(Fwd) Allarme tentativo modificalegge 185\90 controllo export




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From:           	Francesco Fabrini <fr.fabrini at tiscalinet.it>
Date sent:      	Fri, 25 Jan 2002 16:43:01 +0100
Subject:        	Allarme tentativo modificalegge 185\90 controllo export

Grazie all'O.S.C.Ar: Osservatorio sul commercio delle armi di Ires Toscana
segnaliamo con preoccupazione il tentativo da parte del parlamento di
modificare la legge 185\90 da cui prende origine la campagna BA.
Bisogna attivarsi ognuno secondo modalità e canali consoni per informare e
allertare cittadini e parlamentari affinchè tale tentativo sia bloccato.
Segue breve articolo seguito dal testo del disegno di legge.


Meno controllo sulle armi e soldati italiani

E' attualmente in discussione nelle Commissioni riunite Esteri e Difesa il
disegno di legge n.1927 recante la ratifica ed esecuzione dell'accordo
quadro relativo alle misure per facilitare la ristrutturazione e le
attività per la "forza di reazione rapida" di difesa europea costituita da
60.000 uomini, che comporta, al contempo, emendamenti la legge n. 185/90.
Secondo O.S.C.Ar, Osservatorio sul commercio delle armi di Ires Toscana, la
modifica principale consiste nell'introduzione di un nuovo tipo di
autorizzazione alle esportazioni di armamenti, la cosiddetta autorizzazione
globale di progetto. Le modifiche introdotte possono avere conseguenze
sulla trasparenza e il controllo del commercio delle armi da parte degli
organi parlamentari, della stampa e dell'opinione pubblica.
Il Brescia Social Forum ha lanciato la campagna "Disarmiamo Exa 2002"
(http://www.bresciasocialforum.org/informazione/visualizza.php?info=155&PHPSESSID=b2b06233dafdc0c7b843adb6bcbff182),

azione di sensibilizzazione e di mobilitazione su Exa, la più grande
esposizione al mondo di armi sportive, da caccia e da tiro, comuni da
sparo. In discussione al Parlamento italiano è stato anche il codice
militare di guerra che secondo il decreto legge n. 421 di dicembre, al
"Corpo di spedizione italiano" si applica il codice penale militare di
guerra, con esclusione delle disposizioni di natura processuale. [25.01.2002]
» Fonte: © Ires Toscana, Brescia Social Forum, Stop the Nato;

Di seguito il testo del disegno di legge n.1927/XIV recante la ratifica ed
esecuzione dell'accordo quadro relativo alle misure per facilitare la
ristrutturazione e le attività per la difesa europea della legge n. 185/90:
un parere

Fonte: O.S.C.Ar: Osservatorio sul commercio delle armi di Ires Toscana

E' attualmente in discussione nelle Commissioni riunite Esteri e Difesa il
disegno di legge n.1927 recante la ratifica ed esecuzione dell'accordo
quadro relativo alle misure per facilitare la ristrutturazione e le
attività per la difesa europea , che comporta, al contempo, emendamenti la
legge n. 185/90. La modifica principale consiste nell'introduzione di un
nuovo tipo di autorizzazione alle esportazioni di armamenti, la cosiddetta
autorizzazione globale di progetto. Per quanto si inserisca nell'ottica
dell'integrazione dell'industria europea degli armamenti, le modifiche
introdotte possono avere conseguenze sulla trasparenza e il controllo del
commercio delle armi. Il risultato è che una parte significativa delle
esportazioni di materiale di armamento semplicemente scomparirà dalle
possibilità di controllo degli organi parlamentari, della stampa e
dell'opinione pubblica. Per comprenderne la portata è utile avere due
parametri di riferimento: la legge n.185/90 recante "Nuove norme sul
controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di
armamento" ed alcuni articoli dell' "Accordo quadro relativo alle misure
per facilitare la ristrutturazione e le attività per la difesa europea".

1. La legge vigente:

- in generale
La legge n.185/90, come noto, è un insieme organico di norme che regola la
trasparenza e il controllo del commercio italiano di materiali di
armamenti. I tratti distintivi della normativa sono identificabili nei
seguenti tre punti:
1. il principio secondo cui le esportazioni sono subordinate alla politica
estera dell'Italia, alla Costituzione e ad alcuni principi del diritto
internazionale, da cui discendono i divieti di cui all'art.1.5 e 1.6 (tra
cui il divieto di esportare armi se queste contrastino con la lotta al
terrorismo internazionale, il divieto di esportare a stati che responsabili
di violazioni delle convenzioni internazionali sui diritti umani e il
divieto di esportare a paesi in stato di conflitto), che hanno anticipato i
criteri del Codice di Condotta Europeo;
2. il sistema di controllo che prevede chiare procedure di rilascio di
delle autorizzazione e meccanismi di controllo successivi, segnando una
chiara distinzione tra mercato lecito e illecito. Di estrema importanza è
il divieto di cedere armi quando manchino adeguate garanzie sulla
destinazione finale, richiedendo che alla domanda di autorizzazione sia
allegato un certificato di uso finale attestante che il materiale non verrà
riesportato senza preventiva autorizzazione dell'Italia. E' rilevante che
la legge richieda che il CUF sia rilasciato dalle autorità governative: per
cercare di evitare traffici illeciti e il fenomeno delle triangolazioni si
mira a coinvolgere le autorità del paese in modo da impegnarlo a svolgere
un'attività di controllo sugli operatori economici.
3. Infine la legge recepisce le istanze di trasparenza interna ed esterna
emerse in sede ONU prevedendo un'ampia e significativa informazione al
Parlamento, e quindi all'opinione pubblica, sulle esportazioni e
importazioni di armi italiane, tramite la presentazione di una relazione
annuale al Parlamento del Presidente del Consiglio dei Ministri, che
riporta dati dettagliati su azienda fornitrice, materiale esportato,
valore, destinatario finale, banche coinvolte, etc. Per tali norme e
principi l'Italia si colloca in una delle posizioni più avanzate a livello
europeo, sul versante della trasparenza, dei controlli e delle prevenzione
dei conflitti, ed è risultata uno dei paesi meno coinvolti nel riarmo di
paesi instabili quali ex Jugoslavia, Iraq e Afghanistan.

- in particolare: le autorizzazioni alle esportazioni
Il disegno di legge ruota attorno all'introduzione di una nuova modifica
dell'autorizzazione all'esportazione di materiale di armamento:
l'autorizzazione di progetto globale, che di fatto liberalizza gli scambi
di pezzi e componenti nel caso di coproduzioni con partner europei e Nato,
non solo all'interno dei confini dell'UE e della Nato, ma anche nel caso
questi vengano esportati a paesi terzi (con alcuni caveat che andremo ad
illustrare).
Fino ad oggi, secondo la legge vigente, esisteva un unico tipo di licenza
individuale, da rilasciare all'operatore per l'esportazione, importazione e
transito sia di pezzi che di componenti che di materiali finiti. Secondo
l'art. 11 della legge, nella domanda di autorizzazione doveva essere
specificato il tipo di materiale da esportare, il valore, i compensi per
intermediazioni finanziarie, il destinatario intermedio e il destinatario
finale. Ad essa doveva essere allegato un certificato di uso finale,
rilasciato dalle autorità governative del paese destinatario.
Il procedimento autorizzatorio era preceduto da un'autorizzazione alle
trattative (art.9) e da una autorizzazione alle transazioni bancarie
(art.27) e seguito da controlli successivi, la documentazione a dogana, il
certificato di arrivo a destino (art. 20). Il concorso e l'elevato livello
di collaborazione tra diversi ministeri (Esteri, Difesa, Tesoro, Finanze,
etc.) limitava i pericoli di collusione e garantiva l'efficacia controlli
previsti per legge tramite un incrocio dei dati finanziari, fiscali
doganali ed economici. Ogni ministero per la propria competenza riportava
inoltre "indicazioni analitiche per tipi quantità e valori monetari e per
destinatari" dei materiali di armamento, indicandone gli stati di
avanzamento" nel proprio allegato alla relazione annuale del governo al
Parlamento (art.5).
Il legislativo poteva così esercitare potere di indirizzo e un ulteriore
controllo sulle esportazioni autorizzate e svolte l'anno precedente.

. in particolare: le coproduzioni transnazionali di materiale di armamento

Nel caso di coproduzioni internazionali con partner europei o Nato, le
rigorose procedure autorizzatorie si applicavano a ciascun componente
esportato, con il fine di evitare che tali pezzi e componenti di marca
italiana venissero assemblati in un paese estero e successivamente
trasferiti a stati terzi considerati secondo la politica estera italiana e
la nostra normativa, inaffidabili o a rischio.
Le nostre autorità avevano, inoltre, secondo la legge vigente, piena
sovranità e responsabilità sulla destinazione finale di materiali
assemblati all'estero, prodotti con pezzi e componenti italiani, ed
esportati a paesi terzi. Nei casi di coproduzione l'operatore doveva
dichiarare sin dall'inizio, non solo l'industria e il paese con cui
coproduce, ma anche l'eventuale paese terzo che avrebbe acquistato il
materiale di armamento. Era sul destinatario finale che il Ministero degli
esteri valutava la coerenza con i principi ed i divieti della legge ed era
il destinatario finale che appariva nella relazione annuale del governo al
parlamento.

2. Il disegno di legge

Il ddl n.1927 introduce un nuovo tipo di autorizzazione all'esportazione:
l'autorizzazione globale di progetto. Essa si applica a tutti i programmi
di coproduzione intergovernativi o interindustriali di produzione, ricerca
o sviluppo di materiale di armamento svolti con imprese di paesi
dell'Unione Europea e della Nato (art. 7 del ddl che modifica art. 13 della
legge). In questi casi e per ciascun programma di coproduzione,
l'autorizzazione globale di coproduzione si sostituisce alle singole
autorizzazioni di ciascun pezzo e componente. Per ottenerla l'operatore
deve dichiarare solo "la descrizione del programma congiunto; le imprese
dei paesi di destinazione o di provenienza del materiale; il tipo di
materiale" (art. 6 del ddl che modifica l'art.11 della legge vigente).
Scompaiono quindi i riferimenti al numero di pezzi, al valore, al
destinatario finale, alle intermediazioni finanziarie. Non è richiesto il
certificato di uso finale. Le autorizzazioni globali sono inoltre esentate
dai controlli bancari (art.11 del ddl che modifica art.27), certificato di
arrivo a destino (art. 10 del ddl modif. art. 20 legge n. 185/90). Le
informazioni sul destinatario finale, valore etc, non essendo richieste
nell'autorizzazione non sono ovviamente riportate nella relazione annuale
del governo al Parlamento.

La portata della modifica

Il campo di applicazione del nuovo tipo di autorizzazione risulta piuttosto
vasto ed è prevedibile che nei prossimi anni essa arriverà a coprire una
parte non indifferente delle nostre esportazione. La licenza globale di
progetto si applica infatti a tutti i programmi congiunti, sia
intergovernativi che interindustriali, di produzione, ricerca e sviluppo di
materiali di armamento, realizzati con imprese dei paesi della Nato o
dell'Unione Europea, che abbiano sottoscritto con l'Italia accordi per
aderire ai principi ispiratori della nostra normativa (art. 7 del ddl che
modifica l'art.13 della legge).
Considerando che le esportazioni italiane di armi a paesi dell'Unione
europea nell'ambito di programmi di coproduzione intergovernativa coprivano
già, secondo i dati riportati dalla relazione l'anno passato, più del 50%
delle nostre esportazioni verso l'area, e che il processo di
globalizzazione e integrazione dell'industria europea degli armamenti si
sta intensificando, è prevedibile che tale percentuale sia destinata ad
aumentare e a divenire maggioritaria. A tale quota va aggiunta la
percentuale di coproduzioni interindustriali: secondo la formulazione
dell'emendamento all'art.13 della legge, infatti, le procedure semplificate
non si applicano solo agli accordi intergovernativi, "più sicuri" in quanto
prevedono un accordo preventivo tra governi, ma anche ad accordi tra
industrie dei paesi sopra elencati. L'operatore che avrà l'accortezza di
stringere un accordo con un'azienda con un paese europeo o Nato con una
legislazione più permissiva potrà allargare i mercati, per godere di
procedure autorizzatorie semplificate ed eludere la nostra normativa.

Le conseguenze

Per tutte le esportazioni che rientreranno all'interno dell'autorizzazione
globale, non saranno applicabili i normali controlli, né il Governo (con le
eccezioni, come illustreremo, relative ai programmi di coproduzione
realizzati con i cinque paesi che hanno ratificato l'accordo), né il
Parlamento saranno informati sulla destinazione finale del materiale nel
caso in cui sia assemblato in un paese partner ed esportato ad un paese
terzo. Al momento del rilascio dell'autorizzazione il governo (con le
stesse eccezioni) si esprimerà ed applicherà i principi ed i divieti della
legge solo sulla destinazione intermedia (ovvero il paese con cui si
coproduce), e non sulla destinazione finale. La relazione annuale del
governo al parlamento, ovviamente, non riporterà valori e destinazione
finale dei materiali che ricadono all'interno dell'autorizzazione globale.
Non sarà infine possibile ricostruire i dettagli e il valore aggregato
delle esportazioni italiane di materiale di armamenti, né operare congrue
analisi diacroniche dei dati.

3. L'accordo quadro per la ristrutturazione dell'industria europea della difesa

Il disegno di legge si inserisce nel contesto del recepimento dell'accordo
quadro per la ristrutturazione dell'industria europea della difesa
("Framework Agreement Concerning Measures to Facilitate the Restructuring
and Operation of the European Defense Industry") presentato il 27 luglio
2000. L'accordo, come noto firmato e ratificato da altri cinque paesi
(Francia Gran Bretagna, Spagna, Germania e Svezia) è nato su spinta dei
rappresentanti delle industrie europee degli armamenti con il fine di
facilitare il processo di integrazione e di ristrutturazione dell'industria.
Esso si pone, tra le altre cose, due obiettivi principali:
1) Snellire, semplificare le procedure e le barriere interne di
trasferimenti di pezzi e componenti per coproduzioni transnazionali tra le
parti, al fine di rafforzare la cooperazione nel settore;
2) Definire nuove procedure comuni per determinare le destinazioni
extraeuropee, cercando di garantire che l'esportazione di sistemi prodotti
in cooperazione sia gestita in maniera responsabile e comune tra le parti,
in conformità agli obblighi e impegni internazionali degli stati
partecipanti all'area di controllo dell'Unione Europea, in particolar modo
ai criteri del Codice di Condotta europeo.

Le modifiche principali che introduce sono due:

a) La licenza globale di progetto, applicabile a programmi congiunti di
coproduzione intergovernativa realizzati tra due o più paesi che hanno
ratificato l'accordo. La licenza si sostituisce alle singole autorizzazioni
specifiche per le esportazioni o movimentazioni di singoli pezzi e
componenti nel quadro della coproduzione. L'accordo precisa che il rilascio
della licenza non esonera dai certificati di utilizzo o di arrivo a destino
né dai controlli doganali per i pezzi e componenti esportati (art.12) da un
nucleo minimo di controlli volto ad impedire deviazioni verso destinazioni
illecite dei pezzi. Essa si applica solo nel caso di coproduzioni tra stati
che hanno ratificato l'accordo e che siano precedute da un accordo
intergovernativo. "E' responsabilità di ogni parte stabilire le condizioni
per l concessione e il ritoro della licenza". Le modalità di rilascio sono
estremamente importanti per evitare deviazione o perdita di controllo di
pezzi e componenti.

b) Nel caso di esportazione di una coproduzione delle industrie
appartenenti a due o più stati parte, ad uno stato terzo, l'accordo prevede
una procedura decisionale comune che coinvolge tutti gli stati che hanno
partecipato alla stessa. Secondo l'art.13, le parti che intraprendono un
programma di armamento determineranno assieme, per ogni specifico
programma, una lista di destinazioni lecite. La decisione sui paesi cui è
possibile esportare verrà presa tramite la procedura del consensus, che,
come noto, si avvicina a quella dell'unanimità pur non richiedendo voto
formale. Essa quindi, teoricamente, conferisce a ciascuno stato il potere
di bloccare l'ammissione di un paese, ritenuto a rischio, aggressivo o
repressivo, secondo la propria normativa o politica estera, dalla lista
delle destinazioni lecite, favorendo i paesi con le normative più avanzate
e un processo di armonizzazione delle normative verso standard alti. Una
tale procedura decisionale rappresenta un importante passo avanti rispetto
a quella prassi (diffusa solo in alcuni paesi) che nel caso di coproduzioni
rimandava al paese assemblatore la responsabilità dell'esportazione verso
paesi terzi e che aveva favorito la tendenza da parte delle industrie a
riallocare la capacità manifatturiera in paesi con minori controlli e
barriere più basse all'esportazione.

Il campo di applicazione dell'accordo (e quindi la licenza globale di
progetto) è circoscritto a:
- 1) i soli programmi di coproduzione intergovernativa (con possibili
estensioni, seguendo determinate clausole).;
- 2) i soli sei paesi parte dell'accordo.

L'accordo, redatto in tempi record, presenta ancora alcune vaghezze sul
piano politico e dei controlli, sulla trasparenza e sulla pace e sicurezza
intermazionale, parte delle quali sono demandate a successivi arrangements.
Nel frattempo è responsabilità dei singoli stati, riempire, con le proprie
normative, tali vuoti normativi.

4. L'accordo quadro e il disegno di legge: un breve confronto

Le modifiche introdotte dal disegno di legge si spingono oltre quanto
richiesto dall'accordo.

- a) Per ciò che concerne i requisiti, le modalità di rilascio e i
controlli della licenza globale di progetto, il disegno di legge ha
introdotto la formula più generica, una sorta di autorizzazione tipo open
(senza specificare numero di pezzi modalità di comunicazione dell'uscita
dei materiali e di verifica), per la quale non è chiaro come possano essere
effettuati controlli sull'effettiva aderenza delle esportazioni al
programma e per evitare deviazioni di pezzi e componenti verso paesi o
individui pericolosi.
- Considerando che l'autorizzazione globale di progetto si sostituisce alle
singole autorizzazioni alle esportazioni per un programma di coproduzione
che può durare anche anni, essa dovrebbe essere pensata e formulata in modo
tale da garantire un nucleo minimo di controlli, anche periodici, al fine
di verificare la rispondenza dell'esportazione effettiva dei pezzi e
componenti, al fine di verificare l'arrivo a destino dei pezzi, e strumenti
per effettuare controlli sull'affidabilità delle industrie e un sistema,
anche informatico che permetta di sapere esattamente quanti pezzi sono
usciti e in quale paese ed industria si trovi. - Tale controllo a livello
nazionale andrebbe man mano integrato e sostituito con controlli
multinazionali che passino tramite una collaborazione tra autorità
nazionali, dogane e polizie dei vari paesi.
- b) Sull'esportazione a paesi terzi (ovvero che non partecipano
all'accordo di coproduzione), i problemi principali sono imputabili
innanzitutto alle modifiche introdotte dal ddl e non previste dall'accordo.
- 1. La prima concerne l'applicazione dell'autorizzazione globale non solo
agli stati parte dell'accordo che quindi si sono impegnati a decidere
assieme tramite la procedura del consensus, sull'esportazione ad una non
parte, ma anche ai restanti paesi dell'Unione Europea o della Nato. Per i
paesi che non hanno aderito all'accordo quadro (Belgio, Canada, Repubblica
Ceca, Danimarca, Grecia, Ungheria, Islanda, Lussembugo, Olanda, Norvegia,
Polonia, Portogallo, Spagna, Turchia, Stati Uniti, etc. alcuni dei quali
hanno legislazioni estremamente permissive e controlli molto blandi) non
valgono le norme relative alla procedura del consensus per definire assieme
la lista delle destinazioni lecite. Nei confronti di tali paesi (che hanno
normative e politiche estere differenti da quella italiana, molte volte
meno rigorose), il rilascio della licenza globale di progetto, equivale ad
un'abdicazione di sovranità e responsabilità ovvero a conferire una delega
in bianco sulla scelta delle destinazioni finali al paese con cui si
coproduce, senza che le nostre autorità possano controllare nulla in
merito. Nell'autorizzazione globale di progetto l'operatore deve infatti
indicare solo il paese e l'industria con cui coproduce e non il
destinatario finale (ovvero l'eventuale paese terzo che acquisterà il
materiale), né il valore. Ciò significa che in tutti i casi di rilascio di
tale autorizzazione a stati non parte dell'accordo né governo né parlamento
saranno informati sulla destinazione del materiale di armamento coprodotto
con pezzi e componenti di marca italiana e assemblato all'estero. L'accordo
Debré Schmidt del 1972 tra Francia e Germania, che recepiva tale principio,
è stato recentemente rescisso proprio perché favoriva la tendenza a
riallocare la produzione e l'assemblamento di materiali di armamento, nel
caso di coproduzione, nei paesi con barriere all'esportazione più basse. La
richiesta di una preventiva adesione ai principi ispiratori della legge
italiana risulta un po' troppo generica per garantire omogeneità di vedute,
di politiche esportative e di controlli.
- - 2.La licenza non si applica solo a coproduzioni intergovernative, come
previsto dall'accordo quadro, che possiamo considerare relativamente più
sicure in quanto prevedono un accordo preventivo tra governi, ma anche a
semplici accordi tra industrie. Sarà quindi sufficiente per una società
italiana stringere un accordo con una qualsiasi società turca o ungherese
(anche costituita ad hoc) per godere delle procedure semplificate.

5. Le proposte

Armonizzare i principi e i controlli della legge con il processo di
integrazione dell'industria europea degli armamenti è possibile, senza per
questo inficiare controlli su materiali che non sono civili ma che possono
essere utilizzati da individui o stati aggressivi repressivi o legati al
terrorismo internazionale, contro gli stessi paesi dell'Unione Europea.

Alcuni tracce di suggerimenti:

- 1. applicare la autorizzazione globale di progetto solo a programmi
congiunti realizzati con industrie di paesi parte dell'accordo (e che
quindi si sono impegnati a definire assieme la lista di destinazioni
lecite). Man mano che nuovi paesi aderiranno, la licenza potrà essere
automaticamente estesa anche a questi ultimi;
- 2. applicare per adesso la autorizzazione globale di progetto solo a
programmi sicuri di coproduzione intergovernativa, che permettano un
controllo a priori e una conoscenza dell'affidabilità dell'industria
coinvolta nella coproduzione;
- 3. prevedere che, per ottenere la licenza globale di progetto,
l'operatore debba indicare il numero dei pezzi, il loro valore, l'industria
e il paese cui è destinato ciascun pezzo e una volta conosciuto, il paese
di destinazione finale. Una volta che il pezzo esce dall'Italia
l'industria, senza passare per le complesse procedure autorizzatorie, dovrà
semplicemente comunicarlo al Ministero della Difesa, che ne controllerà
l'aderenza al programma di coproduzione e la rispondenza con quanto
registrato alle dogane. Sarebbe inoltre opportuno prevedere un sistema
informatico prima solo nazionale, poi multinazionale, che permetta di
sapere dove si trova esattamente un pezzo o componente in dato periodo.
Risulta inoltre opportuno attivare modalità di controlli periodici
(nazionali e multinazionali), per verificare lo stato della coproduzione e
l'affidabilità delle industrie;
- 4. richiedere, una volta che il programma è concluso, nel caso in cui il
materiale venga assemblato in un altro stato parte, che le autorità di tale
paese comunichino tempestivamente alle nostre la destinazione finale del
bene coprodotto;
- 5. definire quali organi governativi ed eventualmente parlamentari
partecipano alla definizione della lista delle destinazioni lecite cui
esportare i materiali coprodotti. Maggiore sarà il grado di trasparenza e
di controllo, minori saranno i rischi di deviazione e maggiore il grado di
democraticità del processo di costruzione di una politica estera e di
difesa comune.
6. Un'ulteriore precisazione
Il disegno di legge prevede un'ulteriore modifica non richiesta
dall'accordo quadro. Essa riguarda il divieto di esportare a paesi i cui
governi siano responsabili di accertate violazioni dei diritti umani. Il
disegno di legge precisa che le violazioni delle convenzioni devono essere
gravi e accertate da appropriati organi dell'UE e dell'ONU. L'aggiunta
dell'aggettivo gravi, che restringe la cerchia dei paesi che ricadono
all'interno del divieto, viene motivata con la necessità di "adeguarsi al
criterio numero 2 previsto dal "Codice di condotta", che prevede la
specificità della gravità per le violazioni dei diritti dell'uomo". Merita
precisare che il Codice di Condotta, approvato nel 1998 e non vincolante
giuridicamente, è stato inteso come una base di partenza, un minimo comun
denominatore sul quale costruire una regolamentazione più rigorosa e
vincolante. I criteri che introduce, specifica lo steso documento, "should
be regarded as the minimum for the management of, and restraint in,
conventional arms transfers by all EU Member". Ed ancora, nelle
disposizioni operative è precisato che il Codice "non ostacolerà il diritto
degli Stati membri di operare politiche nazionali più restrittive".

In linea generale, è responsabilità di tutti gli stati membri dell'Unione
Europea e dell'Italia, che può svolgere un ruolo guida e propulsivo grazie
alla propria normativa, impegnarsi nel difficile cammino della costruzione
di un'Europa politica e di una politica estera, di sicurezza e di difesa,
orientata verso standard alti, che concili il processo di integrazione
industriale con un nucleo di misure volte al mantenimento della pace e
della sicurezza internazionale, che accompagni ad efficaci azioni di
soluzione dei conflitti, delle tensioni e del terrorismo internazionale,
anche una politica preventiva e lungimirante.

Chiara Bonaiuti, Firenze

Fonte: O.S.C. Ar di Ires Toscana


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(John Coltrane)