivare in giudizio di fronte al piu' alto tribunale del Paese stesso) e deve inoltrare la sua segnalazione entro i sei mesi successivi al fallimento di questa strategia. Una semplice lettera, redatta in una delle lingue europee, e' sufficiente per dare inizio alla procedura, ma la procedura stessa sara' piu' veloce se la scriverete in inglese o francese (se verrete auditi, sara' in una di queste due lingue). L'indirizzo e': The Registrar - European Court of Human Rights - Council of Europe - F-67075 Strasbourg Cedex - France. * Altri trattati proteggono i diritti umani in Europa, come la "Convenzione per la prevenzione della tortura e dei trattamenti e delle punizioni inumane e degradanti" (effettiva dal 1984) che opera monitoraggio sugli Stati e puo' indirizzare loro raccomandazioni. Non ha potere giudiziario, e che le sue indicazioni vengano seguite dipende totalmente dalla buona volonta' dei governi. La "Carta Sociale Europea" e' invece un trattato a vasto raggio teso a proteggere diritti sociali ed economici. Un Comitato Europeo per i diritti sociali ha il compito di esaminare i progressi che gli Stati compiono rispetto al dettato della Carta. Gli individui non possono appellarsi al Comitato, ma esso puo' essere interpellato da sindacati e organizzazioni non governative (ong) che hanno lo status di consulenti per il Consiglio d'Europa. Quest'ultimo implementa programmi educativi per combattere il razzismo e l'intolleranza, per promuovere l'eguaglianza di genere, per istruire le forze di polizia sui diritti umani e per difendere le minoranze nazionali. Nel 1999 e' stato creato il Commissario per i diritti umani, al fine di coordinare tutte queste attivita': e' il iignor Alvaro Gil-Robles. Il suo potere e' molto minore rispetto al suo corrispondente Onu (l'Alto Commissario per i diritti umani) tuttavia puo' ricevere richieste individuali e commentarle pubblicamente se lo ritiene necessario. Il suo indirizzo e': Commissioner for Human Rights - Council of Europe - F-67075 Strasbourg Cedex - France, tel. 33(0)390215063; fax: 33(0)390215053; e-mail: commissioner.humanrights at coe.int * Il Parlamento Europeo ha ratificato numerose raccomandazioni sui diritti umani; certo, esse non sono leggi e non vincolano gli Stati, ma rivestono una forza morale considerevole: attivisti/e di tutta Europa le usano per rafforzare le proprie denuncie di violazioni. Potete allo stesso modo appellarvi a trattati internazionali simili. Di seguito vi faccio alcuni esempi: Diritti affermati e protetti dai principali strumenti internazionali * Convenzione internazionale sui diritti civili e politici Gli articoli che possono fare al caso vostro: 2. Non discriminazione; 7. Liberta' da tortura o da trattamenti crudeli, inumani e degradanti; liberta' dalla schiavitu' e dal lavoro forzato; 8. Diritto di liberta' e sicurezza, e liberta' da arresti arbitrari; 10. Riconoscimento di diritti delle persone detenute; 12. Liberta' di movimento e libera scelta della residenza; 13. Liberta' per gli stranieri dalle espulsioni arbitrarie; 14. Diritto ad un processo equo; 15. Liberta' da punizioni retroattive previste da leggi penali; 16. Diritto di essere riconosciuti come persone di fronte alla legge; 17. Diritto alla privacy; 18. Liberta' di pensiero, coscienza e religione; 19. Liberta' di opinione ed espressione; 20. Proibizione della propaganda a favore della guerra ed incitamento all'odio nazionale, razziale o religioso; 21. Diritto di riunirsi in pacifica assemblea; 22. Liberta' di associazione; 25. Diritto di partecipare alla vita politica e pubblica; 26. Eguaglianza di fronte alla legge; 27. Diritti delle minoranze etniche, linguistiche e religiose. * Convenzione internazionale sui diritti economici, socialie e culturali Gli articoli che possono fare al caso vostro: 1.Diritto dei popoli all'autodeterminazione; 6. Diritto al lavoro; 7. Diritto a condizioni giuste nel lavoro, inclusi un compenso equo, paga uguale per uguale lavoro, ferie retribuite; 8. Diritto di formare associazioni sindacali e di unirsi ad esse, incluso il diritto di sciopero; 9. Diritto alla sicurezza sociale; 11. Diritto ad un adeguato standard di vita, incluso il nutrimento adeguato, gli abiti e l'alloggio, e diritto al miglioramento delle proprie condizioni di vita; 12. Diritto all'usufruire dei piu' alti standard raggiungibili di salute fisica e mentale. * Convenzione europea per la protezione dei diritti umani e delle liberta' fondamentali Gli articoli che possono fare al caso vostro: 3. Liberta' dalla tortura o da trattamenti crudeli, inumani e degradanti; 5. Diritto alla liberta' ed alla sicurezza; 8. Diritto al rispetto per la vita privata e familiare, per il domicilio e la corrispondenza; 9. Liberta' di pensiero, coscienza, religione; 10. Liberta' di espressione; 12. Diritto di sposarsi e di fondare una famiglia; 13. Diritto a rimedio efficace nel caso di violazione dei diritti; 14. Non discriminazione. Al Protocollo n. 4 troviamo i seguenti articoli: 2. Liberta' di movimento e residenza; 4. Proibizione di espulsioni collettive di stranieri. E al Protocollo n. 7: 1. Diritto per lo straniero a non essere espulso da uno Stato senza giusto processo; 3. Diritto ad essere compensati per l'ingiustizia subita. 3. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: IL TRONCO IMMENSO DELL'UMANITA' [Giulio Vittorangeli (per contatti: giulio.vittorangeli at tin.it) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, e una delle piu' limpide e autorevoli figure della solidarieta' internazionale] Il 27 gennaio, gli ispettori dell'Onu in Iraq hanno presentato il loro rapporto alle Nazioni Unite. Risultato: la guerra non ci sara' oggi, ma ci sara'. Si parla di un attacco a marzo, con 400 missili al giorno, e dell'uso delle armi nucleari. Siamo alla vigilia di una tragedia mondiale, che puo' devastare ancora una volta un popolo e l'umanita' intera, ma che puo' essere evitata, perche' l'opposizione a questa follia non e' mai stata cosi' ampia e varia. Il terzo Forum sociale mondiale, (Porto Alegre, 23/28 gennaio), si e' chiuso lanciando una serie di appuntamenti per il futuro. Il primo e' previsto per il 15 febbraio quando in almeno cinquanta capitali al mondo si manifestera' contro la guerra. Certo, resta lontana la creazione di una cultura politica che escluda la guerra e il terrorismo dalle possibili modalita' di relazione. Intanto non dobbiamo dimenticare i tanti piccoli e grandi drammi umani, di disperati alla deriva, di bambini sfruttati, di emarginati di ogni genere. L'Europa non puo' promuovere la pace e poi chiudersi come una cittadella ai migranti. In questo preciso istante migliaia di esseri umani stanno soccombendo alla violenza, alla fame, alla disperazione. La tragedia che si compie giorno dopo giorno, ci deve chiamare alla nostra coscienza di uomini. Siamo esseri umani, fatti d'argilla, non di bombe atomiche o chimiche; e tutti (indipendentemente dal luogo di nascita, colore della pelle, sesso, ecc.) apparteniamo al tronco immenso dell'umanita'. La' dove ogni creatura e' importantissima, e importantissimo diventa quanto la riguarda; perche' l'albero viene offeso, danneggiato, mutilato, anche nel piu' piccolo germoglio, nella piu' modesta fogliolina. Percio' ogni dolore, anche quello dell'ultima creatura, chiede di essere risanato, ogni ingiustizia vuole il suo riscatto, ogni pianto vuol essere consolato. Siamo granelli di polvere, e' vero: ma di questa polvere e' composto tutto l'universo. Ed ogni singolo granello ha diritto a quella legge morale che, attraverso il grido d'angoscia delle singole creature viventi, diventa esigenza suprema dell'umanita'. Ed allora, puo' sembrare che restino solo le parole, con la loro apparente impotenza. In realta' pesano come pietre, le parole che sono l'unica cosa comune che puo' permetterci di comprendere, di comprenderci. Le parole, capaci di tenerci assieme, di modificare quel che abbiamo intorno e noi stessi. Per tutto questo dobbiamo continuare a lottare, tener duro e non perdere mai la speranza che qualcosa possa cambiare, tra dieci anni o tra un giorno. 4. APPELLI. RETE LILLIPUT: "CHIEDO UN VOTO DI PACE" [Dalla Rete Lilliput (per contatti: ufficiostampa at retelilliput.org) riceviamo e diffondiamo. Ci pare necessario osservare che questo pur apprezzabile e opportuno appello ha due punti deboli: il primo, ritiene rilevanti i sondaggi, pur sapendo quanto l'opinione pubblica sia manipolabile se e quando si scatenera' dai media la campagna propagandistica guerrafondaia; il secondo, dimentica che a vincolare i parlamentari all'impegno di pace e', e deve essere, non genericamente ed aleatoriamente il mutevole orientamento dell'opinione pubblica, ma quanto sancito dalla Costituzione della Repubblica Italiana che testualmente afferma e dispone che "L'Italia ripudia la guerra" e quindi fa obbligo a tutti i rappresentanti istituzionali di agire contro la guerra] Il 70% degli italiani e' contro la guerra preventiva annunciata dagli Stati Uniti contro l'Iraq. Per favorire un'opposizione civile ed efficace al conflitto Rete Lilliput lancia una petizione on line per raggiungere i parlamentari italiani con un appello a favore della pace. Dal sito http://www.retelilliput.org - grazie ad un sistema ideato appositamente dai tecnici lillipuziani - e' possibile per i cittadini italiani spedire al parlamentare del proprio collegio un messaggio contro la guerra. All'interno dell'appello vengono rivolte tre esplicite domande all'onorevole di turno: a) Quali iniziative ha assunto o intende assumere per prevenire questa catastrofe? b) E' favorevole o contrario alla guerra contro l'Iraq? c) E' favorevole o contrario al coinvolgimento dell'Italia nella guerra contro l'Iraq, anche attraverso un coinvolgimento indiretto (concessione delle basi e dello spazio aereo)? Con questo appello Rete Lilliput invita i cittadini ad effettuare pressione presso i deputati e i senatori affinche' le istituzioni parlamentari, in quanto rappresentanti della popolazione italiana, agiscano responsabilimente in accordo con il diffuso rifiuto della guerra; Rete Lilliput partecipera' inoltre alla manifestazione contro la guerra programmata per il 15 febbraio a Roma che vedra' insieme tutte le realta' internazionali impegnate nella costruzione di un mondo di pace. * Il testo integrale dell'appello: Egregio signor onorevole, come Lei sa, le crescenti minacce di guerra contro l'Iraq preoccupano non poco milioni di italiani che ci chiedono di fare ogni sforzo per scongiurare questa terribile prospettiva. I sondaggi sinora condotti in Italia ed in altri Pesi europei da differenti istituti riferiscono che la stragrande maggioranza dei cittadini esprimono una netta contrarieta' alla guerra. Credo sia importante e urgente che questa contrarieta' venga rappresentata dal Parlamento con atti istituzionali tali da collocare chiaramente il nostro paese contro questa guerra, in modo da influire sulle decisioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu e contribuire quindi ad evitare il conflitto. Mi rivolgo a Lei che ha ricevuto il mandato dal mio collegio/circoscrizione elettorale di rappresentarmi nelle istituzioni come parlamentare della Repubblica per conoscere le sue opinioni e, soprattutto, le sue iniziative in merito. In particolare Le vorrei porre le seguenti domande: 1. Quali iniziative ha assunto o intende assumere per prevenire questa catastrofe? 2. E' favorevole o contrario alla guerra contro l'Iraq? 3. E' favorevole o contrario al coinvolgimento dell'Italia nella guerra contro l'Iraq, anche attraverso un coinvolgimento indiretto (concessione delle basi e dello spazio aereo)? La ringrazio sin d'ora per le risposte che mi vorra' inviare quanto prima. Ritengo importante che tutti i cittadini conoscano senza alcuna deformazione le sue iniziative e prese di posizione su un tema cosi' grave e delicato per il nostro futuro. Con l'occasione Le invio i miei migliori auguri di buon anno e di buon lavoro per costruire la pace. Distinti saluti. 5. APPELLI. COORDINAMENTO DEGLI ENTI LOCALI PER LA PACE: UNA PROPOSTA DI ORDINE DEL GIORNO CONTRO LA GUERRA [Il seguente appello e' stato promosso mesi fa dal Coordinamento degli enti locali per la pace (sito: www.entilocalipace.it)] Il Consiglio ... di ..., riaffermando la convinta adesione ai principi e ai fini della Carta delle Nazioni Unite e della Costituzione Italiana che escludono la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e che impegnano il nostro paese e tutte le sue istituzioni ad operare per la pace e la giustizia nel mondo; allarmato per il rischio che la comunita' internazionale si ritrovi presto coinvolta in una nuova drammatica guerra annunciata dal governo degli Stati Uniti contro l'Iraq; fortemente preoccupato per la decisione degli Stati Uniti di abbandonare la dottrina della legittima difesa per adottare la dottrina della "guerra preventiva" in base alla quale la guerra all'Iraq non sarebbe che la prima di una serie di azioni militari unilaterali contro tutti i paesi sospettati di minacciare gli Stati Uniti; convinto che una strategia cosi' destabilizzante mette fine al tabu' della guerra e infligge un durissimo colpo al diritto, alla pace e alla sicurezza nel mondo; sottolineando come la guerra comporti sempre maggiori perdite di vite umane e di beni materiali, calpesti ogni diritto umano, produca immani sofferenze a popolazioni inermi, provochi la distruzione indiscriminata e sovente deliberata di monumenti di inestimabile valore per la storia e l'identita' civile e religiosa dei popoli coinvolti nella guerra; consapevole del fatto che una nuova guerra di queste proporzioni rappresenterebbe un pericolo anche per noi e per i nostri interessi, per l'Italia e per l'Europa, ci esporrebbe al rischio di violenze e azioni terroristiche, accrescerebbe i sentimenti di odio contro gli americani e i loro alleati allargando il fossato che separa l'occidente e il mondo islamico, allontanerebbe ancora di piu' la possibilita' di mettere fine al conflitto arabo-israeliano e di costruire una pace giusta e duratura in Medio Oriente che e' la vera priorita' dell'Onu e dell'Europa, indebolirebbe i cosidetti regimi arabi moderati e bloccherebbe ogni possibile evoluzione democratica di quei paesi; ritenendo che il regime di Saddam Hussein - come tutti quelli che nel mondo si rendono responsabili di gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale - vada contrastato dalle Nazioni Unite e dall'intera comunita' internazionale con i numerosi strumenti del diritto, della legalita' e della giustizia penale internazionale gia' oggi disponibili; esprimendo piena soddisfazione per il successo diplomatico ottenuto dalle Nazioni Unite che ha portato il governo iracheno ad accettare la ripresa incondizionata delle ispezioni sul proprio territorio; sottolineando l'urgenza di rafforzare e democratizzare l'Organizzazione delle Nazioni Unite (unica casa comune di tutti i popoli del mondo) e tutte le altre istituzioni internazionali, attraverso le quali occorre finalmente mettere in funzione un sistema di sicurezza collettiva dotato di tutte le risorse necessarie; ribadendo la necessita' di operare per la costruzione di un'Europa che sia strumento di pace e di giustizia nel mondo; richiamando i principi contenuti nell'art. ... dello Statuto ... (indicare l'articolo del proprio Statuto dove sono richiamati i principi di pace); richiamando il solenne impegno di pace pronunciato ad Assisi lo scorso 24 gennaio dal papa Giovanni Paolo II e dai capi di tutte le religioni: "Mai piu' violenza. Mai piu' guerra. Mai piu' terrorismo"; chiede al Parlamento e al Governo italiano, all'Europa, all'Onu e a tutti i responsabili della politica nazionale e internazionale di: 1. svolgere una incessante opera di mediazione, dialogo e persuasione tesa ad evitare lo scoppio di una nuova disastrosa guerra, senza cedere alla logica dell'ultimatum; 2. negare ogni forma di assenso e di coinvolgimento militare nell'organizzazione di un possibile attacco armato contro l'Iraq; 3. esercitare ogni forma di pressione politica sul governo iracheno affinche' non ponga ulteriori ostacoli alla missione degli ispettori dell'Onu impegnata a promuovere e a verificare il disarmo dell'Iraq; 4. mettere fine all'embargo che da dodici anni colpisce mortalmente la popolazione irachena; 5. mettere fine all'occupazione israeliana dei territori palestinesi, assumere tutte le misure di pressione e sanzione diplomatica ed economica necessarie per fermare l'escalation della violenza, assicurare la protezione delle popolazioni civili e riavviare il processo di pace (due popoli, due Stati); 6. promuovere la giustizia penale internazionale accelerando l'insediamento della Corte Penale Internazionale; 7. convocare, nell'ambito delle Nazioni Unite, una Conferenza e un negoziato per l'eliminazione di tutte le armi di distruzione di massa a partire dal Medio Oriente e dal Mediterraneo; 8. affrontare i conflitti e le gravi tensioni che si concentrano in particolar modo nel Mediterraneo con una progettualita' lungimirante e una coerente iniziativa politica, economica e culturale; 9. dare all'Organizzazione delle Nazioni Unite, debitamente democratizzata, gli strumenti necessari per garantire, senza distinzioni, il pieno rispetto di tutte le risoluzioni approvate nel rispetto della Carta e del Diritto internazionale dei diritti umani. * Inoltre, il Consiglio ... di ... manifestando il proprio impegno a partecipare attivamente, in base al principio di sussidiarieta', alla costruzione di un ordine mondiale piu' giusto, pacifico, solidale e democratico; riaffermando solennemente la sua disponibilita' a collaborare con le scuole e le organizzazioni della societa' civile per la diffusione e lo sviluppo della cultura dei diritti umani, della pace e della solidarieta'; decide di: 1. dichiarare il Comune di ... "Citta' per la pace"; di darne massima diffusione tra la cittadinanza, le istituzioni dello Stato e gli organismi internazionali, e di aderire al Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace secondo le modalita' previste dallo Statuto; 2. partecipare alla settima assemblea nazionale degli enti locali e delle Regioni per la pace [si e' svolta nell'ottobre 2002 - ndr-]; 3. costituire un apposito "Ufficio per la pace" con il compito di promuovere, con quanti si renderanno disponibili, la cultura della pace e dei diritti umani mediante iniziative culturali, di ricerca, di educazione e di informazione che tendano a fare del territorio comunale una terra di pace; 4. di istituire un apposito capitolo di bilancio denominato "Interventi per la promozione di una cultura della pace"; 5. invitare i Comuni della provincia di ... (indicare la provincia di appartenenza) ad assumere un analogo atto e contribuire alla costituzione di un Coordinamento provinciale degli enti locali per la pace. 6. POESIA E VERITA': LUCIANO BERNABEI: ESSERI LIBERI [Ringraziamo Luciano Bernabei per averci permesso di pubblicare questa sua lirica scritta in un difficile passaggio della sua esistenza e del suo impegno per la pace e la giustizia. Luciano Bernabei e' da un decennio uno dei collaboratori del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, ed uno degli animatori di una delle piu' rilevanti esperienze di volontariato, di solidarieta' e di nonviolenza concretamente praticata a Viterbo, l'esperienza del Centro sociale occupato autogestito "Valle Faul"] Io vorrei, ma ora non potrei potevo ma non volevo. La mia mente e' affollata di pensieri che rimbombano persistenti e non distinguono ne' la ragione ne' i sentimenti. Si mescolano tra loro nell'ignoto tormento e sprofondo in un triste momento. 7. APPELLI. ELETTRA DEIANA: UNA LETTERA APERTA ALLE PARLAMENTARI E AI PARLAMENTARI [Ringraziamo Elettra Deiana (per contatti: deiana_e at camera.it) per averci inviato questo appello. Elettra Deiana e' parlamentare, da sempre impegnata per la pace e i diritti] Care colleghe, cari colleghi, vi domando e mi domando: quando, se non ora, chi siede in Parlamento ed e' contrario alla guerra deve far sentire la propria voce per chiedere che, finalmente col voto del Parlamento, si definisca un quadro certo di orientamenti, scelte, responsabilita' del nostro Paese? Che finisca cosi' finalmente l'osceno balletto del governo? I suoi esponenti non fanno che ripetere che e' meglio la pace ma intanto legittimano l'aggressione militare statunitense, costruendo passo dopo passo il coinvolgimento del nostro Paese nella guerra contro l'Iraq e nel consenso alla guerra preventiva. Non sono forse scelte in tale direzione le autorizzazioni della Difesa ai sorvoli, la concessione delle basi, le promesse per future presenze italiane nel protettorato a stelle e strisce che subentrera' al regime di Saddam Hussein? E non e' sempre piu' chiaro che l'Italia concorre alla guerra in Iraq anche alleggerendo, con l'invio dei mille alpini, l'impegno angloamericano in Afghanistan? La campagna bellicistica di Bush sta precipitando nella fase finale. Mentre sul set della diplomazia si recitano le ultime battute di soggetti ormai svuotati di qualsiasi capacita' e forza decisionale - a cominciare purtroppo dall'Onu - l'Amministrazione Bush ci informa passo passo dei preparativi, delle tappe, dei modi, finanche della quantita' di micidiali ordigni di morte che verranno sganciati su quell'infelice Paese. Nel conto, vittime civili innanzitutto, ovviamente, come e' nella peggiore storia militare degli Usa. Apprendiamo da un'informatissima stampa statunitense che neanche i siti archeologici irakeni, quelli della mitica Mesopotamia, culla di ogni umana civilta', verranno risparmiati. Non c'e' da meravigliarsene: Bush si e' sottratto al protocollo di Kyoto, giudica superflua la presenza delle grandi foreste nordamericane, la sua sfrenatezza ideologica di dominio non ha confini. Niente si deve opporre e la guerra serve a questo. Giovedi' il premier Berlusconi, dopo essersi recato in pellegrinaggio a Washington e aver ricevuto istruzioni e raccomandazioni per l'uso, riferira' alla Camera. Al Senato ha gia' riferito il ministro degli Esteri Frattini e il ministro Martino ha esternato in continuazione in questi mesi, guadagnandosi l'alta stima del presidente Bush, che addirittura lo vuole al comando della Nato. Che cosa c'e' ancora da aspettare a che il Parlamento faccia il suo dovere stabilendo col voto che cosa il governo deve fare. Cosi' ognuno si assumera' le proprie responsabilita'. L'ipocrisia dell'attesa degli eventi, mentre si allarga a dismisura la politica dei fatti compiuti e l'Italia viene fatta arruolare in prima fila tra i Paesi europei pasdaran della guerra, costituisce la peggiore offesa che si possa fare a quanti e quante in questi mesi si sono impegnati contro la guerra e per la pace. Quando se non ora dobbiamo ricordare al governo che e' ancora in vigore l'articolo 11 della Costituzione italiana? Oggi questo significa per noi no alla guerra senza se e senza ma. 8. APPELLI. DIRITTO AL FUTURO: CONTRO IL RAZZISMO DI GUERRA [Da Dino Frisullo (per contatti: dinofrisullo at libero.it) riceviamo e diffondiamo il seguente appello] In un mondo sempre piu' interdipendente, la guerra moderna alimenta e si alimenta di pulsioni razziste e segregazioniste. Tanto piu' una guerra infinita contro un nemico indefinito, come la "guerra preventiva al terrorismo", comporta la crescente criminalizzazione e segregazione dei diversi, identificati come potenziali nemici, anche con il ricorso agli strumenti di una giustizia sommaria e preventiva. Per questo il movimento contro la guerra in Iraq e' anche contestazione delle campagne mediatiche, delle montature giudiziarie e degli atti legislativi e amministrativi che, in Italia come negli Usa e in tutto l'Occidente, tendono da un lato a criminalizzare e segregare i migranti e specialmente i musulmani, dall'altro ad appiattire sulla categoria del "terrorismo" e sulla logica di guerra amico-nemico il giudizio sui movimenti di opposizione e di liberazione e il diritto d'asilo degli esuli, come nel caso della diaspora kurda. In Italia sono gia' centinaia i cittadini stranieri di religione musulmana inquisiti per reati associativi, additati sulla stampa e dai massimi esponenti del governo come "terroristi" e incarcerati in base a indagini puramente indiziarie o basate su informative di servizi italiani o stranieri, e ultimamente su interrogatori extralegali di detenuti nell'inferno extragiuridico di Guantanamo. Oltre a colpire la presunzione d'innocenza e possibili innocenti, queste campagne giudiziario-mediatiche alimentano le tensioni razziste nei confronti dei luoghi di culto islamici cavalcate da esponenti di governo nazionale e locale. Questi processi rischiano di moltiplicarsi con la guerra e con il prevedibile immenso esodo di profughi che essa provochera', a fronte di una forte restrizione del diritto d'asilo e delle vie d'accesso legali che gia' comporta un pesante prezzo di vite umane nei mari e alle frontiere d'Italia e d'Europa. Oltre alle basi e alle portaerei, in Medio oriente e nelle regioni frontaliere si stanno allestendo i campi di concentramento per profughi. Contro questi processi di "guerra interna", che imbarbariscono la nostra societa' prima ancora della barbarie della guerra aperta, facciamo appello a una grande mobilitazione del pensiero giuridico garantista e delle coscienze, ad un'attenta ricognizione e denuncia dell'intreccio fra razzismo e guerra, e alla presenza a pieno titolo dei migranti e degli esuli nelle manifestazioni e iniziative contro la guerra in Iraq, a partire dalla giornata del 15 febbraio a Roma. Prime adesioni: Senzaconfine, Antigone, Azad, Giuristi democratici, Cgil, Arci, Un ponte per..., Movimento delle/dei disobbedienti, Prc, Aprile, Sinistra giovanile, Confederazione Cobas, Legambiente, redazione Carta, Assopace. Per adesioni: dirittoalfuturo at libero.it 9. APPELLI. UN APPELLO DA ROMA: NO ALLA GUERRA, SI' ALLA PACE [Dal Centro interconfessionale per la pace (per contatti: cipax at romacivica.net) riceviamo e diffondiamo] La minacciata "guerra preventiva" degli Stati Uniti d'America e dei loro alleati contro l'Iraq: - non serve a sradicare dal mondo la follia criminale del terrorismo che, con la guerra, invece, dilaghera' inarrestabile; - non aiutera' a risolvere i problemi del Medio Oriente, dove il conflitto israelo-palestinese diverra' ancor piu' aspro e senza via d'uscita per una soluzione di "pace nella giustizia"; - non alleviera' le sofferenze dei popoli della regione perche', non i ricchi ed i regimi, ma solo la povera gente paghera' una volta ancora un tremendo prezzo di sangue; - non portera' giustizia nel mondo, perche' il suo scopo ultimo, seppur non dichiarato, e' il controllo, da parte dell'Occidente, dei pozzi petroliferi dell'Iraq. Come cittadine/i chiediamo che: - il Parlamento ed il governo dicano no alla guerra, no all'uso delle basi militari italiane; - favoriscano invece la trattativa diplomatica nel pieno rispetto della legalita' e del diritto internazionale di cui l'Onu e' espressione. Come cristiane/i: - ricordiamo le parole che gia' quarant'anni fa diceva papa Giovanni, e cioe' che e' "fuori della ragione" pensare che le guerre possano risolvere i conflitti tra i popoli; - e facciamo nostre le parole del segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, Konrad Raiser: la minacciata "guerra preventiva" degli Stati Uniti contro l'Iraq e' "immorale, illegale ed inutile": immorale perche' contro i principi etici; illegale perche' contro il diritto internazionale; inutile perche' non annienterebbe il terrorismo, ma lo alimenterebbe. Per queste ragioni, ribadiamo: - no assoluto alla guerra ed alla violenza; - no all'uso strumentale e blasfemo del nome di Dio per santificare la guerra, la violenza, il terrorismo, l'ingiustizia; - si' alla pace, alla trattativa diplomatica, ad un ordine mondiale giusto, ad un'equa distribuzione dei beni della terra; - si' all'impegno di ciascuna e ciascuno di noi, e delle nostre comunita' di fede, per pace-giustizia-salvaguardia del creato. Roma, 25 gennaio 2003 Primi firmatari (in ordine alfabetico): Casa generalizia canonici regolari della Santa Croce - Roma; Chiesa Valdese di Piazza Cavour - Roma; Centro Interconfessionale per la Pace - Roma; Circolo Acli "Mi riguarda"- Roma; Comunita' Cristiana di base di San Paolo - Roma; Comunita' di Santa Maria della Luce - Roma; Comunita' Ecclesiale di base di Largo Bacone - Roma; Comunita' Evangelica Battista della Garbatella - Roma; Gruppo di controinformazione ecclesiale - Roma; Gruppo Scout Agesci Roma 116; i presbiteri della comunita' parrocchiale di San Policarpo - Roma; Parrocchia di Santa Galla - Roma; Parrocchia di Santa Maria Maddalena de' Pazzi - Roma; Pax Christi di Roma. Per ulteriori adesioni: e-mail: cdbsanpa at tin.it; cipax at romacivica.net; tel. 0657287347. 10. RIFLESSIONE. ANNA PICCIOLINI: DELLA PAURA E DEL CORAGGIO [Ringraziamo Cristina Papa (per contatti: cristina at isinet.it), della redazione del "Paese delle donne", per averci trasmesso questo acuto intervento di Anna Picciolini] Diceva Aristotele che il coraggio sta nel mezzo fra i due estremi dell'audacia irriflessa e della vilta', o paura. Prendo per buona questa definizione, anche se ho sempre pensato che anche a lui avrebbe fatto bene guardare il mondo con "occhi di genere". Ma mi rendo conto che e' chiedere troppo: non lo fanno oggi fior di sociologi, che pure ogni tanto sembrano aver capito qualcosa del mondo. Guardare il mondo con occhi di genere non vuol dire soltanto capire che e' abitato da uomini e da donne (affermazione degna di La Palisse), vuol dire declinare secondo il genere, o almeno provarci, le categorie interpretative, i criteri di lettura dei fenomeni. Torno ad Aristotele e al suo concetto di coraggio, di audacia e di paura: misurati tutti sull'uomo, maschio, adulto, cittadino, combattente, legislatore, ecc. ecc. Eppure secoli di storia ci raccontano che anche coraggio e paura hanno un genere, che il coraggio delle donne sta nel misurarsi, piu' che con l'emergenza, con la quotidianita', o meglio con le microemergenze di cui la quotidianita' e' costellata; che la paura, legittima, del dolore fisico, non ha trattenuto le donne dal garantire alla specie umana la sua sopravvivenza, che, come dice la saggezza popolare, sarebbe stata in pericoloso se a fare figli fossero stati destinati gli uomini. Luoghi comuni? Forse, ma nel doppio senso della parola, cioe' opinione condivisa, saggezza popolare, appunto. Le donne, dice un sociologo su un quotidiano, hanno paura della guerra. Che strano!, sembra dire uno dei sociologi/opinionisti piu' affermati del nostro tempo. Le donne "temono per il presente e il futuro dei loro familiari, dei loro figli". Quei familiari, quei figli, la cui vita e' resa possibile dal quotidiano lavoro, dal quotidiano coraggio, di quelle stesse donne. Io mi chiedo invece come possa essere "normale", anche per un uomo, non averla, questa paura: la paura che la guerra produca effetti negativi sull'economia, aumenti la probabilita' di attentati, diminuisca quella sicurezza che pretende di rafforzare. Gia', la sicurezza: un altro concetto chiave della nostra cultura, che non si capisce se non lo si declina secondo il genere. Ci sto ragionando da tempo, trovando conforto solo negli scritti di Tamar Pitch, che a sinistra molti e molte farebbero bene a leggere. La sicurezza urbana e' diventata la sicurezza per eccellenza: sicurezza nella propria casa, sicurezza di muoversi ovunque nella citta'. Ma noi donne, almeno noi donne occidentali, le uniche di cui posso parlare, sappiamo da sempre che la casa puo' essere il luogo della massima violenza, anche fisica e che non tutte le strade della citta' sono sicure. La sicurezza e' entrata come problema nell'agenda politica quando se ne sono accorti gli uomini, cioe' quando gli uomini hanno visto incrinarsi alcune sicurezze, fondative della loro identita' (di genere). Crisi del mercato del lavoro, crisi dell'identita' sociale legata al lavoro, delle certezze sul futuro: tutto questo nell'ultimo decennio, circa, si e' tradotto in paura sociale, a prescindere dall'andamento reali dei dati sulla criminalita'. La costruzione dello straniero, dell'immigrato, come capro espiatorio, come figura dell'insicurezza e' stata la conseguenza: per anni nelle graduatorie delle "paure degli italiani" l'immigrazione e' stata ai primi posti. Quest'anno invece, nell'ultimo rapporto Censis, l'immigrazione come fonte di "paura" e' stata superata da guerra, terrorismo, perdita del lavoro. Mi verrebbe da dire: sono emerse le paure vere, sane, quelle giustificate. Che non sono solo delle donne, ma anche degli uomini, se pensano con la propria testa, e, perche' no?, con tutto il corpo, che urla la sua volonta' di sopravvivenza. 11. RIFLESSIONE. SERGIO PARONETTO: NO ALLA GUERRA, SCONFITTA DELL'UMANITA' [Ringraziamo Sergio Paronetto (per contatti: paxchristi_paronetto at yahoo.com) per questo intervento. Sergio Paronetto e' impegnato nel movimento di Pax Christi ed in molte iniziative di pace e di solidarieta'] Carissime sorelle e carissimi fratelli, la pace di Cristo "nostra pace" vi accompagni. Abbiamo iniziato l'anno meditando sul messaggio del papa "Pacem in terris, un impegno permanente" e sulle sue vibranti parole rivolte il 13 gennaio al Corpo diplomatico: "la guerra non e' mai una fatalita'; essa e' sempre una sconfitta dell'umanita'... Mai la guerra puo'essere considerata un mezzo come un altro, da utilizzare per regolare i contenziosi fra le nazioni". La vita di Cristo e' radicata nel dono della pace: dalla pace proclamata alla grotta del bambino a Betlemme al saluto del Risorto: "pace a voi". Come comunita' cristiana che nasce dal dono del Principe della pace, cantato dal profeta Isaia, non possiamo tacere davanti alla nuova possibile guerra che molti presentano come giusta e inevitabile. Obbedienti al Vangelo di pace gridiamo il nostro "no" chiaro a questa guerra, ad ogni guerra, a ogni tentativo di risoluzione violenta dei conflitti. E' un "no" pieno, senza "se" e senza "ma", senza calcoli di convenienza, per dire un "si'" profondo e convinto alla pace e alla giustizia che per noi hanno il volto di Gesu' Cristo. Senza stare al fianco di un contendente o dell'altro, mettendoci solo dalla parte delle probabili vittime (alcune delle quali abbiamo incontrato in occasione di una nostra delegazione in Iraq), diciamo "no" all'intervento armato in Iraq, ad ogni altro intervento di questo genere e ad una qualsiasi partecipazione dell'Italia a questo minacciato conflitto. Perche' il nostro essere totalmente e senza riserve dalla parte della pace sia visibile, chiediamo alle associazioni e comunita' cristiane di vivere in prima persona dinamiche di costruzione di pace attraverso la preghiera, la meditazione dei messaggi di Giovanni Paolo II, la riflessione sulla "Pacem in terris" (in occasione del quarantesimo anniversario), la conoscenza dei numerosi testimoni di pace, la realizzazione di gesti di pace. Tra questi ultimi, oggi riteniamo utile porre fuori da ogni chiesa o campanile o canonica o sede associativa una scritta di pace o la bandiera arcobaleno della pace, segno universale di speranza e del nostro impegno per una civilta' radicata nella forza evangelica della nonviolenza. 12. LETTURE. CARITAS ITALIANA: I CONFLITTI DIMENTICATI Caritas italiana, I conflitti dimenticati, Feltrinelli, Milano 2003, pp. 152, euro 8. Un'utile ricerca condotta in collaborazione con "Famiglia cristiana" e "Il regno". 13. RILETTURE. SILVIA VEGETTI FINZI: IL BAMBINO DELLA NOTTE Silvia Vegetti Finzi, Il bambino della notte, Mondadori, Milano 1990, 1998, pp. 288, lire 15.000. Un'appassionante ricerca e riflessione su "divenire donna, divenire madre". 14. RILETTURE. SILVIA VEGETTI FINZI: VOLERE UN FIGLIO Silvia Vegetti Finzi, Volere un figlio, Mondadori, Milano 1997, 1999, pp. 312, lire 14.000. Dinanzi alla novita' e alla sfida delle biotecnologie, una ricerca e una riflessione su "la nuova maternita' fra natura e scienza". 15. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 16. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 499 del 6 febbraio 2003
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