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La nonviolenza e' in cammino. 321
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 321
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 25 Dec 2001 06:41:17 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 321 del 24 dicembre 2001 Sommario di questo numero: 1. Buone feste 2. Amelia Alberti, un compendio di crudelta' 3. Nanni Salio: sulle orme di Lanza del Vasto, esperienze di vita comunitaria nonviolenta 4. Coordinamento comasco per la pace: apriamo luoghi di pace 5. Ettore Masina, una lettera agli amici 6. Alessandro Marescotti: pubblicato l'Annuario della pace, organizziamo iniziative di presentazione 7. I volontari dell'Aifo: alcuni dei mille motivi per dire no alla guerra 8. Letture: Cesare Pavese, Le poesie 9. Letture: Olivier Todd, Albert Camus, una vita 10. Riletture: Franco Basaglia, Scritti 11. Riletture: Bertolt Brecht, L'abici' della guerra 12. Da tradurre: Nicasio Alvarez de Cienfuegos, Poesias 13. Da tradurre: Marie-Anne Lescourret, Emmanuel Levinas 14. La "Carta" del Movimento Nonviolento 15. Per saperne di piu' 1. BUONE FESTE Ai molti amici che ci hanno inviato i loro auguri, ed a tutti i nostri interlocutori, auguriamo buone feste. E rinunciamo per una volta al nostro consueto concionare, memori di un'immagine che trovammo sia in Erasmo che in Tommaso Moro, i quali ricordavano quanto sgradevole sia che nel mezzo di una grata occasione, come puo' essere una festa ovvero una rappresentazione piacevole, irrompa sulla scena accigliato e stentoreo l'attor tragico a dir di sventure. E dunque buone feste, senza prediche ulteriori. E' gia' tanto amara la vita. Ma e' anche cosi' meravigliosa. Gia': e' cosi' meravigliosa, ed e' cosi' amaro che vi sia chi giorno e notte alacre febbrile s'ingegni ad altri insozzarla e rapirla, ed a se medesimo. Cosi' meravigliosa e cosi' amara a un tempo; e dipende anche da te che la meraviglia prevalga sull'orco, e la benedizione di una sobria felicita' raggiunga tutti, e all'orrore si possa resistere. All'orrore si puo' resistere e dunque si deve resistere. Al male ci si puo' opporre, e dunque ci si deve opporre. E dipende proprio da te, da me, da tutti. E adesso giu' dal pulpito e suvvia scambiamoci lieve un sorriso. L'inumano ci opprime senza tregua, ma la lotta contro l'inumano continua e nel suo farsi reca lenimento e parco un sollievo, condivisa una gioia; e la nonviolenza e' in cammino, e tu ed io e tutti siamo questo cammino che apre cammino; e anche un sorriso e una carezza sono risorse preziose, e luminose conchiglie e pani, a difesa e inveramento della comune umanita', dell'umanita' di tutti, dell'umanita' tutta. Buone feste. 2. RIFLESSIONE. AMELIA ALBERTI: UN COMPENDIO DI CRUDELTA' [Amelia Alberti e' presidente del circolo verbano di Legambiente. Per contatti: lambient at tiscalinet.it] Vagamente nauseata dall'atmosfera di melassa che appiccica queste giornate prenatalizie, cercavo lo spunto per una mia riflessione sfogliando via internet "La Stampa". Ero certa di trovare, come sempre, una frase, alcune parole, un'eco di dolore, cui attaccarmi per scrivere un mio pensiero, ma non mi e' stato possibile resistere alla tentazione di proporvi per intero l'articolo che segue, che a me pare un compendio perfetto (perfetto, perche' involontario) di cinismo, di crudelta', di violenza allo stato puro. Eccolo. "Bombe-succhiaossigeno per stanare Bin Laden. La prova generale e' stata fatta due settimane fa in Nevada: oggi le nuove bombe "succhia ossigeno" sono arrivate in Afghanistan. Mentre le forze speciali americane e i loro alleati afghani continuano a setacciare le caverne di Tora Bora alla ricerca di combattenti di al Qaida il Pentagono ha aperto la caccia a Osama bin Laden con una nuova superarma. "C'e' una forte possibilita' che Bin Laden sia gia' morto", ha detto in Cina il presidente pachistano Pervez Musharraf, ma per i militari Usa i se non bastano: vogliono avere certezze. Dieci nuovissime bombe termobariche, il cui completamento e' stata accelerato dopo le stragi dell'11 settembre, sono sembrate l'ordigno ideale per chiudere la partita aperta tre mesi fa dai dirottatori di Osama. Funzionano succhiando l'aria fuori dalle caverne-rifugio dei terroristi, senza peraltro sigillarne l'ingresso con cumuli di detriti. "E' chiaramente un tipo di arma di cui abbiamo bisogno in Afghanistan e abbiamo deciso di utilizzarle", ha annunciato il sottosegretario alla difesa Edward Aldrige. Le nuove bombe, identificate in codice come Blu-118B, sono state sperimentate per la prima volta il 14 dicembre nel deserto del Nevada. Funzionano sulla base dello stesso principio che provoca esplosioni all'interno dei silos-granai o in altri luoghi altamente polverosi: rilasciando cioe' al momento dell'impatto vapori di carburante che si espandono nei cunicoli e nelle gallerie succhiandone fuori l'aria e creando un'estrema pressione per esplodere poi una volta all'interno. "Il grande vantaggio e' che permettono di distruggere quanto e' dentro il tunnel senza far crollare l'ingresso: in altre parole puoi uccidere gli abitanti della caverna e poi controllare chi hai ucciso", ha detto di Blu-118B l'analista militare John Pike di Global Security Org. E' una settimana che il Pentagono ha perso le tracce di Bin Laden, ha ammesso oggi il generale americano Tommy Franks. "Ci sono solo tre possibilita': che sia morto, che sia a Tora Bora o che sia scappato in Pakistan", ha detto Franks, contraddetto su quest'ultimo punto da Musharraf: "Sono ragionevolmente sicuro che non sia nel mio paese". "Ve lo prometto, lo troveremo", ha detto ieri il presidente Bush. E oggi, per agevolare il compito delle truppe Usa in Afghanistan, i comandi hanno allentato le regole di ingaggio che nei giorni scorsi hanno rallentato le operazioni nella zona di Tora Bora. Le forze speciali avevano dovuto finora ottenere luce verde dal Comando centrale (Centcom) di Tampa in Florida prima di poter far fuoco contro elementi da loro identificati come combattenti di al Qaida in fuga. La precauzione "garantista" era stata motivata dall'attenzione di non fare vittime civili ma i marines si erano lamentati: le regole di ingaggio avrebbero permesso a un buon numero di terroristi di scappare in Pakistan. "Ora pero' le abbiamo cambiate: se vedono qualcuno che cerca di uscire dall'Afghanistan e se sono sicuri che sia di al Qaida, possono distruggerlo", ha detto una fonte del "Washington Times". La natura stessa della guerra in Afghanistan rende d'altra parte difficile identificare con certezza chi sia di al Qaida e chi no: ancora oggi, tra Washington e Kabul, sono rimbalzate le polemiche sul convoglio bombardato ieri nei pressi di Khost, nell'Afghanistan orientale. Il Pentagono ha ribadito anche oggi che il bersaglio era valido: "Erano leader Taleban in fuga da un centro di comando e controllo. Hanno sparato contro gli aerei Usa due missili terra aria", ha dichiarato il portavoce Brad Lowell. E Franks gli ha fatto eco: "Gli amici non sparano". Ma in Afghanistan e' stato detto che i 50-60 morti e i 40 feriti erano capi tribali diretti a Kabul per l'inaugurazione del nuovo premier Hamid Kharzai. E che gli Stati Uniti, nella fretta di mettere le mani sui terroristi e su Osama, sarebbero rimasti impigliati nelle rivalita' tra clan afghani: per sbarazzarsi dei capi di una tribu' invisa, un altro notabile della zona avrebbe fatto arrivare ai militari Usa una segnalazione falsa sulla presenza di miliziani e comandanti di Al Qaida. E gli americani, impazienti di colpire i nemici, avrebbero, senza pensarci troppo, fatto intervenire i bombardieri". 3. ESPERIENZE. NANNI SALIO: SULLE ORME DI LANZA DEL VASTO, ESPERIENZE DI VITA COMUNITARIA NONVIOLENTA [Questo articolo di Nanni Salio abbiamo estratto dal sito del Movimento Nonviolento, www.nonviolenti.org; e' stato pubblicato sulla rivista mensile "Azione nonviolenta" di questo mese (e-mail: azionenonviolenta at sis.it). Nanni Salio e' una delle piu' prestigiose figure dell'impegno nonviolento e della peace research, anima l'IPRI e il Centro Domenico Sereno Regis di Torino; tra le sue opere: Difesa armata o difesa popolare nonviolenta?, Movimento Nonviolento, Perugia; Scienza e guerra (con Antonino Drago), EGA, Torino 1982; IPRI, Se vuoi la pace educa alla pace, EGA, Torino 1983; Le centrali nucleari e la bomba, EGA, Torino 1984; IPRI, I movimenti per la pace, EGA, Torino 1986-1989; Progetto di educazione alla pace, EGA, Torino 1985-1991; Le guerre del Golfo, EGA, Torino 1991; Il potere della nonviolenza, EGA, Torino 1995. Per contatti: Centro Studi "Domenico Sereno Regis", via Garibaldi 13, 10122 Torino, e-mail: regis at arpnet.it Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto è nato nel 1901 a San Vito dei Normanni da madre belga e padre siciliano, studi a Parigi e Pisa. Viaggia e medita. Nel 1937 incontra Gandhi nel suo ashram. Tornato in Europa fonda la "Comunità dell'Arca", un ordine religioso e un'esperienza comunitaria nonviolenta, artigianale, rurale, ecumenica. Promuove e partecipa a numerose iniziative per la pace e la giustizia. E' morto in Spagna nel 1981. Opere di Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto: Pellegrinaggio alle sorgenti, Vinoba o il nuovo pellegrinaggio, Che cos'è la nonviolenza, L'arca aveva una vigna per vela, tutti presso Jaca Book (che ha pubblicato anche altri libri di Lanza del Vasto); Princìpi e precetti del ritorno all'evidenza, Gribaudi, Torino 1988; Lezioni di vita, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1980. Un testo utile scritto da uomini e donne che partecipano dell'esperienza della "Comunità dell'Arca" è: Proposte per una società nonviolenta, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1982] Che cosa intendiamo per nonviolenza e per vita comunitaria nonviolenta? Le esperienze di cui parlero' sono sempre delle approssimazioni, piu' o meno riuscite, a un ideale stile di vita che intende tradurre nella quotidianita' i principi della nonviolenza. Possiamo cominciare con l'individuare alcuni criteri che ci permettano innanzitutto di classificare le esperienze, nel tentativo di intravedere delle reali alternative in questo nostro mondo apparentemente invaso da fenomeni di violenza crescente e diffusa, nel quale talvolta si fa fatica a conservare la speranza di cui parlano tutti i grandi maestri, a cominciare proprio da Lanza del Vasto. E' pertanto necessario accostarsi mediante delle approssimazioni agli esperimenti reali che ci permettono di imparare dai nostri errori. La prima considerazione riguarda la "dimensione di scala". Per "dimensione di scala" si intende la modalita' con la quale sono organizzate le relazioni tra le persone. Si va dalla dimensione puramente individuale a quella della famiglia e successivamente, dal micro al macro, si passa ad altre strutture sociali: famiglia allargata, comunita', villaggio (inteso in senso gandhiano), societa', stato e infine societa' globale planetaria. Nel nostro mondo ricco e occidentale si e' man mano diffusa una ideologia che privilegia a tal punto la dimensione individuale che Margareth Tatcher e' giunta a sostenere che non esiste la societa', ma solo gli individui. Di fronte ad affermazioni di tale tenore, che tendono a cancellare quegli aspetti della vita umana che ad altri sembrano fondamentali, si rimane costernati e stupefatti e non ci si dovrebbe pertanto meravigliare delle conseguenze distruttive che si verificano quotidianamente. In un libro molto importante sull'economia gandhiana (in corso di traduzione e pubblicazione), l'autore, Romesh Diwan, mette a confronto la sua esperienza personale, e piu' in generale quella delle societa' non occidentali ancora organizzate secondo nuclei famigliari allargati, con la nostra condizione di crescente isolamento. Nella sua analisi, Diwan fa riferimento a un autore americano Philip Slater, poco noto in Italia nonostante il notevole successo di alcuni suoi lavori, e si richiama in particolare a uno dei suoi ultimi libri, "Un sogno rimandato" (Edizioni Pendragon, Bologna 2000), dove il sogno e' quello di una societa' che voglia vivere secondo l'american way of life, ovvero secondo uno stile di vita, un modello, che ha prodotto e continua a produrre guasti enormi a partire proprio dalla distruzione della dimensione relaziona le. Oggi c'e' bisogno di comunita', e sono molti ad affermarlo, (Zygmunt Bauman, Voglia di comunita', Laterza, Bari 2001) sebbene altri considerino la proposta e la nascita di una dimensione comunitaria addirittura come un pericolo per il modello economico e sociale imperanti. Essi considerano il comunitarismo una sorta di variante del comunismo, non solo per l'evidente affinita' lessicale. Perche' c'e' bisogno di comunita'? Per ragioni relazionali ed ecologiche, per ristabilire un senso di sicurezza e per produrre significato nella nostra esistenza. Per classificare le molteplici esperienze di vita comunitaria in corso e' bene cominciare a distinguere tra le esperienze presenti in occidente (e piu' in generale nel mondo ricco) e quelle negli altri paesi (poveri, o impoveriti); nei quali sono ancora diffuse culture basate su modelli che noi chiamiamo tradizionali, utilizzando un termine che forse non e' del tutto corretto. Esistono modelli diversi di comunita' ai quali accennero' per far capire quali sono le approssimazioni possibili e i criteri che dovremmo seguire per stabilire in che misura questi esperimenti si avvicinano o meno a un modello ideale di comunita' nonviolenta. Alcune comunita' si ispirano a principi anarchici. Qualcuno ha definito Gandhi l'"anarchico gentile". Il termine anarchia non dovrebbe essere usato nel senso negativo che gli viene spesso attribuito. Gandhi immaginava che fosse possibile costruire una rete mondiale, oceanica, di villaggi, di piccole comunita' che permettesse di superare l'idea di stato. Secondo questa concezione, il villaggio era sinonimo di piccola scala, quella nella quale e' possibile costruire sia relazioni piu' profonde e durature, sia un modello di economia e di vita nonviolento, nella interconnessione di una gigantesca rete su scala mondiale che permetta di stabilire relazioni di interdipendenza senza cadere nella dipendenza. La dimensione di scala era quindi molto ben presente nella concezione sociale di Gandhi e alcune comunita' anarchiche, in occidente, si richiamano in maniera talvolta implicita a questo modello, pur con qualche approssimazione. Ne esistono un po' ovunque, anche in Italia. Alcuni studi hanno preso in considerazione soprattutto la comunita' degli "Elfi del gran burrone". Sono comunita' che introducono alcuni elementi caratteristici di una economia nonviolenta, in particolare quello dell'autosufficienza, del lavoro senza condizioni di sfruttamento, senza "padroni", un punto centrale delle Comunita' dell'Arca promosse da Lanza del Vasto. Un limite di queste comunita' e' che molto spesso in esse non c'e' sufficiente attenzione ad altre dimensioni considerate solitamente indispensabili in una prospettiva nonviolenta. Una seconda dimensione, o caratteristica, con la quale classificare le comunita' e' quella di natura religiosa, ben presente nel caso delle comunita' dell'Arca cosi' come in molte altre. Alcune esperienze assumono una dimensione religiosa new age. Ben nota e' la comunita' di Damanhur, anch'essa oggetto di analisi sociologiche, che pur praticando alcuni degli aspetti che caratterizzano le forme di economia e di relazione nonviolenta presenta a nostro parere forti limiti sul piano relazionale. Tutte le principali religioni hanno esaltato e praticato forme di vita comunitaria. Nell'islam c'e' l'umma, la comunita' per eccellenza. In questo periodo, in cui molti vedono l'islam secondo un immaginario negativo, e' importante ricordare e far conoscere questa dimensione comunitaria. Nel buddhismo c'e' la sangha, la comunita', vista come il luogo per eccellenza in cui rafforzare il percorso di costruzione della propria forza interiore. E' in essa che si trova rifugio nei momenti difficili della vita. Nell'India c'e' la tradizione degli ashram che e' stata poi orientata da Gandhi verso veri e propri modelli di economia nonviolenta. Nel cristianesimo potrebbe sembrare a prima vista che questa tradizione si sia andata perdendo in seguito al prevalere di un modello di economia capitalista e allo smembramento della societa', sempre piu' individualista. Oltre alle comunita' d'ispirazione cristiana e nonviolenta come l'Arca, e' da ricordare la tradizione delle comunita' monastiche e degli ordini religiosi, che negli ultimi tempi si stanno orientando sempre piu' verso coerenti scelte di vita nonviolenta, spesso in controtendenza rispetto alla cultura religiosa dominante. Ci sono poi comunita' di ispirazione piu' laica, che non si richiamano esplicitamente a concezioni religiose o politiche, senza tuttavia escluderle a livello personale. Un possibile esempio e' quello dei nuclei familiari che si sono costituiti in forme che approssimano l'idea di comunita'. Una delle esperienze che bisogna prendere seriamente in considerazione e conoscere meglio e' quella dei "bilanci di giustizia", che ha portato nuclei di famiglie a vivere in una dimensione che si puo' definire di tipo "comunitario lasco". Quindi esse non vivono necessariamente nello stesso ambiente, con rapporti quotidiani molto stretti, ma mantengono comunque dimensioni di tipo comunitario che comportano il ritrovarsi, l'analizzare insieme i problemi che si affrontano, in particolare dentro la prospettiva che questa campagna di bilanci di giustizia propone: la riduzione dei consumi e la ricerca di uno stile di vita equo e sostenibile. Quali sono le attivita' che le comunita' normalmente svolgono e quali alcuni dei risultati piu' interessanti? Li elenco in modo molto sommario, ma importante per avere un quadro che ci permetta di capire che questa strada e' realmente percorribile. C'e' innanzitutto la ricerca dell'autosufficienza, che dovrebbe essere realizzata su due piani: alimentare ed energetico, entrambi fondamentali per ridurre l'impronta ecologica e riportarla, a livello individuale e collettivo, dentro i vincoli e i limiti della sostenibilita' ambientale. Anche quando non si parlava ancora di impronta ecologica, tutto cio' era stato colto con grande lungimiranza da coloro che hanno avviato le prime comunita' gandhiane sia in India che in occidente. E' un punto qualificante, fondamentale per poter parlare di comunita' nonviolente. Il secondo aspetto altrettanto importante, piu' difficile da valutare, ma che si puo' cogliere quando si partecipa direttamente a una di queste esperienze, e' la qualita' delle relazioni interpersonali, che Romesh Diwan chiama "benessere relazionale". Questa e' una delle caratteristiche piu' importanti per poter sostenere che una comunita' sta vivendo in una prospettiva nonviolenta. Non so se esistano dei parametri precisi quantitativi, pero' quando si entra in una di queste comunita' ci si accorge che c'e' un clima diverso, ci si accorge che tutto cio' che circonda le persone avviene con ritmi e con una qualita' differente da quelli che caratterizzano la vita all'esterno. La qualita' relazionale ha a che fare con la qualita' della vita, e' un aspetto fondamentale che richiede un'attenzione e una cura particolari per rendere la qualita' della vita decisamente piu' avanzata rispetto alla media degli ambienti circostanti. L'ultimo aspetto che si coglie in molte di queste esperienze di comunita' che si richiamano alla nonviolenza e' la semplicita' volontaria, che comprende sia condizioni estetiche sia materiali ed e' stata teorizzata e praticata da coloro che ci hanno preceduto in questa sperimentazione. Per tentare di tradurre in pratica questi ideali, la gamma di attivita' possibili e' diversificata: da quella, gia' ricordata, dell'agricoltura, all'artigianato, all'accoglienza (nei confronti di chi vive situazioni di disagio), alla cooperazione internazionale e ad altro ancora. Abbiamo dunque molte comunita' in Italia che vale la pena di conoscere, e faro' un breve cenno a due esperienze fra le tante. La prima e' un'iniziativa che, nella sua parzialita', come tutte le iniziative, si propone di introdurre alla conoscenza della nonviolenza a partire da esperienze di vita reale, quotidiana, mediante i "campi estivi" promossi dal MIR-MN. Sebbene questi campi durino soltanto una settimana, essi permettono di solito di accostarsi in modo significativo ad esperienze di vita comunitaria che altri gia' conducono su scale assai diverse, da quella molto ridotta di una singola famiglia, alla famiglia allargata, alla famiglia che accoglie. E' un modo interessante e intelligente per conoscere e sperimentare direttamente. Una comunita' che merita segnalare per la bella e articolata esperienza che sta conducendo e' la "comunita' di Sestu" (dal nome di una localita' nei pressi di Cagliari): uno splendido esempio di semplicita' volontaria, accoglienza, autosufficienza e attenzione alla vita locale. Per avere una visione d'insieme piu' articolata e precisa manca una sorta di mappa ragionata che offra un quadro delle possibilita' gia' in atto e ci aiuti a scoprire il gran numero di persone che si sono incamminate lungo la strada della vita comunitaria nonviolenta. Ognuna di queste esperienze e' un segnale di speranza e un'ancora di salvezza in questi tempi quanto mai travagliati. 4. INIZIATIVE. COORDINAMENTO COMASCO PER LA PACE: APRIAMO LUOGHI DI PACE [Riceviamo e diffondiamo questo appello del Coordinamento comasco per la pace; per contatti: tel. 031701517] Dopo i tragici eventi dell'11 settembre avvenuti a New York, la strada che e' stata scelta per rispondere ai terroristi e' ancora una volta quella della guerra. E' una strada apparentemente piu' diretta e veloce, ma che di fatto aggiunge morti ai morti, devasta ambienti. E anche il nostro paese ne e' direttamente coinvolto. In questo turbine della nostra storia, ha ancora senso parlare di pace? E in che modo e a quale prezzo? Gli interrogativi sui fatti drammatici dei nostri giorni sono tanti e comprensibilmente carichi di sofferte emozioni e anche di pregiudizi. Non di rado si invocano da qualche autorita' morale risposte immediate e chiarificatrici (per lo piu' nell'attesa di essere confermati in cio' che ciascuno ha gia' giudicato dentro di se'!). Molti, in particolare, gli interrogativi gravi che ci si pongono di fronte alle notizie e alle immagini terribili di questi mesi e di questi giorni. Si vorrebbe capire, giudicare, vedere come agire per chiudere con il terrorismo, la paura, la guerra, per operare seriamente per una pace duratura. Due sono le domande da cui partiamo. Sul terrorismo: come e' possibile tanta crudelta'? Quanto grandi sono le responsabilita' dei governi e nostre nell'aver generato tanto odio? Sulla guerra: il conflitto armato in corso per "legittima difesa" e' almeno effettivamente efficace per vincere il terrorismo? Quanto esso e' anche ritorsione e vendetta? La guerra, soprattutto, riapre e mette a nudo una serie di problematiche mondiali irrisolte che ci interrogano quotidianamente: il concetto stesso di guerra e dei suoi strumenti; la definizione di nemico; i concetti di pace, di giustizia e di solidarieta'; il concetto di difesa; il ruolo dell'Onu e degli organismi sovranazionali; il ruolo delle religioni e delle chiese; il ruolo del singolo e della sua coscienza; il sistema economico mondiale; il ruolo della politica. Ci pare che aprire luoghi di pace possa servire: - come occasione di riflessione condivisa, serena, documentata e non preconcetta per chiunque ne senta il bisogno; - come testimonianza, semplice ma viva, che non esiste solo la strada della guerra; - come modalita' nonviolenta ed aperta di interazione tra singoli e gruppi; - come costruzione di possibili modalita' alternative alla violenza e al sistema vigente. La proposta e' semplice: a partire dal primo gennaio 2002 le associazioni, i Comuni, le parrocchie, le persone aderenti all'iniziativa, ogni giorno, a turno, renderanno disponibile la loro sede o la loro casa (nei limiti della disponibilita' di spazio di ciascuno) per due ore al mattino, pomeriggio o sera, organizzando, nelle forme che riterranno opportune, un momento di approfondimento e riflessione. E' possibile prevedere scambi di opinioni spontanee, relazioni di esperti, proiezione di audiovisivi e/o filmati, creazione di documenti, di materiale fotografico, celebrazioni religiose, laboratori di approfondimento, cene, concerti, spettacoli, ecc. In questo modo potra' essere creato un calendario che per il momento non prevede una data di chiusura - la quale verra' concordata in base allo svolgersi degli eventi internazionali e in base all'andamento dell'esperienza - che vedra' ogni gruppo impegnato una o piu' volte al mese, a seconda del numero degli aderenti. Per tenere un filo conduttore dell'iniziativa e' importante che ogni associazione o Comune produca un sintetico contributo scritto riguardo la serata dallo stesso organizzata. Il contributo verra' inviato a tutte le altre associazioni o comuni partecipanti. Verra' inoltre creato un simbolo che sara' esposto in tutti i luoghi di pace. La proposta e' valida anche per quelle famiglie che desiderano aprire la propria casa per una serata di convivialita' (ovviamente a numero chiuso). Per informazioni e adesioni, tel. 031701517. 5. RIFLESSIONE. ETTORE MASINA: UNA LETTERA AGLI AMICI [Ettore Masina diffonde mensilmente una lettera circolare agli amici che con lui cooperano in riflessioni ed esperienze di pace e di giustizia. Riproduciamo di seguito la lettera di questo mese. Per contattare Ettore Masina: tel. 068102216] Chiedo scusa a chi non e' - o non vuole dirsi - cristiano se questa lettera e' indirizzata alle mie sorelle e ai miei fratelli nella fede: ma credo che anche loro, le altre mie sorelle e gli altri miei fratelli certamente non meno amati, possano condividere certi dolori, rimorsi e speranze. Forse dovremmo scrivere cosi': "Nell'anno primo dell'impero del Giustiziere Infinito, mentre il popolo afghano piangeva i suoi bambini uccisi o mutilati in nome della vendetta per i crimini orrendi del terrorista bin Laden; e il popolo palestinese veniva massacrato dall'esercito del terrorista Sharon che pensava di poter spegnere nel sangue degli innocenti il fanatismo suicida dei disperati; e il popolo argentino mostrava con il proprio sangue le glorie del neoliberismo globalizzatore; mentre l'Italia era governata da un miliardario che riduceva le tasse ai ricchi e i servizi sociali ai poveri, sotto il sommo pontefice Karol Woytjla, i cui solenni insegnamenti di pace venivano strangolati dai suoi stessi collaboratori, la Parola di Dio scese sui cristiani e li interrogo': "Che dite di tutto questo?". Parafrasi blasfema del vangelo di Luca? Forse che non dobbiamo porre accanto alla Bibbia i nostri giornali? Il nostro Dio sta rinserrato nella vaghezza di cieli lontanissimi o invece perpetuamente si incarna nella storia dei poveri, delle vittime, degli oppressi? Quando, dopo avere venerato il Risorto, i primi evangelisti decisero di parlare della sua nascita, leggenda o realta', non ebbero dubbi: Colui che aveva ripreso vita nella oscura Valle dei Morti ed era stato giustiziato fuori dalle mura della Citta' non poteva che essere nato in una grotta, non essendoci posto per lui fra la gente "che conta". Non aveva, nella pienezza della sua maturita', proclamato che un giorno saremo giudicati per cio' che avremo fatto o non avremo fatto ai poveri, poiche' e' a lui che lo avremo o non lo avremo fatto? E che stiamo facendo ai poveri? Il Natale-Luna Park che ci circonda ha previsto elemosine e panettoni per i clochards e i senza-meta che si aggirano fra noi. Ma i popoli-esuberi, insignificanti nelle statistiche dei prodotti-interni-lordi, l'immensa umanita' che va perdendo sembianze umane nella stretta della miseria, occupano davvero nei nostri pensieri, anche in questa cosiddetta "festa della bonta'", altro spazio che quello degli incubi di una possibile disperata violenza da reprimere con guerre preventive? Essere poveri e' diventato, davanti ai nostri occhi di benestanti, un reato, un segno di sovversivismo. Temo che non ci rendiamo conto che la nostra spietatezza non ha effetti soltanto sui miseri. Cambia anche noi, in peggio. Come un corpo deforme rivestito da un abito ormai logoro, in questa fine d'anno la societa' in cui viviamo svela ripugnanti nudita'. Sotto la civilta' di cui ci proclamiamo orgogliosi, rosseggiano le piaghe di un profondo nichilismo morale. Eleganti vetrine propagandano "Oh, my dog!", un profumo per cani. "Costa caro ma ne vendiamo molto" mi dice una commessa. Tra le luci del paganesimo natalizio intere strade sono contornate da grandi cartelloni sui quali si distendono donne nude, dal corpo florido e dal volto ottuso: "Vestiti, svergognata!" e' lo slogan che compare su queste immagini, tratte da qualche libro sui postriboli. (Ma certo! Noi non siamo barbari come i talebani, niente burqa per le nostre donne!). Al TG1 serale il solito giornalista con le stellette annunzia con voce trionfale che i marinai italiani sono passati sotto comando americano, mentre, a immagine e somiglianza del suo collega di Washington, il ministro Martino sembra non gia' metterci in guardia ma assicurarci (si': assicurarci!) che "i nostri ragazzi" corrono gravi rischi. Soltanto aneddoti? O spie di vetro che crepitano in fessure che si ingrandiscono e minacciano la stabilita' della casa in cui viviamo? Cambiano le monete di cui ci serviremo nel 2002 ma non le orrende, blasfeme, delinquenziali spese militari per un esercito di mercenari costretti dalla disoccupazione al mestiere delle armi. Gli imputati VIP saliti al potere stravolgono le leggi che li riguardano e insultano i giudici. Mentre riportano l'Italia al rango di lumicino dell'Europa, svendono alla CIA e al Pentagono la nostra sovranita' nazionale ma la invocano per tutelarsi dalle leggi che l'Europa va dandosi e dalle quali sentono minacciata la loro arrogante impunita'. Eppure questo desolante panorama italiano e' una specie di fiorito paravento se lo si paragona allo svolgersi di eventi ben piu' terribili. L'Africa sembra una immensa zattera della "Medusa", galleggia su un oceano di disperazione, alla mortalita' infantile si aggiunge la lunga agonia di una generazione di giovani colpiti dall'AIDS. Guerre infami sponsorizzate dalle multinazionali del petrolio, delle armi, dei diamanti travolgono interi popoli, straziano l'infanzia di decine di migliaia di ragazzini trasformati in feroci guerrieri. Ma non v'e' ormai continente in cui "l'imperialismo internazionale del danaro" (cito un'espressione usata da tre papi) non generi milioni di morti precoci. Quando i G7 o 8 si incontrano, quando il WTO celebra i suoi raduni, a me sembra di rivivere uno dei peggiori momenti della mia vita: ero appena arrivato a Bombay, stavo mangiando in un famoso ristorate, mi accorsi che al di la' di un vetro un gruppetto di miserabili guardava estaticamente i miei bocconi: niente e' cambiato, da allora: o e' mutato in peggio, le grandi Carte dell'ONU, che parlano di eguaglianza fra i popoli, di liberta' dal bisogno, sembrano ormai reperti d'antiquariato. Il Natale di questo 2001 piuttosto che il volo degli angeli sembra richiamare il precipitare delle persone impazzite dalle Due Torri e invece del placido sonno del bambino Gesu' la manina senza vita che spunta dai cingoli dei carri armati israeliani a Betlemme. Qualcuno ha proposto che durante la messa della notte di Natale non si canti il "Gloria", troppo triste e' il contesto planetario. E' una proposta scandalosa contro lo scandalo del silenzio e dell'inerzia di tante comunita' cristiane davanti all'agonia di interi popoli, ai sistemi di violenza che generano disperazione in nome del Mercato, cioe' del potere dei ricchi. Forse questa proposta ha una sua dolorosa validita' perche' potrebbe mostrare a molti che quando la religione diventa un fatto intimista, soltanto consolatorio, individuale o familistico, senza connessione alcuna con il dolore che serra il nostro pianeta, si trasforma in un conformismo che non ha niente a che vedere con i profeti e con Gesu' di Nazareth. E pero' io credo che il Gloria che noi cantiamo o recitiamo ogni domenica non sia un illusorio grido di gioia perche' nel mondo tutto andrebbe bene. Al contrario, il nostro Gloria e' soltanto un grido di fede: poiche' noi lo rivolgiamo a un Messia rifiutato sin da piccino, a un salvatore immolato in nome della ragion di Stato, al fondatore di una Chiesa che spesso sa leggere di lui soltanto qualche precetto da galateo e non un messaggio radicale di giustizia e di amore. E' in questo lacerante contrasto fra la potenza di Dio e l'apparente vittoria del male che noi siamo costretti a prendere posizione, a scoprire che siamo le mani di Lui, e che Egli ha scelto di agire soltanto per nostro mezzo: il nostro glorificarLo e' dunque un riconoscerci strumenti di una Creazione che continua, di un mondo che va incessantemente modificato; e il Bambino che veneriamo e' un figlio che ci e' donato: generati dall'amore, dobbiamo noi stessi generare speranze. La Chiesa ha continuato a cantare il suo Gloria, nella infedelta' che spesso la contraddistingue, nei tanti secoli bui della storia della Terra: in mezzo a terribili persecuzioni, durante guerre spietate, in anni in cui ogni valore sembrava disperso e un'ignoranza greve e profonda sembrava l'unica forza della storia: lasciar cadere il Gloria in un silenzio luttuoso a me sembrerebbe piuttosto un cedimento alla mentalita' pagana dei rapporti di forza: cantare gloria al Piccolo e al Debole e all'Inerme, nel gelo di una storia tenebrosa significa attendere con incerta certezza, con speranza strappata testardamente, ora dopo ora, alla disperazione, che si compiano le profezie: "Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo saltera' come un cervo e gridera' di gioia la lingua del muto". Buon Natale! Buon Natale! Ettore Masina P.S. 1. Libri: Questo mese vi segnalo due libri recentissimi. Il primo ha come titolo: Ezechiele Ramin. Testimone della speranza. Contiene le lettere e gli scritti di un ragazzo che si fece sacerdote e ando' a morire in Brasile, per i poveri e con i poveri, nei quali coglieva lucidamente il sacramento del Cristo. A 32 anni non si possono avere, in genere, grandi acquisizioni culturali; ma si possono avere - e queste pagine lo dimostrano - la sapienza del cuore e il coraggio del martirio. A cura di Ercole Ongaro, "lo storico della Rete Radie' Resch", e di Famiano Ramin, fratello di Ezechiele, Testimone della Speranza puo' essere richiesto alla Rete Radie' Resch, via Piave 22, 51039 Quarrata (PT). Il secondo libro che vi segnalo e' di Giancarlo Zizola, e' intitolato L'ultimo trono. Papa Woytjla e il futuro della Chiesa, ed e' pubblicato da "Il Sole-24 Ore". Questo giornale economico ha una singolare caratteristica: pubblica, la domenica, un supplemento culturale di grande qualita', e Giancarlo Zizola ne e' assiduo collaboratore. In questo libro egli raccoglie e "riorganizza" le attente valutazioni dell'insegnamento e delle scelte del papa polacco che egli segue appassionatamente sin dalla sua ascesa al pontificato. Senza omaggi cortigiani e senza pregiudizi partigiani, le pagine di Zizola rivelano ancora una volta la lucidita' del suo pensiero, la rigorosa valutazione delle fonti, il cristiano censimento di speranze che la realpolitik (neppure quella della Curia vaticana) non riesce a spegnere. P.S. 2. "Lettera" viene inviata a chiunque me ne faccia richiesta. Il mio indirizzo e': via Cinigiano 13, 00139 Roma, tel. 068102216. Un contributo alle spese di fotocopiatura e postali e' assai gradito. I versamenti possono essere effettuati sul ccp 49249006 intestato a Luca Lo Cascio, via Leone Magno 56, 00167 Roma. Un archivio dei miei scritti (e di quelli di Clotilde) e' ospitato in un sito affettuosamente posto a disposizione da un gruppo di amici. L'indirizzo e': www.namaste-ostiglia.com P.S. 3. Un'avvertenza: Per il "caso Safiya" ho ricevuto in poco piu' di 15 giorni quasi 4.500 messaggi e-mail e ne sono nati alcuni equivoci; puo' dunque darsi che questa "Lettera" giunga anche a persone che non me l'avevano chiesta. Se e' cosi', mi scuso per l'invadenza e le prego di segnalarmela. 6. STRUMENTI. ALESSANDRO MARESCOTTI: PUBBLICATO L'ANNUARIO DELLA PACE, ORGANIZZIAMO INIZIATIVE DI PRESENTAZIONE [Alessandro Marescotti e' il presidente di Peacelink. Questa sua lettera e' stata inviata ad associazioni e persone che sono state citate (o che sono state coinvolte nelle iniziative elencate) nell'Annuario della Pace, edito da Asterios (Trieste) e patrocinato dalla Fondazione Venezia per la Ricerca sulla Pace. Per contatti con Alessandro Marescotti: e-mail: a.marescotti at peacelink.it, sito: www.peacelink.it] Scheda del volume: Fondazione Venezia per la Ricerca sulla Pace, Annuario della pace, Asterios Editore. 438 pagine, 23 euro. Quando sara' presente il testo nelle librerie? E' uscito a meta' dicembre 2001 e quindi e' gia' disponibile; per altre informazioni si puo' contattare la casa editrice Asterios tel. 040811286. Il volume ha diverse parti che sono state curate direttamente da PeaceLink e che sono costate molte ore di lavoro nella difficile impresa di mettere insieme quante piu' informazioni possibili senza lasciar fuori dell'Annuario nessuna delle cento anime che compongono il movimento pacifista italiano. L'editore Asterios di Trieste (tel. 040811286, fax: 040825455, web: www.asterios.it) ha deciso di fare uno sconto ai gruppi che ordinano un quantitativo adeguato (ad es. minimo 5 libri); tale sconto e' del 50% rispetto al prezzo di copertina (che e' 23 euro, ossia 44.534 lire). Il prezzo e' dovuto al volume che e' di ben 438 pagine. Il libro puo' quindi essere utilizzato: 1) o come autofinanziamento del gruppo e delle iniziative antiguerra; 2) o come autofinanziamento di iniziative umanitarie in Afghanistan (come Emergency). Nella spedizione in contrassegno non si pagano le spese di spedizione e quindi la proposta e' particolarmente interessante e vantaggiosa. Pertanto chiediamo a tutti i gruppi citati nel libro di fare una presentazione dell'Annuario della pace nella propria citta'; e chiediamo alle riviste che ricevono questo messaggio di far conoscere l'Annuario sulle loro pagine; i singoli sono pregati di far circolare la notizia che l'Annuario e' uscito. I gruppi che - senza investire nulla - volessero appoggiarsi ad una libreria locale potrebbero suddividere lo sconto del 50% con la libreria (30 alla libreria e 20 all'associazione) oppure possono delegare tutto alla libreria (che pero' non avrebbe dal distributore le stesse condizioni) e sfruttare i locali della libreria solo per la presentazione rimanendo fuori da ogni aspetto economico. 7. RIFLESSIONE. I VOLONTARI DELL'AIFO: ALCUNI DEI MILLE MOTIVI PER DIRE NO ALLA GUERRA [Riceviamo e diffondiamo questa lettera scritta dai volontari dell'AIFO (Associazione italiana Amici di Raoul Follerau). Per contatti: e-mail: info at aifo.it; sito: www.aifo.it] Un celebre libro di dom Helder Camara, indimenticabile vescovo brasiliano e compagno di strada dei piu' poveri, s'intitola "Mille ragioni per vivere". Noi membri di un'associazione popolare impegnata in 50 paesi del mondo ed in Italia con centinaia di volontari che operano per la solidarieta' e per la giustizia sociale vogliamo esprimere alcuni dei mille motivi per dire no alla guerra. No, perche' la condanna nei confronti del terrorismo e di ogni forma di violenza ed il cordoglio per i morti non puo' generare e giustificare un'azione di guerra patita da una popolazione inerme e vessata da anni dai suoi stessi governanti. Negli ultimi decenni il 90% delle vittime delle guerre sono civili. In Afghanistan stanno morendo bambini, donne, uomini stremati da freddo, fame o uccisi da "bombe intelligenti". No, perche' e' inutile. Rispondere al terrorismo con la guerra e' inutile e legittima l'avversario. I primissimi giorni del conflitto alcuni autorevoli commentatori affermavano che bisognava evitare di usare il termine guerra perche' cio' avrebbe significato conferire ai terroristi lo status di nemico combattente ed era inaccettabile. Al di la' dei sofismi linguistici il significato profondo non e' trascurabile. La lotta al terrorismo si combatte togliendo nutrimento al terrorismo, bloccandone i finanziamenti, le relazioni, portandolo allo scoperto. Il terrorismo si combatte prosciugandone il brodo di coltura: il malcontento, i facili fanatismi; la guerra sta viceversa alimentando questi fattori. No, perche' e' retorica. Si afferma che dobbiamo difendere il mondo libero, il nostro stile di vita. Come suoneranno queste parole a chi del nostro stile di vita paga il prezzo: gli affamati, i senza acqua e senza cure, le vittime di tante guerre alimentate piu' dagli interessi dei potentati economici che da conflitti tribali. E' retorica perche' ci si accorge delle donne e del popolo afghano solo oggi, dopo aver chiuso per anni gli occhi sulle vessazioni di un regime oscurantista e crudele. No, perche' e' una guerra paravento. Dietro una spettacolare azione di forza si lasciano irrisolti i problemi veri che affondano le loro cause nella ingiusta distribuzione delle risorse del pianeta, nell'aver piegato le scelte politiche ai poteri economici, nel ricordarsi dell'importanza delle Nazioni Unite solo quando servono a legittimare le scelte dei potenti. Quelle Nazioni Unite troppo frequentemente svuotate di una credibilita' che oggi si cerca di conquistare con il conferimento del Premio Nobel. No, perche' si fonda sull'ambiguita' della violenza. Se accettiamo la violenza e' difficile demarcare il confine tra una forma di violenza legale ed una terroristica. Non dimentichiamo che paesi come gli Stati Uniti hanno sostenuto per anni uomini oggi definiti terroristi e finanziato forme di guerriglia che hanno rovesciato i legittimi governi di alcuni paesi. No, perche' nasce dalla logica dei due pesi e due misure. L'attacco e' frutto del diniego del governo afgano di consegnare agli americani Bin Laden, considerato artefice della morte di 7.000 persone. Ricordiamo che nell'84 a Bhopal in India l'incidente ad un impianto chimico della Union Carbide provoco' 16.000 vittime tra morti e disabili. Il governo indiano chiese a quello statunitense la consegna di Warren Anderson, presidente della Union Carbide, per processarlo in India, gli Usa si rifiutarono. Si obiettera' che quello fu un incidente e non un atto di terrorismo e quindi i termini della questione sono profondamente diversi, precisazione che andrebbe fatta pero' anche quando piu' volte si sente paragonare i fatti di questi giorni all'invasione nazista della Polonia. Di fatto pochissime famiglie indiane sono state risarcite dalla Union Carbide ed il sig. Anderson ha eluso la sue responsabilita'. No, perche' e' fatta di un linguaggio ingannevole. Si usano termini che non hanno alcun riscontro con la realta': "Liberta' duratura" e' il nome dell'operazione. Liberta' da cosa? Dal terrorismo forse? Se domani gli Usa riuscissero ad acciuffare Bin Laden, se lo stesso governo afghano glielo consegnasse, davvero potremmo metterci l'anima in pace rispetto al terrorismo? Quanti Bin Laden sono alimentati da questa esagerata ostentazione di muscoli degli USA e dei loro alleati? "Bombe intelligenti", terminologia che offende il genere umano che notoriamente dovrebbe ritenersi intelligente. Le bombe sono degli ordigni di morte programmati per colpire un bersaglio, potremmo definirle difettose, precise, killer ma mai intelligenti. E' una guerra che parla il linguaggio dei media, ma gli orrori della guerra rimangono anche quando spegniamo il nostro apparecchio televisivo o cambiamo canale. Padre Zanotelli da Korogocho, la baraccopoli keniana in cui vive, ha inviato un messaggio ai volontari AIFO in cui spiega che con i fatti dell'11 settembre e' la prima volta che l'attacco arriva al cuore dell'impero. Continua ricordando che noi oggi piangiamo i morti americani ma che allo stesso modo dovremmo piangere i milioni di morti per fame a causa dell'apartheid economica che governa il mondo. Su 36 milioni di malati di AIDS, ventisei milioni vivono in Africa, tutti destinati a morire. Dice Zanotelli: "L'AIDS, la fame, la malattia, sono un fuoco che avanza e distrugge milioni di persone. Non possono esserci morti di serie A e morti di serie B". Con Zanotelli, Raoul Follereau e tutte le donne e gli uomini di pace diciamo: e' con una rivoluzione culturale che vinceremo il terrorismo e la violenza. Partendo dal sovvertimento della logica "se vuoi la pace prepara la guerra" e con la pratica del "se vuoi la pace costruisci la giustizia". La guerra e' una finta scorciatoia. I morti americani come i morti di tutte le guerre che si consumano oggi su questo pianeta non ci chiedono di imboccare scorciatoie, ci chiedono di guardare in faccia ai problemi veri, quelli della gente. Ci chiedono una politica che guardi al bene della polis e non agli interessi dei potenti di turno. Ci chiedono la pace in terra e non quella eterna dei bombardamenti o dei cadaveri che rientrano in patria avvolti in una bandiera. 8. LETTURE. CESARE PAVESE. LE POESIE Cesare Pavese, Le poesie, Einaudi, Torino 1998, pp. 420, lire 10.000. Una nuova edizione dell'opera in versi di Pavese arricchita da molti inediti e un cospicuo apparato critico. 9. LETTURE. OLIVIER TODD: ALBERT CAMUS, UNA VITA Olivier Todd, Albert Camus, una vita, Bompiani, Milano 1997, pp. 862, lire 65.000. Una utile e bella biografia, di taglio giornalistico ma molto informata e scrupolosa, e di dimensioni quasi monumentali; l'autore e' assai preciso su Camus, ma sovente ingeneroso e semplicistico nei confronti di quanti ebbero a polemizzare con lui. 10. RILETTURE. FRANCO BASAGLIA: SCRITTI Franco Basaglia, Scritti, Einaudi, Torino 1981-1982, due volumi per complessive pp. 1.040. L'opera scritta di uno dei piu' grandi pensatori ed operatori della liberazione e della dignita' umana. 11. RILETTURE. BERTOLT BRECHT: L'ABICI' DELLA GUERRA Bertolt Brecht, L'abici' della guerra, Einaudi, Torino 1975, 1980, pp. 224. Curato da Renato Solmi (un maestro e un amico che qui salutiamo con gratitudine e devozione) e dal Collettivo cinema militante di Torino, uno strumento di lavoro straordinario. 12. DA TRADURRE. NICASIO ALVAREZ DE CIENFUEGOS: POESIAS Nicasio Alvarez de Cienfuegos, Poesias, Castalia, Madrid 1969, 1980, pp. 228. Il poeta illuminista e liberale spagnolo che tutti noi leopardiani leggendolo sentiamo di trovarci con un amico. Edizione pregevole, a cura di Jose' Luis Cano; segnaliamo a p. 148 una nota erronea: e' La rosa del desierto di Cienfuegos fonte della Ginestra leopardiana e non viceversa; a p. 165 e' saltato un verso del fondamentale En alabanza de un carpintero llamado Alfonso (lo rileva John H. R. Polt che lo reintegra nella sua edzione dello stesso testo in Poesia del siglo XVII, Castalia, Madrid 1987, p. 341). 13. DA TRADURRE. MARIE-ANNE LESCORRET, EMMANUEL LEVINAS Marie-Anne Lescorret, Emmanuel Levinas, Flammarion, Paris 1994, 1996, pp. 448. Una delle migliori monografie sul grande pensatore dell'alterita'. 14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 15. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ; per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ; angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 321 del 24 dicembre 2001
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