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Contributo alla giornata del dialogo cristiano-islamico
- Subject: Contributo alla giornata del dialogo cristiano-islamico
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 28 Nov 2002 18:30:03 +0100
Comunicato stampa Dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo, come contributo alla giornata del dialogo cristiano-islamico che si celebra il 29 novembre 2002. Pace a tutte e tutti. "Vittoria al mondo" (Vinoba). Un forte abbraccio, Centro di ricerca per la pace strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Viterbo, 28 novembre 2002 * * * SEVERINO VARDACAMPI: CINQUE PROPOSIZIONI PER LA GIORNATA DEL DIALOGO CRISTIANO-ISLAMICO, CHE VALGANO COME CONTRIBUTO DEL CENTRO DI RICERCA PER LA PACE DI VITERBO [Anticipiamo il testo dell'intervento che verra' presentato in occasione dell'incontro con cui il Centro di ricerca per la pace di Viterbo partecipa alla giornata del dialogo cristiano-islamico che si celebra il 29 novembre 2002] 1. Noi non credenti interpellati da Mose' Le religioni ci convocano al sentimento della comune umanita', cosi' come anche le altre grandi tradizioni che, con una certa approssimazione, vengono definite "laiche", e tra esse quella visione del mondo che viene chiamata "materialistica" ed alla quale persuaso da Lucrezio, Diderot e Leopardi io che qui parlo mi sento di dare il mio consentimento. Anche chi come me non ha sentito o colto la chiamata ad una fede religiosa, e tra le sue molte e varie convinzioni ovvero credenze non ha quella in un Dio personale, sempre si e' sentito interrogato, convocato, coinvolto particolarmente dalla fede e dalla proposta di Mose', che incessantemente torna a dirmi e chiedermi qualcosa che sento ineffabile e necessario, qualcosa di ineludibile - che afferisce all'esistenza, che afferisce al linguaggio, che afferisce a ogni fibra dell'essere mio e del mondo -. Ed interrogato, convocato, coinvolto mi sento dunque anche da tutte le tre grandi religioni del Libro, come da altre. L'ebraismo, il cristianesimo, l'islam, sono tradizioni che mi riguardano; ed ogni religione, in quanto asserzione ed evocazione e speranza di una "religio", di un legame tra gli esseri umani e tra essi ed il mondo, mi riguarda. Ci riguarda oserei dire tutte e tutti. E cosi' in questa giornata del dialogo cristiano-islamico, intesa come convivio delle culture, convivenza dell'umanita' nelle sue diverse articolazioni culturali e nella sua sostanziale unita', sento di essere anch'io convocato all'incontro, al dialogo, che e' logos condiviso, e che e' sempre dialogo tra diversi ed affini che si riconoscono tali e riconoscendosi diversi si riconoscono anche un'umanita' comune: uguaglianza e diversita' in un sinolo che di ambedue gli elementi ha bisogno per essere autentico e non alienato, e non oppressivo, fraterno e sororale. Ed insieme questo dialogo e' ascolto, ascolto dell'altro, e se e' ascolto sincero dell'altro esso e' quell'ascolto dell'altro che e' anche nel suo stesso darsi ascolto un farsi risposta, responsabilita': come ci hanno insegnato tra altre maestre e maestri grandi Simone Weil, Hannah Arendt, Emmanuel Levinas e Hans Jonas. 2. Noi figli delle figlie degli uomini (ovvero figli di Virginia Woolf) Ed in questo dialogo, in questo incontro, in questo convivio, forte e alto c'e' il sentire la nostra comune umanita' di nati di donna. E il nostro ascolto del discorso prezioso delle donne che a me maschio insegnano cose nuove e grandi, ed insieme "antiche come le montagne", e mi e ci convocano all'impegno di liberazione del nostro agire ma anche del nostro sentire e pensare (anche il sentire e pensare la metafisica, anche il sentire e pensare l'ontologia) dalle oppressive e violente e alienanti strutture concrete (storiche e politiche, sociali e culturali, ideologiche e mentali) dell'oppressione di genere; e dal cupo e feroce disconoscimento e denegazione della differenza sessuale, differenza sessuale che e' consustanziale al nostro essere esseri umani, e la cui rimozione e pretesa cancellazione ci dimidia e disquatra tutte e tutti, e' negazione di umanita' e brutale incrudire sull'altro e sull'altra ed infine ed insieme su se medesimi. Nel convivio delle differenze la cultura delle donne, il pensiero della differenza sessuale, recano bella e splendente una ricchezza preziosa per tutte e per tutti. Che questa giornata sia anche la giornata di questo incontro e di questa agnizione. Sia anche giornata di impegno a contrastare le strutture dell'oppressione patriarcale e maschilista che maculano e distorcono ancora fino al crimine e alla follia tante esperienze che pure alle tradizioni piu' alte dell'umanita' in cammino dichiarano di rifarsi in fedelta' e adempimento. Questo impegno contro l'oppressione patriarcale e maschilista che in quanto maschio io stesso sento di recare entro me e di dover entro me stesso combattere, credo vada elaborato ed espresso ed agito nell'ordine sociale e fin in quello giuridico, ma anche e innanzitutto nell'ordine simbolico e del linguaggio, e non vi e' dubbio che nel nesso linguaggio-cultura, e linguaggio-scritture (ed esegesi) per quanto decisivamente afferisce alle religioni, si appalesi come per molti versi effettualmente il linguaggio sia quella "casa dell'essere" di cui diceva un pensatore che fu forse uno dei nascosti e grandi teologi laici del Novecento, e scrisse cose di gran lunga piu' elevate della sua rovinosa empirica condotta quando - per dirla con fratel Jacopone da Todi - giunse al paragone. 3. "E' meglio essere in due che uno solo" (Qohelet, 4, 9) Qui di Giobbe e di Qohelet e del Cantico dei Cantici avrei voluto dire, ma bastera' questo: e' meglio essere in due che uno solo. L'essere insieme, il convivere, e' la nostra scelta, il compito nostro, la via e l'oasi. 4. Sul digiuno come esistenza e come figura, come resistenza e come ripetizione Disvela il digiuno il nostro consistere di esistenti, connotati dall'ex-sistere, l'essere-fuori, l'essere-esposti; ed il nostro consistere quindi di carenza e di scarsita', di assenza in presenza, di bisogno di cura. Il digiuno e' testimonianza: interrogazione radicale e volto nudo, domanda d'aiuto che aiuta ad aiutare. Ma dunque anche rivolgimento amoroso e suscitamente ed offerta del gesto soccorrevole (ugualmente soccorrevoli il chiedere e il dare, l'uno all'altro in circolo rinviando, insieme costruendo linguaggio e figura ed incontro e riconoscimento di umanita'). Figura altresi' del dono e del gratuito. Gesto che allude a un'umanita' fraterna e sororale, liberante e liberata: quella "internazionale futura umanita'" gia' compresente ogni volta che tu, proprio tu, compi l'azione giusta, fai la cosa buona. Apertura e ricerca, condivisione. E accostamento all'insegnamento che reca la nozione di processo chenotico, e apprensione meravigliata e meravigliosa di quanto narrato da quei concetti densissimi di shekhina' e di tzintzum. Ma anche, e ancora: resistenza all'inumano, e dell'umano ripetizione: nuova richiesta, nuova esperienza, nuova restituzione, e speranza - e speranza contro speranza - ancora. 5. Shalom - Salaam Che la pace sia su tutti: da tutte e tutti, a tutte e tutti e per tutte e tutti; quel tutti che, diceva Capitini, e' il plurale di tu. Che la pace venga come benedizione ed opera, riposo ed agire, contemplazione e cammino, frutto e sogno, che adempie, convoca, e' via che apre vie alla nostra comune ricerca di senso e di felicita' condivisa. La pace e' l'incontro. L'incontro e' festa. La festa e' riconoscimento di umanita'. Ha scritto Umberto Saba, il poeta dal nome di nutrice e dalla poesia buona e fragrante come pane: "Esser uomo tra gli umani / io non so piu' dolce cosa". In queste ore venendo dal digiuno, in queste ore muovendo verso la condivisione del pane frutto della benignita' della natura e del lavoro umano, a tutte e tutti giunga, sorelle e fratelli, un saluto di pace. * * *
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