Sulla sentenza di Perugia



Comunicato stampa

SULLA SENTENZA DI PERUGIA

Vi inviamo come anticipazione un articolo che comparira' nel numero di
domani del notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" a
firma del direttore del notiziario e responsabile del Centro di ricerca per
la pace di Viterbo, Peppe Sini.

Centro di ricerca per la pace di Viterbo
strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo
tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Viterbo, 21 novembre 2002

* * *

PEPPE SINI: SULLA SENTENZA DI PERUGIA
Devo fare una premessa: non sono un patito degli atti giudiziari, scritti
perlopiu' malissimo e al limite dell'intelligibilita'; potendo scegliere,
passerei il mio tempo a leggere i lirici e i tragici greci, con Dante e
Cervantes, Leopardi e Kafka, Hannah Arendt e Simone Weil. Ma, come a tutti,
anche a me sono capitati da vivere tempi corruschi di armi e di stragi. E
qui finisce il prologo.
*
Avevo letto la motivazione della sentenza di primo grado del processo di
Perugia: la mia opinione e' che si poteva arrivare a una condanna di
Andreotti.
Avevo letto la domanda di autorizzazione a procedere inviata dalla Procura
al Senato: la mia opinione e' che si poteva arrivare a una condanna di
Andreotti.
Ho letto anche i libri sull'argomento della morte di Pecorelli usciti anni
fa, lavori giornalistici ma non disprezzabili: la mia opinione e' che si
poteva arrivare a una condanna di Andreotti.
E ho letto anche la raccolta degli scritti di Pecorelli pubblicati da Franca
Mangiavacca in Memoriale Pecorelli dalla Andreotti alla Zeta, due volumoni
per piu' di mille pagine: la mia opinione e' che si poteva arrivare a una
condanna di Andreotti.
Ma ho letto anche i fascicoli originali di intere annate di "OP" (per un
colpo di fortuna diversi anni fa ne trovai una copia rilegata grazie a un
amico rivenditore di libri usati): la mia opinione e' che si poteva arrivare
a una condanna di Andreotti.
*
Ho letto anche la memoria della Procura di Palermo alla base del processo
sui rapporti tra Andreotti e la mafia (e' stata pubblicata, e merito gliene
sia reso, dall'editore Pironti, in un volume di quasi mille pagine): la mia
opinione e' che si poteva arrivare a una condanna di Andreotti.
Ho letto anche diversi dei molti libri, scritti perlopiu' da giornalisti, ma
anche da studiosi e personalita' autorevolissime, sulle vicende oggetto del
processo di Palermo: la mia opinione e' che si poteva arrivare a una
condanna di Andreotti.
E ho letto anche le opere - fondamentali - di Umberto Santino e i lavori -
fondamentali - della Commissione parlamentare antimafia quando la
presiedette Luciano Violante: la mia opinione e' che si poteva arrivare a
una condanna di Andreotti.
*
E fin qui sto parlando di letture.
Ma non sono solo un lettore. Sono da molti anni un militante politico
impegnato contro i poteri criminali e il regime della corruzione, e vivo in
un luogo molto lontano dalla Sicilia, ma contrastare la mafia e i suoi
complici e' necessario anche qui nell'alto Lazio.
E sono stato per molti anni un pubblico amministratore impegnato contro la
mafia, in un luogo molto lontano dalla Sicilia, ma contrastare la mafia e i
suoi complici e' necessario anche qui nell'alto Lazio.
E sono stato per molti anni uno degli animatori del principale settimanale
d'informazione di Viterbo impegnato contro la mafia, in un luogo molto
lontano dalla Sicilia, ma contrastare la mafia e i suoi complici e'
necessario anche qui nell'alto Lazio.
E questa esperienza mi ha condotto ad una convinzione che credo di avere
documentato in molti interventi, esposti, pubblicazioni, lungo migliaia di
pagine che ho scritto: che il sistema di potere andreottiano ha favorito la
penetrazione mafiosa anche nell'alto Lazio. Significhera' pur qualcosa che
il boss Pippo Calo' per anni durante la sua latitanza abbia abitato nel
viterbese; e che Gaspare Mutolo sia arrestato a Montalto di Castro, in
provincia di Viterbo (e non la faccio piu' lunga qui, rinviando al mio
"Sistema di potere andreottiano e penetrazione dei poteri criminali a
Viterbo" riportato integralmente in questo stesso notiziario qualche giorno
fa, nel n. 421 del 20 novembre).
Il capo degli andreottiani viterbesi, Rodolfo Gigli, ora deputato di Forza
Italia, volle querelare per diffamazione molti anni or sono un mio articolo
dal titolo "La mafia a Viterbo", e mal gliene incolse: io venni assolto, nei
miei confronti lui usci' duramente sconfitto in tribunale. Fa parte dei
paradossi di questo paese che io abbia vinto il processo, che la
magistratura mi abbia dato ragione, e che il capo degli andreottiani
viterbesi (uno dei massimi capi della DC a livello regionale, all'epoca
presidente della Regione Lazio e segretario regionale della DC, e parliamo
della regione al cui interno si trova Roma) sconfitto e smascherato in
tribunale abbia potuto continuare la sua carriera politica e progredirvi
fino al parlamento.
*
Sono contrario all'istituto del carcere; cosi' come l'umanita' ha saputo
superare altre forme penali piu' crudeli, penso che un ulteriore
miglioramento della civilta' umana portera' anche al superamento del
carcere. Ma sono favorevole al fatto che i delitti siano denunciati,
giudicati, sanzionati.
Non sono un perdonatore per conto terzi, e provo ripugnanza per chi si
dichiara tale; credo che il perdono sia una prerogativa esclusivamente delle
vittime: solo la vittima puo' perdonare, se vuole, il suo carnefice; ma
quando le vittime sono state assassinate, gli assassini non possono piu'
essere perdonati da alcuno. Per questo chi ha eseguito o promosso o
giustificato o contribuito a uccisioni da se stesso si e' privato della
possibilita' di poter essere un giorno perdonato.
Non sono un giudice, non sta a me emettere sentenze. Ma sono un essere
umano, e per avventura un cittadino italiano, e so che la mia parola ha un
valore; e la mia opinione e' questa: che la sentenza emessa dalla corte
d'appello di Perugia in relazione all'imputato Andreotti vada rispettata.
E che quanti in questi giorni si sbracciano in favore di Andreotti, col loro
sbracciarsi dimostrano una cosa soltanto: una cosa che non scrivero' qui, poiche' tutti i gentili lettori e le gentili lettrici di queste righe l'hanno
gia' pensata da se'.
E adesso che cali il sipario.

* * *