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Lettera di un ragazzo israeliano
- Subject: Lettera di un ragazzo israeliano
- From: "lisa" <lisa.fi at libero.it> (by way of Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>)
- Date: Thu, 22 Aug 2002 18:00:52 +0200
Scrive un ragazzo, studente delle superiori, che ha deciso di fare obiezione di coscienza e di rifiutarsi di fare il servizio militare nell'esercito israeliano:
NON SONO UN OCCUPANTE. PUNTO E BASTA. di Uri Ya'acobi Tra due giorni rifiuterò l'arruolamento nell'esercito.Andrò al centro militare, salirò insieme agli altri giovani sull'autobus e scenderò insieme a loro al Centro di Reclutamento a Tel Hashomer. A differenza degli altri, rifiuterò di farmi arruolare e, quasi sicuramente, verrò mandato in prigione. In prigione incontrerò altri due firmatari della "Lettera degli studenti delle superiori", Yoni Yechezkel e Dror Boimel. Sono stati rinchiusi in carcere la settimana scorsa, perché a loro volta avevano rifiutato l'arruolamento. Proprio come farò io. E loro come me e molti altri israeliani capiscono che questa guerra, portata avanti dallo Stato di Israele nei Territori che ha occupato nel 1967, non è una guerra dei figli della luce contro i figli delle tenebre (esattamente come non lo furono molte delle guerre combattute nel corso della storia). Quando i mezzi di informazione stranieri ci descrivono i carri armati israeliani che la fanno da padroni per le strade delle città palestinesi (chissà perché i media israeliani non ce ne parlano quasi mai), non ce la raccontano tutta. La triste verità è che l'esercito israeliano nei Territori non si limita alle devastazioni compiute dai carri armati per le strade. Nè le azioni militari si limitano a fermare le ambulanze con a bordo donne incinte ai posti di blocco. I nostri soldati si trovano in situazioni difficili, è vero, e alcuni di sicuro lo fanno per sbaglio ... ma la verità è che uccidono bambini e vecchi che non sono in alcun modo collegati con il terrorismo! Distruggono case di intere famiglie e commettono altri atti, di cui la miglior definizione è "terrorismo". Tutti questi sono atti imperdonabili, ai quali io e i miei amici ci rifiutiamo di partecipare. Sono azioni che vanno contro la giustizia. E non c'è alcuna ragione al mondo, certamente non il desiderio di colonizzare un altro pezzo di terra, che possa trasformarle in azioni giustificate dal punto di vista morale, come non c'è alcuna ragione al mondo che possa trasformare gli attacchi terroristici contro i civili israeliani in azioni moralmente giustificate. Io non so se la leadership palestinese desideri veramente la pace, io non so se i palestinesi vogliono rimanere poveri e discriminati per sempre (anche se appare difficile che sia così). Ma so per certo una cosa: che i palestinesi non ci vogliono come forza di occupazione! So che non vogliono vivere in una situazione di guerra e di continuo spragimento di sangue. So che non sono loro che ci obbligano ad occupare le loro terre; non sono loro che ci hanno trasformato in forza di occupazione. Questo siamo abbastanza bravi a farlo da soli, senza il loro aiuto. Non vado affatto fiero del mio popolo o del mio paese. Non vado affatto fiero delle azioni che vengono compiute in nome della mia sicurezza. Né sono fiero del fatto che andrò in prigione perché mi rifiuterò di servire in un esercito di occupazione (e non sono fiero neanche dell'opportunità che mi viene data di soffrire per la mia scelta di principio). Sono fiero però del fatto che ascolto la voce della mia coscienza, e sarò felice quando un numero sempre crescente di persone ascolterà la propria coscienza e non gli ordini del comandante.
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