La nonviolenza e' in cammino. 319



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 319 del 21 dicembre 2001

Sommario di questo numero:
1. La morte di un poeta
2. Enrique Dussel: modernita', globalizzazione ed esclusione (parte seconda)
3. Aldo Capitini, la porta da aprire
4. MIR di Padova: un piano d'azione per il decennio della nonviolenza e un
modello di delibera da proporre ai consigli comunali
5. John Pilger, prede di guerra
6. Anna Achmatova, anche questo diverra' per la gente
7. Peppe Sini, alla fermata dell'autobus
8. Siti: "Femmis"
9. Letture: Stefano Allievi, La tentazione della guerra
10. Letture: Michele Gambino, Massimo Loche, Ali Rashid, Alberto Ventura,
Orgogli e pregiudizi
11. Letture: Gore Vidal, La fine della liberta'
12. Riletture: Theodor Ebert, La difesa popolare nonviolenta
13. Riletture: Neera Fallaci, Vita del prete Lorenzo Milani
14. Riletture: Primo Mazzolari, Tu non uccidere
15. La "Carta" del Movimento Nonviolento
16. Per saperne di piu'

1. LUTTI. LA MORTE DI UN POETA
Tante cose e' stato Leopold Sedar Senghor, ma innanzitutto un poeta.
Un poeta che con la sua poesia ha recato doni grandi di liberta', d'amore,
di dignita', all'umanita' intera.

2. RIFLESSIONE. ENRIQUE DUSSEL: MODERNITA', GLOBALIZZAZIONE ED ESCLUSIONE
(PARTE SECONDA)
[Enrique Dussel e' uno dei più importanti e lucidi pensatori contemporanei:
un pensatore del sud del mondo, dove si pensano concretamente cose decisive
per tutti; un pensatore del sud del mondo, quindi un militante antifascista
in senso forte - globale, verrebbe da dire; un pensatore del sud del mondo,
ed in particolare il pensatore che ha elaborato con maggior profondita' ed
impegno la "filosofia della liberazione". Il testo seguente, che nuovamente
proponiamo, e' quello della relazione tenuta a un convegno svoltosi a Citta'
del Messico nel novembre 1995, ed e' apparso nel volume di autori vari,
curato da Heinz Dieterich, su Globalización, exclusión y democracia en
América Latina, Editorial Joaquín Mortiz, México 1997; la traduzione
italiana e' apparsa presso La PiccolaEditrice di Celleno (VT) nel 1999 col
titolo Globalizzazione, esclusione e democrazia in America Latina (e ci
permettiamo di raccomandarne la lettura anche per altri saggi ed interventi
che il volume contiene). Per contattare la Piccola Editrice: via Roma 5,
01022 Celleno (VT), tel. e fax 0761/912591. Enrique Dussel e' nato in
Argentina nel 1934, ha studiato a Madrid, Parigi, Friburgo, Magonza. Dottore
in filosofia e teologia, e' docente all'Universita' Nazionale Autonoma del
Messico. Impegnato per i diritti umani e dei popoli, nel 1975 in Argentina
e' sfuggito miracolosamente ad un attentato. Tra le opere di Enrique Dussel
segnaliamo particolarmente Etica comunitaria, Cittadella, Assisi 1988; (a
cura di), La Chiesa in America Latina, Cittadella, Assisi 1992; Storia della
Chiesa in America Latina (1492-1992), Queriniana, Brescia 1992; Filosofia
della liberazione, Queriniana, Brescia 1992; L'occultamento dell'«altro», La
Piccola, Celleno 1993; Un Marx sconosciuto, Manifestolibri, Roma 1999]
2. La Modernità come gestione (management) della "centralità" mondiale e la
sua crisi attuale
Giungiamo così alla tesi centrale di questi due primi capitoli. Se la
Modernità fosse, ed è questa la nostra ipotesi, il frutto della gestione
(management) della "centralità" del primo sistema-mondo, dobbiamo allora
riflettere su cosa questo significhi.
Si deve prender coscienza che vi sono, all'origine, almeno due Modernità:
a) in primo luogo la Modernità spagnola, umanista, rinascimentale, legata
ancora all'antico sistema interregionale della cristianità mediterranea e
musulmana (58). In essa verrà concepita la gestione (management) del nuovo
sistema-mondo sulla base del paradigma dell'antico sistema interregionale.
Vale a dire che la Spagna amministra (manage) la centralità come dominio
attraverso l'egemonia di una cultura integrale, una lingua, una religione
(di qui il processo di evangelizzazione che subirà l'Amerindia); come
occupazione militare, organizzazione burocratico-politica, espropriazione
economica, presenza demografica (con centinaia di migliaia di spagnoli o
portoghesi che abiteranno per sempre l'America Latina), trasformazione
ecologica (attraverso la modifica della fauna e della flora), etc. Si tratta
del progetto dell'"Impero-mondo", di cui Wallerstein segnala che fallisce
con Carlo V (59).
b) In secondo luogo, la Modernità dell'Europa anglo-germanica, che inizia
con l'Amsterdam delle Fiandre, e che è considerata frequentemente come l'
unica Modernità (questa è l'interpretazione di Sombart, Weber, Habermas, o
degli stessi postmoderni, il che produrrà un "errore riduzionista" che
occulta il senso della Modernità, e perciò il significato della sua attuale
crisi). Questa seconda Modernità, per poter gestire (to manage) l'enorme
sistema-mondo che di colpo si apre alla piccola Olanda (60), che da colonia
spagnola si trova adesso al centro del sistema-mondo, deve creare o
incrementare la sua efficienza per semplificazione. E' necessario realizzare
un'astrazione (favorendo il quantum a svantaggio della qualitas), che lasci
fuori molte variabili valide (variabili culturali, antropologiche, etiche,
politiche, religiose; aspetti che sono validi anche per l'europeo del XVI
secolo), che non permetterebbero una adeguata, "fattibile" (61) o
tecnicamente possibile gestione (management) del sistema-mondo (62). Questa
semplificazione della complessità (63) comprende la totalità del "mondo
della vita" (Lebenswelt), del rapporto con la natura (nuova posizione
ecologica o tecnologica, non teleologica), dinanzi la propria soggettività
(nuova autocomprensione della soggettività), dinanzi alla comunità (nuova
relazione intersoggettiva e politica), e, in sintesi, un nuovo atteggiamento
economico (pratico-produttivo).
La prima Modernità spagnola, rinascimentale ed umanista, ha prodotto una
riflessione teorica o filosofica della più grande importanza, che non è
stata neppure percepita dalla "filosofia moderna" (che è la filosofia della
sola "Seconda Modernità"). Il pensiero teorico filosofico del XVI secolo ha
rilevanza attuale perché è il primo, e l'unico, che visse ed espresse l'
esperienza originaria nel tempo della costituzione del primo sistema-mondo.
Pertanto, sulla base delle "risorse" teoriche di cui si disponeva (la
filosofia scolastica musulmano-cristiana e quella rinascimentale-umanistica)
la questione etico-filosofica centrale fu la seguente: Che diritto ha l'
europeo di occupare, dominare e amministrare (to manage) le culture
recentemente scoperte, militarmente conquistate, e che stanno venendo
colonizzate? Dal XVII secolo, la "Seconda Modernità" non mise mai in
discussione la sua coscienza (Gewissen) con queste domande (cui peraltro si
era già risposto de facto): da Amsterdam, Londra o Parigi (nei secoli XVII,
XVIII ed in seguito) l'eurocentrismo (superideologia che fonderà la
legittimità, valida senza "falsificazioni" possibili, della dominazione del
sistema-mondo) non sarà ormai posto in questione mai più, fino alla fine del
XX secolo -quando sarà messa in discussione, tra gli altri movimenti, anche
da parte della Filosofia della Liberazione-.
Abbiamo toccato la questione in un'altra opera (64). Qui ricorderemo solo l'
assunto generale. Bartolomé de Las Casas mostra nelle sue numerose opere,
usando una straordinaria strumentazione teorica e documentaria, fondando
razionalmente ed accuratamente i suoi argomenti, che la costituzione del
sistema-mondo come espansione europea in Amerindia (annuncio dell'espansione
in Africa e in Asia) non ha alcun diritto; è una violenza ingiusta, e non
può avere validità etica alcuna.
"Due sistemi generali e principali hanno usato quelli che là sono passati,
che si chiamano cristiani, per estirpare e far sparire dalla faccia della
tera quelle miserande nazioni. Un sistema: attraverso ingiuste, crudeli,
sanguinarie e tiranniche guerre. L'altro: dopo aver ucciso tutti quelli che
avrebbero potuto anelare o sospirare o pensare alla libertà, o di uscire dai
tormenti che pativano, come i signori del luogo e gli uomini valorosi
(perché comunemente non lasciano in guerra che restino in vita se non le
donne e i bambini), oprimendo i superstiti con la più dura ed aspra servitù
in cui giammai né uomini né bestie poterono esser posti. La causa per cui i
cristiani hanno ucciso e distrutto tante e tali e tanto infinito numero di
anime, è consistita solamente nell'avere per fine ultimo l'oro, ed il
riempirsi di ricchezza in pochi giorni, per l'insaziabile cupidigia e
ambizione che hanno avuto" (65).
Successivamente la filosofia non porrà più questa problematica, che si
mostrò ineludibile solo all'origine dell'imposizione del sistema-mondo.
Invece per l'Etica della Liberazione questa questione è oggi -e sempre-
fondamentale.
Nel XVI secolo, quindi, si stabilisce il sistema-mondo intorno a Siviglia, e
la filosofia pone in questione, a partire dal precedente paradigma
filosofico, la prassi della dominazione, ma non arriva a formulare un nuovo
paradigma. Tuttavia, non si deve confondere l'origine del nuovo paradigma
con l'origine della Modernità. La Modernità comincia più di un secolo prima
(1492) del momento in cui si formula il paradigma -per esprimerci come
Thomas Kuhn- adeguato alla sua propria nuova esperienza. Se osserviamo le
date della formulazione del nuovo paradigma moderno, potremmo concludere che
essa avviene nella prima metà del XVII secolo (66). Ebbene, questo nuovo
paradigma si accorda alle esigenze di efficienza, "fattibilità" tecnologica
o governativa della gestione (management) di un sistema-mondo enorme e in
espansione, è l'espressione di un necessario processo di semplificazione,
attraverso la "razionalizzazione", del mondo della vita, dei suoi
sottosistemi (economico, politico, culturale, religioso, etc.). La
"razionalizzazione" indicata da Werner Sombart (67),Ernst Troeltsch (68) o
Max Weber (69) è effetto e non causa. D'altra parte gli effetti di questa
razionalizzazione semplificatrice per rendere gestibile (manageable) il
sistema-mondo, sono forse più profondi e negativi di quanto Habermas o i
pstmoderni (70) immaginino.
La soggettività corporea musulmano-medioevale è semplificata: la
soggettività è postulata come un ego, un io, di cui Descartes scrive:
"Cosicché questo io, cioè la mia anima, per cui sono quel che sono, è
interamente distinta dal corpo ed è ancor più facile da conoscere che il
corpo, dacché se non ci fosse corpo non cesserebbe di essere l'anima che è"
(71).
Il corpo è una mera macchina, res extensa del tutto estranea all'anima (72).
Lo stesso Kant scrive: "L'anima umana dovrebbe essere considerata come
legata nella vita presente a due mondi (zweien Welten) insieme: di questi
mondi, finché forma con il corpo un'unità personale, non sente se non il
mondo materiale (materielle); al contrario, come membro del mondo degli
spiriti (als ein Glied der Geisterwelt) [senza corpo] riceve e propaga le
pure influenze delle nature immateriali" (73).
Questo dualismo -che Kant applicherà all'etica, in quanto le "massime" non
devono avere motivi empirici o "patologici"-, si collega successivamente
alla negazione dell'intelligenza pratica, rimpiazzata da una ragione
strumentale che si occuperà della gestione (management) tecnica, tecnologica
(l'etica scomparirà dinanzi ad una intelligenza more geometrico) della
Critica del Giudizio. E' qui che la tradizione conservatrice (come quella di
Heidegger) non ha tralasciato di percepire la soppressione semplificatrice
della complessità organica della vita, rimpiazzata da una tecnica della "
volontà di potenza" (critica sviluppata da Nietzsche e Foucault).
Galileo, con tutto l'ingenuo entusiasmo di una grande scoperta, scrive: "La
filosofia è scritta in questo grandissimo libro, che continuamente ci sta
aperto innanzi a gli occhi (io dico l'Universo), ma non si può intendere se
prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri ne' quali è
scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangolo, c
erchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a
intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un
oscuro laberinto" (74).
Già Heidegger ha detto che la "posizione mathematica" (75) dinanzi agli enti
è un tenerli per conosciuti già da prima (negli assiomi della scienza, per
esempio) e mettersi solo ad usarli. Non si "apprende" un'arma, per esempio,
bensì si apprende a far "uso" di essa, perché già si sa cosa sia: "Le
mathemata sono le cose, in quanto le introduciamo nella conoscenza,
introducendole nella conoscenza attraverso ciò che di esse è già noto
precedentemente, il corpo in quanto materialità, la pianta in quanto
vegetalità, l'animale nella sua animalità" (76).
La "razionalizzazione" della vita politica (burocratizzazione), dell'impresa
capitalistica (amministrazione), della vita quotidiana (ascetismo calvinista
o puritano), la decorporalizzazione della soggetività (con i suoi effetti
alienanti tanto del lavoro vivo -esaminati nella critica di Marx-, quanto
nelle sue pulsioni -analizzati da Freud-), la non-eticità di ogni gestione
economica e politica (intesa solo come ingegneria tecnica), la soppressione
della ragione pratico-comunicativa sostituita dalla ragione strumentale, l'
individualità solipsista che nega la comunità, etc., sono esempi di diversi
momenti negati dall'indicata semplificazione apparentemente necessaria per
una gestione (management) della centralità del sistema-mondo che l'Europa si
trovò perentoriamente a realizzare. Capitalismo, liberalismo, dualismo
(svalutando la corporeità), strumentalismo (il tecnologismo della ragione
strumentale), etc., sono effetti della manipolazione (management) di quella
funzione che rese l'Europa il centro del sistema-mondo. Effetti che si
costituiscono in mediazioni, in sistemi che finiscono per totalizzarsi. Il
capitalismo, mediazione di sfruttamento ed accumulazione (effetto del
sistema-mondo), si trasforma poi in un sistema indipendente che, a partire
dalla sua stessa logica autoreferenziale ed autopoietica, può distruggere l'
Europa, la sua periferia, e tuto il pianeta. E questo è ciò che Weber
osserva, ma in modo riduttivo. Ovvero, comprende parte del fenomeno, ma non
tutto l'orizzonte del sistema-mondo. In effetti, il procedimento formale di
semplificazione per rendere gestibile (manageable) il sistema-mondo produce
sottosistemi formali razionalizzati che successivamente non hanno regole
interne di autoregolazione dei propri limiti nella stessa Modernità, che
potrebbero ricondurli al servizio dell'umanità. E' in questo momento che
sorgono le critiche da dentro il centro (e dalla periferia, come la nostra)
contro la Modernità stessa. Adesso si attribuisce alla ratio tutta la
causalità colpevole (in quanto "ragione" [Verstand] oggettiva che fissando
disintegra), da Nietzsche a Heidegger, o con i postmoderni -la colpevolezza
si anticiperebbe fino a Socrate (Nietzsche) o a Parmenide (Heidegger). In
effetti, le semplificazioni moderne, (il dualismo di un ego-anima senza
corpo, la ragione strumentale teleologica, il razzismo della superiorità
della propria cultura, etc.) hanno molte somiglianze con la semplificazione
che lo schiavismo greco produsse nel sistema interregionale II. La
Weltanschauung [visione del mondo] greca si addiceva all'uomo moderno -non
fu senza complicità che i romantici tedeschi resuscitarono i greci (77). Il
superamento-recupero (sussunzione) della Modernità significherà considerare
criticamente tutte queste riduzioni semplificatrici prodotte fin dalle sue
origini -e non solo alcune di esse, come immagina Habermas-. La più
importante delle citate riduzioni, insieme a quella della sogettività
solipsistica senza comunità, è la negazione della corporeità della suddetta
soggettività -ciò a cui si legano le critiche alla Modernità sviluppate da
Marx, Nietzsche, Freud, Foucault, Lévinas e dall'Etica della Liberazione,
come vedremo nel corso di questa opera-.
Per tutto ciò, il concetto che si ha della Modernità determina, come è
evidente, la pretesa della sua realizzazione (come in Habermas), o il tipo
di critiche (come quelle dei postmoderni). In generale, tutta la disputa tra
razionalisti e postmoderni non supera l'orizzonte eurocentrico. La crisi
della Modernità (avvertita già, come abbiamo segnalato frequentemente, da
Nietzsche o Heidegger) si riferisce ad aspetti interni all'Europa. Il "mondo
periferico" parrebbe essere un passivo spettatore di una tematica che non lo
tocca perché è "barbaro", pre-moderno o semplicemente perché deve essere
"modernizzato". Cioè, la visione eurocentrica riflette nel problema della
crisi della Modernità soltanto i momenti europeo-nordamericani (o anche
giapponesi, oggi), ma minimizza quelli della periferia. Rompere con questo
"errore riduzionista" non è facile.Tenteremo qui di indicare il cammino di
un tale superamento.
Se la Modernità inizia sul finire del XV secolo, con un processo
rinascimentale pre-moderno, e da lì si passa a quello propriamente moderno
in Spagna, l'Amerindia forma parte della Modernità fin dal momento della
conquista e della colonizzazione (il mondo meticcio in America Latina è l'
unico che ha la stessa età della Modernità (78) ), poiché è stato il primo
"barbaro" di cui la Modernità ha bisogno per sua definizione. Se la
Modernità entra in crisi alla fine del XX secolo, dopo cinque secoli di
svolgimento, non avviene solo a causa dei momenti studiati da Weber o
Habermas, o da Lyotard o Welsch (79), occorrerà invece aggiungere quelli
propri di una descrizione "mondiale" del fenomeno della Modernità.
Per concludere: se ci situiamo, dunque, nell'orizzonte planetario, si
possono distinguere le seguenti posizioni di fronte alla problematica posta:
a) In primo luogo, la tesi "sostanzialista" desarrollista (80) (quasi
metafisica) che concepisce la Modernità come un fenomeno esclusivamente
europeo che si  sarebbe espanso a partire dal XVII secolo verso tutte le
altre culture "arretrate" (posizione eurocentrica nel centro o
modernizzatrice nella periferia); la modernità è un fenomeno che deve ancora
finire di realizzarsi. Alcuni di coloro che assumono questa prima posizione
(per esempio un Habermas o un Apel), difensori della ragione, lo fanno
criticamente, poiché pensano che la superiorità europea non è materiale, ma
formale: grazie ad una struttura di domande critiche (81). D'altra parte, la
tesi complementare di quella precedente è la tesi "nichilista",
conservatrice, che nega alla Modernità qualità positive (tesi sostenuta da
Nietzsche ad Heidegger, per esempio), e che propone praticamente il suo
annientamento senza uscita. I postmoderni assumono questa posizione (nel
loro attacco frontale alla "ragione" in quanto tale; con differenze nel caso
di Lévinas (82) ), sebbene, paradossalmente, difendano anche parte della
prima posizione, a partire da un eurocentrismo desarrollista
 ["sviluppista"]. I filosofi postmoderni sono ammiratori dell'arte
postmoderna, dei media, e sebbene affermino teoricamente la differenza, non
riflettono sulle origini di questi sistemi che sono frutto di una
razionalizzazione propria della gestione della centralità europea del
sistema-mondo, dinanzi alla quale sono profondamente acritici, e pertanto
non hanno possibilità di cercar di apportare alcuna alternativa (culturale,
economica, politica, etc.) valida per le nazioni periferiche, né per i
popoli o le grandi maggioranze dominate del centro e/o della periferia.
b) In secondo luogo, difendiamo un'altra posizione a partire dalla
periferia, e considerando il processo della Modernità come la segnalata
"gestione" razionale del sistema-mondo. Questa posizione cerca di recuperare
il recuperabile della Modernità, e negare la dominazione e l'esclusione nel
sistema-mondo. E' dunque un progetto di liberazione della periferia negata
fin dall'origine della Modernità. Il problema non consiste nel mero
superamento della ragione strumentale (come per Habermas) o della ragione
terror dei postmoderni, bensì nel superamento dello stesso sistema-mondo
così come si è sviluppato fino ad oggi nel corso di 500 anni. Il problema è
l'esaurimento di un sistema di civilizzazione  che giunge alla sua fine
((84). Il superamento della ragione cinico-amministrativa (amministrativa
mondiale) del capitalismo (come sistema economico), del liberalismo (come
sistema politico), dell'eurocentrismo (come ideologia), del maschilismo (nel
campo della vita sessuale e dei rapporti tra i generi), del predominio della
razza bianca (razzismo), della distruzione della natura (nell'ecologia),
etc., suppone la liberazione di diversi tipi di oppressi e/o esclusi. E' in
questo senso che l'Etica della Liberazione si definisce come trans-moderna
(poiché anche i postmoderni sono eurocentrici). La fine del presente sistema
di civilizzazione si fa vedere attualmente nei seguenti limiti assoluti del
"sistema dei 500 anni" -come lo chiama Noam Chomsky-.
Questi limiti assoluti sono:
a) In primo luogo, la distruzione ecologica del pianeta. Fin dalla sua
origine la Modernità ha definito e reso la natura come un oggetto
"sfruttabile", al fine di aumentare il tasso di profitto (85) del capitale:
"Per la prima volta la natura si converte in un mero oggetto per l'uomo, in
cosa meramente utile; cessa di essere riconosciuta come un potere per sé"
(86).
Una volta costituita la terra come un "oggetto sfruttabile" in favore del
quantum, del capitale, che può vincere tutti i limiti, tutte le barriere,
manifestando così "the great civilising influence of capital" [la grande
influenza civilizzatrice del capitale], tocca alla fine il suo limite
insuperabile, quando esso stesso, il capitale, si dimostra il suo proprio
limite, la barriera insuperabile per il progresso etico-umano, e stiamo
arrivando a quel momento:
"L'universalità a cui il capitale tende incessantemente, incontra
impedimenti nella sua stessa natura, i quali in una certa tappa dello
sviluppo del capitale faranno sì che si riconosca proprio esso come la più
grande barriera che si frappone a questa tendenza e, conseguentemente,
porteranno alla abolizione del capitale per mezzo di se stesso" (87).
Essendo la natura per la Modernità solo un mezzo di produzione, va incontro
al destino di essere consumata, distrutta, e, inoltre, accumulando
geometricamente sulla terra i suoi rifiuti si giunge a porre in pericolo la
riproduzione o sopravvivenza della stessa vita. La vita è la condizione
assoluta del capitale; la sua distruzione distrugge anche il capitale. A
questo a situazione siamo arrivati. Il "sistema dei 500 anni" (la Modernità
o il capitalismo) si trova di fronte al primo limite assoluto: la morte
della vita nella sua totalità, a causa dell'uso indiscriminato di una
tecnologia antiecologica costituita progressivamente a partire dal solo
criterio della gestione quantitativa del sistema-mondo nella Modernità: l'
aumento del tasso di profitto. Ma il capitale non può autolimitarsi. Diviene
in quanto tale il pericolo supremo per l'umanità.
b) Il secondo limite assoluto della Modernità è la distruzione della stessa
umanità. Il "lavoro vivo" è l'altra mediazione essenziale del capitale in
quanto tale; il soggetto umano è l'unico che può "creare" nuovo valore
(plusvalore, profitto). Il capitale che vince tutte le barriere richiede
ogni volta più tempo assoluto di lavoro; quando non può superare questo
limite, allora aumenta la produttività attraverso la tecnologia; ma questo
aumento diminuisce la necessità di lavoro umano; così c'è una umanità
esuberante (disoccupata). Il disoccupato non guadagna salario, denaro; ma il
denaro è l'unica mediazione nel mercato attraverso cui si possano acquistare
merci per soddisfare i bisogni. In ogni modo il lavoro non impiegabile da
parte del capitale aumenta (aumenta la disoccupazione).Aumenta così la
proporzione dei soggetti costretti alla non solvibilità (88) -tanto nella
periferia come nel centro-. E' la povertà, la povertà come limite assoluto
del capitale. Si tratta della "legge della Modernità": "Questa legge produce
un'accumulazione di miseria proporzionale all'accumulazione di capitale"
(89).
Il sistema-mondo moderno non può superare questa contraddizione essenziale.
L'Etica della Liberazione riflette filosoficamente a partire da questo
orizzonte planetario del sistema-mondo; da questo doppio limite che
configura una crisi terminale di un processo di civilizzazione: la
distruzione ecologica del pianeta e l'estinzione nella miseria e nella fame
della maggioranza dell'umanità. Dinanzi a questi due fenomeni correlati di
tali dimensioni planetarie, apparirebbe ingenuo e persino ridicolo,
irresponsabile e complice, irrilevante e cinico, il progetto di tante scuole
filosofiche (tanto nel centro, ma ancor peggio nella periferia, in America
Latina, Africa e Asia) racchiuse nella "torre d'avorio" dello sterile
accademismo eurocentrico.
Già nel 1968 Marcuse aveva scritto, riferendosi ai  paesi opulenti del
tardo-capitalismo: "Quale è il prezzo che si deve pagare per tutti i beni
ricevuti, il prezzo di questa comoda servitù, di tutti questi vantaggi,
prezzi che si fanno pagare a gente che sta molto lontano dalla metropoli ed
è lontanissima dalla sua opulenza. La società opulenta ha coscienza di ciò
che sta facendo, di come sta propagando il terrore e la schiavitù, di come
sta lottando contro la liberazione in tutte le aree del globo?" (90).
c) Il terzo limite della Modernità è l'impossibilità di sussumere le
popolazioni, le economie, le nazioni, le culture che attaccò aggressivamente
fin dalla sua origine, che escluse dal suo orizzonte e che abbandona nella
miseria. E' tutto il tema dell'esclusione dell'alterità dell'America Latina,
dell'Africa e dell'Asia, e della loro indomabile volontà di sopravvivenza.
Torneremo sul tema, ma non vogliamo qui tralasciare di indicare che il
sistema-mondo globalizzatore giunge a un limite in cui comincia l'
esteriorità dell'Alterità dell'Altro, luogo di "resistenza" e dalla cui
affermazione come rimedio parte il processo di "negazione della negazione"
della liberazione.
(CONTINUA)

3. MAESTRI. ALDO CAPITINI: LA PORTA DA APRIRE
[Da Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, p.
453]
La nonviolenza e' la porta da aprire per non sentirsi soli. La nonviolenza
cerca sempre di essere con altri.

4. MATERIALI. MIR DI PADOVA: UN PIANO D'AZIONE PER IL DECENNIO DELLA
NONVIOLENZA E UN MODELLO DI DELIBERA DA PROPORRE AI CONSIGLI COMUNALI
[Dalla circolare del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione)
del 30 ottobre riportiamo il seguente documento del MIR di Padova. Per
leggere l'intera circolare: www.peacelink.it/users/mir/]
A. Piano d'azione per il decennio della nonviolenza.
Il punto d'arrivo sarebbe una Convenzione internazionale per una cultura
della nonviolenza e della pace per i bambini del mondo.
Fase 1: anno 2000, lancio del Manifesto;
Fase 2: 2001-2002, informazioni e consultazioni a livello locale.
Lavorare per una "Dichiarazione per una cultura di pace e di nonviolenza" a
tutti i livelli di ogni paese. Una commissione nazionale creata da ogni
parlamento, sarebbe incaricata del coordinamento e della diffusione
appoggiandosi sulle strutture amministrative: ministeri, comuni, scuole,
ecc.
Nello stesso tempo delle commissioni municipali potrebbero organizzare delle
consultazioni per la redazione di delibere comunali; il tutto dovrebbe
essere riunito dal livello nazionale entro il giugno del 2002.
Contemporaneamente ogni parlamento potra' creare un Istituto nazionale di
ricerca sulla prevenzione della violenza e la risoluzione nonviolenta dei
conflitti.
Fase 3: 2003-2004, sintesi dei contributi locali.
Sperimentazione dell'insegnamento per la nonviolenza. Questa sintesi dovra'
essere finalizzata prima della fine del 2003 a preparare una proposta di
legge nazionale per la promozione di una cultura di pace e di nonviolenza
per i bambini dello stato. Delle esperienze saranno nel frattempo iniziate
nel settore dell'insegnamento della pratica della nonviolenza nelle diverse
istituzioni.
Fase 4: 2005, livello nazionale.
Adozione della legge "Cultura di pace" che dovra' essere riesaminata ogni 5
anni.
Generalizzazione dell'insegnamento della pratica della nonviolenza in tutte
le istituzioni scolastiche dello stato.
Fase 5: 2006-2007, livello regionale (continentale).
Le commissioni nazionali rappresentative proseguono il lavoro a livello di
macroregioni (America Latina, Asia, Unione Europea, ecc.) per redigere delle
risoluzioni regionali aggiornate ogni 5 anni. Nello stesso 2007 i Comuni
dovranno rivedere le loro delibere comunali alla luce delle loro esperienze
retrospettive.
Fase 6: 2008-2009, livello Internazionale.
Inizio del 2008, l'Unesco dovra' effettuare una sintesi dei differenti testi
prodotti a livello di macroregioni per preparare un progetto di "Convenzione
Internazionale" che sara' sottoposta all'Assemblea dell'ONU nel 2010.
Si tratta di avviare un processo simile a quello che ha portato alla
convenzione sui diritti dell'infanzia. Una Convenzione con forza di legge
una volta che sia stata approvata e ratificata da ogni paese firmatario.
*
B. esempio di delibera comunale sul decennio della nonviolenza.
Il Consiglio Comunale di Padova
Ricordando
l'importante risoluzione n. 53/25 del 10 novembre 1998 della Assemblea
Generale delle Nazioni Unite che ha proclamato il periodo 2001-2010
"Decennio internazionale della promozione di una cultura della nonviolenza e
della pace a beneficio dei bambini del mondo", documento che ha trovato
precise e puntuali indicazioni applicative nella successiva risoluzione
dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite n. 53/243 del 6 ottobre 1999
denominata "Dichiarazione e programma d'azione su una cultura di Pace";
Preso atto con preoccupazione della drammatica situazione internazionale di
guerra in atto e che di fronte a questa gravissima crisi gli Enti Locali
devono impegnarsi attivamente per favorire e rafforzare la creazione di una
diversa cultura che valorizzi la condivisione invece dello scontro, la
comprensione invece della paura, che favorisca l'incontro e il reciproco
rispetto, strumenti fondamentali per sconfiggere il terrorismo e i
fondamentalismi;
Riconoscendo che la pace non z' solamente l'assenza di conflitti, ma un
processo positivo, dinamico, partecipativo che favorisce il dialogo e la
risoluzione dei conflitti in uno spirito di mutua comprensione e di
cooperazione;
Individuando nella nonviolenza attiva, come indicato dall'Assemblea generale
delle Nazioni Unite, lo strumento privilegiato per la costruzione della
pace;
Ricordando che il Comune di Padova ha sviluppato un'importante tradizione di
impegno a favore di una cultura di pace, espressa nella creazione di un
apposito Ufficio Pace e nell'istituzione della Consulta per la pace e i
diritti umani;
Consapevole che nel territorio comunale agiscono da tempo importanti
associazioni e istituzioni impegnate nella promozione della pace sia in
ambito locale sia nazionale;
Delibera di adottare, per quanto e' nelle sue competenze e possibilita', i
principi e le indicazioni contenuti nella "Dichiarazione e programma
d"azione per una cultura di pace" dell'Assemblea Generale delle Nazioni
Unite, riferendosi in particolare al punto 3 della parte A, dove si dice
che: "La societa' civile deve partecipare a livello locale, regionale e
nazionale per ampliare la portata delle attivita' al riguardo di una cultura
di pace";
Delibera inoltre di dare sostegno ai programmi d'azione a favore di una
cultura di pace e di risoluzione nonviolenta dei conflitti per "fare in modo
che i bambini ricevano, fin dalla piu' tenera eta', una educazione al
riguardo dei valori, delle attitudini, dei comportamenti e dei modi di vita
che debbano loro permettere di risolvere le controversie in maniera pacifica
e in uno spirito di rispetto della dignita' umana e di tolleranza e di non
discriminazione; far partecipare i bambini ad attivita' che instilleranno
loro i valori e gli scopi di una cultura di pace"; (punto 9 della parte B);
Delibera quindi di stanziare
- lire 20 milioni per il primo anno del decennio 2001-2010 per sostenere
progetti rivolti agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado presenti
nel territorio del Comune di Padova, che, nello spirito della citata
risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite n. 53/243,
promuovano la diffusione di una cultura di pace;
- lire 10 milioni per il primo anno del decennio 2001-2010 a sostegno di
corsi ed altre iniziative di aggiornamento rivolti agli insegnanti e agli
educatori in linea con la dichiarazione dell'ONU e del Piano d'azione
applicativo;
- lire 20 milioni per la concessione di due borse di studio per favorire la
partecipazione degli studenti dell'Ateneo patavino ad altrettanti corsi di
perfezionamento e specializzazione presso Istituti europei di ricerca per la
pace;
Delibera inoltre di riattivare l'Ufficio pace e la consulta per la pace e i
diritti umani istituita con delibera ...;
Il Consiglio Comunale invita infine l'Universita' degli Studi di Padova, ad
attivare un master di specializzazione in materia di ricerca per la pace.

5. INFORMAZIONE. JOHN PILGER: PREDE DI GUERRA
[John Pilger e' uno dei piu' noti giornalisti britannici. Nato a Sydney,
corrispondente e commentatore di guerra quasi leggendario, ha seguito
conflitti in tutto il mondo, dal Vietnam alla Birmania, alla Cambogia, al
Medio Oriente. Ha ricevuto due volte il principale premio giornalistico
britannico (il "Journalist of the Year") e i suoi documentari si sono
aggiudicati un'infinita' di altri riconoscimenti, incluso un Emmy e un
Reporters sans frontieres Award. Ha scritto sei libri, tra i quali "Heroes"
e "Hidden Agendas", rivelando i retroscena di molti conflitti sanguinosi. I
suoi articoli appaiono su Guardian, Independent e New Statesman in Gran
Bretagna, New York Times, Los Angeles Times e The Nation negli Stati Uniti.
Questo articolo e' apparso sul quotidiano "Il manifesto" del 15 dicembre
(insieme alla breve nota biografica che abbiamo qui riportato)]
Dall'11 settembre, la "guerra al terrorismo" sta fornendo un pretesto ai
paesi ricchi, sotto la guida degli Stati Uniti, per estendere il loro
dominio sugli affari mondiali.
Diffondendo "paura e profondo rispetto", cosi' si e' espresso un
commentatore del Washington Post, l'America intende respingere qualunque
minaccia alla sua capacita' di controllare e gestire l'"economia globale",
eufemismo che indica l'appropriazione progressiva delle risorse e dei
mercati da parte dei paesi ricchi del G8.
Questo, e non la caccia all'uomo in una caverna dell'Afghanistan, e'
l'obiettivo che sta dietro ai bombardamenti e alle minacce a un numero di
paesi compreso "tra 40 e 50". Esso ha poco a che fare con il terrorismo e
molto invece con il mantenimento delle divisioni prodotte dalla
"globalizzazione".
Oggi il commercio internazionale vale piu' di 11,5 miliardi di sterline al
giorno. Solo una piccola frazione di questo, lo 0,4%, viene condiviso con i
paesi piu' poveri. Il capitale americano e dei paesi del G8 controlla il 70%
dei mercati mondiali; e a causa di regole che impongono la fine di barriere
tariffarie e sovvenzioni nei paesi poveri ignorando - allo stesso tempo - il
protezionismo in occidente, i paesi poveri perdono nel commercio ogni giorno
1,3 miliardi di sterline. A questo va aggiunto il fatto che essi ogni giorno
pagano 37 milioni di sterline di debito.
Comunque la si voglia considerare, questa e' una guerra dei ricchi contro i
poveri.
Si vedano le cifre sulle morti. Il tributo di vite umane, dice il World
Resources Institute, e' di piu' di 13 milioni di bambini ogni anno; o 12
milioni sotto i cinque anni di eta', secondo stime dell'Onu. "Se 100 milioni
di persone sono state uccise nelle guerre dichiarate del XX secolo" ha
scritto Michael McKinley, "perche' questa cifra deve essere privilegiata
rispetto al tasso di mortalita' infantile per i programmi di aggiustamento
strutturale a partire dal 1982?".
Il saggio di McKinley, Triage: A Survey of the New Inequality as Combat Zone
e' stato presentato in una confererenza a Chicago l'anno scorso, e merita
una lettura approfondita (McKinley insegna alla Australian National
University). Esso descrive vividamente l'accelerazione del potere economico
occidentale nell'era Clinton che, dopo l'11 settembre, ha superato una
soglia di pericolo per milioni di persone.
Il vertice del Wto a Doha nel Qatar e' stato disastroso per la maggioranza
dell'umanita'. I paesi ricchi hanno preteso e ottenuto un nuovo "round" di
"liberalizzazione del commercio", cioe' in altre parole il loro diritto a
intervenire nelle economie dei paesi poveri e di pretendere la
privatizzazione e la distruzione dei servizi pubblici. Solo a loro e'
permesso tutelare la propria industria e la propria agricoltura; solo loro
hanno il diritto di sovvenzionare le esportazioni di carne, grano e
zucchero, per poi svenderli nei paesi poveri a prezzi artificialmente bassi,
distruggendo cosi' i mezzi di sostentamento di milioni di persone. In India,
spiega l'ambientalista Vandana Shiva, i suicidi tra i contadini poveri sono
"una furiosa epidemia".
Anche prima del meeting del Wto Robert Zoellick, trade representative
americano, ha invocato la "guerra al terrorismo" avvertendo il mondo in via
di sviluppo che nessuna seria opposizione all'agenda commerciale americana
sarebbe stata tollerata. "Gli Stati Uniti - ha detto Zoellick - sono
impegnati in una leadership globale di apertura e capiscono che la tenuta
della nostra nuova coalizione [contro il terrorismo] dipende dalla crescita
economica...". Cioe' la "crescita economica" (elite ricca, maggioranza
povera) equivarrebbe all'anti-terrorismo.
Mark Curtis, lo storico britannico e head of policy di Christian Aid, che ha
partecipato al vertice di Doha, descrive "un modello emergente di minacce e
intimidazioni nei confronti dei paesi poveri" equivalente a una "diplomazia
del pugno di ferro economico". "E' stato assolutamente oltraggioso - ha
detto Curtis -. I paesi ricchi hanno sfruttato il loro potere per imporre
l'agenda del grande business. La questione delle corporations multinazionali
come causa di poverta' non era nemmeno in agenda; era come una conferenza
sulla malaria dove non si discuta nemmeno della zanzara".
I delegati dei paesi poveri hanno protestato perche' minacciati della
rimozione delle loro poche, preziose facilitazioni commerciali e dei
programmi di sostegno. "Se intervenissi con troppa forza per i diritti del
mio popolo" ha detto un delegato africano, "gli Usa telefonerebbero al mio
ministero. Direbbero che sto mettendo in imbarazzo gli Stati Uniti. Il mio
governo non chiederebbe nemmeno che cosa ho detto. Si limiterebbe a spedirmi
un biglietto domani stesso... percio' non parlo, per paura di turbare il
padrone".
Un funzionario Usa di alto livello ha telefonato ai ministri del governo
ugandese per chiedere che il suo ambasciatore al Wto, Nathan Iramba, fosse
rimosso. Iramba dirige il Comitato sul commercio e lo sviluppo (Committee on
Trade and Development) del Wto, e ha criticato l'agenda delle organizzazioni
sulla "liberalizzazione". Il dottor Richard Bernal, delegato giamaicano a
Doha, ha detto che il suo governo aveva subito pressioni analoghe. "Noi
sentiamo che questo meeting [del Wto] non ha relazione con la guerra al
terrorismo - ha detto -, tuttavia siamo costretti a sentire che noi stiamo
ostacolando il salvataggio dell'economia globale se non accettiamo un nuovo
round [di misure di liberalizzazione]". Il ministro indiano per il commercio
e l'industria, Musaroli Maran, ha detto arrabbiato: "L'intero meccanismo e'
una mera formalita' e stiamo subendo una coercizione contro la nostra
volonta'... il Wto non e' un governo del mondo e non deve tentare di
appropriarsi della legittimita' di cui godono i parlamenti e i governi
nazionali".
Cio' che la conferenza ha dimostrato e' che il Wto e' diventato un governo
mondiale, gestito dai ricchi e principalmente da Washington. Sebbene conti
142 membri, solo a 21 governi e' consentito tracciare la sua politica, di
cui la gran parte e' scritta dal "quadrilatero": Stati Uniti, Europa, Canada
e Giappone. A Doha, gli inglesi hanno giocato un ruolo simile alla
promozione di Tony Blair della "guerra al terrorismo". La ministra per il
commercio e l'industria, Patricia Hewitt, aveva gia' detto alle
organizzazioni del volontariato che "dall'11 settembre, una ulteriore
liberalizzazione del commercio si impone". A Doha, funzionari inglesi e di
altri paesi europei hanno spinto per la "liberalizzazione" in modo
aggressivo dimostrando, secondo Christian Aid, "l'abisso tra la loro
retorica su come il commercio dovrebbe lavorare per i poveri" e le loro vere
intenzioni.
Questa "retorica" e' la specialita' del governo Blair e della sua
responsabile per lo sviluppo internazionale, Clare Short, che ha superato se
stessa annunciando 20 milioni di sterline come "pacchetto di nuove misure"
per aiutare i paesi poveri. In effetti, quella era la terza volta che gli
stessi soldi venivano annunciati nel giro di un anno. Nel dicembre 2000,
Short aveva detto che il governo avrebbe "raddoppiato il suo sostegno per le
iniziative di rafforzamento del commercio nei paesi in via di sviluppo da 15
milioni di sterline negli ultimi tre anni, a 30 milioni di sterline per i
tre anni successivi". Lo scorso marzo, gli stessi soldi sono stati
annunciati di nuovo. Short, ha detto il suo ufficio stampa, "annuncera' che
il Regno Unito raddoppiera' il suo sostegno per... la performance
commerciale dei paesi in via di sviluppo". Il 7 novembre, il pacchetto da 20
milioni di sterline e' stato annunciato di nuovo. Inoltre, un terzo di esso
e' legato a tutti gli effetti al lancio di un nuovo "round" del Wto, il che
significa un'agenda per il "libero" mercato.
L'inganno illustra la globalizzazione della poverta', vero nome della
"liberalizzazione". Il collegamento con i bombardamenti e' stato fatto da
Clare Short, che si e' spinta fino a paragonare le persone contrarie ai
bombardamenti illegali (in Jugoslavia) come pacificatori nazisti. Short ha
insultato gli operatori delle agenzie umanitarie in Pakistan, che chiedevano
una sospensione dei bombardamenti sull'Afghanistan, definendoli "emotivi" e
ha messo in dubbio la loro integrita'. Ha sostenuto che gli aiuti "stanno
arrivando" - quando, in realta', ben pochi di essi vengono distribuiti dove
piu' serve, a causa dei bombardamenti.
Oggi vengono trasportate ogni giorno in Afghanistan soltanto 750 tonnellate
di aiuti, meno della meta' di quelle che l'Onu considera necessarie. Sei
milioni di persone continuano a rischiare di morire di fame. Non arriva
niente nelle zone vicino a Jalalabad, dove gli americani stanno bombardando
i villaggi uccidendo centinaia i civili, "tra 60 e 300" in una notte,
secondo i comandanti anti-taleban che stanno cominciando a chiedere a
Washington di smettere.
Il silenzio dei governi europei e il loro appoggio alla omicida "guerra al
terrorismo" dell'America da 21 miliardi e alla loro campagna per soggiogare
i paesi poveri, smaschera la mistificazione dell'"economia globale come
unico modo di aiutare i poveri", come i ministri per lo sviluppo continuano
a ripetere. Il militarismo americano, che e' visibile a tutti tranne che
agli intellettualmente e moralmente incapaci, e' la naturale estensione
delle rapaci politiche economiche che hanno diviso l'umanita' come mai era
accaduto prima. Come ha scritto Thomas Friedman sul New York Times, "la mano
invisibile del mercato" e' l'esercito americano. Questo era prima dell'11
settembre. Ora non e' piu' invisibile.
Ormai in pochi dicono ancora che l'economia delle grandi imprese creerebbe
benessere "a cascata" anche per i poveri, perche' e' chiaramente falso.
Persino la Banca mondiale ha ammesso che i paesi piu' poveri sono quelli che
versano in maggiori difficolta', sotto la sua tutela, rispetto a dieci anni
fa: che il numero dei poveri e' cresciuto, che piu' gente muore giovane. E
questi sono paesi con "programmi di aggiustamento strutturale" che
dovrebbero "creare ricchezza" per la maggioranza. Era tutta una bugia.
La verita' sta nelle cifre degli "aiuti" effettivi. L'America da' solo lo
0,1% del suo prodotto nazionale lordo; l'Italia da' solo una muniscola quota
in piu'. Lo scorso anno, il Foreign Aid bill del Senato statunitense
comprendeva una minima quantita' dei 75 milioni di dollari per i piu'
poveri - un decimo del costo di un B52 - mentre 1,3 miliardi di dollari
andavano all'esercito colombiano, uno dei peggiori per le violazioni dei
diritti umani. E' tempo che ci rendiamo conto che il vero terrorismo e' la
poverta', che uccide migliaia di persone ogni giorno, e che la loro morte, e
quella di persone innocenti bombardate nei villaggi polverosi, sono
direttamente correlate.

6. MAESTRE. ANNA ACHMATOVA: ANCHE QUESTO DIVERRA' PER LA GENTE
[Da Anna Achmatova, Poema senza eroe e altre poesie, Einaudi, Torino 1966,
1993, p. 169]
Anche questo diverra' per la gente
Come l'eta' di Vespasiano,
Eppure non fu che una ferita
E una nube, sopra, di tormento.

7. STRANEZZE. PEPPE SINI: ALLA FERMATA DELL'AUTOBUS
Quesa mattina alla fermata dell'autobus: un individuo vestito di nero,
cappello nero calcato, bavero alzato, eleganza ricercata e antiquata, con
una voce in falsetto ed un gesticolare e saltellare quasi di danza, ma di
una danza meccanica, mi si avvicina e mi chiede se sono Sini, quel Sini, di
quella famiglia Sini, eccetera.
Dico di si', e questa persona dapprima imprende un discorso sconnesso.
Ascolto per cortesia, mi capita spesso di ascoltare persone in crisi (un mio
giovane amico psicotico qualche settimana fa cerco' per una buona mezz'ora
di convincermi che lui era Dio). Ma nel progredire del suo monologo lo
sconosciuto si agita sempre di piu', fa allusione al mio telefono (ma e' un
numero che conosce un sacco di gente), poi evoca il triste ricordo di un mio
parente assassinato qualche anno fa (ma e' una vicenda di cui hanno parlato
televisioni e giornali poiche' apparteneva all'aristocrazia vaticana), poi
sempre piu' incontenibile inizia e interrompe e riprende piu' volte tra
stridule risa un discorso confuso di farneticazioni biologiche e razziste; e
perso ormai il controllo mi grida "ebreo" (col tono di proferire un insulto,
il poverino), farfuglia di un mio distorto uso dell'intelligenza, e
profetizza che il buon domineddio regolera' presto i conti con me. Mi
convinco che sia un folle.
Ma quello continua: nomina un dirigente delle forze dell'ordine mio amico,
parla di voluminosi dossier al Viminale che concernerebbero la mia persona
fin dai tempi in cui ero segretario provinciale di un partito della nuova
sinistra negli anni settanta, me ne descrive a gesti le dimensioni. Mi
chiedo se sia un mitomane o un provocatore.
Poi con voce sempre piu' stridula mi dice che devo farla finita, che per
troppo tempo eccetera. E nuovamente nomina quel mio parente citando il suo
tragico decesso come esempio per avvisarmi che quando poi intervengono "i
servizi" si fa una brutta fine, alludendo direi fin troppo esplicitamente al
fatto che "i servizi" potrebbero intervenire nei miei confronti.
Poi si allontana con un passo che mi pare saltellante; superato lo stupore,
lo cerco con lo sguardo ma e' sparito. Strana gente davvero alle fermate
degli autobus. Ho voluto parlarne oggi pomeriggio agli amici che partecipano
al corso di educazione alla pace che coordino presso il liceo di Orte, e
adesso scriverne qui. Mi dovesse capitare qualche incidente non posso dire
di non essere stato avvisato.
Era smilzo, il volto scuro stretto tra il bavero e le falde del cappello, i
denti ingialliti, lo sguardo da furetto, la motricita' incontrollata, le
frasi smozzicate, l'eta' indefinibile, direi tra i trenta e i cinquanta
(ahime', non sono un buon fisionomista). Mi ha fatto una gran pena: se non
e' gia' un funzionario dello stato, lo propongo per una pensione.

8. SITI: "FEMMIS"
[Dal sito di "Femmis", www.femmis.org, riportiamo questa scheda di
presentazione]
"Femmis", Feminine missionary information service, e' il notiziario
telematico femminile  promosso dalle Missionarie Comboniane (Pie Madri della
Nigrizia).
Femmis e' un servizio informativo in sinergia con tutti e tutte coloro che,
come noi, sono sensibili alla situazione femminile nel mondo. La notizia
vista e scritta da donne che fanno dell'informazione senza esclusioni, la
loro missione. La formazione di donne, protagoniste della loro informazione.
Femmis offre ogni giorno: Una frase, un proverbio, una ricetta, un detto
sulla donna e altro.
Ogni settimana: Una foto, un profilo di donna e un articolo d'attualita'.
Ogni mese: Una rassegna stampa, notizie sul mondo femminile e un dossier
della rivista "Raggio". Links a siti e bibliografia femminile.
Femmis e' membro dell'associazione WIN (Women's International Network).
*
Redazione Femmis: femmis at pcn.net
Corrispondenti di Femmis:
Dal Sudan: cmssudsud at wananchi.com
Dal Mozambico: pauldan at teledata.mz
Dal Kenia: cmslangata at wananchi.com
Dall'Etiopia: graca_almeida at yahoo.com
Dall'Egitto: giusepe at zeus.starnet.com.eg
Dall'Ecuador: mariadocarmo at excite.com
Dal Brasile: combonianassp at ig.com.br
Dal Messico: cmsecvi at sedet.com.mx
Dagli USA: combonisrs at igc.apc.org
Dall'Italia: femmis at pcn.net
Dalla Gran Bretagna: cmsjplondon at aol.com
Dalla Spagna: mcomboni at teleline.es
Dal Medio Oriente: libanos_ayele at hotmail.com
*
Nell'ultimo aggiornamento:
Nigeria: Caso Safiya, per lo Nscia "non esistono alternative alla sentenza";
Argentina: Madri di Plaza de Mayo in prima fila;
Algeria: Fidh denuncia sistematica violazione diritti umani;
Mondo: Un milione, la maggior parte ragazzine, vittime di sfruttamento
sessuale;
Burkina Faso: Cultura maschilista mette a rischio donne;
America Centrale: "Casa Alianza" denuncia sfruttamento sessuale bambini di
strada;
Afghanistan: Deputy Prime Minister of Afghanistan Urges More Aid, Women's
Rights; Bangladesh: Plans for Asian women's college underway.

9. LETTURE. STEFANO ALLIEVI: LA TENTAZIONE DELLA GUERRA
Stefano Allievi, La tentazione della guerra, Zelig, Milano 2001, pp. 192,
lire 22.000. Un sociologo tra i piu' attenti ai temi dell'incontro e dei
conflitti tra le culture, autore di libri fondamentali sull'immigrazione, il
confronto e dialogo tra religioni, e l'islam in Europa, raccoglie in questo
volume alcuni suoi scritti "dopo l'attacco al World Trade Center, a
proposito di Occidente, islam e altri frammenti di conflitto tra culture".
Analisi accurate, una informazione rigorosa, uno stile vivace (con qualche
eccesso nei punti in cui sulla pacatezza dello studioso prevale
l'indignazione della persona civilmente impegnata contro il razzismo e la
violenza).

10. LETTURE. MICHELE GAMBINO, MASSIMO LOCHE, ALI RASHID, ALBERTO VENTURA:
ORGOGLI E PREGIUDIZI
Michele Gambino, Massimo Loche, Ali Rashid, Alberto Ventura, Orgogli e
pregiudizi, Manni, Lecce 2001, pp. 144, lire 20.000. Michele Gambino
(prestigioso giornalista democratico protagonista dell'esperienza de "I
Siciliani" e di quella di "Avvenimenti") intervista un gornalista
conoscitore degli Stati Uniti, un illustre studioso della cultura islamica,
ed una persona di grande valore valore intellettuale e morale come Ali
Rashid su "Islam e Occidente dopo le Twin Towers". Come e' proprio di questo
genere di libri, alcune parti sono di grande interesse, altre piu'
sbrigative e meno persuasive.

11. LETTURE. GORE VIDAL: LA FINE DELLA LIBERTA'
Gore Vidal, la fine della liberta', Fazi, Roma 2001, pp. 128, lire 25.000.
Una incisiva raccolta di interventi giornalistici di Gore Vidal, assai
energici nei contenuti e non meno vivaci nella forma (con le semplificazioni
e le forzature tipiche del genere libellistico). Edito in esclusiva mondiale
dall'editore italiano, raccoglie un saggio inedito su "L'undici settembre e
dopo" di forte ed efficace critica alla politica statunitense e alla sua
deriva totalitaria, e tre articoli degli ultimi anni di non minor interesse.

12. RILETTURE. THEODOR EBERT: LA DIFESA POPOLARE NONVIOLENTA
Theodor Ebert, La difesa popolare nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino
1984, pp. 264. Una raccolta di saggi del noto peace researcher tedesco su un
tema decisivo per costruire un'alternativa alla guerra.

13. RILETTURE. NEERA FALLACI: VITA DEL PRETE LORENZO MILANI
Neera Fallaci, Vita del prete Lorenzo Milani, Milano Libri, Milano 1974 (col
titolo Dalla parte dell'ultimo), Rizzoli, Milano 1993, pp. 628, lire 12.000.
La fondamentale biografia di don Milani.

14. RILETTURE. PRIMO MAZZOLARI: TU NON UCCIDERE
Primo Mazzolari, Tu non uccidere, La Locusta, Vicenza 1955, Edizioni
Paoline, Cinisello Balsamo 1991, pp. 108. Una lettura sempre commovente, un
appello ineludibile.

15. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

16. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ;
angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 319 del 21 dicembre 2001