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immigrazione: intervento in Aula (Senato)
- Subject: immigrazione: intervento in Aula (Senato)
- From: a.iovene at senato.it (by way of Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.it>)
- Date: Sat, 01 Jun 2002 00:47:59 +0200
1 Intervento in Aula del Sen. Nuccio Iovene sul disegno di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 aprile 2002, n. 51, concernente disposizioni urgenti recanti misure di contrasto all'immigrazione clandestina e garanzie per i soggetti colpiti da provvedimenti di accompagnamento alla frontiera Signor Presidente, Onorevoli colleghi, il decreto legge del 4 aprile 2002 N. 51 che siamo chiamati a convertire in legge si è mostrato sin dal momento della sua adozione inutile, inefficace, dannoso e grave. Inutile vista la discussione in corso sulla normativa sull'immigrazione proposta dal Governo ed in via di approvazione proprio in queste ore alla Camera dei Deputati. Le norme contenute nel decreto potevano essere più naturalmente o congruamente lì inserite e discusse e per quanto riguarda la cosiddetta distruzione delle navi anch'essa poteva essere inserita in altro provvedimento come ad esempio il collegato ambientale appena approvato. Un provvedimento dettato quindi solo dall'ansia della propaganda, alimentando un'incertezza tra gli organismi chiamati ad intervenire ed operare su questa materia ed un clima di insicurezza ed intolleranza nei confronti di un fenomeno, quello dell'immigrazione, che richiederebbe come stiamo sostenendo nella discussione sulla legge che il Governo ha presentato, ben altro profilo politico e culturale, ben altra visione della società. Lo testimonia la scandalosa norma sulle schedature degli "stranieri", attraverso le impronte digitali, approvata da voi ieri alla Camera dei Deputati. Lo testimonia la denuncia del CIR, il comitato per i rifugiati che ieri, presentando il suo rapporto ha documentato che sulle 16.000 richieste di asilo dell'ultimo anno presentate in Italia, ne sono state esaminate circa 13.000 e solo 2.000 hanno ottenuto una risposta positiva, mentre contestualmente, con una circolare del 25 maggio scorso del Ministero degli Interni si comunica la volontà di smantellare il Programma Nazionale per l'Asilo attraverso la riduzione, entro la fine di quest'anno, del 70% degli attuali 2.200 posti disponibili chiudendo così la porta in faccia ai rifugiati ed ai richiedenti asilo, persone in fuga da persecuzioni politiche, guerre o gravi violazioni dei diritti umani. Si parla di questo proprio oggi a Lecce per iniziativa del Consiglio d'Europa e proprio in relazione all'arrivo di queste persone, all'accoglienza loro riservata, nei porti e lungo le coste dell'Europa. Lo testimoniano infine le innumerevoli prese di posizione degli imprenditori, della Caritas e della Conferenza Episcopale, di tutte le principali associazioni laiche e cattoliche impegnate in questi anni sul terreno difficile dell'accoglienza, e le stesse normative europee in corso di definizione assai distanti dall'impianto della legge Bossi-Fini attualmente in discussione e di cui questo decreto è una pessima anticipazione. Inefficace perché a quasi due mesi dalla sua entrata in vigore effetti significativi non se ne sono visti né nella limitazione degli sbarchi, che come si sa sono invece aumentati, né nella capacità di affrontare con efficacia e tempestività lo smaltimento dei relitti abbandonati. Si, ha consentito a qualche Ministro e Sottosegretario, nelle settimane scorse, in campagna elettorale per le amministrative, in una sorta di pellegrinaggio, di fare visita alle località in cui le navi sono arenate, è accaduto recentemente a Isca, Montepaone e Santa Caterina sulla costa jonica calabrese, fare qualche promessa, lasciando le cose, a poche settimane dall'estate esattamente come prima e offrendo semmai lo spunto per qualche trasmissione satirica in tv. L'articolo 1 del decreto, infatti, delega al Presidente del Consiglio la decisione sulla distruzione delle imbarcazioni. Sappiamo che il Presidente del Consiglio è infaticabile, fa anche il Ministro degli Affari Esteri, ha affermato che avrebbe fatto volentieri il Commissario Tecnico della Nazionale e molte altre cose, ma occuparsi anche di rottamazione delle navi abbandonate a me sembra francamente, veramente, troppo. Anche perché il problema non riguarda singoli e sporadici casi, ma decine e decine di navi abbandonate sulle spiagge, o più spesso ormeggiate nei porti pugliesi, calabresi e siciliani. Solo a Crotone ne sono ormeggiate circa 20. E tutto questo richiederebbe una normativa adeguata non basata sulla logica dell'emergenza. Dannoso perché le misure previste dall'articolo 1, non specificando i termini in cui la distruzione delle navi debba avvenire, rischiano di avere un impatto devastante nei confronti dell'ambiente ed in particolare quello marino. Infatti, l'Italia, nel quadro degli obblighi derivanti dalla Convenzione di Barcellona ha firmato, e successivamente ratificato, con legge 29 maggio 1999, n. 175, il "protocollo per la prevenzione e l'eliminazione dell'inquinamento del mar Mediterraneo dall'immersione di rifiuti provenienti da navi ed aerei o dall'incenerimento in mare", il quale nel fissare il divieto di immersione in mare di rifiuti e specificamente delle stesse navi, stabiliva un regime autorizzativo transitorio, motivato dall'estensione geografica e dal numero di paesi coinvolti, che scadeva il 30 dicembre 2000; oltre tale data è vietata a tutti gli effetti l'immersione di navi in mare". Per quanto riguarda la normativa nazionale, è vietato, ai sensi dell'articolo 7, comma3, lettera L del decreto Ronchi n. 22 del 1997, l'affondamento in mare di "veicoli a motore, rimorchi e simili, fuori uso e loro parti", essendo classificati come rifiuti speciali: tali veicoli vanno peraltro conferiti ad un centro di raccolta "per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero dei materiali e la rottamazione". Di qui gli emendamenti proposti che assegnano alle Capitanerie di Porto compiti e risorse per affrontare stabilmente, nel rispetto delle norme ambientali e della convenzioni internazionali, il problema della rottamazione e lo smaltimento delle imbarcazioni una volta avuto il nulla osta dell'Autorità Giudiziaria. Grave, in fine, perché l'articolo 2 del decreto, modificando i meccanismi di espulsione e di accompagnamento alla frontiera, presenti nella legge attualmente in vigore, mette in discussione i principi dell'articolo 13 della Costituzione e la recente sentenza della Corte Costituzionale, la 105 del 22 marzo 2001, che vietano qualsiasi restrizione della libertà personale se non per atto motivato dell'Autorità Giudiziaria. Dire che il provvedimento di espulsione è immediatamente esecutivo prima che il Tribunale, verificata la sussistenza dei requisiti, lo convalidi è, come è chiaro a tutti, gravissimo. Evidentemente si ritiene che si possa eseguire l'atto restrittivo della libertà prima, vale a dire senza la decisione del Giudice, che si pronuncerebbe quindi ad espulsione avvenuta. Stiamo parlando di diritti umani e di libertà personali, tutelati dalla nostra Costituzione e dal diritto internazionale. Ma come è evidente il vostro è garantismo a senso unico. Voi pensate ad uno Stato ed a una Giustizia debole con i forti e forte, anzi arrogante, con i deboli. La sentenza richiamata della Corte Costituzionale dice chiaramente che "né potrebbe dirsi che le garanzie dell'articolo 13 della Costituzione subiscano attenuazioni nei confronti degli stranieri (?) e che il controllo del giudice investe non solo il trattenimento ma anche l'espulsione amministrativa nelle sue specifiche modalità di esecuzione, consistente nell'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica ". E' evidente che l'immediata esecutività prima che il giudice si pronunci rischia de rendere inefficace la sua eventuale decisione difforme e mette il cittadino straniero nell'assoluta impossibilità di difendersi ed appellarsi in alcun modo. Io mi auguro che il Senato, e la maggioranza in particolare, voglia affrontare quindi l'esame di questo disegno di legge di conversione con l'attenzione che merita, cogliendo obiezioni e preoccupazioni che non solo noi, ma gran parte della società civile e della cultura giuridica del paese hanno manifestato. La cosa migliore sarebbe far decadere il decreto, chiudendo una volta per tutte con la cattiva propaganda, ed affrontando nelle sedi proprie le relative questioni che si vorrebbero in questa sede risolvere, peraltro senza successo. In ogni caso esaminando con attenzione ed accogliendo gli emendamenti proposti da noi e da altri colleghi dell'opposizione tesi a limitare i danni più evidenti, che ho provato qui a riassumere, che questo provvedimento determina. Roma 30 maggio 2002
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