LATINOAMERICA: Appello degli intellettuali e degli artisti nordamericani contro la guerra



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COMUNICATO N° 1

In rete sta circolando questo appello contro la guerra scritto da alcuni
intellettuali nordamericani, dei quali fa parte anche Noam Chomsky, una
delle voci più libere e oneste della cultura americana. L'appello ci è
arrivato il 15 settembre scorso.







NON NEL NOSTRO NOME

Appello degli intellettuali e degli artisti nordamericani contro la guerra



Che non si dica che negli Stati Uniti la gente non abbia fatto niente
quando il suo Governo ha dichiarato una guerra senza limiti e ha instaurato
nuovi mezzi di repressione. I firmatari di questo appello invitano  la
popolazione nordamericana a reagire alle politiche e alle restrizioni
generali che sono emerse  dopo l'11 settembre, mettendo in pericolo le
popolazioni del mondo.

Noi crediamo che le persone e le nazioni hanno diritto  alla determinazione
del proprio destino, liberi da qualsiasi coercizione militare delle grandi
potenze. Crediamo che tutte le persone detenute o perseguite dal governo
degli Stati uniti debbano avere gli stessi diritti. Crediamo che fare
domande, criticare e dissentire sono attitudini che devono essere
valorizzate e protette.

Noi crediamo che le persone di coscienza debbano assumere la responsabilità
delle azioni dei loro governi  e, soprattutto, dobbiamo opporci alle
ingiustizie commesse  in nostro nome. Invitiamo tutti i nord americani ad
opporsi alla guerra e alla repressione che è stata lanciata al mondo
dall'amministrazione Bush. E' ingiusta, immorale e illegittima. Decidiamo
di essere parte in causa con i popoli del mondo.

Anche noi abbiamo osservato con angoscia i terribili fatti dell'11
settembre del 2001. Anche noi abbiamo pianto le migliaia di vittime
innocenti e ci siamo terrorizzati di fronte alla orribile carneficina che
ci ha portato alla memoria scene simili  avvenute in Bagdad, Panama o, una
generazione fa, in Viet Nam. Anche noi ci siamo domandati, come milioni di
statunitensi, com'è stato possibile che sia successo tutto questo.

Però, mentre il dolore era appena cominciato, i pregiudizi più vecchi hanno
scatenato il loro spirito di vendetta coniando un ordine semplicistico:
"buoni contro cattivi" che è stato subito adottato da tutti i mezzi di
comunicazione, sottomessi e impauriti. Ci hanno detto che il solo fatto di
formulare domande su questi terribili fatti sfiorava il tradimento. Non ci
doveva essere nessun dibattito, né  spazio per i dubbi etici o politici.
L'unica risposta possibile era la guerra fuori e la repressione dentro casa.

In nostro nome l'amministrazione Bush, con la quasi unanimità del
Congresso, ha attaccato l'Afganistan e si è arrogada, insieme ai suoi
alleati, il diritto di distruggere forze militari in qualunque luogo e
momento. Le brutali ripercussioni si sono fatte sentire dalle Filippine
alla Palestina, dove i carrarmati e i buldozer israeliani hanno tracciato
un terribile sentiero di distruzione e morte. E il governo si sta
attrezzando per intraprendere una guerra totale in Iraq, un paese che non
ha nessuna relazione con i tragici attentati dell'11 settembre. Che razza
di mondo sarà questo se si permette al Governo degli Stati Uniti di
lanciare comandi, assassini e bombe dove gli fa più comodo?

In nostro nome, il Governo ha creato negli Stati Uniti due classi di
cittadini: quelli a cui, almeno a loro, hanno promesso i diritti elementari
del sistema legislativo e quelli che, ora, pare non abbiano nessun diritto.
Il Governo ha arrestato più di mille immigrati e li ha segretamente
incarcerati, senza limite di tempo. Centinaia di persone sono state
deportate e centinaia sono ancora in prigione. Per la prima volta negli
ultimi dieci anni, le regole per l'immigrazione sono stati applicate in
modo diseguale.

In nostro nome, il Governo ha scatenato un'ondata di repressione nella
società. Il portavoce del presidente ha intimidito la gente dicendo:
"Attenzione a quello che dite" e la visione degli accadimenti espressa
dagli artisti, dagli intellettuali e dai professorisi è stata distorta,
attaccata o eliminata. Il cosiddetto "Atto Patriottico", insieme ad una
miriade di strumenti simili in tutto il paese, dà alla polizia nuovi e più
ampli poteri di investigazione e sequestro, sotto la copertura dei
procedimenti segreti.

In nostro nome l'esecutivo usurpa gli atti e le funzioni degli altri rami
del Governo. Un ordine esecutivo ha messo in funzione i tribunali militari.
E' sufficiente una firma del presidente per definire "terrorista" un
determinato gruppo di persone. Dobbiamo prendere molto seriamente i
governatori quando parlano di una guerra che durerà una generazione e
quando parlano di un nuovo ordine. Stiamo di fronte a una nuova politica
imperiale verso il mondo e a una politica interna che genera e manipola la
paura per limitare i diritti fondamentali.

C'è una strategia mortale negli accadimenti di questo ultimo mese che deve
essere vista cos" com'è e contro la quale dobbiamo resistere.

Molte volte, nella storia, la gente ha indugiato a resistere fino a quando
era troppo tardi. Il presidente Bush ha dichiarato: "O con noi, o contro di
noi". Questa è la nostra risposta: noi neghiamo che egli possa parlare a
nome di tutti i nordamericani. Noi non consegnamo le nostre coscienze in
cambio di una vana promessa di sicurezza.

Diciamo NO in NOSTRO nome.

Noi ci neghiamo di far parte di questa guerra e rinneghiamo tutte le azioni
fatte in nostro nome o per il nostro bene. Tendiamo invece  la mano a chi
nel mondo soffre per la conseguenza di queste decisioni.

Mostreremo la nostra solidarietà con le parole e con le azioni. I firmatari
di questo appello invitano tutti i nordamericani a unirsi a questa sfida.

Applaudiamo e appoggiamo tutte le proposte che si faranno, ogni volta che
riconosceremo l'esigenza di fare molto per porre fine a questa pazzia.

Noi siamo stati ispirati dalla decisione dei riservisti israeliani che,
assumendone i rischi  in prima persona, hanno dichiarato che c'è un limite
e si sono negati di prestare il loro servizio a Gaza e nei territori
occupati.

Noi siamo stati ispirati dai numerosi esempi di resistenza e di coscienza
che ci offre la storia degli Stati Uniti: da chi ha combattuto la schiavitù
a chi ha posto fine alla guerra in Viet Nam non obbedendo agli ordini, o
negandosi a ingrossare le fila o appoggiando chi opponeva resistenza.

Non permettiamo che il mondo, che oggi ci contempla, si disperi per il
nostro silenzio e per la nostra incapacità di azione. Facciamo in modo che
tutti possano sentire il nostro impegno.

Resisteremo di fronte alla macchina da guerra e alla repressione e faremo
tutto il possibile per frenarla.

Firmano: Michael Albert; Laurie Anderson; Edward Asner, attore; Rosalyn
Baxandall,storica; Russell Banks, scrittore; Jessica Blank, attrice e
drammaturga; Medea Benjamin, Global Exchange; William Blum, scrittore;
Theresa Bonpane; Fr. Bob Bossie, SCJ; Leslie Cagan; Henry
Chalfant,produttore cinematografico; Bell Chevigny, scrittore; Paul
Chevigny, professore di Legge; Noam Chomsky, politologo y linguista; Robbie
Conal, pittore; Stephanie Coontz, storica; Kimberly Crenshaw, professoressa
di Legge; Kia Corthron, drammaturga; Kevin Danaher, Global Exchange; Ossie
Davis, attore; Mos Def, musicista; Carol Downer, direttrice del Centro
Femminista di Salute per le Donne; Eve Ensler, drammaturga; Leo Estrada,
professore dell'UCLA; John Gillis, scrittore; Rutgers Jeremy Matthew Glick,
editore di "Another World Is Possible"; Suheir Hammad, scrittore; Rakaa
Iriscience, interprete di hip hop; David Harvey, antropologo; Erik Jensen,
attore e drammaturgo; Casey Kasem Robin D.G. Kelly; Martin Luther King III;
Barbara Kingsolver; C. Clark Kissinger, "Refuse and Resist!"; Jodie Kliman,
psicologa; Yuri Kochiyama; Annisette & Thomas Koppel, cantanti e
compositori; Dave Korten, compositore; Tony Kushner, drammaturgo; James
Lafferty, direttore esecutivo della "National Lawyers Guild" in Los
Angeles; Rabbi Michael Lerner, editore del "TIKKUN Magazine"; Barbara
Lubin; Anuradha Mittal, codirettore dell'Istitut for Food and Development
Policy/Food First; Malaquias Montoya, scultore; Robert Nichols, scrittore;
Rev. E. Randall Osburn, vicepresidente della Southern Christian Leadership
Conference; Grace Paley; Jeremy Pikser, sceneggiatore; Juan Gómez Qui-ones,
storico; Michael Ratner, presidente del Center for Constitutional Rights;
Adrienne Rich, poetessa; Boots Riley, artista de hip hop; David
Riker,produttore cinematografico; Edward Said; Starhawk Michael Steven
Smith, della National Lawyers Guild; Bob Stein, pubblicitario; Gloria
Steinem; Alice Walker; Naomi Wallace, drammaturga; Rev. George Webber,
presidente emerito del NY Theological Seminary; Leonard Weinglass,
avvocato; John Edgar Wideman; Saul Williams y Howard Zinn, storici.



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