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cokeria Taranto: le nostre proposte per tutelare ambiente e occupazione
- Subject: cokeria Taranto: le nostre proposte per tutelare ambiente e occupazione
- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.it>
- Date: Sat, 27 Jul 2002 11:39:25 +0200
Martedì 30 luglio le associazioni ambientaliste si incontreranno presso la sede del Wwf in via Anfietatro 104 a Taranto per una riflessione e un confronto su quanto sta accadendo all'Ilva. L'incontro è indetto da Legambiente, PeaceLink e Wwf ma è aperto a tutti coloro i quali si sentono impegnati nella lotta per la salvaguardia ambientale e per la tutela della salute.
Questo è il comunicato stampa di PeaceLink.1) Sentiamo il bisogno di un confronto con tutti coloro i quali hanno a cuore il futuro della città. Vogliamo parlare con i sindacati, con le istituzioni, con i lavoratori, con i cittadini. Esattamente un anno fa le associazioni ambientaliste di Taranto si incontrarono con alcuni dirigenti sindacali e concordarono una piattaforma d'intesa che potesse conciliare la lotta per la difesa ambientale con la lotta per la difesa occupazionale, pervenendo alla comune convinzione che ciò era possibile. Ora che Riva tenta di scaricare su altri colpe che derivano da proprie inadempienze occorre rinsaldare questa intesa fra forze sindacali e forze ambientaliste, perché ogni divisione sarebbe dannosa e controproducente. Pur con diverse sensibilità e modalità di approccio al problema, occorre lavorare assieme per tenere unita una città che non può vivere sotto ricatto. Le leggi di tutela dell'ambiente che sono state applicate a Genova devono essere applicate anche a Taranto e poiché a Genova ciò non ha comportato perdite occupazionali così deve essere a Taranto. Non ci possono essere città di serie A dove vivono cittadini e città di serie B dove vivono terroni. Noi non siamo terroni che devono accontentarsi di lavori sporchi e impianti illegali: noi invochiamo uno stato di legalità come nostro diritto di cittadini e siamo grati alla magistratura per avere avuto la forza di affermarlo.
2) La recente perizia sulla cokeria depositata presso la Procura di Taranto dimostra che da alcune batterie provengono esalazioni cancerogene i cui effetti non possono che far scattare l'intervento dei magistrati. E' per questo motivo che Riva - per non far precipitare ulteriormente la sua già grave esposizione - ha deciso la chiusura delle batterie 3-4-5-6. Ciò che l'Ilva si accinge a fare non è pertanto un atto di ripicca nei confronti della città ma un "atto dovuto" senza il quale chi continua ad inquinare rischia di andare in galera. E' pertanto ovvio e doveroso che Riva chiuda 4 delle 10 batterie della cokeria e ciò non deve far gridare allo scandalo. Nè si deve pensare che la chiusura di tali batterie possa portare al collasso produttivo e occupazionale dello stabilimento in quanto il carbon coke può essere acquistato altrove e gli operai della cokeria eccedenti possono essere riassorbiti con una riduzione del ricorso alle ore di straordinario. L'Ilva non intaccherà i propri organici in quanto l'emorragia di mano d'opera che l'azienda ha subito con la legge sull'amianto l'ha portata a richiedere operai al ritmo di 300 ingressi al mese.
3) Ciò che invece è scandaloso è l'annuncio dell'Ilva di rinunciare ad investire su Taranto proprio ora che è necessario aprire i cordoni della borsa per una bonifica ambientale e un rifacimento degli impianti per renderli "a norma di legge". Questa rinuncia ad investire per il rilancio ecocompatibile dello stabilimento è un vero e proprio atto di negligenza e bene hanno fatto i sindacati a mobilitarsi per denunciare questo atteggiamento che - così ci sembra - appare una forma di pressione politica dell'azienda per far sganciare allo Stato (cioè a noi contribuenti) i soldi per il rifacimento dei suoi impianti.
4) Infine vi è il delicato problema del blocco delle assunzioni. E' da premettere che, proprio in base a quanto detto prima, Riva non è così autolesionista da voler intaccare l'organico dello stabilimento in un momento i cui deve rimpiazzare operai andati via per la legge sull'amianto. Non è assolutamente vero che L'Ilva va via da Taranto, e questo è stato detto dagli stessi vertici aziendali. Per quanto Riva possa essere stizzito dai provvedimenti della magistratura non è pensabile che rinunci allo stabilimento leader in Europa che gli consente utili per migliaia di miliardi. Va però previsto che i lavoratori con contratti precari possano "subire" questa situazione e che venga fatta pesare tutta provvisorietà occupazionale della loro condizione mediante la già annunciata formula del blocco delle assuzioni e del non rinnovo dei contratti di formazione lavoro. Questi lavoratori non vanno abbandonati ma vanno accompagnati e informati con una mobilitazione che affronti le vere cause di questa crisi che rischia di colpirli.
5) E qui arriviamo al nodo centrale: quali sono le vere cause di questa contrazione della produzione dell'Ilva e di questi "tagli" produttivi annunciati? Sebbene Riva tenti di scaricare tutte le colpe sull'"attacco concentrico" che la città avrebbe scatenato contro di lui, le vere cause sono nella contrazione del mercato internazionale dell'acciaio. Dal marzo del 2002 il governo degli Stati Uniti ha eretto delle barriere doganali per non far entrare sui mercati americani 420 mila tonnellate di acciaio europeo causando ai produttori europei la perdita di 2 miliardi e 300 milioni di euro. In pratica questo provvedimento protezionistico ha causato una perdita per un ammontare complessivo di quasi 4.500 miliardi di vecchie lire. Va aggiunto che questo provvedimento protezionistico dell'amministrazione Bush è completamente al di fuori dalle norme di libero commercio internazionale sottoscritte e promosse dagli stessi Stati Uniti. Una settimana fa la Commissione europea ha deciso di rimandare al 30 settembre la decisione di avviare sanzioni economiche verso gli Usa come ritorsione nei confronti di queste misure protezionistiche illecite. Le sanzioni europee sarebbero dovute scattare il primo agosto. Il governo Usa - di fronte alla minaccia di sanzioni - sta promendo un timido allentamento delle misure protezionistiche, prevedendo esenzioni su 14 prodotti siderurgici europei e consentendo un ingresso di 90 mila tonnellate di accaio europeo per un valore di 60 milioni di euro. Questo timido allentamento porta a 290 milioni di euro il valore di acciaio europeo a cui è consentito un ingresso sui mercati americani, che è comunque ben poca cosa: 290 milioni di euro rispetto a 2 miliardi e 300 milioni di euro di export potenziale è appena il 12,6%. In altri termini l'Europa può esportare negli Stati Uniti acciaio per un misero 12,6% rispetto al potenziale di esportazione complessivo. E' questo il vero nodo della contrazione congiunturale che sta portando Riva al blocco delle assunzioni. Spiegare queste cose è un dovere dei sindacati e di chi fa informazione affinché non passi una falsa verità, ossia che la recessione del siderurgico di Taranto si causata da alcuni magistrati, un sindaco e alcuni ambientalisti "antiindustrialisti".
6) La via d'uscita che proponiamo è pertanto quella di una pressione sul governo italiano affinché si solleciti Romano Prodi ad una difesa ferma dei diritti dell'industria europea dell'acciaio. Chiediamo ai parlamentari e agli europarlamentari un impegno da subito affinché si arrivi a settembre con una richiesta determinata e precisa: agli Usa devono essere applicate sanzioni commerciali fino a che non revocheranno l'embargo nei confronti dell'acciaio europeo. Questa è l'unica strada per tutelare I'occupazione dei lavoratori precari dell'Ilva.
Alessandro Marescotti presidente di PeaceLink
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