La nonviolenza e' in cammino. 499



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 499 del 6 febbraio 2003

Sommario di questo numero:
1. Tavola della pace, fermiamo la guerra in Iraq
2. Maria G. Di Rienzo: smuovere le montagne
3. Giulio Vittorangeli, il tronco immenso dell'umanita'
4. Rete Lilliput, "chiedo un voto di pace"
5. Coordinamento degli enti locali per la pace, una proposta di ordine del
giorno contro la guerra
6. Luciano Bernabei, esseri liberi
7. Elettra Deiana, una lettera aperta alle parlamentari e ai parlamentari
8. Diritto al futuro, contro il razzismo di guerra
9. Un appello da Roma: no alla guerra, si' alla pace
10. Anna Picciolini, della paura e del coraggio
11. Sergio Paronetto: no alla guerra, sconfitta dell'umanita'
12. Letture: Caritas italiana, I conflitti dimenticati
13. Riletture: Silvia Vegetti Finzi, Il bambino della notte
14. Riletture: Silvia Vegetti Finzi, Volere un figlio
15. La "Carta" del Movimento Nonviolento
16. Per saperne di piu'

1. APPELLI. TAVOLA DELLA PACE: FERMIAMO LA GUERRA IN IRAQ
[Dal sito della Tavola della pace (www.tavoladellapace.it), il principale
network pacifista italiano, riprendiamo questo appello]
Fermiamo la guerra in Iraq.
Per la pace e la giustizia in Medio Oriente.
Il 15 febbraio a Roma si terra' una grande manifestazione nazionale per
"fermare la guerra in Iraq".
La manifestazione sara' il contributo italiano alla giornata europea contro
la guerra promossa dal Forum Sociale Europeo tenutosi a Firenze nel novembre
scorso.
La manifestazione partira' da piazzale Ostiense alle ore 14 e terminera' in
piazza San Giovanni.
La Tavola della pace aderisce al comitato organizzatore della manifestazione
e invita tutti a partecipare per dire:
- Fermiamo la guerra in Iraq, Palestina, Israele, Afghanistan, Cecenia,
Costa d'Avorio, Sudan, Colombia e in tutte le altre parti del mondo dove
continua a scorrere il sangue;
- Fuori l'Italia dalla guerra;
- Fuori l'Europa dalla guerra;
- Pace, giustizia e democrazia per il Medio Oriente;
- La democrazia non si esporta con le bombe;
- Contro le dittature e il terrorismo;
- Per democratizzare e rafforzare l'Onu;
- Contro i mercanti di armi difendiamo la legge 185.

2. RIFLESSIONE. MARIA G. DI RIENZO: SMUOVERE LE MONTAGNE
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione questo testo. Maria G. Di Rienzo e' una delle
principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale
femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, ha
svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del
Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e'
impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze
di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza]
I sistemi di protezione dei diritti umani sono governati da trattati redatti
da governi: questi ultimi promettono sostanzialmente di rispettare le
liberta' e le vite dei loro popoli. Naturalmente, le promesse sono parole
(spesso parole aride e fredde) e sovente non vengono mantenute. Ma tentate
per un attimo di immaginare come sarebbe questo mondo - dominato e diretto
dalla violenza, dal pregiudizio, dall'odio - se i diritti nominati nei
trattati vivessero veramente per ciascuna persona, e non solo sulla carta.
Se riuscite ad immaginare un tale mondo, la sua dignita' ed il suo valore,
avete compreso il potere che il diritto umano internazionale puo' assumere.
Il problema e' proprio muovere le "carte sociali" dalla semplice promessa
all'attuazione. Ora compiremo insieme un piccolo passo in quella direzione.
*
In primo luogo: perche' gli attivisti / le attiviste dovrebbero usare i
meccanismi internazionali? Queste istituzioni cosi' distanti sono davvero
attrezzi efficienti?
Alcuni parlano di "diritto umano internazionale" come se fosse un'unica
parola, come se di diritti non si potesse parlare se non all'interno di una
cornice internazionale. La verita' e' che i diritti non cominciano a questo
livello. Cominciano a livello di problemi ed esistenze locali, con individui
che capiscono come la loro dignita' venga offesa e lottano per immaginare
rimedi e soluzioni.
Il fatto che le organizzazioni governative e non - da Amnesty International
all'Onu - abbiano le loro sedi principali nel Nord del mondo (a Londra, New
York o Ginevra), induce molte persone a pensare che in qualche modo i
diritti umani provengano da li' o vi appartengano, e che e' li' che bisogna
difenderli. Invece, il luogo piu' importante dove difendere i vostri diritti
e' il luogo in cui vi trovate. La vostra liberta' comincia dove voi vivete.
Portare i casi personali a livello internazionale comporta vantaggi e
svantaggi allo stesso tempo; alcuni/e attivisti/e potrebbero trovare
estenuante il dispendio di energie, altri/e potrebbero invece trovarvi nuove
prospettive e possibilita'; altri/e ancora potrebbe scoprire che questo tipo
di lavoro li distanzia dall'istanza locale proprio mentre stanno cercando di
portarla all'attenzione "globale".
Tuttavia, lo svantaggio principale dell'appellarsi ai meccanismi che
difendono il diritto umano internazionale e' presto detto: l'Onu e gli altri
organismi internazionali possono condannare le violazioni del diritto umano,
ma non hanno forza legale per rendere fattive le loro condanne. La retorica
che circonda le pratiche inaccettabili perpetrate dagli Stati ha alle spalle
un infinito idealismo, ma nessuna possibilita' di costringere gli Stati
stessi ad abbandonarle. Non c'e' una "polizia globale" che arresti i
violatori e li porti in giudizio. Stati molto potenti, come gli Usa, possono
tentare di comportarsi - e lo fanno - come una polizia internazionale
privata, ma con ovvia parzialita' ed essendo politicamente motivati dai
propri scopi. In rari casi, in presenza di palesi ed enormi violazioni,
l'Onu o alcuni dei suoi Stati membri possono accordarsi per esercitare una
pressione economica sui Paesi interessati; ma questo, come detto, non accade
spesso e gli interessi politici prendono spesso il sopravvento sul genuino
interesse per la salvaguardia dei diritti umani.
*
Ma ci sono anche molte buone ragioni per cui dovreste prendere in
considerazione la possibilita' di parlare alla comunita' internazionale:
1. A volte l'effetto di "svergognamento" funziona. Alcuni governi (locali e
nazionali) si preoccupano della propria immagine internazionale e/o
pubblica. Alcuni si imbarazzano, per cosi' dire, con facilita' e
l'attenzione portata sul loro comportamento puo' effettivamente forzarli a
cambiare strada. Riflettete, prima di agire, su quanto il vostro governo
tenga alla propria reputazione internazionale e su che effetto potrebbe
produrre la vostra azione.
2. Il fatto che un organismo internazionale ufficiale riconosca la vostra
istanza le conferisce un'immensa credibilita' e puo' effettivamente
trasformare il grado di serieta' con cui la questione e' trattata nel vostro
Paese. Puo' anche aprirvi possibilita' di entrare in "reti" di attivisti, di
costruire alleanze, di raccogliere fondi, e di espandere la vostra
attivita'.
3. Nel portare all'orecchio dei sistemi di salvaguardia dei diritti umani le
violazioni di cui vi occupate, voi pungolate l'inerzia istituzionale che
tende a pensarle non comuni e sporadiche. Anche se non otterrete
soddisfazione per il vostro caso specifico, renderete piu' facile che si
presti attenzione a casi simili in futuro. E di per se', questa e' gia' una
vittoria.
4. Per molte persone che soffrono di violazioni dei loro diritti umani, c'e'
una sorta di "compenso" nel sapere che le loro storie sono state udite dalla
comunita' internazionale. Anche se nessuna giustizia concreta dovesse essere
fatta, ne' il torto riparato, il sapere che le loro esistenze sono state
narrate cosi' lontano e da cosi' tanta altra gente, da' a queste persone
consolazione e speranza.
5. Infine, la cosa piu' apprezzabile nel rivolgersi alle istituzioni
internazionali e' che esse possono fungere da megafono per quello che voi
volete dire; ma non dovete pensare che il cambiamento nel vostro Paese
verra' dall'Onu o da qualche Commissione Europea. Queste istituzioni vi
forniranno, per cosi' dire, un "muscolo" in piu', eppure sarete ancora voi a
dover smuovere la montagna che vi impedisce il cammino.
*
Come opera il Tribunale Europeo per i Diritti Umani? Come si puo' far
giungere ad esso il vostro problema?
Esso consta di 41 giudici, uno per ogni stato membro del Consiglio d'Europa,
che vengono eletti dal Parlamento europeo e prestano il loro servizio come
individui, non in rappresentanza diretta dei loro governi nazionali. Il
tribunale e' diviso in 4 sezioni.
Per presentare un rapporto o una petizione alla Corte, dovete stabilire
quale diritto della Convenzione Europea e' stato violato e la vostra
comunicazione dovra' rispondere ai seguenti requisiti: chi fa la richiesta,
individuo o gruppo, dev'essere la vittima diretta della violazione di cui si
parla, non un semplice testimone o una parte comunque interessata; la
petizione dev'essere indirizzata ad uno Stato, non a privati od
organizzazioni; chi fa la richiesta deve aver tentato di ottenere giustizia
usando tutti i mezzi legali nel Paese in cui essa si e' data (per esempio,
sino ad arrivare in giudizio di fronte al piu' alto tribunale del Paese
stesso) e deve inoltrare la sua segnalazione entro i sei mesi successivi al
fallimento di questa strategia. Una semplice lettera, redatta in una delle
lingue europee, e' sufficiente per dare inizio alla procedura, ma la
procedura stessa sara' piu' veloce se la scriverete in inglese o francese
(se verrete auditi, sara' in una di queste due lingue).
L'indirizzo e': The Registrar - European Court of Human Rights - Council of
Europe - F-67075 Strasbourg Cedex - France.
*
Altri trattati proteggono i diritti umani in Europa, come la "Convenzione
per la prevenzione della tortura e dei trattamenti e delle punizioni inumane
e degradanti" (effettiva dal 1984) che opera monitoraggio sugli Stati e puo'
indirizzare loro raccomandazioni. Non ha potere giudiziario, e che le sue
indicazioni vengano seguite dipende totalmente dalla buona volonta' dei
governi.
La "Carta Sociale Europea" e' invece un trattato a vasto raggio teso a
proteggere diritti sociali ed economici. Un Comitato Europeo per i diritti
sociali ha il compito di esaminare i progressi che gli Stati compiono
rispetto al dettato della Carta. Gli individui non possono appellarsi al
Comitato, ma esso puo' essere interpellato da sindacati e organizzazioni non
governative (ong) che hanno lo status di consulenti per il Consiglio
d'Europa. Quest'ultimo implementa programmi educativi per combattere il
razzismo e l'intolleranza, per promuovere l'eguaglianza di genere, per
istruire le forze di polizia sui diritti umani e per difendere le minoranze
nazionali. Nel 1999 e' stato creato il Commissario per i diritti umani, al
fine di coordinare tutte queste attivita': e' il iignor Alvaro Gil-Robles.
Il suo potere e' molto minore rispetto al suo corrispondente Onu (l'Alto
Commissario per i diritti umani) tuttavia puo' ricevere richieste
individuali e commentarle pubblicamente se lo ritiene necessario. Il suo
indirizzo e': Commissioner for Human Rights - Council of Europe - F-67075
Strasbourg Cedex - France, tel. 33(0)390215063; fax: 33(0)390215053; e-mail:
commissioner.humanrights at coe.int
*
Il Parlamento Europeo ha ratificato numerose raccomandazioni sui diritti
umani; certo, esse non sono leggi e non vincolano gli Stati, ma rivestono
una forza morale considerevole: attivisti/e di tutta Europa le usano per
rafforzare le proprie denuncie di violazioni. Potete allo stesso modo
appellarvi a trattati internazionali simili. Di seguito vi faccio alcuni
esempi:
Diritti affermati e protetti dai principali strumenti internazionali
* Convenzione internazionale sui diritti civili e politici
Gli articoli che possono fare al caso vostro:
2. Non discriminazione;
7. Liberta' da tortura o da trattamenti crudeli, inumani e degradanti;
liberta' dalla schiavitu' e dal lavoro forzato;
8. Diritto di liberta' e sicurezza, e liberta' da arresti arbitrari;
10. Riconoscimento di diritti delle persone detenute;
12. Liberta' di movimento e libera scelta della residenza;
13. Liberta' per gli stranieri dalle espulsioni arbitrarie;
14. Diritto ad un processo equo;
15. Liberta' da punizioni retroattive previste da leggi penali;
16. Diritto di essere riconosciuti come persone di fronte alla legge;
17. Diritto alla privacy;
18. Liberta' di pensiero, coscienza e religione;
19. Liberta' di opinione ed espressione;
20. Proibizione della propaganda a favore della guerra ed incitamento
all'odio nazionale, razziale o religioso;
21. Diritto di riunirsi in pacifica assemblea;
22. Liberta' di associazione;
25. Diritto di partecipare alla vita politica e pubblica;
26. Eguaglianza di fronte alla legge;
27. Diritti delle minoranze etniche, linguistiche e religiose.
* Convenzione internazionale sui diritti economici, socialie e culturali
Gli articoli che possono fare al caso vostro:
1.Diritto dei popoli all'autodeterminazione;
6. Diritto al lavoro;
7. Diritto a condizioni giuste nel lavoro, inclusi un compenso equo, paga
uguale per uguale lavoro, ferie retribuite;
8. Diritto di formare associazioni sindacali e di unirsi ad esse, incluso il
diritto di sciopero;
9. Diritto alla sicurezza sociale;
11. Diritto ad un adeguato standard di vita, incluso il nutrimento adeguato,
gli abiti e l'alloggio, e diritto al miglioramento delle proprie condizioni
di vita;
12. Diritto all'usufruire dei piu' alti standard raggiungibili di salute
fisica e mentale.
* Convenzione europea per la protezione dei diritti umani e delle liberta'
fondamentali
Gli articoli che possono fare al caso vostro:
3. Liberta' dalla tortura o da trattamenti crudeli, inumani e degradanti;
5. Diritto alla liberta' ed alla sicurezza;
8. Diritto al rispetto per la vita privata e familiare, per il domicilio e
la corrispondenza;
9. Liberta' di pensiero, coscienza, religione;
10. Liberta' di espressione;
12. Diritto di sposarsi e di fondare una famiglia;
13. Diritto a rimedio efficace nel caso di violazione dei diritti;
14. Non discriminazione.
Al Protocollo n. 4 troviamo i seguenti articoli:
2. Liberta' di movimento e residenza;
4. Proibizione di espulsioni collettive di stranieri.
E al Protocollo n. 7:
1. Diritto per lo straniero a non essere espulso da uno Stato senza giusto
processo;
3. Diritto ad essere compensati per l'ingiustizia subita.

3. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: IL TRONCO IMMENSO DELL'UMANITA'
[Giulio Vittorangeli (per contatti: giulio.vittorangeli at tin.it) e' uno dei
principali collaboratori di questo foglio, e una delle piu' limpide e
autorevoli figure della solidarieta' internazionale]
Il 27 gennaio, gli ispettori dell'Onu in Iraq hanno presentato il loro
rapporto alle Nazioni Unite.
Risultato: la guerra non ci sara' oggi, ma ci sara'. Si parla di un attacco
a marzo, con 400 missili al giorno, e dell'uso delle armi nucleari. Siamo
alla vigilia di una tragedia mondiale, che puo' devastare ancora una volta
un popolo e l'umanita' intera, ma che puo' essere evitata, perche'
l'opposizione a questa follia non e' mai stata cosi' ampia e varia. Il terzo
Forum sociale mondiale, (Porto Alegre, 23/28 gennaio), si e' chiuso
lanciando una serie di appuntamenti per il futuro. Il primo e' previsto per
il 15 febbraio quando in almeno cinquanta capitali al mondo si manifestera'
contro la guerra. Certo, resta lontana la creazione di una cultura politica
che escluda la guerra e il terrorismo dalle possibili modalita' di
relazione.
Intanto non dobbiamo dimenticare i tanti piccoli e grandi drammi umani, di
disperati alla deriva, di bambini sfruttati, di emarginati di ogni genere.
L'Europa non puo' promuovere la pace e poi chiudersi come una cittadella ai
migranti. In questo preciso istante migliaia di esseri umani stanno
soccombendo alla violenza, alla fame, alla disperazione.
La tragedia che si compie giorno dopo giorno, ci deve chiamare alla nostra
coscienza di uomini. Siamo esseri umani, fatti d'argilla, non di bombe
atomiche o chimiche; e tutti (indipendentemente dal luogo di nascita, colore
della pelle, sesso, ecc.) apparteniamo al tronco immenso dell'umanita'.
La' dove ogni creatura e' importantissima, e importantissimo diventa quanto
la riguarda; perche' l'albero viene offeso, danneggiato, mutilato, anche nel
piu' piccolo germoglio, nella piu' modesta fogliolina. Percio' ogni dolore,
anche quello dell'ultima creatura, chiede di essere risanato, ogni
ingiustizia vuole il suo riscatto, ogni pianto vuol essere consolato.
Siamo granelli di polvere, e' vero: ma di questa polvere e' composto tutto
l'universo. Ed ogni singolo granello ha diritto a quella legge morale che,
attraverso il grido d'angoscia delle singole creature viventi, diventa
esigenza suprema dell'umanita'.
Ed allora, puo' sembrare che restino solo le parole, con la loro apparente
impotenza. In realta' pesano come pietre, le parole che sono l'unica cosa
comune che puo' permetterci di comprendere, di comprenderci. Le parole,
capaci di tenerci assieme, di modificare quel che abbiamo intorno  e noi
stessi.
Per tutto questo dobbiamo continuare a lottare, tener duro e non perdere mai
la speranza che qualcosa possa cambiare, tra dieci anni o tra un giorno.

4. APPELLI. RETE LILLIPUT: "CHIEDO UN VOTO DI PACE"
[Dalla Rete Lilliput (per contatti: ufficiostampa at retelilliput.org)
riceviamo e diffondiamo. Ci pare necessario osservare che questo pur
apprezzabile e opportuno appello ha due punti deboli: il primo, ritiene
rilevanti i sondaggi, pur sapendo quanto l'opinione pubblica sia
manipolabile se e quando si scatenera' dai media la campagna propagandistica
guerrafondaia; il secondo, dimentica che a vincolare i parlamentari
all'impegno di pace e', e deve essere, non genericamente ed aleatoriamente
il mutevole orientamento dell'opinione pubblica, ma quanto  sancito dalla
Costituzione della Repubblica Italiana che testualmente afferma e dispone
che "L'Italia ripudia la guerra" e quindi fa obbligo a tutti i
rappresentanti istituzionali di agire contro la guerra]
Il 70% degli italiani e' contro la guerra preventiva annunciata dagli Stati
Uniti contro l'Iraq. Per favorire un'opposizione civile ed efficace al
conflitto Rete Lilliput lancia una petizione on line per raggiungere i
parlamentari italiani con un appello a favore della pace. Dal sito
http://www.retelilliput.org - grazie ad un sistema ideato appositamente dai
tecnici lillipuziani - e' possibile per i cittadini italiani spedire al
parlamentare del proprio collegio un messaggio contro la guerra.
All'interno dell'appello vengono rivolte tre esplicite domande all'onorevole
di turno:
a) Quali iniziative ha assunto o intende assumere per prevenire questa
catastrofe?
b) E' favorevole o contrario alla guerra contro l'Iraq?
c) E' favorevole o contrario al coinvolgimento dell'Italia nella guerra
contro l'Iraq, anche attraverso un coinvolgimento indiretto (concessione
delle basi e dello spazio aereo)?
Con questo appello Rete Lilliput invita i cittadini ad effettuare pressione
presso i deputati e i senatori affinche' le istituzioni parlamentari, in
quanto rappresentanti della popolazione italiana, agiscano responsabilimente
in accordo con il diffuso rifiuto della guerra; Rete Lilliput partecipera'
inoltre alla manifestazione contro la guerra programmata per il 15 febbraio
a Roma che vedra' insieme tutte le realta' internazionali impegnate nella
costruzione di un mondo di pace.
*
Il testo integrale dell'appello:
Egregio signor onorevole,
come Lei sa, le crescenti minacce di guerra contro l'Iraq preoccupano non
poco milioni di italiani che ci chiedono di fare ogni sforzo per scongiurare
questa terribile prospettiva. I sondaggi sinora condotti in Italia ed in
altri Pesi europei da differenti istituti riferiscono che la stragrande
maggioranza dei cittadini esprimono una netta contrarieta' alla guerra.
Credo sia importante e urgente che questa contrarieta' venga rappresentata
dal Parlamento con atti istituzionali tali da collocare chiaramente il
nostro paese contro questa guerra, in modo da influire sulle decisioni del
Consiglio di sicurezza dell'Onu e contribuire quindi ad evitare il
conflitto.
Mi rivolgo a Lei che ha ricevuto il mandato dal mio collegio/circoscrizione
elettorale di rappresentarmi nelle istituzioni come parlamentare della
Repubblica per conoscere le sue opinioni e, soprattutto, le sue iniziative
in merito.
In particolare Le vorrei porre le seguenti domande:
1. Quali iniziative ha assunto o intende assumere per prevenire questa
catastrofe?
2. E' favorevole o contrario alla guerra contro l'Iraq?
3. E' favorevole o contrario al coinvolgimento dell'Italia nella guerra
contro l'Iraq, anche attraverso un coinvolgimento indiretto (concessione
delle basi e dello spazio aereo)?
La ringrazio sin d'ora per le risposte che mi vorra' inviare quanto prima.
Ritengo importante che tutti i cittadini conoscano senza alcuna deformazione
le sue iniziative e prese di posizione su un tema cosi' grave e delicato per
il nostro futuro.
Con l'occasione Le invio i miei migliori auguri di buon anno e di buon
lavoro per costruire la pace.
Distinti saluti.

5. APPELLI. COORDINAMENTO DEGLI ENTI LOCALI PER LA PACE: UNA PROPOSTA DI
ORDINE DEL GIORNO CONTRO LA GUERRA
[Il seguente appello e' stato promosso mesi fa dal Coordinamento degli enti
locali per la pace (sito: www.entilocalipace.it)]
Il Consiglio ... di ...,
riaffermando la convinta adesione ai principi e ai fini della Carta delle
Nazioni Unite e della Costituzione Italiana che escludono la guerra come
mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e che impegnano il
nostro paese e tutte le sue istituzioni ad operare per la pace e la
giustizia nel mondo;
allarmato per il rischio che la comunita' internazionale si ritrovi presto
coinvolta in una nuova drammatica guerra annunciata dal governo degli Stati
Uniti contro l'Iraq;
fortemente preoccupato per la decisione degli Stati Uniti di abbandonare la
dottrina della legittima difesa per adottare la dottrina della "guerra
preventiva" in base alla quale la guerra all'Iraq non sarebbe che la prima
di una serie di azioni militari unilaterali contro tutti i paesi sospettati
di minacciare gli Stati Uniti;
convinto che una strategia cosi' destabilizzante mette fine al tabu' della
guerra e infligge un durissimo colpo al diritto, alla pace e alla sicurezza
nel mondo;
sottolineando come la guerra comporti sempre maggiori perdite di vite umane
e di beni materiali, calpesti ogni diritto umano, produca immani sofferenze
a popolazioni inermi, provochi la distruzione indiscriminata e sovente
deliberata di monumenti di inestimabile valore per la storia e l'identita'
civile e religiosa dei popoli coinvolti nella guerra;
consapevole del fatto che una nuova guerra di queste proporzioni
rappresenterebbe un pericolo anche per noi e per i nostri interessi, per
l'Italia e per l'Europa, ci esporrebbe al rischio di violenze e azioni
terroristiche, accrescerebbe i sentimenti di odio contro gli americani e i
loro alleati allargando il fossato che separa l'occidente e il mondo
islamico, allontanerebbe ancora di piu' la possibilita' di mettere fine al
conflitto arabo-israeliano e di costruire una pace giusta e duratura in
Medio Oriente che e' la vera priorita' dell'Onu e dell'Europa, indebolirebbe
i cosidetti regimi arabi moderati e bloccherebbe ogni possibile evoluzione
democratica di quei paesi;
ritenendo che il regime di Saddam Hussein - come tutti quelli che nel mondo
si rendono responsabili di gravi violazioni dei diritti umani e del diritto
internazionale - vada contrastato dalle Nazioni Unite e dall'intera
comunita' internazionale con i numerosi strumenti del diritto, della
legalita' e della giustizia penale internazionale gia' oggi disponibili;
esprimendo piena soddisfazione per il successo diplomatico ottenuto dalle
Nazioni Unite che ha portato il governo iracheno ad accettare la ripresa
incondizionata delle ispezioni sul proprio territorio;
sottolineando l'urgenza di rafforzare e democratizzare l'Organizzazione
delle Nazioni Unite (unica casa comune di tutti i popoli del mondo) e tutte
le altre istituzioni internazionali, attraverso le quali occorre finalmente
mettere in funzione un sistema di sicurezza collettiva dotato di tutte le
risorse necessarie;
ribadendo la necessita' di operare per la costruzione di un'Europa che sia
strumento di pace e di giustizia nel mondo;
richiamando i principi contenuti nell'art. ... dello Statuto ... (indicare
l'articolo del proprio Statuto dove sono richiamati i principi di pace);
richiamando il solenne impegno di pace pronunciato ad Assisi lo scorso 24
gennaio dal papa Giovanni Paolo II e dai capi di tutte le religioni: "Mai
piu' violenza. Mai piu' guerra. Mai piu' terrorismo";
chiede al Parlamento e al Governo italiano, all'Europa, all'Onu e a tutti i
responsabili della politica nazionale e internazionale di:
1. svolgere una incessante opera di mediazione, dialogo e persuasione tesa
ad evitare lo scoppio di una nuova disastrosa guerra, senza cedere alla
logica dell'ultimatum;
2. negare ogni forma di assenso e di coinvolgimento militare
nell'organizzazione di un possibile attacco armato contro l'Iraq;
3. esercitare ogni forma di pressione politica sul governo iracheno
affinche' non ponga ulteriori ostacoli alla missione degli ispettori
dell'Onu impegnata a promuovere e a verificare il disarmo dell'Iraq;
4. mettere fine all'embargo che da dodici anni colpisce mortalmente la
popolazione irachena;
5. mettere fine all'occupazione israeliana dei territori palestinesi,
assumere tutte le misure di pressione e sanzione diplomatica ed economica
necessarie per fermare l'escalation della violenza, assicurare la protezione
delle popolazioni civili e riavviare il processo di pace (due popoli, due
Stati);
6. promuovere la giustizia penale internazionale accelerando l'insediamento
della Corte Penale Internazionale;
7. convocare, nell'ambito delle Nazioni Unite, una Conferenza e un negoziato
per l'eliminazione di tutte le armi di distruzione di massa a partire dal
Medio Oriente e dal Mediterraneo;
8. affrontare i conflitti e le gravi tensioni che si concentrano in
particolar modo nel Mediterraneo con una progettualita' lungimirante e una
coerente iniziativa politica, economica e culturale;
9. dare all'Organizzazione delle Nazioni Unite, debitamente democratizzata,
gli strumenti necessari per garantire, senza distinzioni, il pieno rispetto
di tutte le risoluzioni approvate nel rispetto della Carta e del Diritto
internazionale dei diritti umani.
*
Inoltre, il Consiglio ... di ...
manifestando il proprio impegno a partecipare attivamente, in base al
principio di sussidiarieta', alla costruzione di un ordine mondiale piu'
giusto, pacifico, solidale e democratico;
riaffermando solennemente la sua disponibilita' a collaborare con le scuole
e le organizzazioni della societa' civile per la diffusione e lo sviluppo
della cultura dei diritti umani, della pace e della solidarieta';
decide di:
1. dichiarare il Comune di ... "Citta' per la pace"; di darne massima
diffusione tra la cittadinanza, le istituzioni dello Stato e gli organismi
internazionali, e di aderire al Coordinamento nazionale degli enti locali
per la pace secondo le modalita' previste dallo Statuto;
2. partecipare alla settima assemblea nazionale degli enti locali e delle
Regioni per la pace [si e' svolta nell'ottobre 2002 - ndr-];
3. costituire un apposito "Ufficio per la pace" con il compito di
promuovere, con quanti si renderanno disponibili, la cultura della pace e
dei diritti umani mediante iniziative culturali, di ricerca, di educazione e
di informazione che tendano a fare del territorio comunale una terra di
pace;
4. di istituire un apposito capitolo di bilancio denominato "Interventi per
la promozione di una cultura della pace";
5. invitare i Comuni della provincia di ... (indicare la provincia di
appartenenza) ad assumere un analogo atto e contribuire alla costituzione di
un Coordinamento provinciale degli enti locali per la pace.

6. POESIA E VERITA': LUCIANO BERNABEI: ESSERI LIBERI
[Ringraziamo Luciano Bernabei per averci permesso di pubblicare questa sua
lirica scritta in un difficile passaggio della sua esistenza e del suo
impegno per la pace e la giustizia. Luciano Bernabei e' da un decennio uno
dei collaboratori del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, ed uno
degli animatori di una delle piu' rilevanti esperienze di volontariato, di
solidarieta' e di nonviolenza concretamente praticata a Viterbo,
l'esperienza del Centro sociale occupato autogestito "Valle Faul"]

Io vorrei, ma ora non potrei
potevo ma non volevo.

La mia mente e' affollata
di pensieri che rimbombano
persistenti e non distinguono
ne' la ragione ne' i sentimenti.

Si mescolano tra loro nell'ignoto
tormento e sprofondo
in un triste momento.

7. APPELLI. ELETTRA DEIANA: UNA LETTERA APERTA ALLE PARLAMENTARI E AI
PARLAMENTARI
[Ringraziamo Elettra Deiana (per contatti: deiana_e at camera.it) per averci
inviato questo appello. Elettra Deiana e' parlamentare, da sempre impegnata
per la pace e i diritti]
Care colleghe, cari colleghi,
vi domando e mi domando: quando, se non ora, chi siede in Parlamento ed e'
contrario alla guerra deve far sentire la propria voce per chiedere che,
finalmente col voto del Parlamento, si definisca un quadro certo di
orientamenti, scelte, responsabilita' del nostro Paese? Che finisca cosi'
finalmente l'osceno balletto del governo? I suoi esponenti non fanno che
ripetere che e' meglio la pace ma intanto legittimano l'aggressione militare
statunitense, costruendo passo dopo passo il coinvolgimento del nostro Paese
nella guerra contro l'Iraq e nel consenso alla guerra preventiva.
Non sono forse scelte in tale direzione le autorizzazioni della Difesa ai
sorvoli, la concessione delle basi, le promesse per future presenze italiane
nel protettorato a stelle e strisce che subentrera' al regime di Saddam
Hussein? E non e' sempre piu' chiaro che l'Italia concorre alla guerra in
Iraq anche alleggerendo, con l'invio dei mille alpini, l'impegno
angloamericano in Afghanistan?
La campagna bellicistica di Bush sta precipitando nella fase finale.
Mentre sul set della diplomazia si recitano le ultime battute di soggetti
ormai svuotati di qualsiasi capacita' e forza decisionale - a cominciare
purtroppo dall'Onu - l'Amministrazione Bush ci informa passo passo dei
preparativi, delle tappe, dei modi, finanche della quantita' di micidiali
ordigni di morte che verranno sganciati su quell'infelice Paese. Nel conto,
vittime civili innanzitutto, ovviamente, come e' nella peggiore storia
militare degli Usa.
Apprendiamo da un'informatissima stampa statunitense che neanche i siti
archeologici irakeni, quelli della mitica Mesopotamia, culla di ogni umana
civilta', verranno risparmiati. Non c'e' da meravigliarsene: Bush si e'
sottratto al protocollo di Kyoto, giudica superflua la presenza delle grandi
foreste nordamericane, la sua sfrenatezza ideologica di dominio non ha
confini. Niente si deve opporre e la guerra serve a questo.
Giovedi' il premier Berlusconi, dopo essersi recato in pellegrinaggio a
Washington e aver ricevuto istruzioni e raccomandazioni per l'uso, riferira'
alla Camera. Al Senato ha gia' riferito il ministro degli Esteri Frattini e
il ministro Martino ha esternato in continuazione in questi mesi,
guadagnandosi l'alta stima del presidente Bush, che  addirittura lo vuole al
comando della Nato.
Che cosa c'e' ancora da aspettare a che il Parlamento faccia il suo dovere
stabilendo col voto che cosa il governo deve fare. Cosi' ognuno si assumera'
le proprie responsabilita'. L'ipocrisia dell'attesa degli eventi, mentre si
allarga a dismisura la politica dei fatti compiuti e l'Italia viene fatta
arruolare in prima fila tra i Paesi europei pasdaran della guerra,
costituisce la peggiore offesa che si possa fare a quanti e quante in questi
mesi si sono impegnati contro la guerra e per la pace.
Quando se non ora dobbiamo ricordare al governo  che e' ancora in vigore
l'articolo 11 della Costituzione italiana?
Oggi questo significa per noi no alla guerra senza se e senza ma.

8. APPELLI. DIRITTO AL FUTURO: CONTRO IL RAZZISMO DI GUERRA
[Da Dino Frisullo (per contatti: dinofrisullo at libero.it) riceviamo e
diffondiamo il seguente appello]
In un mondo sempre piu' interdipendente, la guerra moderna alimenta e si
alimenta di pulsioni razziste e segregazioniste.
Tanto piu' una guerra infinita contro un nemico indefinito, come la "guerra
preventiva al terrorismo", comporta la crescente criminalizzazione e
segregazione dei diversi, identificati come potenziali nemici, anche con il
ricorso agli strumenti di una giustizia sommaria e preventiva.
Per questo il movimento contro la guerra in Iraq e' anche contestazione
delle campagne mediatiche, delle montature giudiziarie e degli atti
legislativi e amministrativi che, in Italia come negli Usa e in tutto
l'Occidente, tendono da un lato a criminalizzare e segregare i migranti e
specialmente i musulmani, dall'altro ad appiattire sulla categoria del
"terrorismo" e sulla logica di guerra amico-nemico il giudizio sui movimenti
di opposizione e di liberazione e il diritto d'asilo degli esuli, come nel
caso della diaspora kurda.
In Italia sono gia' centinaia i cittadini stranieri di religione musulmana
inquisiti per reati associativi, additati sulla stampa e dai massimi
esponenti del governo come "terroristi" e incarcerati in base a indagini
puramente indiziarie o basate su informative di servizi italiani o
stranieri, e ultimamente su interrogatori extralegali di detenuti
nell'inferno extragiuridico di Guantanamo. Oltre a colpire la presunzione
d'innocenza e possibili innocenti, queste campagne giudiziario-mediatiche
alimentano le tensioni razziste nei confronti dei luoghi di culto islamici
cavalcate da esponenti di governo nazionale e locale.
Questi processi rischiano di moltiplicarsi con la guerra e con il
prevedibile immenso esodo di profughi che essa provochera', a fronte di una
forte restrizione del diritto d'asilo e delle vie d'accesso legali che gia'
comporta un pesante prezzo di vite umane nei mari e alle frontiere d'Italia
e d'Europa. Oltre alle basi e alle portaerei, in Medio oriente e nelle
regioni frontaliere si stanno allestendo i campi di concentramento per
profughi.
Contro questi processi di "guerra interna", che imbarbariscono la nostra
societa' prima ancora della barbarie della guerra aperta, facciamo appello a
una grande mobilitazione del pensiero giuridico garantista e delle
coscienze, ad un'attenta ricognizione e denuncia dell'intreccio fra razzismo
e guerra, e alla presenza a pieno titolo dei migranti e degli esuli nelle
manifestazioni e iniziative contro la guerra in Iraq, a partire dalla
giornata del 15 febbraio a Roma.
Prime adesioni: Senzaconfine, Antigone, Azad, Giuristi democratici, Cgil,
Arci, Un ponte per..., Movimento delle/dei disobbedienti, Prc, Aprile,
Sinistra giovanile, Confederazione Cobas, Legambiente, redazione Carta,
Assopace.
Per adesioni: dirittoalfuturo at libero.it

9. APPELLI. UN APPELLO DA ROMA: NO ALLA GUERRA, SI' ALLA PACE
[Dal Centro interconfessionale per la pace (per contatti:
cipax at romacivica.net) riceviamo e diffondiamo]
La minacciata "guerra preventiva" degli Stati Uniti d'America e dei loro
alleati contro l'Iraq:
- non serve a sradicare dal mondo la follia criminale del terrorismo che,
con la guerra, invece, dilaghera' inarrestabile;
- non aiutera' a risolvere i problemi del Medio Oriente, dove il conflitto
israelo-palestinese diverra' ancor piu' aspro e senza via d'uscita per una
soluzione di "pace nella giustizia";
- non alleviera' le sofferenze dei popoli della regione perche', non i
ricchi ed i regimi, ma solo la povera gente paghera' una volta ancora un
tremendo prezzo di sangue;
- non portera' giustizia nel mondo, perche' il suo scopo ultimo, seppur non
dichiarato, e' il controllo, da parte dell'Occidente, dei pozzi petroliferi
dell'Iraq.
Come cittadine/i chiediamo che:
- il Parlamento ed il governo dicano no alla guerra, no all'uso delle basi
militari italiane;
- favoriscano invece la trattativa diplomatica nel pieno rispetto della
legalita' e del diritto internazionale di cui l'Onu e' espressione.
Come cristiane/i:
- ricordiamo le parole che gia' quarant'anni fa diceva papa Giovanni, e
cioe' che e' "fuori della ragione" pensare che le guerre possano risolvere i
conflitti tra i popoli;
- e facciamo nostre le parole del segretario generale del Consiglio
ecumenico delle Chiese, Konrad Raiser: la minacciata "guerra preventiva"
degli Stati Uniti contro l'Iraq e' "immorale, illegale ed inutile": immorale
perche' contro i principi etici; illegale perche' contro il diritto
internazionale; inutile perche' non annienterebbe il terrorismo, ma lo
alimenterebbe.
Per queste ragioni, ribadiamo:
- no assoluto alla guerra ed alla violenza;
- no all'uso strumentale e blasfemo del nome di Dio per santificare la
guerra, la violenza, il terrorismo, l'ingiustizia;
- si' alla pace, alla trattativa diplomatica, ad un ordine mondiale giusto,
ad un'equa distribuzione dei beni della terra;
- si' all'impegno di ciascuna e ciascuno di noi, e delle nostre comunita' di
fede, per pace-giustizia-salvaguardia del creato.
Roma, 25 gennaio 2003
Primi firmatari (in ordine alfabetico): Casa generalizia canonici regolari
della Santa Croce - Roma; Chiesa Valdese di Piazza Cavour - Roma; Centro
Interconfessionale per la Pace - Roma; Circolo Acli "Mi riguarda"- Roma;
Comunita' Cristiana di base di San Paolo - Roma; Comunita' di Santa Maria
della Luce - Roma; Comunita' Ecclesiale di base di Largo Bacone - Roma;
Comunita' Evangelica Battista della Garbatella - Roma; Gruppo di
controinformazione ecclesiale - Roma; Gruppo Scout Agesci Roma 116; i
presbiteri della comunita' parrocchiale di San Policarpo - Roma; Parrocchia
di Santa Galla - Roma; Parrocchia di Santa Maria Maddalena de' Pazzi - Roma;
Pax Christi di Roma.
Per ulteriori adesioni: e-mail: cdbsanpa at tin.it; cipax at romacivica.net; tel.
0657287347.

10. RIFLESSIONE. ANNA PICCIOLINI: DELLA PAURA E DEL CORAGGIO
[Ringraziamo Cristina Papa (per contatti: cristina at isinet.it), della
redazione del "Paese delle donne", per averci trasmesso questo acuto
intervento di Anna Picciolini]
Diceva Aristotele che il coraggio sta nel mezzo fra i due estremi
dell'audacia irriflessa e della vilta', o paura. Prendo per buona questa
definizione, anche se ho sempre pensato che anche a lui avrebbe fatto bene
guardare il mondo con "occhi di genere". Ma mi rendo conto che e' chiedere
troppo: non lo fanno oggi fior di sociologi, che pure ogni tanto sembrano
aver capito qualcosa del mondo.
Guardare il mondo con occhi di genere non vuol dire soltanto capire che e'
abitato da uomini e da donne (affermazione degna di La Palisse), vuol dire
declinare secondo il genere, o almeno provarci, le categorie interpretative,
i criteri di lettura dei fenomeni.
Torno ad Aristotele e al suo concetto di coraggio, di audacia e di paura:
misurati tutti sull'uomo, maschio, adulto, cittadino, combattente,
legislatore, ecc. ecc.
Eppure secoli di storia ci raccontano che anche coraggio e paura hanno un
genere, che il coraggio delle donne sta nel misurarsi, piu' che con
l'emergenza, con la quotidianita', o meglio con le microemergenze di cui la
quotidianita' e' costellata; che la paura, legittima, del dolore fisico, non
ha trattenuto le donne dal garantire alla specie umana la sua sopravvivenza,
che, come dice la saggezza popolare, sarebbe stata in pericoloso se a fare
figli fossero stati destinati gli uomini.
Luoghi comuni? Forse, ma nel doppio senso della parola, cioe' opinione
condivisa, saggezza popolare, appunto.
Le donne, dice un sociologo su un quotidiano, hanno paura della guerra. Che
strano!, sembra dire uno dei sociologi/opinionisti piu' affermati del nostro
tempo. Le donne "temono per il presente e il futuro dei loro familiari, dei
loro figli". Quei familiari, quei figli, la cui vita e' resa possibile dal
quotidiano lavoro, dal quotidiano coraggio, di quelle stesse donne.
Io mi chiedo invece come possa essere "normale", anche per un uomo, non
averla, questa paura: la paura che la guerra produca effetti negativi
sull'economia, aumenti la probabilita' di attentati, diminuisca quella
sicurezza che pretende di rafforzare.
Gia', la sicurezza: un altro concetto chiave della nostra cultura, che non
si capisce se non lo si declina secondo il genere. Ci sto ragionando da
tempo, trovando conforto solo negli scritti di Tamar Pitch, che a sinistra
molti e molte farebbero bene a leggere.
La sicurezza urbana e' diventata la sicurezza per eccellenza: sicurezza
nella propria casa, sicurezza di muoversi ovunque nella citta'. Ma noi
donne, almeno noi donne occidentali, le uniche di cui posso parlare,
sappiamo da sempre che la casa puo' essere il luogo della massima violenza,
anche fisica e che non tutte le strade della citta' sono sicure.
La sicurezza e' entrata come problema nell'agenda politica quando se ne sono
accorti gli uomini, cioe' quando gli uomini hanno visto incrinarsi alcune
sicurezze, fondative della loro identita' (di genere). Crisi del mercato del
lavoro, crisi dell'identita' sociale legata al lavoro, delle certezze sul
futuro: tutto questo nell'ultimo decennio, circa, si e' tradotto in paura
sociale, a prescindere dall'andamento reali dei dati sulla criminalita'.
La costruzione dello straniero, dell'immigrato, come capro espiatorio, come
figura dell'insicurezza e' stata la conseguenza: per anni nelle graduatorie
delle "paure degli italiani" l'immigrazione e' stata ai primi posti.
Quest'anno invece, nell'ultimo rapporto Censis, l'immigrazione come fonte di
"paura" e' stata superata da guerra, terrorismo, perdita del lavoro.
Mi verrebbe da dire: sono emerse le paure vere, sane, quelle giustificate.
Che non sono solo delle donne, ma anche degli uomini, se pensano con la
propria testa, e, perche' no?, con tutto il corpo, che urla la sua volonta'
di sopravvivenza.

11. RIFLESSIONE. SERGIO PARONETTO: NO  ALLA   GUERRA, SCONFITTA
DELL'UMANITA'
[Ringraziamo Sergio Paronetto (per contatti: paxchristi_paronetto at yahoo.com)
per questo intervento. Sergio Paronetto e' impegnato nel movimento di Pax
Christi ed in molte iniziative di pace e di solidarieta']
Carissime sorelle e carissimi fratelli,
la pace di Cristo "nostra pace" vi accompagni.
Abbiamo iniziato l'anno meditando sul messaggio del papa "Pacem in terris,
un impegno permanente" e sulle sue vibranti parole rivolte il 13 gennaio al
Corpo diplomatico: "la guerra non e' mai una fatalita'; essa e' sempre una
sconfitta dell'umanita'... Mai la guerra puo'essere considerata un mezzo
come un altro, da utilizzare per regolare i contenziosi fra le nazioni".
La vita di Cristo e' radicata nel dono della pace: dalla pace proclamata
alla grotta del bambino a Betlemme al saluto del Risorto: "pace a voi".
Come comunita' cristiana che nasce dal dono del Principe della pace, cantato
dal profeta Isaia, non possiamo tacere davanti alla nuova possibile guerra
che molti presentano come giusta e inevitabile.
Obbedienti al Vangelo di pace gridiamo il nostro "no" chiaro a questa
guerra, ad ogni guerra, a ogni tentativo di risoluzione violenta dei
conflitti.
E' un "no" pieno, senza "se" e senza "ma", senza calcoli di convenienza, per
dire un "si'" profondo e convinto alla pace e alla giustizia che per noi
hanno il volto di Gesu' Cristo.  Senza stare al fianco di  un contendente o
dell'altro, mettendoci solo dalla parte delle probabili vittime (alcune
delle quali abbiamo incontrato in occasione di una nostra delegazione in
Iraq), diciamo "no" all'intervento armato in Iraq, ad ogni altro intervento
di questo genere e ad una qualsiasi partecipazione dell'Italia a questo
minacciato conflitto.
Perche' il nostro essere totalmente e senza riserve dalla parte della pace
sia visibile, chiediamo alle associazioni e comunita' cristiane di vivere in
prima persona dinamiche di costruzione di pace attraverso la preghiera, la
meditazione dei messaggi di Giovanni Paolo II, la riflessione sulla "Pacem
in terris" (in occasione del quarantesimo anniversario), la conoscenza dei
numerosi testimoni di pace, la realizzazione di gesti di pace.
Tra questi ultimi, oggi riteniamo utile porre fuori da ogni chiesa o
campanile o canonica o sede associativa  una scritta di pace o la bandiera
arcobaleno della pace, segno universale di speranza e del nostro impegno per
una civilta' radicata nella forza evangelica della nonviolenza.

12. LETTURE. CARITAS ITALIANA: I CONFLITTI DIMENTICATI
Caritas italiana, I conflitti dimenticati, Feltrinelli, Milano 2003, pp.
152, euro 8.  Un'utile ricerca condotta in collaborazione con "Famiglia
cristiana" e "Il regno".

13. RILETTURE. SILVIA VEGETTI FINZI: IL BAMBINO DELLA NOTTE
Silvia Vegetti Finzi, Il bambino della notte, Mondadori, Milano 1990, 1998,
pp. 288, lire 15.000. Un'appassionante ricerca e riflessione su "divenire
donna, divenire madre".

14. RILETTURE. SILVIA VEGETTI FINZI: VOLERE UN FIGLIO
Silvia Vegetti Finzi, Volere un figlio, Mondadori, Milano 1997, 1999, pp.
312, lire 14.000. Dinanzi alla novita' e alla sfida delle biotecnologie, una
ricerca e una riflessione su "la nuova maternita' fra natura e scienza".

15. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

16. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it;
angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it

Numero 499 del 6 febbraio 2003