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La nonviolenza e' in cammino. 492
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 492
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 30 Jan 2003 02:44:49 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 492 del 30 gennaio 2003 Sommario di questo numero: 1. Mao Valpiana: Gandhi, un uomo di fede contro tutte le guerre 2. Un esposto nei confronti del Ministro della Difesa e del Governo 3. Maria Chiara Tropea, contro la guerra 4. Beppe Pavan, un contributo alla riflessione promossa da Giancarla Codrignani 5. "Gruppo uomini" di Pinerolo: non ne possiamo piu' della violenza 6. Il "Gruppo uomini" di Pinerolo si presenta 7. Mariagrazia Bonollo, pace da tutti i balconi 8. Giulio Vittorangeli, per l'Argentina 9. Giovanna Boursier, un colpevole silenzio sullo sterminio nazista dei rom 10. Gianni Rossi Barilli, la persecuzione nazista degli omosessuali 11. Il 30 gennaio una commemorazione di Gandhi a Narni 12. Il 31 gennaio un incontro con Achille Occhetto e Ali Rashid a Celleno 13. La scomparsa di Ondina Peteani e di Gianbattista Lazagna 14. La "Carta" del Movimento Nonviolento 15. Per saperne di piu' 1. MAESTRI. MAO VALPIANA: GANDHI, UN UOMO DI FEDE CONTRO TUTTE LE GUERRE [Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: azionenonviolenta at sis.it) per questo ricordo di Gandhi nell'anniversario della scomparsa. Mao Valpiana e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista. Fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del Comitato di Coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale, e durante la guerra del Golfo ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato ed assolto per "blocco ferroviario"). E' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza). E' stato infine tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della Marcia per la Pace da Trieste a Belgrado nel 1991. Mohandas Gandhi e' il fondatore della nonviolenza. Nato a Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui divenne il leader della lotta contro la discriminazione degli immigrati indiani ed elaboro' le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 torno' in India e divenne uno dei leader del Partito del Congresso che si batteva per la liberazione dal colonialismo britannico. Guido' grandi lotte politiche e sociali affinando sempre piu' la teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise proposte di organizzazione economica e sociale in direzione solidale ed egualitaria. Fu assassinato il 30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e' tale la grandezza di quest'uomo che una volta di piu' occorre ricordare che non va mitizzato, e che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni aspetti discutibili - che pure vi sono - della sua figura, della sua riflessione, della sua opera. Opere di Gandhi: essendo Gandhi un organizzatore, un giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre che una natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua riflessione in continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti con la verita'. In italiano l'antologia migliore e' Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi; si vedano anche: La forza della verita', vol. I, Sonda, Torino-Milano 1991; Villaggio e autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita per la liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta, Newton Compton; Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento; La cura della natura, Lef. Altri volumi sono stati pubblicati da Comunita': la nota e discutibile raccolta di frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita'; da Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio pensiero, e La voce della verita'. Altri volumi ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali della drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono stati pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991. Opere su Gandhi: tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo libro di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori. Tra gli studi cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis Dalton, Gandhi, il Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig, Genova 1998. Una importante testimonianza e' quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto, William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante sintesi e' quella di Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem, Roma] Il 30 gennaio del 1948 Gandhi moriva assassinato. Non aveva partecipato ai festeggiamenti per l'indipendenza indiana, dopo averla conquistata con il satyagraha (la forza della verita' o nonviolenza), perche' la separazione tra India e Pakistan era per lui una grande sconfitta. E' stato assassinato da un fanatico indu' che non gli aveva perdonato la sua azione per la riconciliazione religiosa e la sua apertura ai musulmani. L'indu' Gandhi (che aveva una sconfinata ammirazione per Gesu' Cristo e per San Francesco d'Assisi) fu considerato dai fondamentalisti di entrambe le parti come un traditore. Sono passati cinquantacinque anni e il fondamentalismo religioso e' ancora un pesante ostacolo per tanti processi di pacifica convivenza. Dunque, non si puo' parlare di Gandhi senza riferirsi alla sua esperienza e alla sua definizione di religione: "E' l'elemento permanente della natura umana; non ritiene nessun sacrificio troppo grave per trovare piena espressione e lascia l'anima totalmente inquieta fino a che non ha trovato se stessa, conosciuto il suo Creatore e sperimentato la vera corrispondenza fra il creatore e se stessa". E poi prosegue: "Per me Dio e' verita' e amore; Dio e' etica e morale; Dio e' coraggio. Dio e' la fonte della luce e della vita e tuttavia e' di sopra e di la' di tutto questo. Dio e' coscienza. E' perfino l'ateismo dell'ateo. Trascende la parola e la ragione. E' un Dio personale per coloro che hanno bisogno della sua presenza personale. E' incarnato per coloro che hanno bisogno del suo contatto. E' la piu' pura essenza. E', semplicemente, per coloro che hanno fede. E' tutte le cose per tutti gli uomini. E' in noi e tuttavia al di sopra e al di la' di noi". Siamo in presenza di una religione aperta, libera, accogliente, amorevole, umana. La religione di Gandhi coincide con la ricerca della verita', perche' Dio stesso e' verita', e la verita' e' Dio. In questo senso per Gandhi, e per molti amici della nonviolenza, ogni problema che si pone, ogni questione che si deve affrontare, politica, sociale, economica, etica, collettiva o personale, e' una sfida religiosa: "per me ciascuna attivita', anche la piu' modesta, e' guidata da quella che io considero la mia religione... la mia attivita' politica, come tutte le altre mie attivita', procede dalla religione... percio' anche nella politica dobbiamo stabilire il regno dei cieli". Tuttavia in Gandhi c'e' posto anche per una piena laicita'. Ha saputo essere, insieme, un grande religioso e una grande statista: "se fossi un dittatore, religione e Stato sarebbero separati. Credo ciecamente nella mia religione. Voglio morire per essa. Ma e' una mia faccenda personale. Lo Stato non c'entra. Lo Stato dovrebbe preoccuparsi del benessere temporale, dell'igiene, delle comunicazioni, delle relazioni con l'estero, della circolazione monetaria e cosi' via, ma non della vostra o mia religione. Questa e' affare personale di ciascuno". * Oggi nel mondo intero Gandhi e' considerato il profeta della nonviolenza, ma il rischio e' quello di farne un santo, un eroe, un simbolo, un mito. Gandhi, invece, nel corso di tutta la sua azione sociale e politica si e' sempre sforzato di far capire che cio' che lui ha fatto poteva farlo chiunque altro, che "la verita' e la nonviolenza sono antiche come le montagne". La novita' emersa con Gandhi consiste nell'aver saputo trasformare le nonviolenza da fatto personale a fatto collettivo, da scelta di coscienza a strumento politico: con Gandhi la nonviolenza non e' piu' solo un mezzo per salvarsi l'anima, ma diventa un modo per salvare la societa'. La nonviolenza e' sempre esistita, presente in tutte le culture e in tutte le religioni, in oriente e in occidente, nei sacri testi della Bibbia e del Corano, della Bhagavad Gita e del Buddhismo. Ma e' con Gandhi che la nonviolenza diventa un'arma di straordinaria potenza per liberare le masse oppresse. Il Mahatma ci ha fatto scoprire che la nonviolenza e' insieme un fine ed un mezzo, che per abbracciare e farsi abbracciare dal satyagraha ci vuole fede, pazienza, sacrificio, dedizione, addestramento. Grazie a lui oggi possiamo utilizzare la teoria e la pratica della nonviolenza per tante battaglie di giustizia e liberta', in ogni parte del mondo. Gandhi e' stato un grande innovatore, e' stato l'uomo che ha riscattato il ventesimo secolo che altrimenti sarebbe stato consegnato alla storia come un secolo buio, per gli orrori delle guerre mondiali e per l'olocausto nei campi di sterminio. Gandhi, e non Hitler e non Stalin, e' l'uomo nuovo del '900, la preziosa eredita' per questo secolo. * La lezione di Gandhi ha suscitato molti proseliti, in ogni parte del mondo. Dal Sudafrica al Chiapas, dalla Birmania al Tibet, cosi' come in Europa e in America Latina, ovunque vi sono gruppi o popoli che lottano per i loro diritti ispirandosi alla forza attiva del satyagraha. "Se posso dirlo senza arroganza e con la dovuta umilta', il mio messaggio e i miei metodi sono validi, nella loro essenza, per il mondo intero; ed e' motivo di viva soddisfazione per me sapere che hanno gia' suscitato mirabile rispondenza nel cuore di un grande e sempre crescente numero di uomini e donne dell'Occidente". Oggi infatti, in Europa e negli Stati Uniti, non si puo' parlare di pacifismo senza fare i conti con la nonviolenza gandhiana. La mobilitazione mondiale contro la guerra (intendo contro tutte le guerre, fatte da chiunque per qualsiasi motivo e con qualunque arma) e' coerente e vincente solo se fatta con i mezzi della nonviolenza. Non si puo' essere contro la guerra a fasi alterne: contrastare la guerra in Iraq e non vedere la guerra in Cecenia e' un errore inaccettabile per gli amici della nonviolenza. "La guerra e' il piu' grande crimine contro l'umanita'". Gandhi condanna il ricorso alla guerra senza appello. Senza se e senza ma. Il movimento contro la guerra, se vuole avere un futuro e non essere solo un fuoco di paglia che si spegne alla prima pioggia di bombe, deve saper adottare tutti i metodi rigorosi della nonviolenza. E' ancora Gandhi a parlar chiaro: "Si dice: i mezzi in fin dei conti sono mezzi. Io dico: i mezzi in fin dei conti sono tutto". Il mondo e' solo all'inizio dell'esplorazione delle potenzialita' della nonviolenza e noi crediamo che essa sia una prospettiva indispensabile per il futuro dell'umanita'. 2. UN ESPOSTO NEI CONFRONTI DEL MINISTRO DELLA DIFESA E DEL GOVERNO [Il 29 gennaio 2003 il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo ha presentato alla magistratura il seguente esposto] Oggetto: esposto nei confronti del Ministro della Difesa, on. Martino, e del Governo italiano nella sua collegialita', per violazione dell'art. 11 della Costituzione della Repubblica Italiana Con la presente... si espone all'autorita' giudiziaria quanto segue e si richiede un immediato intervento in meriito. 1. Il Ministro della Difesa, on. Martino, avrebbe annunciato, secondo quanto concordemente riferito oggi dalle principali agenzie di stampa e dai media radiotelevisivi, che "il governo italiano ha dato il via libera all'utilizzo delle basi sul nostro territorio agli aerei USA... in caso di un eventuale attacco all'Iraq" (cosi' la notizia e' riportata dal televideo della televisione di Stato). 2. E' del tutto evidente che tale decisione, se effettivamente presa dal governo, confligge flagrantemente con l'art. 11 della Costituzione della Repubblica Italiana che "ripudia la guerra". 3. Tale decisione implica di fatto la partecipazione dell'Italia ad una guerra manifestamente illegale e criminale tanto per la nostra Costituzione quanto alla luce del diritto internazionale. 4. Lo stesso annuncio e' gia' un atto illegale, non essendo in potere ne' del ministro, ne' del governo, assumere simili decisioni e quindi neppure propalare simili notizie, quand'anche fossero false. 5. Il semplice annuncio e' gia' evidentemente sufficiente per costituire "notitia criminis", e per l'attuazione di tutti i provvedimenti necessariamente conseguenti da parte della competente autorita' giudiziaria, delle competenti autorita' di pubblica sicurezza, e ragionevolmente finanche di ogni pubblico ufficiale che ne venisse a conoscenza. 6. Qualora la decisione annunciata fosse stata effettivamente presa saremmo in presenza di una gravissima violazione della legalita' costituzionale da parte non solo del Ministro della Difesa ma dell'intero Governo (che pure nella sua interezza ed in ogni suo singolo membro alla Costituzione ha giurato fedelta'), violazione che configura un atto di eversione della legalita' costituzionale, un vero e proprio tentativo di colpo di stato. 7. Data la gravita' del reato e della situazione, si richiede il piu' tempestivo intervento dell'autorita' giudiziaria e delle autorita' di pubblica sicurezza. 8. Si richiede altresi' un immediato intervento del Capo dello Stato quale supremo garante della Costituzione della Repubblica Italiana. 3. RIFLESSIONE. MARIA CHIARA TROPEA: CONTRO LA GUERRA [Ringraziamo Maria Chiara Tropea (per contatti: a.alba at areacom.it) per averci messo a disposizione questo intervento apparso sul mensile "Da leggere" del dicembre 2002. Maria Chiara Tropea e' impegnata nei movimenti nonviolenti e nella promozione di una cultura della pace; insieme ad Alvise Alba assicura un prezioso lavoro di collegamento in particolare nel Movimento Internazionale della Riconciliazione (MIR)] Non e' la prima volta che gli auguri di pace del Natale e del Nuovo Anno si intrecciano con timori di guerra. Ci stiamo abituando. Quest'anno sotto le luci dell'albero abbiamo in preparazione una nuova guerra all'Iraq, a un paese gia' duramente colpito nel '91, sotto embargo da 11 anni, bombardato con cadenza settimanale dal '98: un paese stremato, oltre che afflitto da un regime autoritario. La guerra annunciata (e gia' cominciata) rischia, per dichiarazione esplicita del suo principale promotore, di essere una guerra nucleare. Quell'ipotesi - temuta e contrastata dal grande movimento per la pace degli anni '80 - torna ad affacciarsi con prepotenza oggi, in un mondo ancor piu' carico di tensioni e violenze, in una regione gia' "esplosiva" per il conflitto palestinese/israeliano, che sta attraversando una fase quanto mai distruttiva. La guerra annunciata (e gia' cominciata) non ci ha ancora coinvolto direttamente, perche' l'opinione pubblica e alcuni governi europei si sono mostrati titubanti. Percio' in questa fase stiamo assistendo ai "preliminari" che la renderanno "legalmente" giustificabile dai governi ed emotivamente accettabile dalle masse televisive ancora incerte: e' questa la funzione principale della "missione" degli ispettori Onu e del ridicolo via-vai di documenti e loro fotocopie tra il palazzo di Bagdad, il "palazzo di vetro" e i palazzi della Cia, con relative "indiscrezioni" divulgate ad uso del popolo. "Potenti della terra padroni di nuovi veleni, tristi custodi segreti del tuono definitivo, ci bastano d'assai le afflizioni donate dal cielo. Prima di premere il dito, fermatevi e considerate". Questo scriveva Primo Levi nella poesia La bambina di Pompei. Ma i potenti della terra, compresi i piccoli potenti di casa nostra, sembrano spaventosamente incapaci di fermarsi e ancor piu' di considerare. Gia' decine di migliaia di soldati sono pronti nella regione, gia' portaerei colonizzano il mare; e l'Italia e' tutta una portaerei, con le sue basi pronte e i cieli aperti per i bombardieri. Gia' i nostri Alpini si preparano per l'Afghanistan, perche' le truppe Usa devono essere tutte disponibili per il Golfo. Cosa possiamo dunque fare noi che non siamo nei palazzi? Cosa dire ancora, quando ci sembra di aver gia' detto tutto, tante volte? Quando tutto sembra gia' deciso? Eppure non si puo' tacere e stare a guardare. Voglio sottoscrivere e far mie le parole dell'animatore del Centro per la nonviolenza di Viterbo: "Noi che viviamo in uno dei paesi il cui orientamento avra' un peso enorme nel decidere lo scatenamento o meno della guerra; noi che siamo parte di quella porzione ridottissima dell'umanita' la cui opinione e' "opinione pubblica", conta; noi che abbiamo strumenti di comunicazione potentissimi; ebbene, noi piu' di altri abbiamo un dovere grande: impedire la guerra, che e' questione di vita o di morte per l'umanita' intera. Se sapremo far vincere in Italia il rispetto della legalita' costituzionale che ripudia la guerra; se sapremo costringere il potere esecutivo e il potere legislativo e il capo dello stato a riconoscere e quindi proclamare che il popolo e la legge, la Repubblica insomma, impediscono all'Italia di avallare e di aderire alla guerra; allora questo avra' un peso e potra' indurre altre popolazioni a chiedere ai loro governanti un analogo pronunciamento. In Italia e' possibile, oltre che necessario. E' la legge fondamentale del nostro ordinamento che lo afferma, quella legge che "hanno scritto i pugni dei morti": la Costituzione figlia della Resistenza; quell'articolo 11 che la guerra ripudia; impedire la guerra, che e' questione di vita o di morte per l'umanita' intera". * Provo a metter giu' qualche idea sul "da fare", nella speranza di trovare risonanza in chi legge, e che le idee non restino solo idee. 1. Dobbiamo contrastare la propaganda, diventare capaci di parlare in modo convincente, casa per casa, persona per persona. Percio' troviamoci, parliamo fra noi, mettiamo a fuoco i nostri dubbi, mettiamo a punto gli argomenti. Diciamoci - e diciamo a tutti - come e perche' tutto questo e' assurdo e criminale. Perche' la guerra oggi e' sempre e solo distruzione e non porta la pace (la Bosnia, il Kossovo, l'Afghanistan non l'hanno ancora insegnato solo perche' dopo i bombardamenti, che facevano notizia sulle prime pagine con dovizia di particolari, e' sempre calato un silenzio tombale sui dopoguerra di violenza continua, odio peggiore, miseria e disperazione). E la guerra e' distruzione non solo degli altri, ma anche di noi stessi. E non solo per le possibili e prevedibili ritorsioni (il rischio-attentati sta aumentando), ma anche perche' contraddice ed annulla il nostro io migliore, l'Europa del diritto umanitario, della democrazia e della liberta'. Come non capire che questi valori, di cui andiamo giustamente fieri, non si possono im-porre con le armi, ma solo pro-porre, cioe' mostrarli realizzati per renderli desiderabili? Invece mostriamo realizzato un modello di vita fondato sull'arricchimento rapace e sulla violenza; e pretendiamo di imporlo con la "guerra umanitaria" e di difenderlo con la "guerra preventiva". 2. Dobbiamo cercar di convincere i nostri rappresentanti istituzionali. Percio' prepariamo un appello al capo dello Stato, al Parlamento, al Governo, perche' dicano subito, dicano chiaro, dicano forte, che il nostro paese e' ancora uno stato di diritto fondato sulla Costituzione della Repubblica Italiana che "ripudia la guerra"; dicano subito, chiaro, forte all'Unione Europea, all'Onu, al governo americano, che l'Italia per sua legge fondamentale non partecipera' a questa guerra, che l'Italia per sua legge fondamentale a questa guerra si oppone. 3. Dobbiamo cercar di convincere anche l'opposizione di centro sinistra; quanto e' frammentata, debole e balbettante di fronte a questa straordinaria, pericolosissima emergenza. Percio' cerchiamo di incontrare ad ogni livello tutte le componenti del centro sinistra, ognuno/a quella a cui si sente piu' vicino/a; parliamo alle persone di quei partiti, facciamo appello alle loro coscienze: non possono accettare o subire questa deriva. Dicano forte e chiaro, "senza se e senza ma", che contrasteranno ogni decisione politica e operativa verso la partecipazione italiana a questa guerra - ad ogni guerra - e al sistema che prepara le guerre. Queste persone devono sentire che se non diranno e faranno queste cose perderanno per sempre il consenso del loro elettorato. 4. Dobbiamo infine impegnarci a contrastare direttamente, con azioni limpidamente nonviolente, le operazioni gia' avviate. Non e' vero che non possiamo fare nulla: - possiamo prepararci ad azioni dirette nonviolente per bloccare operativamente la macchina bellica (basi militari, rifornimenti...); - possiamo lanciare (o aderire a) una campagna di disobbedienza civile che miri a bloccare la catena di comando politica e amministrativa di quei poteri che cercassero di precipitare l'Italia in guerra; - possiamo inventare e fare moltissime azioni se solo decidiamo di uscire dall'isolamento e dal particolarismo e ci colleghiamo fra noi e con i movimenti piu' ampi che su questa linea si stanno muovendo (Il Movimento Nonviolento, la Rete Lilliput, Emergency, le Donne in Nero, l'Associazione per la pace...). "Se mai mi venisse chiesto: Dov'eri in quei giorni bui?, io potro' rispondere: Nelle strade, a protestare!" sono parole di una donna israeliana, Efrat Shpiegel, impegnata nel movimento pacifista del suo paese dopo aver perso un figlio nella guerra dell'82 contro il Libano. Possano diventare le parole di ognuno/a di noi. E sara' un anno di pace. 4. RIFLESSIONE. BEPPE PAVAN: UN CONTRIBUTO ALLA RIFLESSIONE PROMOSSA DA GIANCARLA CODRIGNANI [Ringraziamo Beppe Pavan (per contatti: carlaebeppe at libero.it) per questo intervento che sviluppa la riflessione promossa da Giancarla Codrignani ed alla quale hanno gia' contribuito altre ed altri, e che vorremmo si sviluppasse ancora col contributo di ulteriori interventi. Beppe Pavan e' impegnato nell'esperienza del "Gruppo uomini" di Pinerolo ed in tante altre esperienze di pace e di solidarieta'] A me la "provocazione" di Giancarla Codrignani, che approfitto per salutare con un abbraccio affettuoso, aveva procurato qualche brivido. Il primo era legato al desiderio di leggere finalmente qualche reazione da parte degli uomini del pacifismo interpellati. Invece, se non mi sono perso qualche numero, ho riscontrato grande silenzio. Forse non ricevono "La nonviolenza e' in cammino". Mentre, come sempre, dalle donne intervenute ho ricevuto stimoli, proposte, idee... Il secondo brivido mi aveva messo subito in agitazione le mani, per il desiderio di intervenire. Ma per dire cosa? Ho scelto di ascoltare, aspettando soprattutto interventi da parte maschile. Oggi ho scelto di intervenire, per mettere a fianco delle altre anche la voce mia e, soprattutto, quella del Gruppo Uomini (GU) di Pinerolo, di cui faccio parte, raccontandovi la genesi delle riflessioni che nel nostro gruppo ci hanno a poco a poco guidati alla scoperta del legame indissolubile che esiste tra la violenza di genere e quella della politica internazionale attuale. Allo scopo allego le semplici cose che abbiamo scritto qualche mese fa, insieme ad una breve presentazione del nostro gruppo. Non per dirvi quanto siamo bravi, ma per testimoniarvi la nostra consapevolezza che, senza il coraggio di metterci in gruppo per parlare di noi, difficilmente l'impegno intellettuale, per quanto splendido e lodevole, diventa cambiamento radicale di vita, personale e sociale. Di questo il mondo ha bisogno: che gli uomini cambino radicalmente il loro modo di stare al mondo. Ascoltando le donne del femminismo e del pensiero della differenza; abbandonando con convinzione la presunzione della superiorita' maschile; sottraendo con convinzione e coerenza il consenso anche maschile alla cultura e alla prassi patriarcali, che dominano in ogni ambito della nostra vita; prendendo la parola pubblicamente per testimoniare questo cambiamento di rotta di un numero via via crescente di uomini. Ci vuole coraggio, all'inizio; poi si scopre di essere sulla strada della felicita', nelle relazioni personali, e della speranza fondata, in quelle sociali e politiche. Tutto questo ci e' stato reso possibile dall'ascolto delle donne e dallo stare in gruppo, che da dieci anni ci vede coinvolti. 5. RIFLESSIONE. "GRUPPO UOMINI" DI PINEROLO: NON NE POSSIAMO PIU' DELLA VIOLENZA [Ringraziamo Beppe Pavan per averci inviato questo documento dell'ottobre 2002] Le cronache quotidiane dei mass media ne sono piene, anche se ci offrono solo i casi piu' eclatanti. Ma non ne possiamo piu' che cosi' tanti uomini continuino a violentare, stuprare, uccidere donne, bambine e bambini e altri uomini. Questi uomini, che alimentano i conflitti interpersonali e la guerra tra i sessi con la presunzione e l'incapacita' al dialogo, pianificando poi e realizzando anche stragi familiari come unica soluzione possibile, interpretano, a nostro avviso, la stessa logica che muove i gerarchi del mondo a creare, prima, le situazioni di conflitto e ad affrontarle, poi, con la violenza della loro prepotenza. E' cosi' evidente la pretestuosita' delle loro motivazioni che, a volte, lo scoraggiamento, l'impotenza, il dolore, ci sopraffanno e ci ammutoliscono. Eppure come loro continuano imperterriti a perseguire strategie di morte, cosi' noi dobbiamo resistere, sottrarre il nostro consenso e far crescere il dissenso verso queste modalita' di vivere le relazioni politiche all'interno dei singoli Stati e a livello internazionale. E' la strategia propria della cultura patriarcale, che da alcuni millenni si impone con la paura e il dominio, con il dolore e la minaccia del dolore. Guerra significa fare strazio di corpi, spezzare con violenza vite e relazioni d'amore, negare futuro ai desideri e ai progetti di pace, di serenita', di semplicita', di tenerezza. La violenza e' un modello culturale che corrompe le coscienze e le intelligenze di chi a poco a poco viene indotto/a a credere che la guerra e la sua preparazione siano davvero parte della nostra normale quotidianita', come l'aprire gli occhi al mattino e l'amore dei nostri familiari. Purtroppo sembra diminuire il rifiuto della guerra perche' viene agita lontano da noi e dalla nostra civilta' "superiore". Micidiale ci sembra la corresponsabilita' di chi fomenta simili complessi individuali e collettivi e di chi ne parla senza indignarsi, dedicandole minor riflessione e meno parole che ad una partita di calcio. Finche' ci saranno gli Stati, noi siamo per il rispetto scrupoloso della proprieta' dei singoli Paesi sulle proprie risorse e materie prime, regolandone l'amministrazione e l'uso a vantaggio dell'intera comunita' umana, attraverso strumenti commerciali coerentemente equi e solidali. In questa prospettiva rifiutiamo radicalmente non solo la guerra come modalita' di gestione dei conflitti, ma anche ogni sua teorizzazione ed aberrazione, come la "guerra preventiva". Di preventivo non ci puo' essere che l'impegno coerente e quotidiano a rimuovere le cause dei conflitti: prima fra tutte l'ingordigia e la prepotenza dei forti verso i deboli. Solo adeguando a criteri di sobrieta' e di rispetto universale, nei Paesi ricchi, le nostre individuali e collettive modalita' di vivere, produrre e consumare, potremo contribuire concretamente a riequilibrare la fruibilita' dei diritti fondamentali per ogni uomo e ogni donna. Non ne possiamo piu'. Ma continueremo a resistere alla corruzione operata dalla cultura della violenza e della guerra, non solo togliendole il consenso, ma soprattutto impegnandoci a vivere le nostre relazioni con amore, rispetto e accoglienza verso ogni differenza, in modo che questi criteri guidino, a poco a poco, anche la formazione degli uomini e delle donne che si dedicano alla politica e alle relazioni internazionali. 6. ESPERIENZE: Il "GRUPPO UOMINI" DI PINEROLO SI PRESENTA [Ringraziamo Beppe Pavan per averci inviato anche questa scheda] Il Gruppo Uomini (GU) di Pinerolo (To) e' nato nel mese di maggio del 1993, soprattutto per rispondere "eccoci" alle sollecitazioni del femminismo, che le nostre donne da decenni ci rappresentano quotidianamente. E' nato all'interno della Comunita' cristiana di base di Pinerolo, dall'incontro di tre filoni di motivazioni: interrompere il silenzio di fronte al maschilismo imperante nella chiesa; riscoprire, con Gesu', un modello di relazioni con le donne fatto di reciprocita' e di accoglienza; avviare un cammino, individuale e collettivo, di autocoscienza e di cambiamento, da parte maschile, del nostro modo di stare al mondo. Non e' possibile far uscire il mondo dal dominio necrofilo del patriarcato, se non scegliamo, anche noi uomini, di sottrargli il consenso. Patriarcato significa dominio del genere maschile non solo sulle donne e su bambini e bambine, ma anche sul resto del creato: animali, ambiente, risorse, paesaggio. Patriarcato significa centralita' del maschile e dell'ordine simbolico del padre, alla cui legge tutto il resto si deve conformare e adeguare, con le buone o con le cattive. Com'e' collettiva questa responsabilita' del genere maschile, collettivo e visibile dev'essere il cammino degli uomini per prenderne le distanze. Decisivo, a questo scopo, si rivela il gruppo, come spazio di confronto e di autocoscienza, di sostegno reciproco e di graduale consapevolizzazione. Un gruppo "separato", di soli maschi? Si', perche' e' l'unico luogo in cui, riconoscendoci simili, ci autorizziamo a rivelarci, a poco a poco, a parlare di noi "veramente", a portare alla luce quella profonda intimita' che si va disvelando a noi stessi a mano a mano che si radica il nostro affidamento reciproco. Tutto il resto della vita e' fatto di luoghi "misti" o di solitudine individuale: il gruppo ci insegna a stare tra uomini, illuminati dalla saggezza del pensiero femminista, e ci aiuta a crescere in consapevolezza e responsabilita'. Nel gruppo impariamo: - a partire da noi, abbandonando il linguaggio apodittico e neutro-universale proprio della cultura patriarcale; - a non giudicare chi parla, ma ad ascoltare con rispetto, lasciandoci arricchire dalla diversita' e dalla riflessione; - ad accogliere e rispettare ogni differenza, nella convinzione che la nostra parzialita' debba stare accanto, non sopra, ad ogni altra parzialita': individuale, di genere e di generazione, di orientamento sessuale e politico, di religione, ecc. Dopo due anni gli incontri mensili sono diventati quindicinali, perche' abbiamo preso gusto a raccontarci le nostre vite, le nostre emozioni, le paure, gli errori. Nel dicembre del '96 esce il primo numero di "Uomini in cammino", foglio mensile ciclostilato in proprio, per dare visibilita' al cammino di altri uomini, che incontriamo su libri, giornali, riviste o nelle piu' diverse occasioni, prime fra tutte le riunioni organizzate da donne, che continuano a pungolarci, ad invitarci, a sostenerci. Spesso sono proprio parole e riflessioni di donne che trovano spazio sul foglio: quando parlano delle loro difficolta' e dei loro desideri nelle relazioni con gli uomini. Dal '99 abbiamo cominciato ad organizzare incontri "nazionali" tra uomini e gruppi di uomini. Adesso ci sentiamo in buona compagnia, reciprocamente, e registriamo con piacere il lento, ma costante, aumento del numero di uomini che si mettono in cammino e in rete. Perche' davvero soltanto una convinta fuoriuscita collettiva degli uomini dalla cultura e dalla prassi del patriarcato permettera' di realizzare il sogno delle donne, e adesso anche nostro, di "rimettere al mondo il mondo", di ri-generarlo. Solo cosi' crediamo che un altro mondo sia davvero possibile. Per contatti e per ricevere "Uomini in cammino": Beppe Pavan, Corso Torino 117, 10064 Pinerolo (To); e.mail: carlaebeppe at libero.it. Materiali e documenti si trovano sul sito: web.tiscalinet.it/uominincammino, insieme alla mappa dei Gruppi Uomini presenti in Italia, di cui siamo a conoscenza. 7. INIZIATIVE. MARIAGRAZIA BONOLLO: PACE DA TUTTI I BALCONI [Da Mariagrazia Bonollo (per contatti: tel. 0445344264-3482202662, e-mail: salbega at tiscalinet.it) riceviamo e diffondiamo. Mariagrazia Bonollo e' impegnata nell'esperienza dei "Beati i costruttori di pace" e nella compagna "Pace da tutti i balconi"] Gli italiani sono contrari alla guerra: quasi duecentomila bandiere di pace sventolano dai balconi di tutta Italia. Oramai non c'e' via, piazza o strada in Italia che non esponga almeno una bandiera della pace. E' la conferma che la maggioranza degli italiani non vuole la guerra all'Iraq. E' l'iniziativa "Pace da tutti i balconi", partita in sordina a meta' ottobre e che sta crescendo di giorno in giorno in modo esponenziale, inondando finestre e balconi d'Italia di colorate bandiere arcobaleno con la scritta "Pace", per esprimere con un gesto preciso il proprio no alla guerra ed il proprio Ssi' alla pace e alla via del dialogo. Un gesto semplice ma molto esplicito, che prevede di appendere alla finestra o a un balcone, o comunque in un luogo ben visibile, la bandiera della pace e di tenerla esposta finche' non sara' scongiurato un attacco contro l'Iraq e l'intervento dell'Italia in guerra, in qualsiasi forma essi avvengano. * Quante. Dall'inizio della campagna la rete di associazioni che ha promosso la campagna ne ha gia' distribuite quasi 200 mila, in tutta la penisola, dalla Sicilia al Trentino, con picchi in Veneto, Emilia Romagna, Lombardia. In questi ultime settimane sono state distribuite dalle 25 alle 30 mila bandiere alla settimana. * Adesioni. All'iniziativa hanno aderito molte associazioni (Associazione Botteghe del Mondo, Associazione Obiettori Nonviolenti, Attac, Azione Cattolica, Banca Etica, Beati i Costruttori di Pace, Cem Mondialita', Chiama l'Africa, Comunita' Papa Giovanni XXIII, Comunita' Telematica Manipulite.it, Coordinamento Comasco per la Pace, Emergency, Focsiv, Gi.Fra. Minori, Libera, Manitese, Medici Senza Frontiere, Missione Oggi, Movimento Nonviolento, Nigrizia, Pax Christi, Peacelink, Rete di Lilliput, Rete Radie' Resch, Sermig, Tavola della Pace, Arci) e la bandiera e' appesa, oltre che al balcone di tante famiglie, anche nelle sedi di enti locali, coinvolgendo trasversalmente sia giunte di centro-destra (come il Comune di Taranto e la Regione Puglia) che di centro-sinistra (come il Comune di Venezia), nonche' in scuole e luoghi di lavoro, conventi e persino all'esterno di qualche Curia Vescovile, come quelle di Trento e Vittorio Veneto. Fra le particolarita' da segnalare, quella del paese di Pezzoli (Rovigo) nel quale tutte le abitazioni, grazie all'intraprendenza del parroco, espongono la bandiera arcobaleno. Nonostante la crescita esponenziale delle persone che vogliono affermare attraverso la bandiera la loro contrarieta' all'entrata in guerra del nostro paese sia dovuta soprattutto alle persone semplici, alla gente comune, non sono pochi i "vip" che hanno esposto la bandiera fuori dalla loro casa, a partire da Jovanotti. * Una iniziativa "dal basso". Si tratta di un'iniziativa semplice, di un gesto che proprio per questa sua caratteristica e' stato fatto proprio da moltissime famiglie italiane. Una campagna che si e' sviluppata dal basso, fatta di tanta gente comune, di passaparola e di un grande utilizzo di internet attraverso il sito www.bandieredipace.org (piu' di 4.000 accessi giornalieri; vi si trova tutto per una diffusione capillare sul territorio: volantini, documenti, elenco dei punti di distribuzione - come le botteghe del commercio equo e solidale, gruppi di solidarieta', gruppi sindacali locali, ecc. - e anche un sostegno di tipo legale nel caso di condomini contrari all'affissione). Spesso l'invito ad esporre la bandiera e' diventato fra colleghi, amici, vicini di casa, un'occasione per avviare un dibattito su quanto sta accadendo a livello internazionale. * Come e' nata la proposta. L'idea di manifestare il no alla guerra in Iraq con la bandiera della pace esposta dalle abitazioni nasce la sera del 15 settembre 2002, a conclusione del Giubileo degli oppressi a Bologna: un gruppo di persone appartenenti a diverse associazioni insieme ad Alex Zanotelli pensa un'iniziativa che possa attivare tutti i cittadini italiani e che consiste appunto nell'appendere ai balconi di casa la bandiera della pace per dichiarare il proprio no alla guerra. La richiesta di adesioni viene inoltrata alle associazioni legate alla Rete di Lilliput e trova un'immediata ed entusiasta risposta. Successivamente, l'iniziativa si e' affiancata alla campagna "Fuori l'Italia dalla guerra" promossa tra gli altri da Emergency, Libera, Rete di Lilliput e Tavola della Pace. Da meta' ottobre e' attivo il sito Internet. * Il simbolo. La bandiera della pace e' stata importata alcuni decenni fa in Italia da Aldo Capitini - il fondatore del Movimento Nonviolento, nonche' ideatore della prima Perugia-Assisi - che l'aveva vista utilizzata dai pacifisti inglesi. Nel racconto del diluvio universale Dio pone l'arcobaleno come sigillo della sua alleanza con gli uomini e con la natura, promettendo che non ci sara' mai piu' un altro diluvio universale. L'arcobaleno e' diventato cosi' il simbolo della pace tra terra e cielo e, per estensione, tra tutti gli uomini. I colori dell'arcobaleno sono anche utilizzati come segno della "convivialita' delle differenze" per la loro caratteristica fisica di restituire la luce bianca se fatti roteare velocemente. E' stata usata diffusamente a partire dagli anni '80 nelle marce per la pace e in tutte le manifestazioni italiane, nonche' nelle iniziative di pace di volontari italiani all'estero (a Sarajevo, in Iraq, in Kosovo, nella Repubblica Democratica del Congo). 8. INIZIATIVE. GIULIO VITTORANGELI: PER L'ARGENTINA [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: giulio.vittorangeli at tin.it) per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, e una delle figure piu' autorevoli della solidarieta' internazionale] C'e' una vitalita' nuova, una febbre inattesa nelle vene ancora aperte dell'America Latina, rappresentata dal rifiuto da parte delle popolazioni delle politiche economiche neloberiste. Veri contestatori dell'ordine neoliberista i settori impoveriti della popolazione, che - per esempio - in Venezuela sostengono il presidente Hugo Chavez contro i tentativi di rovesciamento portati avanti, con la benevolenza degli Stati Uniti, dall'oligarchia conservatrice. In Bolivia e' stata la forza dei movimenti indigeni e dei contadini a portate Evo Morales (leader indigeno) e la sua piattaforma politica antiliberista a sfiorare la presidenza della repubblica, nonostante - anche qui - l'intervento dell'ambasciatore degli Usa. In Ecuador, il 24 novembre 2002, e' stato eletto, sostenuto dai movimenti indigeni e contadini, il "candidato dei poveri" Lucio Gutierrez, ex colonnello di umili origini. E che dire dell'elezione di Ignacio "Lula" da Silva, leader del Partito dos trabalhadores, in Brasile? Tutti segnali politici che indicano con chiarezza che per i fautori della globalizzazione neoliberista, in America latina la festa sembra ormai finita; che questi popoli possono ancora scegliere il loro futuro, e che a fronte del progetto neoliberista un altro modello economico, piu' umano e piu' solidale, e' possibile. Le cose tuttavia sono tutt'altro che semplici, ad iniziare dall'Argentina sprofondata nella piu' grave crisi economica della sua storia. Il suo popolo sta soffrendo gli effetti rovinosi di una crisi senza precedenti, dove ogni giorno un modello d'esclusione sociale spinge un numero sempre maggiore di persone nella miseria e nell'ignoranza. In un contesto di distruzione dell'apparato produttivo, smantellamento della sanita' pubblica e privata, collasso del sistema educativo e abbandono degli anziani, si alza la voce di coloro che resistono e cercano soluzioni ai loro problemi collettivi utilizzando come strumento fondamentale l'organizzazione autonoma e l'aiuto reciproco. Ci riferiamo specificamente a quanti costruiscono, all'interno dei settori che soffrono con maggiore intensita' questa crisi, progetti mirati a ridare dignita' ai piu' deboli: bambini, disoccupati, anziani, famiglie e madri indigenti. E' per la gravita' di questo stato di cose, ma anche per la determinazione a partecipare prontamente con tutte le energie, che un gruppo di europei ed argentini, da tempo impegnati in iniziative solidali, si e' riunito dando vita ad una nuova organizzazione: "Asear" (Asociacion Solidaria Euroargentina), con il proposito di mettere insieme risorse e sommare impegni per sostenere coloro che, in Argentina, cercano di modificare una realta' rovinosa. Operatori sociali che attraverso cooperative, mutuo soccorso, mense sociali, micro-imprese, comitati di quartiere, scuole, universita', organizzazioni sindacali, centri d'alfabetizzazione e qualunque altro mezzo serva a creare spazi d'autonomia, lavorano nella consapevolezza che insieme, in modo organizzato, partecipando, aiutandosi ed imparando dall'esperienza, possono cambiare la propria situazione attuale e conquistare un futuro migliore con tutti e per tutti. Quelli che hanno potuto viaggiare o semplicemente informarsi, si sono resi conto delle molteplici difficolta' che trovano le persone che vogliono raggiungere questi obiettivi. In particolar modo la mancanza totale di risorse economiche, che non permette la nascita di progetti d'enorme valore. Conseguentemente, l'Associazione si propone di raccogliere fondi attraverso un modesto contributo annuale di coloro che vi partecipano, da destinare alle attivita' summenzionate e con lo spirito di promuovere una piu' estesa rete solidale tra i popoli europei verso i fratelli argentini, per un mondo diverso e piu' giusto. Altro scopo dell'Associazione e' costituire uno strumento che faciliti agli europei motivati la possibilita' di visitare e conoscere personalmente i loro interlocutori in Argentina, reperendo i contatti e l'assistenza necessaria. Tutte le attivita' in Europa sono basate sul lavoro volontario e gratuito. Praticamente tutti i finanziamenti raccolti sono inviati in Argentina (ad eccezione della copertura minima dei costi affrontati per il funzionamento dell'Associazione). Attraverso il sito www.asear.org vengono informati i soci, aggiornati periodicamente elenchi e notizie, pubblicati i progetti, le circolari informative, ecc. Costi, contributi, entrate e uscite, sono pubblici e disponibili per tutti gli associati sul sito. I progetti finanziati sono quelli che giungono dalle organizzazioni di vario tipo sopra menzionate, ma oltre la rilevanza in se' del progetto, e' qualificante il fatto che i destinatari finali dell'aiuto partecipino alla soluzione dei propri problemi, o creino organizzazioni stabili che permettano il loro proseguimento in modo autonomo, generando una coscienza di protagonismo tra i beneficiari. Per maggiore informazioni: Asear - Asociacion Solidaria Euro Argentina, via di Torre Perla 37, 00055 Ladispoli (RM), tel. e fax: 069949754, e-mail: info at asear.org, sito: www.asear.org 9. MEMORIA. GIOVANNA BOURSIER: UN COLPEVOLE SILENZIO SULLO STERMINIO NAZISTA DEI ROM [Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 gennaio 2003. Giovanna Boursier e' una studiosa che ha dedicato particolare attenzione ed importanti ricerche allo sterminio nazista dei rom] La prima eliminazione di massa dei rom ad Auschwitz ebbe luogo il 23 marzo 1943. Ne furono gasati 1700. Un altro massacro e' datato 25 maggio. Le vittime furono 1035. Un anno dopo i prigionieri dello Zigeunerlager, armati di spranghe, pietre e coltelli riuscirono a bloccare un tentativo di liquidazione del campo. Che avvenne, pero', la notte del 2 agosto 1944, quando i sopravvissuti furono trascinati nelle camere a gas. In quel buio ne furono uccisi piu' di 3.000. E sono almeno 20.000 i rom morti solo ad Auschwitz, mentre centinaia di migliaia (le cifre piu' accreditate dicono 500.000) furono in totale quelli uccisi dai nazisti. Erano uomini, donne e bambini braccati, imprigionati, sterilizzati, seviziati come cavie e assassinati nei lager. Ma ancora oggi la memoria non riguarda rom e sinti. O, meglio, li riguarda molto poco, in appuntamenti che, almeno, sappiamo non rituali. Tra le centinaia di iniziative per la "giornata della memoria", infatti, quelle dove si ricorda anche il loro sterminio si contano sulle dita di una mano. Una a Verona, promossa dal circolo Cesar K, dove ieri e' stato presentato il libro di Luca Bravi, Altre tracce sul sentiero di Auschwitz. Una a Cesena, organizzata dall'Istituto della Resistenza: un incontro pubblico e tenuto, tra gli altri, da Santino Spinelli, l'unico docente universitario rom in Italia. Un'altra a Prato, venerdi' prossimo, con la partecipazione di Luca Bravi, Giovanni Corsini e Leonardo Piasere. E una a Torino dove nel corso della rassegna organizzata dal Goethe-Institut, e' stato proiettato anche il documentario di Maurizio Orlandi, Romani Rat - La notte dei rom. Passaggi anche a "Farenheit" su Radio Tre e a Radio Onda d'Urto nonche' un concerto - a Roma - dell'"Alexian Group". Significativa infine la parentesi dedicata da "Terra", il settimanale del Tg5, alla persecuzione nazifascista dei rom e dei sinti. In particolare con l'intervista a Thulo Reinhart, sinto, deportato dai fascisti alle isole Tremiti. Infatti se poco si sa sulla deportazione e lo sterminio nazista dei rom, meno ancora si sa su cio' che hanno fatto i fascisti italiani. Che, ben prima dell'occupazione, costruirono campi - tra il 1940 e il 1943 ne esistevano circa 50 - dove rinchiusero anche gli zingari. L'11 settembre 1940 ne decretarono l'internamento, con una circolare firmata da Bocchini e indirizzata a tutte le prefetture italiane che non mancarono di eseguire sollecitamente gli ordini. I documenti - per anni abbandonati negli scaffali dell'Archivio centrale dello Stato - ci restituiscono vicende di prigionia dolorose, lettere di rom che chiedono pieta' e persino la realta' di un campo riservato solo a loro, quello di Agnone, vicino a Isernia. Tutto questo dovrebbe farci riflettere sulle complicita' italiane nella politica di sterminio nazista. E ammonirci: prima di "ricordare" bisogna conoscere. Perche' la memoria non va offesa. E il silenzio, inclemente, sulla persecuzione nazifascista dei rom ha quasi annullato una storia di deportazione e morte con un valore di testimonianza e riflessione critica anche sul presente. 10. MEMORIA. GIANNI ROSSI BARILLI: LA PERSECUZIONE NAZISTA DEGLI OMOSESSUALI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 gennaio 2003. Gianni Rossi Barilli, nato a Milano nel 1963, e' impegnato nel movimento omosessuale, e' giornalista e saggista. Tra le sue opere: Il movimento gay in Italia, Feltrinelli, Milano 1999] L'Arcigay di Trieste, nei giorni scorsi, ha organizzato una piccola cerimonia alla Risiera di San Sabba per commemorare le vittime omosessuali del nazismo. Era la prima volta che succedeva dal 1945 ed e' stata fatta un'iniziativa "a parte" rispetto alle celebrazioni ufficiali che ricordano tutte le altre vittime dello sterminio, alle quali Arcigay ha annunciato che dall'anno prossimo chiedera' di essere ammessa. Come mai non era accaduto prima? La verita' e' che il ricordo di questa specifica persecuzione e' molto piu' recente di quel che non dovrebbe stando alle date storiche, ed e' per giunta per lo piu' ricostruito a tavolino da persone nate parecchi anni dopo la guerra. Il motivo e' che la persecuzione non e' terminata nel 1945. Ci sono stati deportati omosessuali tedeschi che sono passati dai lager del Terzo Reich alle galere della repubblica federale senza soluzione di continuita', in base a un articolo del codice penale (il famoso paragrafo 175) rimasto in vigore nella Germania occidentale fino al 1969. L'omosessualita' negli anni `50 non era meno riprovevole che nei `30, e fu cosi' che la ricostruzione degli alleati vittoriosi avvenne dimenticando certe vittime che, "dopotutto, se l'erano meritato". Mentre si costruiva la memoria dell'Olocausto con i filmati della liberazione dei campi e le testimonianze dei deportati, i prigionieri con il triangolo rosa che tornavano a casa decisero di stare zitti perche' a tutti gli effetti rimanevano dei "criminali". Continuarono a vergognarsi in silenzio. "Senza memoria non c'e' futuro", c'e' scritto in una dichiarazione firmata da otto sopravvissuti omosessuali che uscirono allo scoperto per la prima volta nel cinquantenario della loro liberazione (1995), ed e' appunto questo cio' che e' stato negato ai gay e alle lesbiche per molti anni: il diritto a esistere nel tempo, anziche' rimanere incatenati a uno stereotipo "immutabile" creato dai loro persecutori. Fino all'inizio degli anni '70 non c'e' stata una sola testimonianza individuale riguardo all'esperienza omosessuale nei campi, e anche dopo di allora ce ne sono state pochissime. Sommando i ricordi autobiografici comparsi in romanzi e saggi e un pugno di interviste filmate si arriva a poche decine, che hanno peraltro avuto una diffusione alquanto limitata. La memoria dell'ingiustizia subita dagli omosessuali rimane dunque letteralmente senza volto per la maggior parte delle persone. Sondaggi realizzati negli Usa e in Gran Bretagna qualche anno fa rivelavano che tra i due terzi e i tre quarti della popolazione non era neppure a conoscenza del fatto che i nazisti avessero perseguitato i gay. E poi, una cosa e' saperlo in teoria, un'altra e' vedere un vecchietto con gli occhi lucidi (come nel bellissimo documentario Paragraph 175, realizzato tre anni fa da Jeffrey Friedman e Rob Epstein) che ti dice "questo e' successo a me" e ogni tanto resta muto davanti alla macchina da presa per qualche lunghissimo secondo per il dolore di ricordare. Integrare questi pezzi di memoria in quella collettiva e' un lavoro in gran parte ancora da fare, ma il fatto che negli ultimi anni le iniziative in questo senso si siano moltiplicate in molti paesi fa ben sperare. Anche in Italia, dove le persecuzioni furono meno cruente ma la memoria altrettanto difettosa che altrove, qualcosa si muove, come dimostrano diverse iniziative organizzate in questi giorni, oltre che a Trieste, a Bari e in altre citta'. 11. INCONTRI. IL 30 GENNAIO UNA COMMEMORAZIONE DI GANDHI A NARNI Per iniziativa dell'Istituto di istruzione superiore scientifica, magistrale e per geometri "Gandhi" di Narni (Tr), si svolgera' oggi con inizio alle ore 16 a Narni un convegno sul tema "La specificita' del messaggio di Gandhi e l'attualita' della nonviolenza". 12. INCONTRI. IL 31 GENNAIO UN INCONTRO CON ACHILLE OCCHETTO E ALI RASHID A CELLENO Si svolgera' nel pomeriggio di venerdi 31 gennaio a Celleno (Vt), presso il Centro comunitario, un incontro con Achille Occhetto ed Ali Rashid. Achille Occhetto, senatore, gia' segretario del Pci e del Pds, e' una delle figure piu' autorevoli della sinistra e della vita democratica italiana. Ali Rashid, primo segretario della delegazione palestinese in Italia, fine intellettuale di profonda cultura, conoscitore minuzioso degli aspetti storici, politici, economici e culturali della situazione nell'area mediorientale, esperto di questioni internazionali, ed anche acuto osservatore della vita italiana; e' figura di grande autorevolezza per rigore intellettuale e morale, ed e' una delle piu' qualificate voci della grande tradizione culturale laica palestinese; suoi scritti appaiono sovente nel nostro paese sui principali quotidiani democratici e sulle maggiori riviste di cultura e politica. 13. LUTTI. LA SCOMPARSA DI ONDINA PETEANI E DI GIANBATTISTA LAZAGNA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 gennaio 2003] Gennaio se li e' portati via, a pochi giorni di distanza. Ondina Peteani e Gianbattista Lazagna, partigiani. * Ondina Peteani era stata la prima staffetta pertigiana d'Italia, a diciott'anni. Nata a Trieste 77 anni fa, arrestata due volte nel '44 dai nazifascisti, fu deportata ad Auschwitz (marchiata col numero 81672). Riusci' a fuggire dalla prigionia durante una marcia di trasferimento nell'aprile del '45. Il lager le aveva irrimediabilmente segnato la salute, ma cio' non le impedi' un'intensa attivita' politica nel dopoguerra, dal circolo triestino degli Editori Riuniti al Circolo Ho Chi Min, fino alla segreteria dello Spi-Cgil. Ondina era anche un'abbonata storica del "Manifesto". * Gianbattista Lazagna e' stato una delle figure piu' importanti della Resistenza. Nato a Genova nel 1923, ci ha lasciato venerdi' scorso. I suoi primi contatti con il Pci clandestino risalgono all'estate del '42. Dopo l'8 settembre '43 costitui' la cellula universitaria del partito e nell'aprile del '44 sali' in montagna entrando a far parte della Brigata Garibaldi insediata a Cichero. Qualche mese dopo fu ferito gravemente durante un attacco a una colonna tedesca. Divenuto vicecomandante della Divisione Garibaldi Pinan-Cichero partecipo' a numerose azioni di guerra e a lui si arrese il 25 aprile del '45 la guarnigione tedesca di Tortona. Medaglia d'argento al valor militare, nel dopoguerra ricopri' vari incarichi nel Pci ligure e fu consigliere provinciale di Genova e comunale di Novi Ligure. Nel '74 venne arrestato con la falsa accusa di appartenenza alle Br, accusa che si smonto' in breve tempo. Oltre all'attivita' nell'Anpi, Lazagna scrisse numerosi libri sull'esperienza partigiana, da Ponte Rotto (1946) a Il caso del partigiano Pincher (scritto in carcere nel 1975). Era anche un amico del "Manifesto". 14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 15. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 492 del 30 gennaio 2003
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