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Articolo di Edward Said sulla Palestina
- Subject: Articolo di Edward Said sulla Palestina
- From: Daniele Barbieri <hortybluett at libero.it> (by way of Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>)
- Date: Sun, 15 Sep 2002 04:22:56 +0200
Documento originale Punishment By Detail Traduzione di Marco Accattatis AL-AHRAM WEEKLY - 13 Agosto 2002 ----------------------- Punizioni al dettaglio I Palestinesi devono morire di morte lenta così che Israele possa avere la propria sicurezza. di Edward Said Il terrorismo, e la caccia ossessiva ad esso, sono diventati una forma circolare, auto-soddisfacente, di omicidio e morte lenta di nemici che non hanno alcuna scelta o voce in capitolo. A parte gli ovvi disagi fisici, l’essere malati per un lungo periodo riempie lo spirito di una terribile sensazione d’impotenza, ma anche di periodi di lucidità analitica, della quale, certamente, va fatto tesoro. Nel corso degli ultimi tre mesi sono stato dentro e fuori dall’ospedale, con giorni segnati da lunghi e dolorosi trattamenti, da trasfusioni di sangue, da analisi a non finire, con ore e ore di tempo improduttivo trascorso a fissare il soffitto, spossante fatica e infezione, incapace a lavorare normalmente, e pensando, pensando, pensando. In Occidente, tuttavia, c'è stata un’attenzione alle bombe umane Palestinesi così ripetitiva e così poco illuminante da creare una grossolana distorsione della realtà che ha completamente oscurato il lato peggiore della situazione: la crudeltà dell'Israele ufficiale, e forse in particolare proprio di Sharon, a cui il popolo Palestinese è stato deliberatamente e metodicamente sottoposto. Le bombe umane sono da condannare ma sono una diretta e, a mio avviso, consciamente programmata conseguenza di anni d’oppressione, impotenza e disperazione. Hanno così poco a che fare con la supposta propensione alla violenza degli Arabi e dei Mussulmani quanto l’uomo sulla Luna. Sharon vuole il terrorismo, non la pace, e fa tutto quanto è in suo potere per crearne le condizioni. Ma con tutto il suo orrore, la violenza Palestinese, la reazione di un popolo disperato e terribilmente oppresso, è stata rimossa dal suo contesto e dalla terribile sofferenza da cui origina: il non capire questo è una perdita di umanità, il che non la rende meno terribile ma per lo meno la colloca nella storia e nella geografia reale. Tuttavia il contesto del terrore Palestinese che sicuramente è terrore non viene mai fatto vedere, essendo quest’ultimo incessantemente considerato come un fenomeno a parte, un male puro, gratuito che Israele, agendo apparentemente nel nome del bene assoluto, sta combattendo virtuosamente con le sue varie azioni spaventose di violenza sproporzionata contro una popolazione di tre milioni di civili Palestinesi. Non sto semplicemente parlando della manipolazione dell’opinione pubblica da parte d’Israele, ma anche del suo sfruttamento dell’equivalenza con la campagna Americana contro il terrorismo senza la quale Israele non avrebbe potuto fare ciò che ha fatto. (Infatti, non riesco a pensare a nessun’altro Paese al mondo che, davanti agli occhi del pubblico televisivo serale, abbia potuto compiere tanti miracoli di minuzioso sadismo contro un'intera società facendola franca). Il fatto che questa crudeltà sia stata consciamente inserita nella campagna di George W. Bush contro il terrorismo, amplificando irrazionalmente le fantasie e le fissazioni Americane con estrema disinvoltura, è una non piccola parte della sua cieca distruttività. Così come le brigate degli ardenti (e a mio avviso completamente corrotti) intellettuali Americani che tessono enormi costruzioni di falsità circa lo scopo benevolo e la necessità dell’imperialismo Statunitense, la società Israeliana ha messo al lavoro numerosi accademici, politici intellettuali delle brigate del pensiero, ed ex militari che adesso si occupano di difesa e di pubbliche relazioni, tutti allo scopo di razionalizzare e rendere convincenti inumane politiche punitive apparentemente basate sul bisogno di sicurezza Israeliano. La sicurezza israeliana è ormai un animale leggendario. Come l’unicorno è sempre perseguita e mai trovata, rimanendo, eternamente, l’obiettivo di azioni future. Il fatto che nel corso del tempo Israele sia sempre meno sicuro e più inaccettabile per i suoi vicini non merita la minima attenzione. Ma chi allora può mettere in dubbio l’idea secondo cui la sicurezza d’Israele dovrebbe definire la moralità del mondo in cui viviamo? Certamente non i leader Arabi e Palestinesi che per trent’anni hanno concesso tutto alla sicurezza d’Israele. Non dovrebbe questo essere messo in discussione, visto che Israele in proporzione alle sue dimensioni ha causato più danni ai Palestinesi e ad altri Arabi di qualsiasi altro Paese al mondo, con il suo arsenale nucleare, la sua forza aerea, la sua marina, e con il suo esercito rifornito in continuazione dai contribuenti Americani? Il risultato è che i quotidiani, minuti eventi con cui i Palestinesi devono fare i conti ogni giorno sono occultati e, ancor più importante, sono sepolti da una logica di autodifesa e di caccia al terrorismo (infrastrutture terroristiche, covi di terroristi, fabbriche di bombe, terroristi sospetti la lista è infinita) che si addice perfettamente a Sharon e al penoso George Bush. Le idee sul terrorismo hanno così sviluppato una vita propria, legittimizzate e ri-legittimizzate senza alcuna prova, logica o argomentazione razionale. Considerate per esempio la devastazione dell’Afghanistan, da una parte, e l’assassinio “mirato” di quasi 100 Palestinesi (per non dire delle migliaia di “sospetti” rastrellati ed ancora imprigionati dai soldati Israeliani) dall’altra parte: nessuno chiede se tutte queste persone uccise erano in effetti dei terroristi, o se ci sono le prove che fossero terroristi o che stessero per diventarlo. Viene dato per scontato che erano tutti dei pericoli attraverso atti di semplice, incontestata affermazione. Bastano uno o due portavoci arroganti, come i rozzi Ranaan Gissin, Avi Pazner, o Dore Gold, e a Washington l’apologeta senza sosta per ignoranza e incoerenza Ari Fleisher, e gli obiettivi in questione sono già belli e morti. Senza nè dubbi, nè domande, nè obiezioni. Non c’è bisogno di prove o di qualsiasi seccante delicatezza del genere. Il terrorismo, e la caccia ossessiva ad esso, sono diventati una forma circolare, auto-soddisfacente, di omicidio e morte lenta di nemici che non hanno alcuna scelta o voce in capitolo. Eccettuati i resoconti di alcuni giornalisti e scrittori coraggiosi come Amira Hass, Gideon Levy, Amos Elon, Tanya Reinhardt, Jeff Halper, Israel Shamir e pochi altri, il dibattito pubblico nei media Israeliani in termini di qualità ed onestà è peggiorato terribilmente. Il patriottismo ed il cieco appoggio al governo ha rimpiazzato la riflessione critica e la serietà morale. Sono passati i tempi di Israel Shahak, Jakob Talmon, e Yehoshua Leibowitch. Posso pensare solo ad alcuni accademici ed intellettuali uomini come Zeev Sternhell, Uri Avneri, e Ilan Pappe, ad esempio che hanno sufficiente coraggio da prendere le distanze dall’imbecille e svilito dibattito sulla “sicurezza” e sul “terrorismo” che sembra aver preso il sopravvento sull’establishment pacifista di Israele, e persino sulla sempre più fievole opposizione di sinistra. Ogni giorno vengono commessi crimini nel nome d’Israele e del popolo Ebreo, e nonostante questo gli intellettuali continuano a chiacchierare di ritiri strategici, o se incorporare o meno gli insediamenti, o se continuare a costruire quel mostruoso recinto (è stata mai realizzata nel mondo moderno un’idea più folle di questa, che si possano mettere alcuni milioni di persone in una gabbia e dire che non esistono?) in modi più atti a un generale o a un politico, piuttosto che a intellettuali e artisti con giudizio critico indipendente ed un qualche standard morale. Dove sono gli equivalenti Israeliani di Nadine Gordimer, Andre Brink, Athol Fugard, gli scrittori bianchi che parlarono inequivocabilmente e con chiarezza contro i mali dell’apartheid in Sud Africa? Semplicemente non esistono in Israele, dove il dibattito pubblico tra gli scrittori e gli accademici è sprofondato nell’equivoco e nella ripetizione della propaganda ufficiale, e dove la maggior parte della migliore letteratura e del miglior pensiero è scomparsa persino dalle istituzioni accademiche. Ma ritornando alle pratiche Israeliane e allo stato mentale che ha attanagliato il Paese così caparbiamente in questi ultimi anni, pensate al piano di Sharon. Questo piano comporta niente meno che la cancellazione di un intero popolo attraverso lenti, sistematici metodi di soffocamento, assassinio diretto, e asfissia della vita di tutti i giorni. C’è un notevole racconto di Kafka, “Nella colonia penale”, su di un folle ufficiale che mostra uno strumento di tortura incredibilmente dettagliato il cui scopo è di scrivere su tutto il corpo della vittima, usando un complesso apparato di aghi per iscrivere sul corpo del prigioniero lettere minuscole che alla fine lo fanno morire dissanguato. Questo è ciò che Sharon e le sue brigate di carnefici volenterosi stanno facendo ai Palestinesi, con solo una ristretta e più che altro simbolica opposizione. Ogni Palestinese è diventato un prigioniero. Gaza è circondata da un recinto di filo spinato elettrificato da tre lati; imprigionati come animali, gli abitanti di Gaza non possono nè muoversi liberamente, nè lavorare, nè vendere i propri prodotti ortofrutticoli, nè andare a scuola. Dal cielo sono esposti agli aerei e agli elicotteri Israeliani e da terra vengono ammazzati come tacchini dai carri armati e dalle mitragliatrici. Impoverita e affamata, Gaza è un’incubo umano, dove ogni frammento di ciascun episodio come ciò che sta accadendo a Erez, o vicino agli insediamenti coinvolge migliaia di soldati nell’umiliazione, la punizione, e nell’intollerabile indebolimento di ogni Palestinese, senza alcuna distinzione d’età, sesso, o malattia. Gli approvvigionamenti di medicinali vengono bloccati al confine, e le ambulanze o sono oggetti di tiro al bersaglio o vengono trattenute. Centinaia di case sono state demolite, e centinaia di migliaia di alberi e di campi coltivati sono stati distrutti con atti di sistematica punizione collettiva contro i civili, molti dei quali erano già dei rifugiati dalla distruzione della loro società da parte di Israele nel 1948. La parola speranza è stata eliminata dal dizionario Palestinese e ciò che resta è un puro atteggiamento di sfida, e nonostante questo Sharon ed i suoi sadici galoppini cianciano circa l’eliminazione del terrrorismo attraverso una sempre più usurpante occupazione che va avanti ormai da 35 anni. Il fatto che questa stessa campagna sia, come qualsiasi brutalità coloniale, futile, o che abbia l’effetto di rendere i Palestinesi ancor più, piuttosto che meno, ribelli semplicemente non entra nella ristretta mente di Sharon. Il West Bank è occupato da 1.000 carri armati Israeliani la cui sola funzione è quella di sparare e di terrorizzare la popolazione civile. Vengono imposti coprifuochi per periodi fino a due settimane, senza tregua. Le scuole e le università sono chiuse o impossibili da raggiungere. Nessuno può spostarsi, non solo tra le nove maggiori città, ma all’interno delle città stesse. Queste città sono oggi una desolante vista di edifici distrutti, uffici saccheggiati, sistemi idrici ed elettrici distrutti di proposito. Il commercio è finito. La metà dei bambini sono malnutriti. Due terzi della popolazione vivono al disotto del livello di povertà di 2 dollari al giorno. A Jenin (dove la demolizione dei campi profughi da parte dei mezzi blindati Israeliani, un serio crimine di guerra, non è stata mai investigata in quanto vigliaccamente i burocrati internazionali come Kofi Annan si tirano indietro ogni qual volta Israele fa la voce grossa) i carri armati sparano e uccidono bambini, ma questa è soltanto una goccia nell’infinito fiume di morti civili Palestinesi causati da soldati Israeliani che prestano fedele e cieco servizio all’illegale occupazione militare Israeliana. I Palestinesi sono tutti “terroristi sospetti”. L’anima di questa occupazione è che ai giovani arruolati Israeliani dei posti di blocco viene data completa libertà di sottoporre i Palestinesi a qualsiasi forma conosciuta di tortura privata e di umiliazione. C’è l’attesa per ore sotto il sole; poi c’è il blocco dei medicinali e dei prodotti agricoli fino a che marciscono; ci sono gli insulti e le botte a volontà; l’improvviso assalto delle camionette e dei soldati contro i civili in attesa a migliaia del proprio turno nei numerosi posti di blocco che hanno reso la Palestina un’inferno soffocante; il far inginocchiare dozzine di giovani sotto il sole per ore; costringere gli uomini a spogliarsi; insultare e umiliare genitori davanti ai propri figli; non far passare i malati per semplice capriccio; fermare le ambulanze e sparargli contro. E il costante numero di morti Palestinesi (quattro volte quello degli Israeliani) aumenta giornalmente, anche se raramente ne viene tenuto il conto. Altri “terroristi sospetti” con le loro mogli e bambini, ma “noi” ci rammarichiamo molto di queste morti. Grazie. Lo stato d’Israele viene frequentemente definito una democrazia. Se così è, allora è una democrazia senza coscienza, un Paese la cui anima è stata presa da una mania di punire i deboli, una democrazia che rispecchia fedelmente la mentalità psicopatica del suo capo, il generale Sharon, la cui unica idea se questa può essere la parola giusta è quella di uccidere, degradare, mutilare, e piegare i Palestinesi fino a che non “si spezzano”. Non vi è niente di più concreto come obiettivo delle sue campagne oltre a questo, sia adesso che in passato, e come il ciarliero ufficiale del racconto di Kafka egli va molto fiero del suo apparato per opprimere gli indifesi civili Palestinesi, e in aggiunta le sue grottesche menzogne vengono incoraggiate dai suoi consiglieri di corte, filosofi e generali, e anche dal coro dei suoi fedeli servi Americani. Non vi sono nè un esercito d’occupazione Palestinese, nè carri armati Palestinesi, nè soldati, nè elicotteri da combattimento, o artiglieria, o governo di cui si possa parlare. Ma ci sono i “terroristi” e la “violenza” che Israele ha inventato cosicchè la sua nevrosi possa essere iscritta sui corpi dei Palestinesi, senza alcuna efficace protesta da parte della stragrande maggioranza di quei pigri filosofi, intellettuali, artisti e pacifisti Israeliani. Le scuole Palestinesi, le biblioteche e le università hanno ormai cessato di funzionare normalmente da mesi: e siamo ancora in attesa che in Occidente i gruppi che scrivono di libertà ed i rumorosi difensori della libertà accademica in America alzino la voce in protesta. Non ho ancora visto, nè in Israele nè in Occidente, un’organizzazione accademica fare una dichiarazione su questa profonda abrogazione del diritto Palestinese alla conoscenza, all’educazione, al poter andare a scuola. Tirando le somme, i Palestinesi devono morire di morte lenta così che Israele possa avere la propria sicurezza, la quale è dietro l’angolo ma non può essere realizzata a causa della speciale “insicurezza” Israeliana. Il mondo intero deve simpatizzare, mentre il pianto degli orfani Palestinesi, delle vecchie donne malate, delle comunità in lutto, e dei prigionieri torturati passano completamente inascoltati e senza essere documentati. Senza dubbio, ci diranno, questi orrori hanno uno scopo più vasto della semplice crudeltà sadica. Dopo tutto, “le due parti” sono impegnate in un “ciclo della violenza” che deve essere fermato, ad un certo punto, da qualche parte. Una volta tanto, ci dovremmo fermare per dichiarare indignati che c’è solo una parte che ha un’esercito e una nazione: l’altra è una popolazione spossessata e senza Stato di persone che non hanno nè diritti e nè alcun modo per poterseli assicurare. Il linguaggio della sofferenza e la vita concreta di tutti i giorni sono stati o appropriati, o corrotti al punto tale, a mio parere, da essere inutili eccetto che come pura finzione usata come paravento per ulteriori uccisioni e coscienziose torture lentamente, meticolosamente, inesorabilmente. Questa è la verità su quanto i Palestinesi stanno soffrendo. Ma ad ogni modo, la politica Israeliana alla fine fallirà. Documento originale Punishment By Detail Traduzione di Marco Accattatis
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