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Movimento di Cunegonda - Newsletter n.7
- Subject: Movimento di Cunegonda - Newsletter n.7
- From: Il Movimento di Cunegonda <movimento_cunegonda at hotmail.com>
- Date: Wed, 25 Sep 2002 09:32:54 +0200
Critica del consumo per la democrazia Missione attuale: la fine del monopolio dell'informazione televisiva http://www.cunegonda.info Newsletter n.7, 24 settembre 2002 "La gente ha cominciato a manifestare sensibilità in proposito e le aziende produttrici si sono adeguate. Tutti continueremmo a essere ottimi consumatori, tranne che saremmo consumatori selettivi; il che è indice di maturità e motore di sviluppo economico. A nuove forme di governo, nuove forme di risposta politica. Questa s" che sarebbe opposizione. Vediamo quanti italiani si sentono di farla. Altrimenti la smettano di lamentarsi, e si tengano il monopolio dell'informazione." Umbero Eco, Lo sciopero dei consumatori della pasta Cunegonda, La repubblica, 20 aprile 2002. http://www.repubblica.it/online/politica/econsumo/econsumo/econsumo.html Roma, 14 settembre 2002, piazza San Giovanni L'appuntamento è a casa di Patrizia che abita a due passi da piazza San Giovanni: il suo accento perugino ci accoglie, ci inonda di ospitalità e di buon vino. Alla spicciolata arrivano tutti. Ci aspetta un pranzo veloce insieme e poi via, alla manifestazione. C'è Lorena, detta la zingara, di Milano, intenta a leggere le nostre mani, le rughe dei nostri palmi aspettano di essere decifrate, il suo sguardo si fa scuro alle volte e allora gli interroganti ritirano la mano che poco prima le avevano frettolosamente sottoposto; arriva Cristina e con lei un vassoio di cotolette, il suo sorriso ci riempie di buon umore e di amore filiale, la sua bellezza fa calare il silenzio nella casa ma è solo un momento, poi ci ricordiamo delle cotolette; ecco Pier Giorgio, una faccia da duro che sorride sempre, la battuta sempre pronta, solo a pochi privilegiati rivelerà il segreto della giusta dose di peperoncino da mettere sull'amatriciana, un vero punto di r! iferimento; Roberto, arrivato da tempo, ci ricorda il giovane Blasco, la somiglianza è incredibile, tutti noi speriamo che anche oggi vada al massimo, come sempre è instancabile, corteggiatore professionista; con Gianni poco più tardi giunge Valeria: lei ha un piede rotto e la gamba ingessata ma voleva esserci, più che una donna un marine dei corpi d'assalto, già ce la immaginiamo immortalata nella prima pagina del Manifesto, lei che in posa risorgimentale scaglia eroicamente la stampella contro il nemico, è anche una delle migliori percussioniste oggi in circolazione (nel senso ancora a piede libero...), qualcuno tenterà di sottrargli il tamburello ma inutilmente; per fortuna c'è Umberto, lui un tamburello lo sa trasformare in una batteria e Tullio de Piscopo si materializza in un paio di mani; c'è anche Michele, il giornalista, che con la sua telecamera documenta, è lui che inizia a parlare di Sessantotto, di Genova, dei movimenti, lui parla, gli altri mangiano e annuiscono. E' ora, si va. Più ci avviciniamo alla piazza, più i rivoli umani si fanno torrenti e poi fiumi, di voci, di emozioni, di speranza, di musica. Incontriamo Renato e Gianna, teorici dello stornello e della caciara, Renato esibisce una fisionomia a tratti morettiana, temiamo che Paolo Flores D'Arcais ce lo porti via. Con noi ci sono due o tre organettisti, innumerevoli percussionisti, molti cantano. Arriviamo in piazza, si forma il cerchio, la musica inizia, senza regole, prima una tarantella, poi un'altra, la gente danza, poi "Oh Bella Ciao", e la gente canta, tutta. Oh come canta, con il cuore in gola, con tutto il fiato che ha, senza il pugno alzato, ma alcuni tenendosi per mano. Passano delle telecamere, si fermano a riprenderci, lo sguardo cerca l'adesivo, Rai Uno, Due, Canale 5? Nessun adesivo, qualcuno dirà poi che erano le telecamere dei giornalisti di Sciuscià che hanno realizzato gratuitamente per l'occasione un servizio speciale andato in onda per ora solo su alcune televisioni private. Patrizia, Umberto e Gianni esauriscono migliaia di volantini Cunegonda in poco più di un'ora, in alcuni momenti la gente viene ad esigerli, con la mano tesa e un sorriso. Un ragazzo sulla sessantina ci aiuta ripetutamente a distribuirli, ogni volta torna con lo sguardo felice e ci dice "li ho finiti! ne hai ancora?". Chi entra a San Giovanni da piazzale Appio trova una festa di musica, di gente che danza e che ha solo voglia di sentire che l'Italia è anche questa, quella delle piccole cose, della semplicità, e di chi ha voglia di pensare che la vita non sta soltanto nel monopolio dei tubi catodici, ma anche nei cuori e nelle speranze di tanti, tantissimi italiani. Un milione, qualcuno sosterrà. Gli interventi dal palco si susseguono tra scrosci oceanici di applausi: Moretti (http://spazioinwind.libero.it/comoce/nonperdiamocidivista.htm - leggi il suo discorso), Strada, Arcais, infiammano la piazza. S'infiamma il tramonto romano che fa da quinta alle ultime note della Mannoia, De Gregori, Barbarossa. La gente se ne va. Sorride. Questa, in poche parole, la cronaca di una giornata da ricordare. Sciuscià in mezzo a una strada Quest'autunno, dunque, non ci sarà un programma televisivo capace di dare voce a chi sciopera, a chi è in lotta per un contratto di lavoro, ai giovani che cercano di uscire dalla morsa della precarietà. Cos" ha decretato la Rai di Baldassarre. Allo stesso modo, se ci sarà una guerra, se, sciaguratamente, il governo di Washington dovesse sfidare il resto del mondo e avviare un nuovo capitolo dell'Enduring Freedom, a dispetto delle perplessità di tutti e di almeno mezza America, dovremo accontentarci dei Tg del monopolio, e di dibattiti improvvisati. Per queste ragioni non dobbiamo allora rassegnarci. Nella vicenda di "Sciuscià" è in gioco qualcosa di più: lo diciamo con il meno possibile di enfasi retorica, è in gioco la sorte dell'informazione, la sua qualità, la sua credibilità. Ma l'informazione, appunto, non è oggi una parte decisiva della qualit! à democratica di un Paese? Negli Stati Uniti vi sono voci fortemente contrastanti con le politiche del governo Bush, e proprio in questi giorni, ad esempio, stanno affermando tutta l'insensatezza e l'inopportunità di una guerra contro l'Iraq. Ma negli USA mai nessuno ha messo in discussione tale libertà di critica, di opinione, nonostante questo paese stia attraversando una delle crisi più gravi della sua storia. E in Italia? La libertà di opinione e di cronaca non piace a questo governo e trasmissioni come "Sciuscià" o "Il fatto" sono state semplicemente oscurate. La battaglia di "Sciuscià", nei suoi diversi aspetti giuridici, politici, culturali, è dunque anche nostra. Si sta facendo avanti anche l'idea di ricorrere alle Corti internazionali di giustizia. E, intanto, i giornalisti del gruppo di Santoro, ricominciano il loro lavoro di informazione da dove si trovano attualmente: dalla strada. L'undi! ci settembre a Roma, alla festa nazionale di Liberazione, Santoro ha condotto una puntata virtuale, in piazza, per discutere di guerra e di politica, e per la manifestazione del 14 settembre è stata organizzata l'operazione Voltaire. La redazione del programma appena eliminato dai palinsesti RAI, ha infatti realizzato durante la manifestazione in Piazza San Giovanni un reportage chiamato "Operazione Voltaire". Con la collaborazione di operatori, montatori e tecnici attualmente senza contratto, i giornalisti di Sciuscià erano in piazza con cinque telecamere per documentare la giornata. Per ora il reportage è stato trasmesso da 15 emittenti televisive private locali, ma sabato 28 settembre la videocassetta del reportage sarà distribuita assieme al quotidiano L'Unità. Per maggiori informazioni: Sandro Ruotolo (redazione Sciuscià) e-mail: <mailto:s.ruotolo at rai.it>s.ruotolo at rai.it Prove tecniche d'impunità: l'appello a Ciampi Al termine di un convegno dell'Associazione Nazionale Magistrati sale in cattedra l'attore Marco Paolini e mette in scena il processo penale secondo il ddl Cirami: continue remissioni alla Corte di Cassazione, sospensioni dei termini di custodia cautelare e interminabili sfilze di testimoni da riascoltare. "E' un processo che si riferisce a un futuro prossimo. Quanto prossimo...". Ha esordito cos", accompagnandosi con un gesto eloquente, l'attore Marco Paolini - già interprete di successo dei monologhi "Il racconto del Vajont" e "Canto per Ustica" - che ha poi scherzato sulla possibilità che un giorno o l'altro una legge introduca spot pubblicitari nelle udienze, uno spazio rimasto ancora "incredibilmente" immune dalle logiche del marketing. Paolini immagina l'introduzione di "pubblicità infratestimoniale" nelle udienze: "Sarebbe un modo per mettere a profitto l'enorme quantità di tempo destina! ta al processo penale (con le nuove norme)". Gli spot possibili? Per esempio "MacTrial Simulator, fatti il processo in casa come vuoi tu, scopri in anticipo le mosse del pm. Non solo un gioco ma anche uno strumento per la tua azienda", e la sala affollata ride per il sottinteso. E' l'Associazione Nazionale Magistrati che ha chiesto a Paolini di interpretare una simulazione processuale preparata da Guglielmo Leo, magistrato di Cassazione, e Giuliano Turone, procuratore aggiunto di Milano, che hanno immaginato un'aula di tribunale chiamata a fare i conti con la Cirami ormai approvata. "Ma in questo modo, quando facevo il pubblico ministero a Palermo, in ogni processo per mafia avrei dovuto dimostrare da capo l'esistenza di Cosa Nostra...", è il significativo commento messo in bocca al PM immaginario alla richiesta avanzata dal difensore di riascoltare oltre cento testimoni già sentiti in un altro processo terminato con una sentenza passata in giudicato. Messo in ! luce dalla simulazione, oltre alla formazione della prova, anche il dispendio di tempo che favorirebbe la scadenza dei termini di custodia cautelare e quindi la scarcerazione dell'imputato. Se da una parte, infatti, la custodia cautelare verrebbe sospesa a ogni richiesta di rimessione in Cassazione, dall'altra fra la decisione della Suprema Corte e la ripresa del processo passerebbe tempo prezioso durante il quale, intanto, riprenderebbe la decorrenza dei termini. Qualora il ddl Cirami dovesse superare l'esame parlamentare, non potremo far altro che confidare in un atto responsabile e coscienzioso del nostro Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, affinché non firmi la legge. Quanti di noi credono che la giustizia debba essere uguale per tutti, sono invitati a comunicarlo al Presidente Ciampi, semplicemente cliccando qui o visitando il seguente url: http://www.cunegonda.info/appello cirami.htm. Grazie a tutti. Homo Videns. Come la Tv ci cambia Siamo in piena mutazione genetica. Video-viviamo. Concepiamo ed alleviamo video-bambini. Sembra l'incipit di una sceneggiatura per un film di fantascienza ma non siamo molto lontani dalla è realtà. E' la realtà tratteggiata da Giovanni Sartori, uno dei protagonisti del dibattito culturale italiano. Il professore toscano, che ha insegnato all'Università di Firenze ed alla Columbia University di New York, analizza in Homo videns, con una certa preoccupazione, la trasformazione dell'Homo sapiens, nato con la diffusione della stampa, in Homo videns. Nella nostra società si va affermando il primato dell'immagine: il visibile prevale sull'intelligibile; la capacità di astrarre, di capire e dunque di distinguere tra vero e falso è oramai atrofizzata. Una mutazione nei nostri pattern cognitivi che si traduce in una antropogenesi potenziale e che radica la sua realizzazione nel televed! ere, e nel suo strumento d'elezione: la televisione. E' lei che distrugge più sapere di quanto ne produca. E' lei che annienta la capacità simbolica dell'uomo - quel processo, in altre parole, grazie al quale l'essere umano comunica articolando suoni e segni "significanti"- e lo riavvicina ad una condizione subumana. La nascita della televisione è stata acclamata come una nuova grande scoperta, ma questo per Sartori non è il progresso, semplicemente è il suo contrario. "Sapere per immagini" - ci dice - non è democratico, come tanti sostengono: "sapere per immagini" non diffonde cultura, ne erode piuttosto le premesse. La televisione omogeneizza gli usi e le mode, ma allo stesso tempo, ci rinchiude in piccoli villaggi in conflitto tra loro. La quantità schiaccia sempre più la qualità. E se per un attimo ci illudiamo di essere liberi cittadini che vivono in un libero mercato, è solo perché ci dimentic! hiamo che i clienti della TV non siamo noi, ma le aziende che comprano gli spazi pubblicitari. Che la televisione informi, non vi sono dubbi. Ma informazione non è conoscenza. La TV, più precisamente, è pseudo-informazione perché riduce tutto alla sintesi più estrema, e disinforma, perché provoca la distorsione dell'informazione. Eppure la prima scuola dei nostri figli, è proprio lei: eccoci allora di fronte a video-bambini che non leggono, che si esprimono con un "linguaggio brodaglia", che vivono in una "melassa mentale" e saranno per sempre predisposti al gioco. La prospettiva per il futuro è ancora peggiore: il bambino multimedializzato di domani avrà un io disintegrato, disfatto in personalità multiple e quindi nevrotico. I genitori dovrebbero correre ai ripari ma, purtroppo, non costituiscono più una struttura di autorità: sono anch'essi ex video-bambini. Continuiamo a parlare di! televisione, ma la televisione è già obsoleta. Il new media per eccellenza è oramai Internet. Fonte inesauribile di conoscenza che non sostituirà mai, comunque, il libro. I veri studiosi - ci suggerisce Giovanni Sartori - accederanno alla rete solamente per avere alcune integrazioni ai loro studi; i giovani, invece, se ne serviranno solo per giocare: non avendo la capacità astraente che è stata tolta loro dalla televisione, non ne sapranno fare uso diverso. Che futuro ci riserverà, allora, questa tecnologia che ha sottomesso il suo inventore? Vivremo in una solitudine elettronica, in una tecnopoli digitale gestita da tecno-cervelli superdotati che daranno vita ad una tecnocrazia totalitaria. L'unica salvezza dal post-pensiero è la difesa delle letture e di tutta la cultura scritta. Questo potrebbe essere proprio il uno dei tanti motivi per leggere il saggio di Sartori. Giovanni Sartori, Homo videns, Bari,! Laterza, 2000. Un Portofranco per le idee Quando ci si occupa del monopolio dell'informazione non si può fare a meno di pensare al panorama dell'editoria italiana, dominato da potenti case editrici che dettano i temi culturali del momento, sanciscono la loro idea di letterarietà, portano alla ribalta del mercato nuovi autori e di altri ne adombrano la memoria. Inutile ricordare che la proprietà di molte di queste case editrici è in mano all'attuale presidente del Consiglio. Nasce pertanto la necessità, prima di tutto culturale, di costruire, ri-costruire, luoghi del libro e del pensiero che siano alieni a un sistema editoriale (e quando si parla di sistema editoriale si pensi anche ai canali e alle logiche della distribuzione) che appare sempre più spesso, salvo rare eccezioni, asfittico, ripetitivo, preoccupato di rincorrere i ritmi e i profitti promessi dal marketing mediatico. Per dirla alla Sartori, noi video-leggiamo: molti dei best-! seller delle ultime stagioni sono testi che derivano o hanno ricevuto una proiezione e un'amplificazione mediatiche attraverso il mezzo televisivo (si pensi ai libri di Vespa, a Montalbano, ai libri sull'undici settembre). La casa editrice Portofranco si sta affermando in questi ultimi anni come un luogo "altro" rispetto al panorama appena descritto. Il marchio forte (un arcipelago sormontato da una palma) vuole suggerire proprio questa idea, ma senza l'ingenuità del Paradiso Terrestre, uguale a se stesso ma capace di mutare ad ogni nuova copertina. E "altra" si può definire anche la modalità che Portofranco ha scelto per presentare le sue novità e i suoi autori. Fin dall'uscita dei primi titoli, la casa editrice ha stabilito un rapporto immediato ed estroverso col suo pubblico. Le presentazioni delle novità, infatti, sono costruite come dei piccoli spettacoli nei quali alcuni attori di ottimo livello, coordinati da Albe! rto Gozzi, danno vita a velocissimi collage verbali che coinvolgono gli spettatori (e potenziali lettori) in un rapporto diretto e giocoso con la letteratura. Fino ad ora gli autori sono stati contenti di questa rielaborazione delle loro opere. Anche il pubblico ha mostrato di gradire questi spettacoli fatti di niente, che sostituiscono l'ormai improponibile presentazione con critico, autore e domande al pubblico. Quindi: la scrittura e le tematiche al centro di un'idea di libro inteso come oggetto plasmabile, "sceneggiabile", vivo. Tra gli autori pubblicati, dove troviamo scrittori esordienti ed affermati, desideriamo segnalare Muin Madih Masri (Pronto ci sei ancora? Quello che i giornali e le tv non vi possono raccontare da Nablus). Un interessante esperimento narrativo che tratteggia la drammatica realtà dei territori autonomi palestinesi alternando le precarie conversazioni telefoniche, a volte drammatiche, a volte laconicamente serene, che l'auto! re intrattiene con sua madre che vive a Nablus, a brevi affreschi narrativi, lampi di storia quotidiana di una tragedia che sembra senza fine. Oggi, quando il sistema mediatico sembra istericamente concentrato sulla prossima guerra americana, ecco una voce che ci restituisce, da una prospettiva quasi naturalistica, uno sguardo alternativo a quello che ci viene proposto, imposto, dall'informazione televisiva. Per maggiori informazioni: www.portofrancoeditori.it Ponte? Quale ponte, scusi? Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, in data 10 ottobre 1997, ha dato parere favorevole alla costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina. Da quel momento l'argomento è sparito dai telegiornali, dai quotidiani, i movimenti e le associazioni spontanee di cittadini che si sono costituiti per opporsi al progetto sono cadute nel cono d'ombra dell'indifferenza dei media, ancora di più oggi in pieno monopolio televisivo. Sembra quasi che al ponte si voglia lavorare "in immersione", arrivando silenziosamente ad un punto di non ritorno. A parte rare eccezioni, come una recente puntata di Report (una delle poche voci fuori dal coro) andata in onda il 24 settembre 2002, il ponte sullo Stretto non attrae l'interesse degli organi di informazione. Eppure i motivi per noi cittadini di essere informati ci sarebbero tutti: è stata richiesta la procedura di urgenza per la sua costruzione, è uno dei pon! ti più colossali finora progettati, è un'opera che richiederà (e ha già richiesto per gli studi di fattibilità) un'immane quantità di denaro che saremo noi cittadini a sborsare con le tasse e con i pedaggi che non si annunciano popolari, è un'opera che per le sue dimensioni e la sua localizzazione non può non avere un forte impatto sull'ambiente marino dello Stretto. Ma gli italiani e gli europei, che sono in definitiva i veri destinatari del progetto, sono tenuti all'oscuro di tutto. Il fatto è che se oscure e inquietantemente taciute sono le motivazioni per cui il ponte dovrebbe essere costruito, al contrario sono chiare e argomentate, spesso supportate da dati scientifici, molte delle ragioni per cui il ponte non dovrebbe essere realizzato. Dal punto di vista economico-finanziario il costo totale dell'opera supera 5 miliardi di Euro (10.000 miliardi di lire) a cui vanno a sommarsi i 200 miliardi già spesi per gli studi di progettazione e di fattibilità Nella previsione di una partecipazione pubblico-privata all'impresa, il recupero di tali costi avverrebbe attraverso il pedaggio di attraversamento. Nell'ipotesi più ottimistica e fissando prezzi di poco inferiori a quelli del traghettamento, si rientrerebbe in oltre 100 anni soltanto del 50%. Il restante 50% (2,5 miliardi di Euro) graverebbe interamente sul bilancio dello Stato, impedendo di fatto la possibilità di investire in altre infrastrutture e servizi destinati allo sviluppo reale della Sicilia (e del Sud in generale). Le regioni coinvolte dal progetto necessitano invece già oggi di interventi infrastrutturali di fondamentale importanza che dovrebbero interessare la rete idrica, quella ferroviaria e quella stradal! e. Come se non bastasse, la cifra finora spesa per il progetto continua a salire visto che dall'11 giugno del 1981 è stata costituita la Stretto di Messina S.p.A. (definita "concessionaria di Stato") con un capitale sociale ripartito tra IRI, ANAS, Ferrovie dello Stato e Regioni Sicilia e Calabria; tutti enti pubblici e società già di proprietà dello Stato ora in via di contestata e parziale privatizzazione. Chi paga per l'ordinaria amministrazione di questa società che esiste da vent'anni anche se il ponte non si dovesse mai fare? Direttamente o indirettamente paga sempre lo Stato italiano, cioè noi. Le caratteristiche geomorfologiche del territorio dello Stretto (zona sismica, forti venti, faglie aperte) pongono seri dubbi sulla sicurezza dell'opera (i forti venti sullo Stretto rischiano di limitare l'agibilità del ponte ad un terzo dei giorni dell'anno). Ma è il rischio sismico a preoccupare di più gli esperti, come confermato in una recente intervista da Antonio Moretti, docente di Geologia Regionale all'Università della Calabria: "E' come scoprire l'acqua calda, dopo il terribile terremoto che nel 1908 distrusse Messina. Ma l'area è anche soggetta ad un movimento lento relativo tra le due rive di qualche metro ogni secolo, cui si deve eventualmente sommare uno scorrimento improvviso in caso di terremoto. E' probabile, viste le infinite risorse degli ingegneri che queste difficoltà siano tecnicamente superabili, ma non so se lo sarebbero altrettanto dal punto di vista psicologico per gli utenti". Tale opera è in piena contraddizione con il concetto di mobilità e trasporto sostenibile soprattutto in realtà (Sicilia e Calabria) caratterizzate dalla mancanza di reti viarie, ferroviarie e marittime che si possano considerare adeguate alle esigenze del territorio (la Sicilia, in particolare, è l'unica regione a non avere un Piano regionale dei trasporti e, pur essendo un'isola, non ha un Piano dei porti). Nessun aeroporto dell'isola è attrezzato per l'atterraggio di voli internazionali. Inoltre, gli sforzi attualmente prodigati per razionalizzare il sistema del trasporto merci in Sicilia, sarebbero vanificati e contraddetti dalla costruzione del ponte. Cosa succederebbe al porto di Messina e al collegato porto di Milazzo che paradossalmente sono in espansione? A Messina il traffico maggiore è di traghetti: Un milione di autotreni trasportati ogni anno, due milioni e mezzo di auto, 13 milioni di turisti e 200.000 turisti per! le isole Eolie. Il porto di Milazzo è collegato da 25 chilometri di autostrada al porto di Messina e le Ferrovie stanno realizzando un collegamento che ridurrà il tempo a dodici minuti di percorrenza. Una sinergia tra i due porti consentirà di realizzare un sistema portuale sulle due sponde della Sicilia, in modo da attrarre traffico dal Tirreno e dall'Adriatico. Con il ponte, Reggio Calabria e Messina scomparirebbero trasformandosi in luoghi di transito ancor più di quanto non lo siano già oggi. Il costo totale dell'opera lieviterebbe a 40/50 miliardi di euro (100.000 miliardi delle vecchie lire) a causa delle infrastrutture di contorno, essenziali e indispensabili. Forse i raccordi per le auto saranno più facili, ma per portare la ferrovia ai cento metri di altitudine del ponte (visto che i treni non possono superare certe pendenze), dalla parte calabrese bisognerebbe allargare i lavori a 40 chilometri prima dell'inizio del Ponte. Con i costi conseguenti. Non dimentichiamoci, infine, che interi paesi verrebbero spazzati via dal previsto sistema di tangenziali e circonvallazioni. Dal punto di vista della fattibilità, sembrerebbe anche che i soldi spesi finora siano stati letteralmente buttati al vento. Molti degli ingegneri coinvolti nel progetto sembrerebbero confermare che il ponte non si farà mai. Perché? Semplicemente perché non si può fare: Nel mondo non esistono ponti sospesi di lunghezza superiore ai due chilometri, figuriamoci lunghi 3,2. Una ragione tecnica è che i cavi in acciaio più resistenti, oggi usati anche per i ponti autostradali, hanno un limite di rottura di 500 kg per mmq: questo non basta per il Ponte di Messina. Non solo, ma con il Ponte dovrebbero rimanere in servizio a tempo pieno anche gli attuali traghetti, per l'emergenza di una struttura estremamente vulnerabile (vento, attentati, terremoti, manifestazioni di protesta che lo bloccherebbero facilmente). Per non fare la figura dei soliti idealisti, trattiamo il punto di vista ambientale come ultimo. Non è stato adeguatamente considerato il grave impatto dell'opera sull'ambiente marino dello Stretto, le cui peculiarità uniche rendono imprescindibile la salvaguardia di molte specie animali - alcune anche a rischio d'estinzione e particolarmente protette da direttive comunitarie e da convenzioni internazionali - e vegetali che qui hanno creato una vera oasi nel Mediterraneo, particolarissima e unica nel suo genere. Lo Stretto è una delle aree "chiave" in Europa, assieme al Bosforo e allo Stretto di Gibilterra, per la migrazione di uccelli in primavera. Mentre negli altri due stretti i volatili sono protetti da oltre venti anni, dicono al WWF, e raccolgono un turismo verde fatto di centinaia di appassionati e ornitologi che arrivano da tutto il mondo, quello di Messina è patria del bracconaggio contro il quale inutilmente si combatte! . Oggi il bracconaggio; domani, con il Ponte? Sarebbe un'opera di regime, afferma Fulco Pratesi, Presidente del WWF Italia: "La rete generale dei trasporti nel meridione è un deserto assoluto. Il Ponte mi darebbe l'impressione di uno quei negozi con splendide vetrine che nascondono all'interno poco più che uno sgabuzzino. Poi l'offesa al paesaggio sarebbe enorme, a causa in primo luogo delle devastanti "opere di appoggio", specie quelle ferroviarie". In definitiva, dietro all'attrattiva della "grande opera", dietro al fascino seducente di quello che potrebbe essere il ponte sospeso più lungo del mondo, oltre al desiderio di lasciare un segno nella storia da parte di alcuni uomini pubblici, si celano ragioni che sarebbero sufficienti fin da ora ad abbandonare l'idea di un ponte e a ricercare soluzioni alternative realizzabili e molto più economiche (come ad esempio l'ammodernamento delle navi traghetto oramai vecchie dai 16 ai 32 anni). Ma ciò non avverrà. Prepariamoci allora ad un'altra battaglia contro il consumo, di risorse, di ambiente, di territorio, battaglia alla quale tutti gli italiani e gli europei che amano il Bel Paese saranno chiamati a contribuire. No logo sulla lettura. L'iniziativa LiberGNU E' da anni che lo va ripetendo: il software non deve essere soggetto a monopoli e deve essere libero. Richard Stallman è a capo del progetto GNU (Gnu's not Unix), il cui proposito è proprio quello di trovare una piattaforma comune e aperta a tutti sulla quale costruire i software del futuro (il progetto è noto come Linux, o più precisamente come GNU/Linux). Il problema del monopolio dei software non riguarda esclusivamente l'ambito delle tecnologie, ma con il passare degli anni e con l'affermazione del personal computer come strumento d'uso quotidiano, andrà ad intaccare molte delle attuali sfere di libertà dell'agire umano. Un esempio può essere quello della lettura dei libri. Il libro elettronico, l'e-Book, sta per affermarsi in un prossimo futuro come una delle più grandi rivoluzioni nel mondo dell'editoria: il libro si potrà scaricare dalla rete per poi essere letto, una v! olta elaborato da un software di visualizzazione. E' dunque pensabile che l'accesso ai libri e ad un'attività prettamente umana come la lettura possano essere regolati da chi detiene il monopolio degli editor e browser per la visualizzazione dei testi in formato e-Book? Un'eventualità di questo genere prospetterebbe una società nella quale la libertà di lettura sarebbe irrimediabilmente minata alla base, realtà simile a quella descritta dal romanzo Fahrenheit 451 di Ray Bradbury. All'interno della comunità Internet si è discusso molto a proposito del formato e-Book e di come, assieme ad esso, non si sia ancora fatto strada alcun tipo di software libero, dove per libero va inteso un software che, secondo la definizione dello stesso Stallman, lasci all'utente la libertà di utilizzarlo per qualunque scopo, di studiarne il funzionamento, di redistribuirne copie e di migliorarlo distribuendone i miglioramenti. L! 'iniziativa LiberGNU nasce da queste premesse e si pone come obiettivi principali: 1) aiutare i progettisti software che aderiscono al manifesto GNU a realizzare, nell'interesse di tutta la società, un software che crei, visualizzi e permetta di manipolare eBook; 2) Coordinare, favorire e pubblicizzare la realizzazione di tale software, compreso il successivo; 3) Coordinare, favorire la creazione di una biblioteca enciclopedica a carattere universale, sempre e comunque nel rispetto delle leggi internazionali sul diritto d'autore, affinché il software realizzato possa dimostrarsi massimamente utile e disporre di un patrimonio culturale eclettico a cui tutti possano liberamente attingere e/o contribuire (per maggiori informazioni è possibile leggere il manifesto dell'Enciclopedia Universale Libera di Richard Stallman, o consultare il sito http://www.liberliber.it/progetti/index.htm). Par condicio Caro Daniele, come ti sembra questo governo Berlusconi? E' un governo fascista del cazzo, per dirla con le parole di Violante. Che ministri! Tutti mediocri, ma la loro mediocrità è compensata dalla loro presunzione. Tremonti, con quella faccina da primo della classe che non ti passa il compito. "S", la so la soluzione, ma col cazzo che te la passo. E il mio papà ha più soldi del tuo!". Appena eletto ministro, va in tv ad annunciare un buco di 60.000 miliardi. Panico nelle borse. Il Fmi indaga: il buco non c'è. Ciampi allora convoca Tremonti al Quirinale per chiedergli spiegazioni. Gli ha chiesto: "Sette per otto?". Perché ti vengono dei dubbi. La Moratti, ministro dell'Istruzione: con San Patrignano dice di combattere la droga e poi fa una riforma scolastica che puoi sopportare solo con l'ecstasy. La Moratti vuole trasformare la scuola in azienda. Un liceale ha detto in tv: "Be', se questo significa che mi pagano per studiare greco, benissimo". Castelli, il ministro della Giustizia con la faccia di un tassista abusivo. Ma senza averne l'integrità morale. Un padano puro, il suo albero genealogico non si biforca. Caro Daniele, cosa sta succedendo ai Ds? Gli manca un progetto carismatico. Prendi John Kennedy. Era un figlio di buona donna, ma si inventò la Nuova Frontiera. "Venite, vi porto verso la Nuova Frontiera". Esisteva una Nuova Frontiera? No, ma l'idea era entusiasmante e il popolo americano lo segu". Martin Luther King: "Ho un sogno". Che Guevara: "El pueblo unido jamas serà vencido". Massimo D'Alema: "E' pronta la mia barca?". [Tratto da Daniele Luttazzi, Benvenuti in Italia, Milano, Feltrinelli, 2002] La nuova lista valida fino al 31 dicembre 2002 Reparto acque Uliveto Rocchetta San Pellegrino Vera Ferrarelle Levissima Panna Acqua Parmalat Reparto formaggi Vitasnella Yogurt Joy Parmalat Reparto sottozero Gelati Motta Gelati Algida Reparto dolciumi Besquik Nestea Mulino Bianco Oro Saiwa Succhi Santal Succhi "I Briosi" Reparto Paste Pasta Barilla Sughi Barilla Sughi Star Reparto oli - alimentari Tonno e patè Riomare Maionese Calvè Latte FrescoBlu Altro Sgrassatore Smac Omino Bianco Depilatori Veet Detersivi Sole/Ava Mondadori Napisan Borotalco Roberts Fiat Prodotti L'Oreal Sulla base del monitoraggio volontario Core Ringraziamo Umberto Eco, tutti coloro che ci sostengono e incoraggiano, e tutti quelli che ci aiuteranno a rendere la nostra cara Italia un po' più democratica e libera. Un saluto cordiale Movimento di Cunegonda Critica del consumo per la democrazia Missione attuale: la fine del monopolio dell'informazione televisiva http://www.cunegonda.info
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