La nonviolenza e' in cammino. 320



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 320 del 23 dicembre 2001

Sommario di questo numero:
1. Giobbe Santabarbara, sulla dialettica
2. Susan Sontag, sul linguaggio totalitario
3. Davide Melodia, un epigramma
4. Luca Kocci: riviste, case editrici e siti di pace, a Venezia
5. Enrique Dussel: modernita', globalizzazione ed esclusione (parte terza e
conclusiva: schema e note)
6. Letture: Paola Carlucci, Associazioni di donne a Firenze negli anni '80 e
'90
7. Letture: Gary Minda, Teorie postmoderne del diritto
8. Letture: Ernesto Oliva, Salvo Palazzolo, L'altra mafia
9. Letture: Vittorio Parola, Filippo Russo, La globalizzazione e la crisi
dell'impero americano
10. Letture: Maria Teresa Siniscalco, Il telegiornale a scuola
11. Riletture: Ernesto Balducci, Il cerchio che si chiude
12. Riletture: Federico Caffe', La solitudine del riformista
13. Riletture: Danilo Dolci, Esperienze e riflessioni
14. Riletture: Lanza del Vasto, Vinoba o il nuovo pellegrinaggio
15. Riletture: Leopold Sedar Senghor, Oeuvre poetique
16. Peppe Sini, giornalismo
17. La "Carta" del Movimento Nonviolento
18. Per saperne di piu'

1. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: SULLA DIALETTICA
In un bell'articolo sulla dialettica, apparso su un recente numero dello
"Spectator" (il 639 del 4 dicembre 1712, ma io lo leggo in Addison, Il
tappezziere politico, Colombo Editore, 1945, alle pp. 159-162), il nostro
buon maestro Giuseppe Addison ci guida a perlustrare "i diversi metodi che
la gente suol adoperare nelle discussioni".
E dopo averci presentato quello di Socrate, i ritrovati di Aristotele, le
tecniche in plurisecolare uso nelle universita' - e sovrana quella detta
"argumentum baculinum", che un filosofo italiano tradusse come filosofia del
manganello, ed aver ricordato che "questo modo di discutere somiglia molto a
quello degli Stati, i quali incaricano alcune migliaia di disputanti di
convincersi reciprocamente a colpi di spada", conclude accennando a due
argomenti di grande efficacia persuasiva.
L'uno particolarmente sviluppato nel corso della storia dai papisti,
mediante cui "i disputanti convincevano i loro avversari d'eresia portando
come argomenti una serie di fascine". E si e' visto, aggiunge l'illustre
autore, "che il dolore illumina le menti piu' del ragionamento, e per
rimuovere i troppi scrupoli si e' fatto ricorso a macchine speciali,
adeguate all'uopo".
L'altro, "che raramente fallisce allo scopo... consiste nel ricorrere ai
pronti contanti", concludendone che "chi e' rifornito di argomenti dalla
Zecca, potra' convincere il proprio contraddittore molto piu' facilmente di
chi debba trarli dalla scienza o dalla filosofia. L'oro e' un meraviglioso
chiarificatore di punti oscuri; dissipa in un istante qualsiasi dubbio o
scrupolo... Filippo di Macedonia faceva uso volentieri di questo metodo; con
esso confuto' tutti i sapienti d'Atene, fece ammutolire i suoi oratori, e
alla fine pote' privarla tranquillamente di tutte le sue liberta'".
*
La sapeva lunga, il nostro buon maestro Addison.
Quel suo articolo mi e' tornato in mente, ed ho voluto riassumerlo qui, dopo
aver letto una lettera di un amico che si chiedeva perche' coloro che mane e
sera dai mass-media ci imboniscono e ad un tempo ci incattiviscono (nel
senso di ridurci in cattivita' e nel senso di renderci piu' stupidi e piu'
cattivi come spiego' una volta Adorno) siano cosi' compatti ed entusiasti
nel sostenere che sia dolce e decoroso far guerra a poveri innocenti
(innocenti, e poveri), e ridurli a brani, e poi pretendere dai superstiti
l'ossequio piu' osceno, alla stregua di tante Rosmunde.
Sono davvero tutti svaniti i signori giornalisti ed opinionisti ed
intellettuali e parlamentari che  truculenti e garruli pontificano in pro
delle stragi (beninteso: delle stragi fatte da noi) da radio, tv e prime
pagine? Sono davvero cosi' sciocchi come vogliono farci credere, o non c'e'
qualcosa di peggio?
Io penso qualcosa di peggio.

2. MAESTRE. SUSAN SONTAG: SUL LINGUAGGIO TOTALITARIO
[Da Susan Sontag, Malattia come metafora, Einaudi, Torino 1979, 1980, pp.
65-67]
I movimento totalitari moderni, di destra come di sinistra, hanno mostrato
una tendenza particolare - e rivelatrice - a servirsi di immagini di
malattia. (...) Paragonare un avvenimento o una situazione politica a una
malattia significa attribuire una colpa e prescrivere una punizione. Questo
vale soprattutto per l'uso del cancro come metafora. (...) Definire cancro
un fenomeno e' un incitamento alla violenza.

3. RIFLESSIONE. DAVIDE MELODIA: UN EPIGRAMMA
[Davide Melodia e' una delle figure piu' vive della nonviolenza in Italia.
Per contatti: melody at libero.it]
Archimede, secondo Pappo, disse:
"Dammi un punto d'appoggio,
e sollevero' il mondo".
Il leader supremo occidentale dice:
"Dammi un bel pretesto,
e distruggero' il mondo".

4. INIZIATIVE. LUCA KOCCI: RIVISTE, CASE EDITRICI E SITI DI PACE, A VENEZIA
[Questo articolo e' apparso nel n. 89/2001 del notiziario "Adista"
(www.adista.it). Per contattare l'autore, Luca Kocci: lkocci at tiscali.it]
Si e' svolto, lo scorso 8 e 9 dicembre, al Fondaco dei Tedeschi di Venezia
(un magazzino-merci di eta' rinascimentale, per anni sede delle Poste, ora
in procinto di trasferirsi in un altro edificio), il primo Salone
dell'editoria di pace. Promosso dalla Fondazione Venezia per la ricerca
sulla pace, il salone ha visto la partecipazione di oltre 60 fra case
editrici, riviste e associazioni impegnate sui temi della pace, della
giustizia e della mondialita': grandi gruppi editoriali (Editori Riuniti,
Paoline, Cittadella, ecc.), riviste ormai 'storiche' ("Azione nonviolenta",
"Mosaico di pace", "Nigrizia", "Missione oggi", "Guerre & pace",
"Servitium", "Segno", "Esodo", ecc.), associazioni da anni sulla breccia
(Amnesty International, Beati i costruttori di pace, Cipax, Pax Christi,
Mani Tese, Movimento Nonviolento, ecc.) e tante piccole case editrici
diffuse capillarmente sul territorio (Asterios, Beppe Grande, Edizioni
Gruppo Abele, La meridiana, Quale vita, Il segno dei Gabrielli, Nuova
dimensione, La piccola ecc.). Il risultato finale e' stato un caleidoscopio,
spesso oscurato e schiacciato dai meccanismi dell'industria culturale, di
editori piccoli e grandi che lavorano per produrre, sotto forma di libri e
riviste, parole di giustizia e di pace. "Con la carta stampata, strumento
per comunicare ma anche oggetto su cui riflettere - spiega Giovanni Benzoni,
responsabile del progetto Iride, il programma editoriale della Fondazione
Venezia per la ricerca sulla pace -, ci auguriamo che si possa realizzare
quell'operazione specifica di confronto, di progetto e di radicamento nella
memoria che sono modi antichi e sempre all'ordine del giorno per fare la
pace".
Oltre 15 i libri che sono stati presentati al salone, fra cui l'Annuario
della pace (Asterios, pp. 438, L. 44.000), promosso dalla stessa Fondazione
e curato da Salvatore Scaglione, con la collaborazione delle riviste
"Nigrizia" e "Internazionale" e del sito internet di Peacelink: il racconto
dei fatti di pace e di guerra avvenuti in Italia e nel mondo da maggio 2000
a giugno 2001, arricchito da approfondimenti su particolari temi e questioni
realizzati da specialisti provenienti da varie esperienze a matrici
culturali (fra le altre e' possibile leggere analisi di Giampaolo Calchi
Novati sulle guerre in Africa, di Giulietto Chiesa sulla Cecenia, di Raniero
La Valle sulla crisi mediorientale, di Amos Luzzatto e Stefano Allievi sulla
pace nella tradizione ebraica e islamica, di Enrico Peyretti sulla difesa
popolare nonviolenta), "nella persuasione - spiega Scaglione - che un mondo
rigidamente indicato come "del pacifismo" necessiti di quella pluralita' che
il suo opposto, la guerra, nega alla radice". E poi ancora una sezione
dedicata alle "tecniche di pace" e al tema "informazione e pace", una serie
di "consigli di lettura" (si parla, fra gli altri, di Eugen Drewermann,
Simone Weil e don Lorenzo Milani) e un inedito di don Giuseppe Dossetti in
cui l'anziano sacerdote (siamo a Montesole nel 1995, un anno prima della sua
morte) dialoga sul tema della pace e della giustizia attraversando
trasversalmente e criticamente la tradizione biblica e il magistero della
Chiesa.
Le somme le tira Giovanni Benzoni, vero "regista" dell'iniziativa: "da due
donne del secolo scorso abbiamo appreso che l'effetto peggiore della guerra
e' quello di imporre un unico modo di pensare a tutti (Simone Weil) e che
pero' ciascuno puo' raccogliersi e distruggere in se' cio' per cui ritiene
di dover distruggere gli altri (Etty Hillesum). Da papa Giovanni XXIII
abbiamo appreso, in modo definitivo e piu' radicalmente dell'articolo 11
della nostra Costituzione, che ogni guerra e' insensata. Sono elementi che
in questo nuovo secolo sono rimessi in discussione non solo nei fatti ma nel
profondo sentire comune: questi due modi giocati sulla carta, Annuario e
Salone dell'editoria di pace, sono occasioni per ritrovare ragioni che
aiutino ad essere operatori di pace".

5. RIFLESSIONE. ENRIQUE DUSSEL: MODERNITA', GLOBALIZZAZIONE ED ESCLUSIONE
(PARTE TERZA E CONCLUSIVA: SCHEMA E NOTE)
[Enrique Dussel e' uno dei più importanti e lucidi pensatori contemporanei:
un pensatore del sud del mondo, dove si pensano concretamente cose decisive
per tutti; un pensatore del sud del mondo, quindi un militante antifascista
in senso forte - globale, verrebbe da dire; un pensatore del sud del mondo,
ed in particolare il pensatore che ha elaborato con maggior profondita' ed
impegno la "filosofia della liberazione". Il testo seguente, che nuovamente
proponiamo, e' quello della relazione tenuta a un convegno svoltosi a Citta'
del Messico nel novembre 1995, ed e' apparso nel volume di autori vari,
curato da Heinz Dieterich, su Globalización, exclusión y democracia en
América Latina, Editorial Joaquín Mortiz, México 1997; la traduzione
italiana e' apparsa presso La Piccola Editrice di Celleno (VT) nel 1999 col
titolo Globalizzazione, esclusione e democrazia in America Latina (e ci
permettiamo di raccomandarne la lettura anche per altri saggi ed interventi
che il volume contiene). Per contattare la Piccola Editrice: via Roma 5,
01022 Celleno (VT), tel. e fax 0761/912591. Enrique Dussel e' nato in
Argentina nel 1934, ha studiato a Madrid, Parigi, Friburgo, Magonza. Dottore
in filosofia e teologia, e' docente all'Universita' Nazionale Autonoma del
Messico. Impegnato per i diritti umani e dei popoli, nel 1975 in Argentina
e' sfuggito miracolosamente ad un attentato. Tra le opere di Enrique Dussel
segnaliamo particolarmente Etica comunitaria, Cittadella, Assisi 1988; (a
cura di), La Chiesa in America Latina, Cittadella, Assisi 1992; Storia della
Chiesa in America Latina (1492-1992), Queriniana, Brescia 1992; Filosofia
della liberazione, Queriniana, Brescia 1992; L'occultamento dell'«altro», La
Piccola, Celleno 1993; Un Marx sconosciuto, Manifestolibri, Roma 1999]
Schema 1
[Essendo il testo presente diffuso via internet in formato "solo testo" per
renderlo leggibile dal maggior numero possibile di interlocutori, non
possiamo riprodurre qui lo schema che Dussel propone, per il quale rinviamo
all'edizione a stampa del libro; segnaliamo tuttavia i termini di esso
riproducendone qui le parti testuali senza i grafici (che ovviamente sono
indispensabili per una corretta intellezione)].
Un esempio della struttura centro-periferia nel "centro" e nella "periferia"
coloniale (XVIII secolo)
Periferia latinoamericana:
- Comunità indigene e di schiavi
- Repubblica di criollos
Centro europeo:
- Spagna, Portogallo, etc.
- Olanda, Inghilterra, etc.
Note: frecce a: dominazione ed esportazione di beni manifatturieri; frecce
b: trasferimento di valore e sfruttamento del lavoro; A: potenze "centrali";
B: nazioni semiperiferiche; C: formazioni periferiche; D: sfruttamento del
lavoro indigeno e degli schiavi; E: comunità indigene; F: comunità etniche
che mantengono una certa esteriorità rispetto al "sistema-mondo" (57).
*
Note
1. Questa relazione è parte del secondo capitolo di una Etica della
liberazione che stiamo elaborando. Alcuni riferimenti a questioni trattate
nel capitolo primo si spiegano per questo.
2. Come una "sostanza" che viene inventata in Europa e si espande in tutto
il mondo. E' una tesi metafisico-sostanzialista e "diffusionista". Contiene
un "errore riduzionista".
3. "Auf dem Boden" significa: all'interno del suo orizzonte regionale.
Intendiamo provare che in Europa si compì uno sviluppo come "centro" di un
"sistema mondiale" nella Modernità, e non come un sistema indipendente
"solo-da-sé" e come il frutto di un mero sviluppo interno, come pretende l'
eurocentrismo.
4. Questo "noi" sono, precisamente, gli europei "eurocentrici".
5. In Max Weber, 1956, p. 340. E continua: "Né l'evoluzione scientifica, né
quella artistica, né quella dello stato, né quella economica, condussero su
quelle vie di razionalizzazione (Rationalisierung) che risultarono proprie
dell'Occidente" (Ibid., p. 351). Per ciò Weber si confronta con i babilonesi
che non matematizzarono l'astronomia, come invece fecero i greci (ma Weber
non sa che i greci questo lo appresero dagli egiziani); o fa riferimento al
fatto che la "scienza" sorse in Occidente piuttosto che in India, Cina,
etc.: ma dimentica di citare il mondo musulmano, da cui l'Occidente latino
apprese nell'aristotelismo l'atteggiamento "sperimentale", empirico (come i
francescani di Oxford, o Marsilio da Padova), etc. Si potrebbe sempre
dimostrare la falsità di [ovvero "falsificare" in senso popperiano -ndt-]
ciascun argomento grecocentrico ed eurocentrico di Weber, se prendiamo il
1492 come ultima data di comparazione tra la pretesa superiorità dell'
Occidente e le altre culture.
6. Hegel, Vorlesungen über die Philosophie der Geschichte [Lezioni sulla
filosofia della storia], 1971, vol. 12, p. 413.
7. Seguendo Hegel, in Habermas, 1988, p. 27 (edizione spagnola, p. 29).
8. Il "sistema-mondo" o sistema mondiale è lo stadio IV dello stesso sistema
interregionale del continente asiatico-afro-mediterraneo, ma
ora -correggendo la concettualizzazione di A. G. Frank- effettualmente
"mondiale". Cfr. Frank, 1990. Si consultino inoltre sul problema del
"sistema-mondo": Abu-Lughod, 1989; Brenner, 1983; Hodgson, 1974; Kennedy,
1987; Mc Neill, 1964; Modelsky, 1987; Mann, 1986; Stavarianos, 1970;
Thompson, 1989; Tilly, 1984; Wallerstein, 1974 e 1984.
9. Su questo punto, lo abbiamo già detto, siamo d'accordo con A. G. Frank di
chiamare "sistema-mondo" le fasi anteriori del sistema (che per questo
abbiamo chiamato "sistema interregionale").
10. Wallerstein, 1974, I, cap. 6.
11. Ibid., II, capp. 4 e 5.
12. Ibid., III, cap. 3.
13. Si veda Lattimore, 1962; Rossabi, 1982. Per la comprensione della
situazione del mondo nel 1400 si veda Wolff, 1982, pp. 24 sgg.
14. Sono stato a Masamba ed ho osservato nel museo di questa città portuale
del Kenia porcellana cinese nelle bacheche, così come vistosi orologi e
altri oggetti della stessa provenienza.
15. Vi è un'altra ragione della sua mancata espansione esterna: l'esistenza
di "spazio" nei territori confinanti con l'impero, il che occupò tutte le
sue forze nella "conquista del Sud" per mezzo della nuova coltivazione del
riso e nella sua difesa "dal Nord" barbaro. Si veda Wallerstein, 1974, I,
pp. 80 ss. (ed. in lingua spagnola), con buoni argomenti contro l'
eurocentrismo di Weber.
16. Per esempio Joseph Needham, 1961, 1963 e 1965. Tutto questo in
riferimento al timone delle navi, che i cinesi conoscevano dal I secolo d.
C. Sono noti l'uso della bussola, la carta, la polvere da sparo ed altre
scoperte cinesi.
17. Forse l'unico svantaggio fu costituito dalla caravella portoghese
(inventata nel 1441) per navigare nell'Atlantico (che non era necessaria
nell'Oceano Indiano) e dal cannone. Quest'ultimo, certo spettacolare,
tuttavia di fatto all'infuori delle battaglie navali non ebbe effetto reale
in Asia fino al XIX secolo. Carlo Cipolla, 1965, alle pp. 106-107 scrive:
"Le armi da fuoco cinesi furono almeno ugualmente valide di quelle
occidentali, se non migliori".
18. La prima burocrazia (con alto grado di razionalizzazione weberiana della
politica) è la struttura mandarinale come istituzione statale di esercizio
del potere. I mandarini non sono nobili, né guerrieri, né membri di un'
aristocrazia plutocratica o commerciale; sono in senso stretto un'élite
burocratica, i cui esami di ammissione alla carriera si basavano
esclusivamente sulla conoscenza della tradizione culturale e delle leggi
dell'impero cinese.
19. William de Bary segnala che l'individualismo di Wang Yang-ming, nel XV
secolo, in cui si esprimeva l'ideologia della classe burocratica, costituiva
una weltanschauung tanto avanzata quanto quella del Rinascimento europeo
(Bary, 1970).
20. In numerosi esempi, Thomas Kuhn (Kuhn, 1962) situa l'inizio della
rivoluzione scientifica moderna, frutto dell'emersione di un nuovo
paradigma, praticamente in coincidenza con l'opera di Newton (XVII secolo).
Non studia approfonditamente l'impatto che poterono avere sulla scienza,
nella "comunità scientifica", nel secolo XVI, dopo la strutturazione del
primo "sistema-mondo", fatti come la scoperta dell'America, la sfericità
della terra provata empiricamente dal 1520, etc.
21. Needham, 1963, p. 139.
22. A. R. Hall colloca la rivoluzione scientifica a partire dal 1500 (cfr.
Hall, 1954).
23. Pierre Chaunu, 1955, vol. 8/1, p. 50.
24. Colombo sarà di fatto il primo moderno, ma non esistenzialmente (poiché
nella sua visione del mondo continuò sempre ad essere un rinascimentale
genovese: un membro di un'Italia periferica del "sistema interregionale"
III). Cfr. Taviani, 1982; O' Gorman, 1957.
25. Cfr. Zunzunegui, 1941.
26. La Russia non era ancora integrata come "periferia" nello stadio III del
sistema interregionale (e tantomeno rispetto al sistema-mondo moderno fino
al XVIII secolo, con Pietro il Grande e la fondazione di Pietroburgo sul
Baltico).
27. Già nel 1095 il Portogallo ha il rango di regno. In Algarve, nel 1249,
la Reconquista termina con questo regno. Enrico il Navigatore (1394-1460)
riunisce come un mecenate la scienza cartografica, astronomica e le tecniche
 di navigazione e della costruzione delle navi, provenienti dal mondo
musulmano (con cui è in contatto tramite il Marocco) e dal Rinascimento
italiano (attraverso Genova).
28. Wallerstein, I, p. 71 (edizione spagnola). Cfr. Verliden, 1953; Rau,
1957.
29. Cfr. Chaudhuri, 1985.
30. Il mio ragionamento potrebbe sembrare lo stesso di quello di Blaut,
1992, pp. 28 sgg., ma è distinto. Non è che la Spagna fosse geograficamente
"più vicina" all'Amerindia. No. Non si tratta di un problema di distanze. E'
questo e molto di più. Il fatto è che la Spagna doveva passare per l'
Amerindia, non solo perché era più vicina (il che certamente contava,
soprattutto rispetto alle grandi culture asiatiche, sebbene non nel caso
della turco-musulmana che giungeva al Marocco), bensì perché era il cammino
obbligato verso il "centro" del "sistema" -questione che Blaut non tratta-.
Inoltre, e d'altra parte, la mia tesi è diversa anche da quella di André
Gunder Frank (Blaut, 1992, pp. 65-80), poiché per lui il 1492 costituisce
solo un cambiamento secondario interno dello stesso sistema-mondo. Ma se si
intende che il "sistema interregionale", nella sua tappa anteriore al 1492,
era lo stesso sistema, ma ancora non lo era come sistema "mondiale", il 1492
acquista più importanza di quella che Frank gli concede. Sebbene il sistema
sia lo stesso, c'è un salto qualitativo (che, tra gli altri aspetti,
costituisce l'origine del capitalismo propriamente detto, salto qualitativo
a cui Frank nega importanza, per negar precedente rilevanza a concetti come
"valore" e "plusvalore" e, così, attribuire la qualificazione di "capitale"
alla "ricchezza" [valore d'uso con possibilità virtuale di porsi come valore
di scambio, ma non come capitale] accumulata negli stadi I-III del sistema
interregionale). E' una questione teorica cruciale.
31. Dussel, 1995.
32. Cfr. Dussel, 1995, appendice 4, in cui compare la mappa della Quarta
Penisola asiatica (dopo quelle arabica, indiana e della Malacca), certamente
prodotto di navigazioni di genovesi, in cui l'America del Sud è una penisola
addossata al sud della Cina. Questo spiega perché il genovese Colombo
ritenesse che l'Asia (America del Sud = quarta penisola a sud della Cina)
non fosse tanto lontano dall'Europa.
33. E' quel che denominiamo, filosoficamente, l'"invenzione" di un'Amerindia
vista come l'India, in tutti i suoi dettagli. Colombo, esistenzialmente, non
"scoprì" né si trovò in Amerindia, "inventò" qualcosa di inesistente: un'
India al posto dell'Amerindia, che gli impedì di "scoprire" ciò che aveva
davanti ai suoi occhi. Cfr. Dussel, 1993a, cap. 2.
34. Questo è il senso del titolo "Dall'invenzione alla scoperta dell'
America" (cap. 2 della mia opera citata).
35. Cfr. Amin, 1970. Quest'opera, tuttavia, non è costruita sull'ipotesi del
"sistema-mondo". Parrebbe come se il mondo coloniale fosse uno spazio
successivo e verso l'esterno del capitalismo europeo medioevale trasformato
"in" Europa nell'epoca moderna. La nostra ipotesi è più radicale: il fatto
di scoprire l'America, di integrarla come "periferia", è un fatto simultaneo
e co-costitutivo del ristrutturarsi dell'Europa dall'interno come "centro"
dell'unico e nuovo sistema-mondo che è, solo adesso e non prima, il
capitalismo (prima mercantile e poi industriale).
36. Abbiamo parlato di "Amerindia" e non di America, perché si tratta,
durante tutto il XVI secolo, di un continente abitato dagli "indios"
(erroneamente denominato così per il riflesso che il "sistema
 interregionale" nel suo stadio III produceva ancora nel nascente
"sistema-mondo" moderno: li si chiamò "indios" a causa dell'India, "centro"
del sistema interregionale che scompariva). Il Nordamerica anglosassone
nascerà lentamente nel XVII secolo, ma sarà un avvenimento "interno" di una
Modernità cresciuta in Amerindia; queste è la "periferia" originante della
Modernità, costitutiva della sua prima definizione. E' l'"altra faccia" del
fenomeno stesso della Modernità.
37. Unificata con il matrimonio dei re cattolici nel 1474, fondando subito l
'Inquisizione (primo apparato ideologico di stato per creare il consenso),
con una burocrazia del cui lavorìo si può prender visione dagli Archivi
delle indie (Siviglia) in cui tutto veniva dichiarato, contrattualizzato,
certificato, archiviato; con una grammatica della lingua castigliana (la
prima di una lingua nazionale in Europa) scritta da Nebrija, nel cui prologo
si ammoniscono i Re Cattolici sull'importanza per l'Impero di una sola
lingua; l'edizione della Bibbia poliglotta (in sette lingue) di Cisneros,
molto superiore a quella posteriore di Erasmo per il suo rigore scientifico,
il numero delle lingue e la qualità dell'edizione a stampa prima della fine
del XV secolo; con un potere militare che permette di riconquistare Granada
nel 1492; con la ricchezza economica degli ebrei, i musulmani andalusi, i
cristiani della riconquista, i catalani con le loro colonie nel
Mediterraneo, e i genovesi; con artigiani provenienti dell'antico califfato
di Cordova. la Spagna è lungi dall'essere nel XV secolo il paese
semiperiferico della seconda metà del XVII secolo -unica visione con cui
ricordano la Spagna i centroeuropei: un Hegel o un Habermas, per esempio-.
38. La lotta tra la Francia e la Spagna di Carlo V, che esaurì entrambe le
monarchie con il collasso economico del 1557, si giocò soprattutto in
Italia. Carlo V giunge a tenere tre quarti della penisola. In questo modo la
Spagna trasferiva al suo suolo le connessioni con il "sistema" attraverso l'
Italia. Per questo tante guerre con la Francia: la ricchezza e l'esperienza
di secoli erano essenziali per chi aspirava ad esercitare la nuova egemonia
nel "sistema", ed a maggior ragione se era la prima egemonia "mondiale".
39. Ciò che produrrà un aumento straordinario dei prezzi in Europa, insieme
a  un'inflazione del 1000% durante il XVI secolo. All'esterno questo
liquiderà la ricchezza accumulata nel mondo turco-musulmano, e inoltre
trasformerà dall'interno l'Idia e la Cina (cfr. Hamilton, 1948 e 1960;
Hammarström, 1957). Inoltre, l'arrivo dell'oro dall'Amerindia produsse un'
ecatombe continentale totale dell'Africa bantu, con il collasso dei regni
della savana subsahariana (Ghana, Togo, Dahomey, Nigeria, etc.) che
esportavano oro verso il Mediterraneo; per sopravvivere questi regni
aumentano la vendita di schiavi alle nuove potenze europee dell'Atlantico,
col che si produce lo schiavismo americano (cfr. Bertaux, 1972: "La tratta
degli schiavi"; Godinho, 1950; Chaunu, 1955, vol. VIII/1, p. 57; Braudel,
1946). Tutto l'antico "sistema interregionale" III è assorbito lentamente
dal "sistema-mondo" moderno.
40. Tutte le potenze egemoniche posteriori saranno fino al momento presente
affacciate sulle sponde dell'Atlantico: Spagna, Olanda, Inghilterra (e in
parte la Francia) fino al 1945, ed attualmente gli Stati Uniti. Grazie al
Giappone, alla Cina e alla California negli USA, attualmente il Pacifico
appare per la prima volta come contrappeso -è forse la novità dell'ormai
prossimo XXI secolo-.
41. Wallerstein, 1974, I, p. 64 (ed. spagnola).
42. E' l'ingresso della miniera.
43. Questo testo mi ha reso consapevole da circa trent'anni del fenomeno del
feticismo dell'oro, del "denaro", del "capitale" (cfr. Dussel, 1993b).
44. Archivio generale delle Indie (Siviglia), Charcas 313 (cfr. Dussel,
1970, p. 1: si tratta di parte della mia tesi di dottorato alla Sorbona nel
1967).
45. Wallerstein, 1974, I, pp. 234 sgg.: "Da Siviglia ad Amsterdam".
46. Si ricordi che Spinoza (Espinosa), che visse ad Amsterdam (1632-1677),
era di una famiglia "askenazita" del regno musulmano di Granada, espulsa
dalla Spagna, e che si esiliò nella colonia spagnola delle Fiandre (in
Olanda).
47. Cfr. ibid., I, p. 482 (ed. spagnola).
48. Cfr. Wallerstein, 1974, II, cap. 2: "Egemonia olandese sul
 sistema-mondo". Scrive lo storico: "C'è solo un breve periodo di tempo in
cui una determinata potenza del centro può manifestare simultaneamente la
sua superiorità produttiva, commerciale e finanziaria su tutte le altre
potenze del centro. Questo effimero apogeo è ciò che chiamiamo egemonia. Nel
caso dell'Olanda, o Province Unite, questo momento si verificò probabilmente
 tra il 1625 e il 1675" (p. 39, ed. inglese). Non solo Descartes, ma anche
Spinoza, come già abbiamo segnalato, costituiscono la presenza filosofica di
Amsterdam "centro" mondiale del sistema (e, perché no?, dell'autocoscienza
dell'umanità nel suo "centro", che non è lo stesso che una mera
autocoscienza europea).
49. Cfr. Wallerstein, II, cap. 6. Dopo questa data l'egemonia inglese sarà
ininterrotta, fatta eccezione per l'epopea napoleonica, fino al 1945, quando
l'Inghilterra la perde nei confronti degli Stati Uniti.
50. Cfr. Chaunu, 1969, pp. 119-176.
51. L'Europa aveva approssimatamente 56 milioni di abitanti nel 1500, e 82
nel 1600 (cfr. Cardoso, 1979, vol. I, p. 114).
52. Wallerstein, 1974, I, p. 144 (ed. spagnola).
53. Cfr. Samir Amin, 1974, pp. 309 sgg.
54. Ibid., p. 312.
55. Il processo coloniale termina nella sua gran parte all'inizio del XIX
secolo.
56. Il processo coloniale di queste formazioni termina, nella sua gran
parte, dopo la cosiddetta seconda guerra mondiale (1945), poiché la
superegemonia nordamericana non ha bisogno dell'occupazione militare né
della dominazione politico-burocratica (tipiche delle antiche potenze
europee, come la Francia o l'Inghilterra), ma solo della gestione della
dominazione della dipendenza economico-finanziaria nella sua fase
transnazionale.
57. Cfr. Dussel, 1983, vol. I, 1, pp. 223-241.
58. "Musulmana" significa qui ciò che vi era di più "colto" e civilizzato
nel XV secolo.
59. Penso che necessariamente il modo di gestire (to manage) il nuovo
sistema mondiale coi metodi dell'antico doveva fallire, perché operava in un
quadro di variabili che lo rendeva ingovernabile. La Modernità era
cominciata ma non aveva ancora dato a se stessa il modo di gestire (to
manage) il sistema.
60. In seguito anche l'insulare Inghilterra dovrà gestire (to manage) il
sistema. Ambedue le nazioni avevano territori molto esigui, con ridotta
popolazione originaria, senz'altra capacità che "l'attitudine borghese"
creativa dinanzi all'esistenza. Per la loro debolezza dovettero effettuare
un'enorme riforma della gestione (management) dell'impresa metropolitana
mondiale.
61. La "fattibilità" tecnica si trasformerà in un criterio di verità, di
possibilità, di esistenza: il "verum et factum convertuntur" di Vico. Cfr.
il cap. 4.5, più avanti.
62. La Spagna, ed anche il Portogallo col Brasile, intraprese come stato,
"impero-mondo", (con risorse militari, burocratiche ecclesiastiche, etc.) la
conquista, evangelizzazione e colonizzazione dell'Amerindia. L'Olanda,
invece, fonda la "Compagnia delle Indie Orientali" (1602), e successivamente
quella delle "Indie Occidentali". Queste "Compagnie" (come le posteriori
inglesi, danesi, etc.) sono "imprese" capitalistiche, secolarizzate,
private, che funzionano secondo la "razionalità" del mercantilismo (e
successivamente del capitalismo industriale). Questo segnala la differente
"amministrazione" (management) razionale dell'impresa delle Indie iberiche,
e quella della "Seconda Modernità" ("sistema-mondo" non amministrato
[managed] da un "impero-mondo").
63. In ogni sistema la complessità si presenta munita di un processo di
"selezione" di elementi che permettano, dinanzi all'aumento della stessa
complessità, di conservare l'"unità" del sistema rispetto al contesto.
Questa necessità di selezione-semplificazione è sempre un "rischio" (cfr.
Luhmann, 1988, pp. 47 sgg.).
64. Cfr. Dussel, 1993a, cap. 5: "Critica del mito della Modernità". Vi
furono nel XVI secolo tre posizioni teoriche dinanzi al fatto della
costituzione del sistema-mondo: 1) quella di Ginés de Sepúlveda, il
rinascentista e umanista moderno, che rilegge Aristotele e dimostra la
schiavitù naturale dell'amerindiano, da cui evince la legittimità della
conquista; 2) quella dei francescani, come Medieta, che tentano una
Cristianità amerindiana utopica (una "repubblica degli indios" sotto l'
egemonia della religione cattolica), propria del sistema interregionale III,
cristiano-musulmano; e 3) la posizione di Bartolomé de Las Casas, l'inizio
del controdiscorso critico all'interno della Modernità (che nella sua opera
del 1536, un secolo prima del Discorso sul metodo, intitolata De unico modo,
mostra che è l'argomentazione il mezzo razionale attraverso cui attrarre l'
amerindio alla nuova civilizzazione). Habermas, come vedremo più avanti, non
parla di questo "controdiscorso", e ritiene che tale controdiscorso ha solo
due secoli di storia, (ovvero si inizia con Kant). La Filosofia della
Liberazione, invece, pensa che questo controdiscorso si origina nel XVI
secolo (forse nel 1511 a Santo Domingo con Antón de Montesinos), certamente
con Bartolomé de Las Casas nel 1514 (cfr. Dussel, 1983, I, 1, pp. 17-27).
65. Bartolomé de Las Casas, Brevissima relazione sulla distruzione delle
Indie, in Casas, 1957, vol. V, p. 137. Ho collocato questo testo all'inizio
del volume primo della mia opera Per un'etica della liberazione
latinoamericana (Dussel, 1973), poiché sintetizza l'ipotesi generale dell'
Etica della Liberazione.
66. Frequentemente nelle storie della filosofia attuali, e soprattutto nelle
etiche, si fa un "salto" dai greci (da Platone e Aristotele) a Descartes
(1596-1630), che si trasferisce ad Amsterdam nel 1629 e vi scrive il
Discorso sul metodo, come abbiamo indicato sopra. Cioè si salta da Atene ad
Amsterdam. Nel frattempo sarebbero trascorsi venti secoli senza alcunché di
importante. Si comincia lo studio con Bacone (1561-1626), Keplero
(1571-1630), Galileo (1564-1642) o Newton (1642-1727). Un Campanella scrive
la Civitas solis [La città del sole] nel 1602. Tutto sembra situarsi all'
inizio del XVII secolo: il momento che ho chiamato il secondo momento della
Modernità.
67. Cfr. Sombart, 1902 e 1920.
68. Cfr. Troeltsch, 1923.
69. Cfr. Habermas, 1981, vol. I, II. Habermas insiste sulla scoperta
weberiana della "razionalizzazione", ma dimentica di chiedersi la causa.
Credo che la nostra ipotesi vada più a fondo e più avanti: la
razionalizzazione weberiana (accolta da Habermas, Apel, Lyotard, etc.) è la
mediazione apparentemente necessaria di una semplificazione deformante
(della ragion strumentale) della realtà pratica, per trasformarla in
qualcosa di amministrabile (manageable), cioè gestibile, governabile, data
la complessità dell'immenso sistema-mondo. Non è solo l'amministrabilità
(manageability) interna dell'Europa, ma soprattutto l'amministrazione
(management) mondiale (centro-periferia). Il superamento tentato da Habermas
della ragion strumentale nella ragion comunicativa, non è sufficiente,
perché non sono sufficienti i momenti della sua diagnosi sull'origine stessa
del processo di razionalizzazione.
70. I postmoderni, in quanto eurocentrici, concordano approssimativamente
con la diagnosi weberiana della Modernità. Ed ancor più accentuano gli
aspetti razionalizzanti (mezzi di comunicazione, etc.), alcuni li respingono
sdegnosamente in quanto dogmatismi metafisici, ma altri li accettano come
fenomeni inevitabili e frequentemente come positivi.
71. Descartes, Le discours de la méthode [Discorso sul metodo], IV
(Descartes, 1953, p. 148).
72. Cfr. Dussell, 1974a (alla fine) e 1974b, cap. 2, par. 4. Le attuali
teorie delle funzioni cerebrali pongono definitivamente in questione questo
meccanicismo dualista (cfr. il cap. 3).
73. Kant, Träume eines Geistersehers [I sogni di un visionario] (1766), par.
36; in Kant, 1968, II, p. 940.
74. Galilei, 1933, p. 232.
75. Cfr. Dussel, 1973b.
76. Heidegger, 1963, p. 74 (ed. spagnola).
77. Cfr. Martin Bernal, 1989, I, cap. V, pp. 224 sgg.
78. L'Amerindia e l'Europa hanno una storia pre-moderna, lcosì come l'Africa
e l'Asia. Solo il mondo ibrido, la cultura sincretica, la razza meticcia
latinoamericana, che nacque nel XV secolo (il figlio di Malinche e Hernán
Cortés potrebbe essere considerato il suo simbolo; cfr. Octavio Paz, 1950),
ha 500 anni.
79. Cfr. tra gli altri: Lyotard, 1979; Rorty, 1979; Derrida, 1964, 1967a e
1967b; Marquart, 1981; Vattimo, 1985; Welsch, 1993; etc.
80. Questa parola spagnola (desarrollismo) che non esiste in altre lingue,
indica la "fallacia" di pretendere uno "sviluppo" [desarrollo] (la parola
Entwicklung ha una stretta origine filosofica hegeliana) uguale per il
"centro" e la "periferia", non comprendendo che la "periferia" non è
arretrata (cfr. Hinkelammert, 1970a e 1970b), cioè non è un prius [prima]
cronologico che aspetta uno sviluppo uguale a quelli dell'Europa o degli
Stati Uniti (come in un rapporto "bambino/adulto"), bensì è una posizione
asimmetrica di dominato, una posizone simultanea di sfruttato (come nel
rapporto "signore libero/schiavo" [servo/padrone, nella corrente traduzione
italiana della celebre figura hegeliana -ndt-]). L'"arretrato" (bambino)
potrebbe seguire il cammino del "progredito" (adulto) e arrivare a
svilupparsi, mentre che lo "sfruttato" (schiavo) per quanto lavori mai sarà
"libero" (signore), perché la sua propria soggettività dominata include il
"rapporto" con il dominatore. I "modernizzatori" della "periferia" sono
"desarrollisti" perché non avvertono che si deve superare la relazione
stessa  di dominazione su scala mondiale, come prerequisito per lo "sviluppo
nazionale". La globalizzazione non ha affatto estinto, in alcun modo, il
problema "nazionale".
81. Cfr. Habermas, 1981, vol. I, 1, 2, da [2] a [4], e particolarmente la
discussione con P. Winch e A. MacIntyre.
82. Vedremo che Lévinas, "padre del pensiero postmoderno francese" (da
Derrida in avanti), non è postmoderno né nega la ragione (cfr. più avanti il
cap. 4.2), fino alla totalizzazione della ragione (strumentale, strategica,
cinica, ontologica, etc.). La Filosofia della Liberazione, dalla fine degli
anni sessanta, studiò Lévinas per la sua critica radicale della dominazione.
Nell'introduzione alla mia opera Filosofia della Liberazione (Dussel, 1977)
indicavo che la Folosofia della Liberazione era una filosofia "postmoderna"
(p. 11), a partire dal "secondo Heidegger", ma anche a partire dalla critica
della "ragione totalizzante" effettuata da Marcuse e Lévinas. Sembrerebbe
che fossimo "postmoderni" ante litteram, ma in realtà eravamo critici dell'
ontologia e della Modernità a partire dalla "periferia", il che significava
(e significa ancora) qualcosa di molto differente, che cercheremo di
spiegare.
83. Finora i postmoderni continuano ad essere eurocentrici. Il dialogo con
le culture "diverse" è, per ora, una dichiarazione senza seguito. Pensano
che la cultura di massa, i media (televisione, cinema, etc.) impatterà sulle
culture periferiche urbane fino ad anichilire le loro "differenze". Di modo
che ciò che osserva Vattimo a Torino, o Lyotard a Parigi, tra poco varrà per
Nuova Delhi o Nairobi; e non trovano il tempo di analizzare la dura
irriducibilità dell'orizzonte culturale ibrido (che non è assolutamente una
esteriorità, ma che ancora per secoli non sarà un'interiorità univoca nel
sistema globalizzato) che riceve questi impatti informativi.
84. Cfr. L'opera di Jameson, 1991, sulla logica culturale del
tardo-capitalismo come postmoderno.
85. Nel "socialismo reale" staliniano il criterio era la crescita del tasso
di produzione -misurato in ogni modo da un valore approssimato di mercato
dei prodotti-). Si tratta dello stesso tipo di feticismo. Cfr. Hinkelammert,
1984, cap. 4: "Il quadro categoriale del pensiero sovietico" (pp. 123 sgg.).
86. Marx, 1957, p. 313 (I, p. 362).
87. Ibid.
88. La pura necessità senza denaro non è mercato, è solo miseria, miseria
crescente ed inevitabile.
89. Marx, 1867, I, p. 588. Qui è opportuno ricordare una volta di più che il
Rapporto sullo Sviluppo Umano 1992 [Human Development Report 1992], 1992,
dimostra in modo incontrovertibile che il 20% più ricco della terra consuma
oggi (come mai nella storia mondiale) l'82,7% dei beni (incomes) del
pianeta, mentre il restante 80% dell'umanità consuma solo il 17,3% dei
suddetti beni. Tale concentrazione è frutto del "sistema-mondo" di cui
stiamo parlando in questo capitolo.
90. Marcuse, 1968, ed. in lingua spagnola pp. 189-190.

6. LETTURE. PAOLA CARLUCCI: ASSOCIAZIONI DI DONNE A FIRENZE NEGLI ANNI '80 E
'90
Paola Carlucci, Associazioni di donne a Firenze negli anni '80 e '90, Centro
editoriale toscano, Firenze 1999, pp. 454, lire 40.000. Una vasta e
approfondita ricerca documentaria che presenta ed analizza numerosissime
esperienze associative e riflessioni collettive delle donne a Firenze.

7. LETTURE. GARY MINDA: TEORIE POSTMODERNE DEL DIRITTO
Gary Minda, Teorie postmoderne del diritto, Il Mulino, Bologna 2001, pp.
452, lire 56.000. Una interessantissima ricognizione del dibattito
statunitense attuale sulla teoria del diritto. Che segnaliamo non solo ai
culturi di discipline giuridiche (e' una delle cose piu' catastrofiche della
cultura italiana, pregiarsi di essere erede della cultura giuridica romana e
praticare invece l'illegalita' come sport nazionale, proclamarsi ad ogni
pie' sospinto il paese di Beccaria ed essere invece quello del manzoniano
Azzeccagarbugli).

8. LETTURE. ERNESTO OLIVA, SALVO PALAZZOLO: L'ALTRA MAFIA
Ernesto Oliva, Salvo Palazzolo, L'altra mafia, Rubbettino, Soveria Mannelli
2001, pp. 188, lire 20.000. Ricostruita sugli atti giudiziari, sui documenti
disponibili e sugli studi piu' rigorosi, la prima biografia del boss
Bernardo Provenzano; un'analisi delle strategie della mafia, della sua
capacita' di adattamento dinamico al mutare del contesto unendo piu'
elementi: gestione della violenza, sistema imprenditoriale, costruzione di
reti di alleanze; un'analisi assai utile per combattere il potere mafioso
oggi. Con un denso saggio introduttivo di Umberto Santino.

9. LETTURE. VITTORIO PAROLA, FILIPPO RUSSO: LA GLOBALIZZAZIONE E LA CRISI
DELL'IMPERO AMERICANO
Vittorio Parola, Filippo Russo, La globalizzazione e la crisi dell'impero
americano, Coralli, Fiumicino 2001, pp. 96, lire 7.800. Dopo la tragedia
dell'11 settembre una riflessione a due voci sulla globalizzazione e la
guerra, ma anche sulle alternative possibili alle ingiustizie e alla
violenza.

10. LETTURE. MARIA TERESA SINISCALCO: IL TELEGIORNALE A SCUOLA
Maria Teresa Siniscalco, Il telegiornale a scuola, Paravia, Torino 1999, pp.
192, lire 25.000. Un percorso didattico di alfabetizzazione televisiva per
studenti compresi in una fascia di eta' che va dai 12 ai 18 anni, per
migliorare la comprensione dell'informazione televisiva d'attualita'.

11. RILETTURE. ERNESTO BALDUCCI: IL CERCHIO CHE SI CHIUDE
Ernesto Balducci, Il cerchio che si chiude, Marietti, Genova 1986, 1988, pp.
168. Una intervista autobiografica di uno dei piu' grandi pensatori e
costruttori della pace e della dignita' umana, a cura di Luciano Martini. Di
una tenerezza e una profondita' straordinarie.

12. RILETTURE. FEDERICO CAFFE': LA SOLITUDINE DEL RIFORMISTA
Federico Caffe', La solitudine del riformista, Bollati Boringhieri, Torino
1990, pp. 278, lire 24.000. Una raccolta di articoli scritti da Caffe' negli
anni '70 e '80; una grande lezione morale e civile; la lucidita'
intellettuale, il rigore stilistico, l'appassionato impegno umano e politico
di uno dei piu' grandi economisti e maestri di umanita' e di cultura del
Novecento.

13. RILETTURE. DANILO DOLCI: ESPERIENZE E RIFLESSIONI
Danilo Dolci, Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974, pp. 314. Una
raccolta di scritti dal 1954 al 1973 del grande nonviolento, una delle
figure piu' luminose del Novecento, e delle piu' rimosse dalla cultura di
massa.

14. RILETTURE. LANZA DEL VASTO: VINOBA O IL NUOVO PELLEGRINAGGIO
Lanza del Vasto, Vinoba o il nuovo pellegrinaggio, Jaca Book, Milano 1980,
pp. 246. Lanza del Vasto racconta Vinoba. E' uno dei libri piu' belli per
accostarsi alla nonviolenza.

15. RILETTURE. LEOPOLD SEDAR SENGHOR: OEUVRE POETIQUE
Leopold Sedar Senghor, Oeuvre poetique, Seuil, Paris 1964, 1990, pp. 446.
L'edizione definitiva e integrale dell'opera poetica di Senghor, uno dei
capolavori della poesia del Novecento.

16. POUR TOUT VOUS DIRE. PEPPE SINI: GIORNALISMO
C'e' un solo giornale che leggo volentieri da cima a fondo, si chiama "Tanto
per abbaiare", circola attraverso la rete telematica, e puo' essere
richiesto gratuitamente inviando una e-mail all'indirizzo di posta
elettronica ricc at libero.it. Lo scrive il miglior giornalista italiano
vivente, che si chiama Riccardo Orioles. Sa scrivere cose vere e terribili
cosi' come in anni lontani sulla prima pagina di un giornale sapevano
scrivere il Pasolini corsaro e luterano, il Cassola disarmista e il Fortini
fortiniano, ed oggi riesce quasi soltanto a Pintor.
Riccardo Orioles e' stato compagno di lotta e di avventure di Pippo Fava, e
ne prosegue l'avventura intellettuale e morale, e la lotta contro la mafia e
il fascismo. Scrive, quando ci vuole, come Karl Kraus. Traduce
meravigliosamente i lirici greci. Sa ascoltare e sa levare la voce. Non si
e' mai arreso.
Ogni volta che mi capita di rileggere quelle note gramsciane sul giornalismo
integrale penso a Riccardo Orioles. E credo sia uno dei sintomi della
catastrofe morale e intellettuale della vita civile italiana il fatto che
non ci sia un grande quotidiano nazionale sulla cui prima pagina compaia il
nome di questo intellettuale della Magna Grecia che sa tutto sulle nuove
tecnologie dell'informazione e che da trent'anni combatte il potere mafioso
non solo con la denuncia, l'inchiesta, la resistenza piu' nitida ed
intransigente, ma costruendo zone liberate ("I siciliani", "Avvenimenti", le
tante esperienze di informazione democratica che ha contribuito a far
esistere) e dando un esempio di vita che ricorda Socrate e Simone Weil.

17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

18. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ;
angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 320 del 23 dicembre 2001