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La nonviolenza e' in cammino. 320
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 320
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 23 Dec 2001 20:34:55 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 320 del 23 dicembre 2001 Sommario di questo numero: 1. Giobbe Santabarbara, sulla dialettica 2. Susan Sontag, sul linguaggio totalitario 3. Davide Melodia, un epigramma 4. Luca Kocci: riviste, case editrici e siti di pace, a Venezia 5. Enrique Dussel: modernita', globalizzazione ed esclusione (parte terza e conclusiva: schema e note) 6. Letture: Paola Carlucci, Associazioni di donne a Firenze negli anni '80 e '90 7. Letture: Gary Minda, Teorie postmoderne del diritto 8. Letture: Ernesto Oliva, Salvo Palazzolo, L'altra mafia 9. Letture: Vittorio Parola, Filippo Russo, La globalizzazione e la crisi dell'impero americano 10. Letture: Maria Teresa Siniscalco, Il telegiornale a scuola 11. Riletture: Ernesto Balducci, Il cerchio che si chiude 12. Riletture: Federico Caffe', La solitudine del riformista 13. Riletture: Danilo Dolci, Esperienze e riflessioni 14. Riletture: Lanza del Vasto, Vinoba o il nuovo pellegrinaggio 15. Riletture: Leopold Sedar Senghor, Oeuvre poetique 16. Peppe Sini, giornalismo 17. La "Carta" del Movimento Nonviolento 18. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: SULLA DIALETTICA In un bell'articolo sulla dialettica, apparso su un recente numero dello "Spectator" (il 639 del 4 dicembre 1712, ma io lo leggo in Addison, Il tappezziere politico, Colombo Editore, 1945, alle pp. 159-162), il nostro buon maestro Giuseppe Addison ci guida a perlustrare "i diversi metodi che la gente suol adoperare nelle discussioni". E dopo averci presentato quello di Socrate, i ritrovati di Aristotele, le tecniche in plurisecolare uso nelle universita' - e sovrana quella detta "argumentum baculinum", che un filosofo italiano tradusse come filosofia del manganello, ed aver ricordato che "questo modo di discutere somiglia molto a quello degli Stati, i quali incaricano alcune migliaia di disputanti di convincersi reciprocamente a colpi di spada", conclude accennando a due argomenti di grande efficacia persuasiva. L'uno particolarmente sviluppato nel corso della storia dai papisti, mediante cui "i disputanti convincevano i loro avversari d'eresia portando come argomenti una serie di fascine". E si e' visto, aggiunge l'illustre autore, "che il dolore illumina le menti piu' del ragionamento, e per rimuovere i troppi scrupoli si e' fatto ricorso a macchine speciali, adeguate all'uopo". L'altro, "che raramente fallisce allo scopo... consiste nel ricorrere ai pronti contanti", concludendone che "chi e' rifornito di argomenti dalla Zecca, potra' convincere il proprio contraddittore molto piu' facilmente di chi debba trarli dalla scienza o dalla filosofia. L'oro e' un meraviglioso chiarificatore di punti oscuri; dissipa in un istante qualsiasi dubbio o scrupolo... Filippo di Macedonia faceva uso volentieri di questo metodo; con esso confuto' tutti i sapienti d'Atene, fece ammutolire i suoi oratori, e alla fine pote' privarla tranquillamente di tutte le sue liberta'". * La sapeva lunga, il nostro buon maestro Addison. Quel suo articolo mi e' tornato in mente, ed ho voluto riassumerlo qui, dopo aver letto una lettera di un amico che si chiedeva perche' coloro che mane e sera dai mass-media ci imboniscono e ad un tempo ci incattiviscono (nel senso di ridurci in cattivita' e nel senso di renderci piu' stupidi e piu' cattivi come spiego' una volta Adorno) siano cosi' compatti ed entusiasti nel sostenere che sia dolce e decoroso far guerra a poveri innocenti (innocenti, e poveri), e ridurli a brani, e poi pretendere dai superstiti l'ossequio piu' osceno, alla stregua di tante Rosmunde. Sono davvero tutti svaniti i signori giornalisti ed opinionisti ed intellettuali e parlamentari che truculenti e garruli pontificano in pro delle stragi (beninteso: delle stragi fatte da noi) da radio, tv e prime pagine? Sono davvero cosi' sciocchi come vogliono farci credere, o non c'e' qualcosa di peggio? Io penso qualcosa di peggio. 2. MAESTRE. SUSAN SONTAG: SUL LINGUAGGIO TOTALITARIO [Da Susan Sontag, Malattia come metafora, Einaudi, Torino 1979, 1980, pp. 65-67] I movimento totalitari moderni, di destra come di sinistra, hanno mostrato una tendenza particolare - e rivelatrice - a servirsi di immagini di malattia. (...) Paragonare un avvenimento o una situazione politica a una malattia significa attribuire una colpa e prescrivere una punizione. Questo vale soprattutto per l'uso del cancro come metafora. (...) Definire cancro un fenomeno e' un incitamento alla violenza. 3. RIFLESSIONE. DAVIDE MELODIA: UN EPIGRAMMA [Davide Melodia e' una delle figure piu' vive della nonviolenza in Italia. Per contatti: melody at libero.it] Archimede, secondo Pappo, disse: "Dammi un punto d'appoggio, e sollevero' il mondo". Il leader supremo occidentale dice: "Dammi un bel pretesto, e distruggero' il mondo". 4. INIZIATIVE. LUCA KOCCI: RIVISTE, CASE EDITRICI E SITI DI PACE, A VENEZIA [Questo articolo e' apparso nel n. 89/2001 del notiziario "Adista" (www.adista.it). Per contattare l'autore, Luca Kocci: lkocci at tiscali.it] Si e' svolto, lo scorso 8 e 9 dicembre, al Fondaco dei Tedeschi di Venezia (un magazzino-merci di eta' rinascimentale, per anni sede delle Poste, ora in procinto di trasferirsi in un altro edificio), il primo Salone dell'editoria di pace. Promosso dalla Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace, il salone ha visto la partecipazione di oltre 60 fra case editrici, riviste e associazioni impegnate sui temi della pace, della giustizia e della mondialita': grandi gruppi editoriali (Editori Riuniti, Paoline, Cittadella, ecc.), riviste ormai 'storiche' ("Azione nonviolenta", "Mosaico di pace", "Nigrizia", "Missione oggi", "Guerre & pace", "Servitium", "Segno", "Esodo", ecc.), associazioni da anni sulla breccia (Amnesty International, Beati i costruttori di pace, Cipax, Pax Christi, Mani Tese, Movimento Nonviolento, ecc.) e tante piccole case editrici diffuse capillarmente sul territorio (Asterios, Beppe Grande, Edizioni Gruppo Abele, La meridiana, Quale vita, Il segno dei Gabrielli, Nuova dimensione, La piccola ecc.). Il risultato finale e' stato un caleidoscopio, spesso oscurato e schiacciato dai meccanismi dell'industria culturale, di editori piccoli e grandi che lavorano per produrre, sotto forma di libri e riviste, parole di giustizia e di pace. "Con la carta stampata, strumento per comunicare ma anche oggetto su cui riflettere - spiega Giovanni Benzoni, responsabile del progetto Iride, il programma editoriale della Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace -, ci auguriamo che si possa realizzare quell'operazione specifica di confronto, di progetto e di radicamento nella memoria che sono modi antichi e sempre all'ordine del giorno per fare la pace". Oltre 15 i libri che sono stati presentati al salone, fra cui l'Annuario della pace (Asterios, pp. 438, L. 44.000), promosso dalla stessa Fondazione e curato da Salvatore Scaglione, con la collaborazione delle riviste "Nigrizia" e "Internazionale" e del sito internet di Peacelink: il racconto dei fatti di pace e di guerra avvenuti in Italia e nel mondo da maggio 2000 a giugno 2001, arricchito da approfondimenti su particolari temi e questioni realizzati da specialisti provenienti da varie esperienze a matrici culturali (fra le altre e' possibile leggere analisi di Giampaolo Calchi Novati sulle guerre in Africa, di Giulietto Chiesa sulla Cecenia, di Raniero La Valle sulla crisi mediorientale, di Amos Luzzatto e Stefano Allievi sulla pace nella tradizione ebraica e islamica, di Enrico Peyretti sulla difesa popolare nonviolenta), "nella persuasione - spiega Scaglione - che un mondo rigidamente indicato come "del pacifismo" necessiti di quella pluralita' che il suo opposto, la guerra, nega alla radice". E poi ancora una sezione dedicata alle "tecniche di pace" e al tema "informazione e pace", una serie di "consigli di lettura" (si parla, fra gli altri, di Eugen Drewermann, Simone Weil e don Lorenzo Milani) e un inedito di don Giuseppe Dossetti in cui l'anziano sacerdote (siamo a Montesole nel 1995, un anno prima della sua morte) dialoga sul tema della pace e della giustizia attraversando trasversalmente e criticamente la tradizione biblica e il magistero della Chiesa. Le somme le tira Giovanni Benzoni, vero "regista" dell'iniziativa: "da due donne del secolo scorso abbiamo appreso che l'effetto peggiore della guerra e' quello di imporre un unico modo di pensare a tutti (Simone Weil) e che pero' ciascuno puo' raccogliersi e distruggere in se' cio' per cui ritiene di dover distruggere gli altri (Etty Hillesum). Da papa Giovanni XXIII abbiamo appreso, in modo definitivo e piu' radicalmente dell'articolo 11 della nostra Costituzione, che ogni guerra e' insensata. Sono elementi che in questo nuovo secolo sono rimessi in discussione non solo nei fatti ma nel profondo sentire comune: questi due modi giocati sulla carta, Annuario e Salone dell'editoria di pace, sono occasioni per ritrovare ragioni che aiutino ad essere operatori di pace". 5. RIFLESSIONE. ENRIQUE DUSSEL: MODERNITA', GLOBALIZZAZIONE ED ESCLUSIONE (PARTE TERZA E CONCLUSIVA: SCHEMA E NOTE) [Enrique Dussel e' uno dei più importanti e lucidi pensatori contemporanei: un pensatore del sud del mondo, dove si pensano concretamente cose decisive per tutti; un pensatore del sud del mondo, quindi un militante antifascista in senso forte - globale, verrebbe da dire; un pensatore del sud del mondo, ed in particolare il pensatore che ha elaborato con maggior profondita' ed impegno la "filosofia della liberazione". Il testo seguente, che nuovamente proponiamo, e' quello della relazione tenuta a un convegno svoltosi a Citta' del Messico nel novembre 1995, ed e' apparso nel volume di autori vari, curato da Heinz Dieterich, su Globalización, exclusión y democracia en América Latina, Editorial Joaquín Mortiz, México 1997; la traduzione italiana e' apparsa presso La Piccola Editrice di Celleno (VT) nel 1999 col titolo Globalizzazione, esclusione e democrazia in America Latina (e ci permettiamo di raccomandarne la lettura anche per altri saggi ed interventi che il volume contiene). Per contattare la Piccola Editrice: via Roma 5, 01022 Celleno (VT), tel. e fax 0761/912591. Enrique Dussel e' nato in Argentina nel 1934, ha studiato a Madrid, Parigi, Friburgo, Magonza. Dottore in filosofia e teologia, e' docente all'Universita' Nazionale Autonoma del Messico. Impegnato per i diritti umani e dei popoli, nel 1975 in Argentina e' sfuggito miracolosamente ad un attentato. Tra le opere di Enrique Dussel segnaliamo particolarmente Etica comunitaria, Cittadella, Assisi 1988; (a cura di), La Chiesa in America Latina, Cittadella, Assisi 1992; Storia della Chiesa in America Latina (1492-1992), Queriniana, Brescia 1992; Filosofia della liberazione, Queriniana, Brescia 1992; L'occultamento dell'«altro», La Piccola, Celleno 1993; Un Marx sconosciuto, Manifestolibri, Roma 1999] Schema 1 [Essendo il testo presente diffuso via internet in formato "solo testo" per renderlo leggibile dal maggior numero possibile di interlocutori, non possiamo riprodurre qui lo schema che Dussel propone, per il quale rinviamo all'edizione a stampa del libro; segnaliamo tuttavia i termini di esso riproducendone qui le parti testuali senza i grafici (che ovviamente sono indispensabili per una corretta intellezione)]. Un esempio della struttura centro-periferia nel "centro" e nella "periferia" coloniale (XVIII secolo) Periferia latinoamericana: - Comunità indigene e di schiavi - Repubblica di criollos Centro europeo: - Spagna, Portogallo, etc. - Olanda, Inghilterra, etc. Note: frecce a: dominazione ed esportazione di beni manifatturieri; frecce b: trasferimento di valore e sfruttamento del lavoro; A: potenze "centrali"; B: nazioni semiperiferiche; C: formazioni periferiche; D: sfruttamento del lavoro indigeno e degli schiavi; E: comunità indigene; F: comunità etniche che mantengono una certa esteriorità rispetto al "sistema-mondo" (57). * Note 1. Questa relazione è parte del secondo capitolo di una Etica della liberazione che stiamo elaborando. Alcuni riferimenti a questioni trattate nel capitolo primo si spiegano per questo. 2. Come una "sostanza" che viene inventata in Europa e si espande in tutto il mondo. E' una tesi metafisico-sostanzialista e "diffusionista". Contiene un "errore riduzionista". 3. "Auf dem Boden" significa: all'interno del suo orizzonte regionale. Intendiamo provare che in Europa si compì uno sviluppo come "centro" di un "sistema mondiale" nella Modernità, e non come un sistema indipendente "solo-da-sé" e come il frutto di un mero sviluppo interno, come pretende l' eurocentrismo. 4. Questo "noi" sono, precisamente, gli europei "eurocentrici". 5. In Max Weber, 1956, p. 340. E continua: "Né l'evoluzione scientifica, né quella artistica, né quella dello stato, né quella economica, condussero su quelle vie di razionalizzazione (Rationalisierung) che risultarono proprie dell'Occidente" (Ibid., p. 351). Per ciò Weber si confronta con i babilonesi che non matematizzarono l'astronomia, come invece fecero i greci (ma Weber non sa che i greci questo lo appresero dagli egiziani); o fa riferimento al fatto che la "scienza" sorse in Occidente piuttosto che in India, Cina, etc.: ma dimentica di citare il mondo musulmano, da cui l'Occidente latino apprese nell'aristotelismo l'atteggiamento "sperimentale", empirico (come i francescani di Oxford, o Marsilio da Padova), etc. Si potrebbe sempre dimostrare la falsità di [ovvero "falsificare" in senso popperiano -ndt-] ciascun argomento grecocentrico ed eurocentrico di Weber, se prendiamo il 1492 come ultima data di comparazione tra la pretesa superiorità dell' Occidente e le altre culture. 6. Hegel, Vorlesungen über die Philosophie der Geschichte [Lezioni sulla filosofia della storia], 1971, vol. 12, p. 413. 7. Seguendo Hegel, in Habermas, 1988, p. 27 (edizione spagnola, p. 29). 8. Il "sistema-mondo" o sistema mondiale è lo stadio IV dello stesso sistema interregionale del continente asiatico-afro-mediterraneo, ma ora -correggendo la concettualizzazione di A. G. Frank- effettualmente "mondiale". Cfr. Frank, 1990. Si consultino inoltre sul problema del "sistema-mondo": Abu-Lughod, 1989; Brenner, 1983; Hodgson, 1974; Kennedy, 1987; Mc Neill, 1964; Modelsky, 1987; Mann, 1986; Stavarianos, 1970; Thompson, 1989; Tilly, 1984; Wallerstein, 1974 e 1984. 9. Su questo punto, lo abbiamo già detto, siamo d'accordo con A. G. Frank di chiamare "sistema-mondo" le fasi anteriori del sistema (che per questo abbiamo chiamato "sistema interregionale"). 10. Wallerstein, 1974, I, cap. 6. 11. Ibid., II, capp. 4 e 5. 12. Ibid., III, cap. 3. 13. Si veda Lattimore, 1962; Rossabi, 1982. Per la comprensione della situazione del mondo nel 1400 si veda Wolff, 1982, pp. 24 sgg. 14. Sono stato a Masamba ed ho osservato nel museo di questa città portuale del Kenia porcellana cinese nelle bacheche, così come vistosi orologi e altri oggetti della stessa provenienza. 15. Vi è un'altra ragione della sua mancata espansione esterna: l'esistenza di "spazio" nei territori confinanti con l'impero, il che occupò tutte le sue forze nella "conquista del Sud" per mezzo della nuova coltivazione del riso e nella sua difesa "dal Nord" barbaro. Si veda Wallerstein, 1974, I, pp. 80 ss. (ed. in lingua spagnola), con buoni argomenti contro l' eurocentrismo di Weber. 16. Per esempio Joseph Needham, 1961, 1963 e 1965. Tutto questo in riferimento al timone delle navi, che i cinesi conoscevano dal I secolo d. C. Sono noti l'uso della bussola, la carta, la polvere da sparo ed altre scoperte cinesi. 17. Forse l'unico svantaggio fu costituito dalla caravella portoghese (inventata nel 1441) per navigare nell'Atlantico (che non era necessaria nell'Oceano Indiano) e dal cannone. Quest'ultimo, certo spettacolare, tuttavia di fatto all'infuori delle battaglie navali non ebbe effetto reale in Asia fino al XIX secolo. Carlo Cipolla, 1965, alle pp. 106-107 scrive: "Le armi da fuoco cinesi furono almeno ugualmente valide di quelle occidentali, se non migliori". 18. La prima burocrazia (con alto grado di razionalizzazione weberiana della politica) è la struttura mandarinale come istituzione statale di esercizio del potere. I mandarini non sono nobili, né guerrieri, né membri di un' aristocrazia plutocratica o commerciale; sono in senso stretto un'élite burocratica, i cui esami di ammissione alla carriera si basavano esclusivamente sulla conoscenza della tradizione culturale e delle leggi dell'impero cinese. 19. William de Bary segnala che l'individualismo di Wang Yang-ming, nel XV secolo, in cui si esprimeva l'ideologia della classe burocratica, costituiva una weltanschauung tanto avanzata quanto quella del Rinascimento europeo (Bary, 1970). 20. In numerosi esempi, Thomas Kuhn (Kuhn, 1962) situa l'inizio della rivoluzione scientifica moderna, frutto dell'emersione di un nuovo paradigma, praticamente in coincidenza con l'opera di Newton (XVII secolo). Non studia approfonditamente l'impatto che poterono avere sulla scienza, nella "comunità scientifica", nel secolo XVI, dopo la strutturazione del primo "sistema-mondo", fatti come la scoperta dell'America, la sfericità della terra provata empiricamente dal 1520, etc. 21. Needham, 1963, p. 139. 22. A. R. Hall colloca la rivoluzione scientifica a partire dal 1500 (cfr. Hall, 1954). 23. Pierre Chaunu, 1955, vol. 8/1, p. 50. 24. Colombo sarà di fatto il primo moderno, ma non esistenzialmente (poiché nella sua visione del mondo continuò sempre ad essere un rinascimentale genovese: un membro di un'Italia periferica del "sistema interregionale" III). Cfr. Taviani, 1982; O' Gorman, 1957. 25. Cfr. Zunzunegui, 1941. 26. La Russia non era ancora integrata come "periferia" nello stadio III del sistema interregionale (e tantomeno rispetto al sistema-mondo moderno fino al XVIII secolo, con Pietro il Grande e la fondazione di Pietroburgo sul Baltico). 27. Già nel 1095 il Portogallo ha il rango di regno. In Algarve, nel 1249, la Reconquista termina con questo regno. Enrico il Navigatore (1394-1460) riunisce come un mecenate la scienza cartografica, astronomica e le tecniche di navigazione e della costruzione delle navi, provenienti dal mondo musulmano (con cui è in contatto tramite il Marocco) e dal Rinascimento italiano (attraverso Genova). 28. Wallerstein, I, p. 71 (edizione spagnola). Cfr. Verliden, 1953; Rau, 1957. 29. Cfr. Chaudhuri, 1985. 30. Il mio ragionamento potrebbe sembrare lo stesso di quello di Blaut, 1992, pp. 28 sgg., ma è distinto. Non è che la Spagna fosse geograficamente "più vicina" all'Amerindia. No. Non si tratta di un problema di distanze. E' questo e molto di più. Il fatto è che la Spagna doveva passare per l' Amerindia, non solo perché era più vicina (il che certamente contava, soprattutto rispetto alle grandi culture asiatiche, sebbene non nel caso della turco-musulmana che giungeva al Marocco), bensì perché era il cammino obbligato verso il "centro" del "sistema" -questione che Blaut non tratta-. Inoltre, e d'altra parte, la mia tesi è diversa anche da quella di André Gunder Frank (Blaut, 1992, pp. 65-80), poiché per lui il 1492 costituisce solo un cambiamento secondario interno dello stesso sistema-mondo. Ma se si intende che il "sistema interregionale", nella sua tappa anteriore al 1492, era lo stesso sistema, ma ancora non lo era come sistema "mondiale", il 1492 acquista più importanza di quella che Frank gli concede. Sebbene il sistema sia lo stesso, c'è un salto qualitativo (che, tra gli altri aspetti, costituisce l'origine del capitalismo propriamente detto, salto qualitativo a cui Frank nega importanza, per negar precedente rilevanza a concetti come "valore" e "plusvalore" e, così, attribuire la qualificazione di "capitale" alla "ricchezza" [valore d'uso con possibilità virtuale di porsi come valore di scambio, ma non come capitale] accumulata negli stadi I-III del sistema interregionale). E' una questione teorica cruciale. 31. Dussel, 1995. 32. Cfr. Dussel, 1995, appendice 4, in cui compare la mappa della Quarta Penisola asiatica (dopo quelle arabica, indiana e della Malacca), certamente prodotto di navigazioni di genovesi, in cui l'America del Sud è una penisola addossata al sud della Cina. Questo spiega perché il genovese Colombo ritenesse che l'Asia (America del Sud = quarta penisola a sud della Cina) non fosse tanto lontano dall'Europa. 33. E' quel che denominiamo, filosoficamente, l'"invenzione" di un'Amerindia vista come l'India, in tutti i suoi dettagli. Colombo, esistenzialmente, non "scoprì" né si trovò in Amerindia, "inventò" qualcosa di inesistente: un' India al posto dell'Amerindia, che gli impedì di "scoprire" ciò che aveva davanti ai suoi occhi. Cfr. Dussel, 1993a, cap. 2. 34. Questo è il senso del titolo "Dall'invenzione alla scoperta dell' America" (cap. 2 della mia opera citata). 35. Cfr. Amin, 1970. Quest'opera, tuttavia, non è costruita sull'ipotesi del "sistema-mondo". Parrebbe come se il mondo coloniale fosse uno spazio successivo e verso l'esterno del capitalismo europeo medioevale trasformato "in" Europa nell'epoca moderna. La nostra ipotesi è più radicale: il fatto di scoprire l'America, di integrarla come "periferia", è un fatto simultaneo e co-costitutivo del ristrutturarsi dell'Europa dall'interno come "centro" dell'unico e nuovo sistema-mondo che è, solo adesso e non prima, il capitalismo (prima mercantile e poi industriale). 36. Abbiamo parlato di "Amerindia" e non di America, perché si tratta, durante tutto il XVI secolo, di un continente abitato dagli "indios" (erroneamente denominato così per il riflesso che il "sistema interregionale" nel suo stadio III produceva ancora nel nascente "sistema-mondo" moderno: li si chiamò "indios" a causa dell'India, "centro" del sistema interregionale che scompariva). Il Nordamerica anglosassone nascerà lentamente nel XVII secolo, ma sarà un avvenimento "interno" di una Modernità cresciuta in Amerindia; queste è la "periferia" originante della Modernità, costitutiva della sua prima definizione. E' l'"altra faccia" del fenomeno stesso della Modernità. 37. Unificata con il matrimonio dei re cattolici nel 1474, fondando subito l 'Inquisizione (primo apparato ideologico di stato per creare il consenso), con una burocrazia del cui lavorìo si può prender visione dagli Archivi delle indie (Siviglia) in cui tutto veniva dichiarato, contrattualizzato, certificato, archiviato; con una grammatica della lingua castigliana (la prima di una lingua nazionale in Europa) scritta da Nebrija, nel cui prologo si ammoniscono i Re Cattolici sull'importanza per l'Impero di una sola lingua; l'edizione della Bibbia poliglotta (in sette lingue) di Cisneros, molto superiore a quella posteriore di Erasmo per il suo rigore scientifico, il numero delle lingue e la qualità dell'edizione a stampa prima della fine del XV secolo; con un potere militare che permette di riconquistare Granada nel 1492; con la ricchezza economica degli ebrei, i musulmani andalusi, i cristiani della riconquista, i catalani con le loro colonie nel Mediterraneo, e i genovesi; con artigiani provenienti dell'antico califfato di Cordova. la Spagna è lungi dall'essere nel XV secolo il paese semiperiferico della seconda metà del XVII secolo -unica visione con cui ricordano la Spagna i centroeuropei: un Hegel o un Habermas, per esempio-. 38. La lotta tra la Francia e la Spagna di Carlo V, che esaurì entrambe le monarchie con il collasso economico del 1557, si giocò soprattutto in Italia. Carlo V giunge a tenere tre quarti della penisola. In questo modo la Spagna trasferiva al suo suolo le connessioni con il "sistema" attraverso l' Italia. Per questo tante guerre con la Francia: la ricchezza e l'esperienza di secoli erano essenziali per chi aspirava ad esercitare la nuova egemonia nel "sistema", ed a maggior ragione se era la prima egemonia "mondiale". 39. Ciò che produrrà un aumento straordinario dei prezzi in Europa, insieme a un'inflazione del 1000% durante il XVI secolo. All'esterno questo liquiderà la ricchezza accumulata nel mondo turco-musulmano, e inoltre trasformerà dall'interno l'Idia e la Cina (cfr. Hamilton, 1948 e 1960; Hammarström, 1957). Inoltre, l'arrivo dell'oro dall'Amerindia produsse un' ecatombe continentale totale dell'Africa bantu, con il collasso dei regni della savana subsahariana (Ghana, Togo, Dahomey, Nigeria, etc.) che esportavano oro verso il Mediterraneo; per sopravvivere questi regni aumentano la vendita di schiavi alle nuove potenze europee dell'Atlantico, col che si produce lo schiavismo americano (cfr. Bertaux, 1972: "La tratta degli schiavi"; Godinho, 1950; Chaunu, 1955, vol. VIII/1, p. 57; Braudel, 1946). Tutto l'antico "sistema interregionale" III è assorbito lentamente dal "sistema-mondo" moderno. 40. Tutte le potenze egemoniche posteriori saranno fino al momento presente affacciate sulle sponde dell'Atlantico: Spagna, Olanda, Inghilterra (e in parte la Francia) fino al 1945, ed attualmente gli Stati Uniti. Grazie al Giappone, alla Cina e alla California negli USA, attualmente il Pacifico appare per la prima volta come contrappeso -è forse la novità dell'ormai prossimo XXI secolo-. 41. Wallerstein, 1974, I, p. 64 (ed. spagnola). 42. E' l'ingresso della miniera. 43. Questo testo mi ha reso consapevole da circa trent'anni del fenomeno del feticismo dell'oro, del "denaro", del "capitale" (cfr. Dussel, 1993b). 44. Archivio generale delle Indie (Siviglia), Charcas 313 (cfr. Dussel, 1970, p. 1: si tratta di parte della mia tesi di dottorato alla Sorbona nel 1967). 45. Wallerstein, 1974, I, pp. 234 sgg.: "Da Siviglia ad Amsterdam". 46. Si ricordi che Spinoza (Espinosa), che visse ad Amsterdam (1632-1677), era di una famiglia "askenazita" del regno musulmano di Granada, espulsa dalla Spagna, e che si esiliò nella colonia spagnola delle Fiandre (in Olanda). 47. Cfr. ibid., I, p. 482 (ed. spagnola). 48. Cfr. Wallerstein, 1974, II, cap. 2: "Egemonia olandese sul sistema-mondo". Scrive lo storico: "C'è solo un breve periodo di tempo in cui una determinata potenza del centro può manifestare simultaneamente la sua superiorità produttiva, commerciale e finanziaria su tutte le altre potenze del centro. Questo effimero apogeo è ciò che chiamiamo egemonia. Nel caso dell'Olanda, o Province Unite, questo momento si verificò probabilmente tra il 1625 e il 1675" (p. 39, ed. inglese). Non solo Descartes, ma anche Spinoza, come già abbiamo segnalato, costituiscono la presenza filosofica di Amsterdam "centro" mondiale del sistema (e, perché no?, dell'autocoscienza dell'umanità nel suo "centro", che non è lo stesso che una mera autocoscienza europea). 49. Cfr. Wallerstein, II, cap. 6. Dopo questa data l'egemonia inglese sarà ininterrotta, fatta eccezione per l'epopea napoleonica, fino al 1945, quando l'Inghilterra la perde nei confronti degli Stati Uniti. 50. Cfr. Chaunu, 1969, pp. 119-176. 51. L'Europa aveva approssimatamente 56 milioni di abitanti nel 1500, e 82 nel 1600 (cfr. Cardoso, 1979, vol. I, p. 114). 52. Wallerstein, 1974, I, p. 144 (ed. spagnola). 53. Cfr. Samir Amin, 1974, pp. 309 sgg. 54. Ibid., p. 312. 55. Il processo coloniale termina nella sua gran parte all'inizio del XIX secolo. 56. Il processo coloniale di queste formazioni termina, nella sua gran parte, dopo la cosiddetta seconda guerra mondiale (1945), poiché la superegemonia nordamericana non ha bisogno dell'occupazione militare né della dominazione politico-burocratica (tipiche delle antiche potenze europee, come la Francia o l'Inghilterra), ma solo della gestione della dominazione della dipendenza economico-finanziaria nella sua fase transnazionale. 57. Cfr. Dussel, 1983, vol. I, 1, pp. 223-241. 58. "Musulmana" significa qui ciò che vi era di più "colto" e civilizzato nel XV secolo. 59. Penso che necessariamente il modo di gestire (to manage) il nuovo sistema mondiale coi metodi dell'antico doveva fallire, perché operava in un quadro di variabili che lo rendeva ingovernabile. La Modernità era cominciata ma non aveva ancora dato a se stessa il modo di gestire (to manage) il sistema. 60. In seguito anche l'insulare Inghilterra dovrà gestire (to manage) il sistema. Ambedue le nazioni avevano territori molto esigui, con ridotta popolazione originaria, senz'altra capacità che "l'attitudine borghese" creativa dinanzi all'esistenza. Per la loro debolezza dovettero effettuare un'enorme riforma della gestione (management) dell'impresa metropolitana mondiale. 61. La "fattibilità" tecnica si trasformerà in un criterio di verità, di possibilità, di esistenza: il "verum et factum convertuntur" di Vico. Cfr. il cap. 4.5, più avanti. 62. La Spagna, ed anche il Portogallo col Brasile, intraprese come stato, "impero-mondo", (con risorse militari, burocratiche ecclesiastiche, etc.) la conquista, evangelizzazione e colonizzazione dell'Amerindia. L'Olanda, invece, fonda la "Compagnia delle Indie Orientali" (1602), e successivamente quella delle "Indie Occidentali". Queste "Compagnie" (come le posteriori inglesi, danesi, etc.) sono "imprese" capitalistiche, secolarizzate, private, che funzionano secondo la "razionalità" del mercantilismo (e successivamente del capitalismo industriale). Questo segnala la differente "amministrazione" (management) razionale dell'impresa delle Indie iberiche, e quella della "Seconda Modernità" ("sistema-mondo" non amministrato [managed] da un "impero-mondo"). 63. In ogni sistema la complessità si presenta munita di un processo di "selezione" di elementi che permettano, dinanzi all'aumento della stessa complessità, di conservare l'"unità" del sistema rispetto al contesto. Questa necessità di selezione-semplificazione è sempre un "rischio" (cfr. Luhmann, 1988, pp. 47 sgg.). 64. Cfr. Dussel, 1993a, cap. 5: "Critica del mito della Modernità". Vi furono nel XVI secolo tre posizioni teoriche dinanzi al fatto della costituzione del sistema-mondo: 1) quella di Ginés de Sepúlveda, il rinascentista e umanista moderno, che rilegge Aristotele e dimostra la schiavitù naturale dell'amerindiano, da cui evince la legittimità della conquista; 2) quella dei francescani, come Medieta, che tentano una Cristianità amerindiana utopica (una "repubblica degli indios" sotto l' egemonia della religione cattolica), propria del sistema interregionale III, cristiano-musulmano; e 3) la posizione di Bartolomé de Las Casas, l'inizio del controdiscorso critico all'interno della Modernità (che nella sua opera del 1536, un secolo prima del Discorso sul metodo, intitolata De unico modo, mostra che è l'argomentazione il mezzo razionale attraverso cui attrarre l' amerindio alla nuova civilizzazione). Habermas, come vedremo più avanti, non parla di questo "controdiscorso", e ritiene che tale controdiscorso ha solo due secoli di storia, (ovvero si inizia con Kant). La Filosofia della Liberazione, invece, pensa che questo controdiscorso si origina nel XVI secolo (forse nel 1511 a Santo Domingo con Antón de Montesinos), certamente con Bartolomé de Las Casas nel 1514 (cfr. Dussel, 1983, I, 1, pp. 17-27). 65. Bartolomé de Las Casas, Brevissima relazione sulla distruzione delle Indie, in Casas, 1957, vol. V, p. 137. Ho collocato questo testo all'inizio del volume primo della mia opera Per un'etica della liberazione latinoamericana (Dussel, 1973), poiché sintetizza l'ipotesi generale dell' Etica della Liberazione. 66. Frequentemente nelle storie della filosofia attuali, e soprattutto nelle etiche, si fa un "salto" dai greci (da Platone e Aristotele) a Descartes (1596-1630), che si trasferisce ad Amsterdam nel 1629 e vi scrive il Discorso sul metodo, come abbiamo indicato sopra. Cioè si salta da Atene ad Amsterdam. Nel frattempo sarebbero trascorsi venti secoli senza alcunché di importante. Si comincia lo studio con Bacone (1561-1626), Keplero (1571-1630), Galileo (1564-1642) o Newton (1642-1727). Un Campanella scrive la Civitas solis [La città del sole] nel 1602. Tutto sembra situarsi all' inizio del XVII secolo: il momento che ho chiamato il secondo momento della Modernità. 67. Cfr. Sombart, 1902 e 1920. 68. Cfr. Troeltsch, 1923. 69. Cfr. Habermas, 1981, vol. I, II. Habermas insiste sulla scoperta weberiana della "razionalizzazione", ma dimentica di chiedersi la causa. Credo che la nostra ipotesi vada più a fondo e più avanti: la razionalizzazione weberiana (accolta da Habermas, Apel, Lyotard, etc.) è la mediazione apparentemente necessaria di una semplificazione deformante (della ragion strumentale) della realtà pratica, per trasformarla in qualcosa di amministrabile (manageable), cioè gestibile, governabile, data la complessità dell'immenso sistema-mondo. Non è solo l'amministrabilità (manageability) interna dell'Europa, ma soprattutto l'amministrazione (management) mondiale (centro-periferia). Il superamento tentato da Habermas della ragion strumentale nella ragion comunicativa, non è sufficiente, perché non sono sufficienti i momenti della sua diagnosi sull'origine stessa del processo di razionalizzazione. 70. I postmoderni, in quanto eurocentrici, concordano approssimativamente con la diagnosi weberiana della Modernità. Ed ancor più accentuano gli aspetti razionalizzanti (mezzi di comunicazione, etc.), alcuni li respingono sdegnosamente in quanto dogmatismi metafisici, ma altri li accettano come fenomeni inevitabili e frequentemente come positivi. 71. Descartes, Le discours de la méthode [Discorso sul metodo], IV (Descartes, 1953, p. 148). 72. Cfr. Dussell, 1974a (alla fine) e 1974b, cap. 2, par. 4. Le attuali teorie delle funzioni cerebrali pongono definitivamente in questione questo meccanicismo dualista (cfr. il cap. 3). 73. Kant, Träume eines Geistersehers [I sogni di un visionario] (1766), par. 36; in Kant, 1968, II, p. 940. 74. Galilei, 1933, p. 232. 75. Cfr. Dussel, 1973b. 76. Heidegger, 1963, p. 74 (ed. spagnola). 77. Cfr. Martin Bernal, 1989, I, cap. V, pp. 224 sgg. 78. L'Amerindia e l'Europa hanno una storia pre-moderna, lcosì come l'Africa e l'Asia. Solo il mondo ibrido, la cultura sincretica, la razza meticcia latinoamericana, che nacque nel XV secolo (il figlio di Malinche e Hernán Cortés potrebbe essere considerato il suo simbolo; cfr. Octavio Paz, 1950), ha 500 anni. 79. Cfr. tra gli altri: Lyotard, 1979; Rorty, 1979; Derrida, 1964, 1967a e 1967b; Marquart, 1981; Vattimo, 1985; Welsch, 1993; etc. 80. Questa parola spagnola (desarrollismo) che non esiste in altre lingue, indica la "fallacia" di pretendere uno "sviluppo" [desarrollo] (la parola Entwicklung ha una stretta origine filosofica hegeliana) uguale per il "centro" e la "periferia", non comprendendo che la "periferia" non è arretrata (cfr. Hinkelammert, 1970a e 1970b), cioè non è un prius [prima] cronologico che aspetta uno sviluppo uguale a quelli dell'Europa o degli Stati Uniti (come in un rapporto "bambino/adulto"), bensì è una posizione asimmetrica di dominato, una posizone simultanea di sfruttato (come nel rapporto "signore libero/schiavo" [servo/padrone, nella corrente traduzione italiana della celebre figura hegeliana -ndt-]). L'"arretrato" (bambino) potrebbe seguire il cammino del "progredito" (adulto) e arrivare a svilupparsi, mentre che lo "sfruttato" (schiavo) per quanto lavori mai sarà "libero" (signore), perché la sua propria soggettività dominata include il "rapporto" con il dominatore. I "modernizzatori" della "periferia" sono "desarrollisti" perché non avvertono che si deve superare la relazione stessa di dominazione su scala mondiale, come prerequisito per lo "sviluppo nazionale". La globalizzazione non ha affatto estinto, in alcun modo, il problema "nazionale". 81. Cfr. Habermas, 1981, vol. I, 1, 2, da [2] a [4], e particolarmente la discussione con P. Winch e A. MacIntyre. 82. Vedremo che Lévinas, "padre del pensiero postmoderno francese" (da Derrida in avanti), non è postmoderno né nega la ragione (cfr. più avanti il cap. 4.2), fino alla totalizzazione della ragione (strumentale, strategica, cinica, ontologica, etc.). La Filosofia della Liberazione, dalla fine degli anni sessanta, studiò Lévinas per la sua critica radicale della dominazione. Nell'introduzione alla mia opera Filosofia della Liberazione (Dussel, 1977) indicavo che la Folosofia della Liberazione era una filosofia "postmoderna" (p. 11), a partire dal "secondo Heidegger", ma anche a partire dalla critica della "ragione totalizzante" effettuata da Marcuse e Lévinas. Sembrerebbe che fossimo "postmoderni" ante litteram, ma in realtà eravamo critici dell' ontologia e della Modernità a partire dalla "periferia", il che significava (e significa ancora) qualcosa di molto differente, che cercheremo di spiegare. 83. Finora i postmoderni continuano ad essere eurocentrici. Il dialogo con le culture "diverse" è, per ora, una dichiarazione senza seguito. Pensano che la cultura di massa, i media (televisione, cinema, etc.) impatterà sulle culture periferiche urbane fino ad anichilire le loro "differenze". Di modo che ciò che osserva Vattimo a Torino, o Lyotard a Parigi, tra poco varrà per Nuova Delhi o Nairobi; e non trovano il tempo di analizzare la dura irriducibilità dell'orizzonte culturale ibrido (che non è assolutamente una esteriorità, ma che ancora per secoli non sarà un'interiorità univoca nel sistema globalizzato) che riceve questi impatti informativi. 84. Cfr. L'opera di Jameson, 1991, sulla logica culturale del tardo-capitalismo come postmoderno. 85. Nel "socialismo reale" staliniano il criterio era la crescita del tasso di produzione -misurato in ogni modo da un valore approssimato di mercato dei prodotti-). Si tratta dello stesso tipo di feticismo. Cfr. Hinkelammert, 1984, cap. 4: "Il quadro categoriale del pensiero sovietico" (pp. 123 sgg.). 86. Marx, 1957, p. 313 (I, p. 362). 87. Ibid. 88. La pura necessità senza denaro non è mercato, è solo miseria, miseria crescente ed inevitabile. 89. Marx, 1867, I, p. 588. Qui è opportuno ricordare una volta di più che il Rapporto sullo Sviluppo Umano 1992 [Human Development Report 1992], 1992, dimostra in modo incontrovertibile che il 20% più ricco della terra consuma oggi (come mai nella storia mondiale) l'82,7% dei beni (incomes) del pianeta, mentre il restante 80% dell'umanità consuma solo il 17,3% dei suddetti beni. Tale concentrazione è frutto del "sistema-mondo" di cui stiamo parlando in questo capitolo. 90. Marcuse, 1968, ed. in lingua spagnola pp. 189-190. 6. LETTURE. PAOLA CARLUCCI: ASSOCIAZIONI DI DONNE A FIRENZE NEGLI ANNI '80 E '90 Paola Carlucci, Associazioni di donne a Firenze negli anni '80 e '90, Centro editoriale toscano, Firenze 1999, pp. 454, lire 40.000. Una vasta e approfondita ricerca documentaria che presenta ed analizza numerosissime esperienze associative e riflessioni collettive delle donne a Firenze. 7. LETTURE. GARY MINDA: TEORIE POSTMODERNE DEL DIRITTO Gary Minda, Teorie postmoderne del diritto, Il Mulino, Bologna 2001, pp. 452, lire 56.000. Una interessantissima ricognizione del dibattito statunitense attuale sulla teoria del diritto. Che segnaliamo non solo ai culturi di discipline giuridiche (e' una delle cose piu' catastrofiche della cultura italiana, pregiarsi di essere erede della cultura giuridica romana e praticare invece l'illegalita' come sport nazionale, proclamarsi ad ogni pie' sospinto il paese di Beccaria ed essere invece quello del manzoniano Azzeccagarbugli). 8. LETTURE. ERNESTO OLIVA, SALVO PALAZZOLO: L'ALTRA MAFIA Ernesto Oliva, Salvo Palazzolo, L'altra mafia, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001, pp. 188, lire 20.000. Ricostruita sugli atti giudiziari, sui documenti disponibili e sugli studi piu' rigorosi, la prima biografia del boss Bernardo Provenzano; un'analisi delle strategie della mafia, della sua capacita' di adattamento dinamico al mutare del contesto unendo piu' elementi: gestione della violenza, sistema imprenditoriale, costruzione di reti di alleanze; un'analisi assai utile per combattere il potere mafioso oggi. Con un denso saggio introduttivo di Umberto Santino. 9. LETTURE. VITTORIO PAROLA, FILIPPO RUSSO: LA GLOBALIZZAZIONE E LA CRISI DELL'IMPERO AMERICANO Vittorio Parola, Filippo Russo, La globalizzazione e la crisi dell'impero americano, Coralli, Fiumicino 2001, pp. 96, lire 7.800. Dopo la tragedia dell'11 settembre una riflessione a due voci sulla globalizzazione e la guerra, ma anche sulle alternative possibili alle ingiustizie e alla violenza. 10. LETTURE. MARIA TERESA SINISCALCO: IL TELEGIORNALE A SCUOLA Maria Teresa Siniscalco, Il telegiornale a scuola, Paravia, Torino 1999, pp. 192, lire 25.000. Un percorso didattico di alfabetizzazione televisiva per studenti compresi in una fascia di eta' che va dai 12 ai 18 anni, per migliorare la comprensione dell'informazione televisiva d'attualita'. 11. RILETTURE. ERNESTO BALDUCCI: IL CERCHIO CHE SI CHIUDE Ernesto Balducci, Il cerchio che si chiude, Marietti, Genova 1986, 1988, pp. 168. Una intervista autobiografica di uno dei piu' grandi pensatori e costruttori della pace e della dignita' umana, a cura di Luciano Martini. Di una tenerezza e una profondita' straordinarie. 12. RILETTURE. FEDERICO CAFFE': LA SOLITUDINE DEL RIFORMISTA Federico Caffe', La solitudine del riformista, Bollati Boringhieri, Torino 1990, pp. 278, lire 24.000. Una raccolta di articoli scritti da Caffe' negli anni '70 e '80; una grande lezione morale e civile; la lucidita' intellettuale, il rigore stilistico, l'appassionato impegno umano e politico di uno dei piu' grandi economisti e maestri di umanita' e di cultura del Novecento. 13. RILETTURE. DANILO DOLCI: ESPERIENZE E RIFLESSIONI Danilo Dolci, Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974, pp. 314. Una raccolta di scritti dal 1954 al 1973 del grande nonviolento, una delle figure piu' luminose del Novecento, e delle piu' rimosse dalla cultura di massa. 14. RILETTURE. LANZA DEL VASTO: VINOBA O IL NUOVO PELLEGRINAGGIO Lanza del Vasto, Vinoba o il nuovo pellegrinaggio, Jaca Book, Milano 1980, pp. 246. Lanza del Vasto racconta Vinoba. E' uno dei libri piu' belli per accostarsi alla nonviolenza. 15. RILETTURE. LEOPOLD SEDAR SENGHOR: OEUVRE POETIQUE Leopold Sedar Senghor, Oeuvre poetique, Seuil, Paris 1964, 1990, pp. 446. L'edizione definitiva e integrale dell'opera poetica di Senghor, uno dei capolavori della poesia del Novecento. 16. POUR TOUT VOUS DIRE. PEPPE SINI: GIORNALISMO C'e' un solo giornale che leggo volentieri da cima a fondo, si chiama "Tanto per abbaiare", circola attraverso la rete telematica, e puo' essere richiesto gratuitamente inviando una e-mail all'indirizzo di posta elettronica ricc at libero.it. Lo scrive il miglior giornalista italiano vivente, che si chiama Riccardo Orioles. Sa scrivere cose vere e terribili cosi' come in anni lontani sulla prima pagina di un giornale sapevano scrivere il Pasolini corsaro e luterano, il Cassola disarmista e il Fortini fortiniano, ed oggi riesce quasi soltanto a Pintor. Riccardo Orioles e' stato compagno di lotta e di avventure di Pippo Fava, e ne prosegue l'avventura intellettuale e morale, e la lotta contro la mafia e il fascismo. Scrive, quando ci vuole, come Karl Kraus. Traduce meravigliosamente i lirici greci. Sa ascoltare e sa levare la voce. Non si e' mai arreso. Ogni volta che mi capita di rileggere quelle note gramsciane sul giornalismo integrale penso a Riccardo Orioles. E credo sia uno dei sintomi della catastrofe morale e intellettuale della vita civile italiana il fatto che non ci sia un grande quotidiano nazionale sulla cui prima pagina compaia il nome di questo intellettuale della Magna Grecia che sa tutto sulle nuove tecnologie dell'informazione e che da trent'anni combatte il potere mafioso non solo con la denuncia, l'inchiesta, la resistenza piu' nitida ed intransigente, ma costruendo zone liberate ("I siciliani", "Avvenimenti", le tante esperienze di informazione democratica che ha contribuito a far esistere) e dando un esempio di vita che ricorda Socrate e Simone Weil. 17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 18. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ; per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ; angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 320 del 23 dicembre 2001
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