un ricordo di pace



Perchè possa sempre rimanere in voi una speranza di pace.

Landini Gianfranco

Mio padre cantava, dietro al bancone, mentre sistemava la merce sugli scaffali, in bottega c’erano solo due uomini che giocavano a carte ad un tavolino in fondo , avevamo un negozio di generi alimentari e vino in Colcitrone, il quartiere piu' povero della citta', davanti alla bottega c’erano ancora le macerie dei bombardamenti. La guerra era finita da dieci anni ma ancora si vedevano i segni in molti punti di Arezzo, mio padre aveva comperato il negozio facendo tanti debiti, aveva quattro figli e una moglie da mantenere, pero' cantava. Dopo quello che aveva passato durante la guerra, anzi le guerre, perche' lui le aveva fatte tutte. L’Africa, la Grecia, La Jugoslavia e infine quasi tre lunghissimi anni di prigionia in vari campi di lavoro e di concentramento tedeschi, la vita ora gli sembrava facile e piena di speranza. Era stato sotto le armi per oltre nove anni , infatti io sono nato otto anni dopo mia sorella Livia ed ora la vita ricominciava, con fatica ma con speranza.

Io, avevo allora otto anni, finita la scuola aiutavo in bottega , e stavo proprio imbottigliando il vino quando li vidi entrare, erano una giovane coppia di circa trent’anni , biondi e alti, ben vestiti, non erano certo di Arezzo. Due stranieri, una cosa rara per Arezzo di quei tempi,ancora piu' rara in Colcitrone; si avvicinarono al bancone e chiesero qualcosa parlando un po’ di italiano stentato e altre parole incomprensibili, io mi avvicinai incuriosito, cercando di capire cosa dicessero e chi fossero , parlavano con un accento sconosciuto ma che stranamente mi sembrava di ricordare, mio padre quando mi raccontava della guerra usava spesso parole in tedesco per rendere i racconti piu' reali e drammatici: erano TEDESCHI!

Io ero nato nel dopoguerra e non li avevo mai visti, ma quanti racconti avevo sentito sui tedeschi, le storie di mia madre nell’Italia occupata, le storie di mio padre della guerra e della prigionia, a volte, alla fine di un racconto , diceva: "i tedeschi sono terribili", e ripeteva: "terribili!".

Cosi' guardavo ora la signora bionda e sorridente, ora il signore che cercava di farsi capire indicando il prosciutto o il formaggio e facendo gesti a mio padre che li guardava con uno strano sorriso sulle labbra , pensando a cosa avrebbe fatto a quei NEMICI!

A un certo punto il babbo si rivolse a loro sorridendo e gli disse in tedesco che potevano parlare nella loro lingua, lui li capiva e parlava tedesco.

I due visibilmente sollevati sorrisero e chiesero quello che gli serviva, fecero una bella spesa, comperando prodotti tipici e infine ormai a loro agio chiesero a mio padre come facesse a parlare il tedesco cosi' bene e se era stato a lavorare in Germania. Il babbo li guardo' e gli spiego' come e dove aveva imparato il tedesco: nei campi di concentramento! Gli fece i nomi delle citta' e dei campi dove era stato prigioniero. Parlava senza rancore, quasi sorridendo, a quei due ragazzi che lo ascoltavano smarriti, parlava calmo come se raccontasse di una cosa non accaduta a lui, oppure cosi' lontana che ormai non lo riguardava piu'.

I due giovani rimasero senza parole, quasi senza fiato, sentendo quei nomi e quei fatti che sicuramente avevano cercato di dimenticare, pagarono il conto e salutarono imbarazzati, con mio padre che cercava quasi di consolarli e infine li salutava. Uscirono senza dire altro, mortificati.

Io ero rimasto in silenzio a guardare quella scena, pensando che il babbo li avrebbe insultati , o avrebbe urlato loro tutto il suo odio per le sofferenze che aveva subito, non mi spiegavo la sua tranquillita', la sua assurda gentilezza!

Alla fine dissi: Babbo, ma quelli erano tedeschi! I tedeschi sono cattivi, sono "terribili"!

Mio padre si chino' verso di me , mi guardo' serio e disse: la guerra e' finita, non ci sono piu' nemici, solo uomini come noi!

Non ho dimenticato mai quelle parole, non solo mi aveva insegnato a non portare rancore, ma mi aveva dimostrato che tutto finisce e che tutto puo' ricominciare.



Auguro a tutti i figli dei paesi in guerra, ai Palestinesi e agli israeliani,agli Afgani ai russi agli americani, agli iracheni e agli slavi,ai vietnamiti ai popoli dell’Africa e delle Americhe , che il loro padre li guardi negli occhi e possa dire : la guerra e finita, non ci sono piu' nemici, solo uomini come noi!

Buon Natale

Gianfranco Landini