pc: nella lobby USA del petrolio l'altra verità su Bin Laden





Nella lobby Usa del petrolio
l'altra verità su Bin LadenUn libroinchiesta sui rapporti con il clan Bush
Gli scrittori sono due
investigatori francesi

GIACOMO LESOPARIGI - Osama Bin Laden non è un pazzo scatenato e non ha mai
tradito il suo paese, l'Arabia Saudita. I cattivi sono anche altri, in
questa storia di guerra. Prima fra tutti proprio l'Arabia Saudita e poi
anche quella parte del «clan Bush» che lavora nel petrolio e che da anni
non esita a stringere relazioni altamente pericolose con i taliban
spingendosi addirittura alle frontiere della galassia di Bin Laden. Questa
tesi è sostenuta e sviluppata nel libro Bin Laden, la verità vietata in
uscita in Francia la settimana prossima e che «Repubblica» è riuscita a
procurarsi e presenta in anteprima. Gli autori sono JeanCharles Brisard e
Guillaume Dasquié.
Il libro parte dalla testimonianza di John O'Neill, 50 anni, ex numero due
dell'Fbi di New York, dimessosi dal suo incarico nell'agosto scorso. Da
allora O'Neill era diventato responsabile della sicurezza del World Trade
Center, un incarico che l'ha portato alla morte, anche lui vittima degli
attentati dell'11 settembre. In quel giorno a JeanCharles Brisard è tornata
in mente la frase che O'Neill gli aveva confidato il 22 luglio scorso,
all'Hotel Plaza di New York: «Tutte le risposte e tutte le chiavi
necessarie a smantellare l'organizzazione di Osama Bin Laden si trovano in
Arabia Saudita» aveva detto O'Neill aggiungendo subito dopo che purtroppo
«la diplomazia americana era incapace di ottenere informazioni dal re Fahd»
sulla rete terroristica di Bin Laden. Per quali motivi? Uno solo: gli
interessi petroliferi. Fra documenti e testimonianze si racconta dei
negoziati segreti, sul progetto di gasdotto afgano, fra l'amministrazione
Bush e i taliban fino all'estate del 2001 e si mette in luce il ruolo
ambiguo di alcune personalità del «clan Bush» quali Condoleezza Rice,
direttrice del Consiglio nazionale di sicurezza e dal ‘91 al 2000
alla testa del gruppo Chevron, una delle prime compagnie petroliere al
mondo con vari interessi in Kazakhstan e Pakistan, Christina Rocca,
direttrice dell'ufficio degli affari asiatici, responsabile delle
discussioni ad alto rischio con i taliban e Laila Helms, nipote di Richard
Helms già direttore della CIA ed ex ambasciatore in Iran, definita qui come
«la lobbista dei taliban».
Il business del gasdotto
e i rapporti con i talibanaffari e diplomazia

Siamo all'inizio del 2001, ed ecco in quale contesto interviene Laila
Helms, l'esperta in relazioni pubbliche dei Taliban. All'indomani della
singolare dichiarazione fatta al quotidiano Times, il 5 febbraio 2001, con
il quale si invita la nuova amministrazione a riprendere il filo conduttore
del negoziato, la Helms si assume l'incarico di accogliere durante la sua
visita negli Stati Uniti l'ambasciatore itinerante Sayed Rahmatullah
Hashimi, che rappresenta il Mullah Omar. Perché così tanti cambiamenti di
rotta in un periodo così breve, tutt'al più tre mesi?
Ovviamente il numero - smisurato - di responsabili della nuova
amministrazione Bush provenienti dal settore dell'industria energetica si
interroga. Tutti valutano perfettamente le poste economiche connesse alla
stabilizzazione dell'Asia Centrale, e nessuno di loro ha dimenticato i
piani di un gasdotto appena progettato in Afghanistan. Perché, dopo tutto,
le compagnie petrolifere e del gas del Texas non formano forse il
principale gruppo di contribuenti della campagna elettorale di Bush junior
? [...].
Lo stesso vicePresidente, Dick Cheney, per lungo tempo è stato direttore di
Halliburton, leader mondiale per la fornitura di servizi all'industria
petrolifera, carica che ha lasciato al momento della campagna
presidenziale. Condoleezza Rice, direttrice del Consiglio Nazionale di
Sicurezza, ha trascorso nove anni lavorando alla Chevron. In seno al
gigante petrolifero, ha svolto le mansioni di direttrice dal 1991 al 2000.
Interveniva regolarmente sui dossier che riguardavano l'Asia Centrale - in
particolare quelli sul Kazakhstan dove la Chevron ha molti impianti - in
qualità di consumata sovietologa. In altre occasioni, durante
l'amministrazione di Bush padre, collaborò anche al Consiglio Nazionale di
Sicurezza, come esperta dell'area sovietica. Donald Evans, Segretario del
Commercio e intimo amico di W. Bush ha fatto carriera essenzialmente nel
settore petrolifero, in qualità di presidente della Tom Brown, così come
Spencer Abraham, Segretario dell'energia. Kathleen Cooper, sottosegretario
al Commercio per gli Affari Economici, incaricato degli affari economici, è
stata amministratore del gigante mondiale Esso. [...]
Nessuno sa con precisione quale influenza abbiano avuto queste
considerazioni petrolifere nella gestione della questione afgana. Tuttavia,
gli esperti del settore si sono congratulati per la prontezza della Casa
Bianca nel voler aprire un dialogo con i Taliban. Per tutti coloro che nel
gennaio 2001 ricoprono un posto di comando in questo settore a Washington,
l'Asia Centrale non deve essere relegata al rango di tutti i paesi del
terzo mondo, le cui tribolazioni non interessano nessuno, fatta eccezione
per chi commercia nel settore militare. Tanto più che anche la
distribuzione è cambiata: Mosca e Pechino vanno moltiplicando gli accordi
per costruire degli oleodotti che potranno gestire in via esclusiva il
trasporto delle riserve di petrolio provenienti dall'Asia Centrale; e,
soprattutto, a partire da quella estate, entra in funzione l'oleodotto
russo tramite il quale viene distribuito il petrolio proveniente dal
Caspio, mentre l'oleodotto americano, suo concorrente in questa area, che
dovrebbe arrivare a Ceyhan in Turchia è ancora allo stadio di progetto. A
questo ritmo, nel giro di poco tempo, le riserve petrolifere e del gas che
si trovano in Kazakhstan, in Turkménistan e in Ouzbékistan e che
appartengono a società americane, saranno tutte collegate a oleodotti e
gasdotti sotto il controllo della Cina o della Russia.
Mentre le Nazioni Unite sanzionano duramente Kabul il 18 dicembre,
affermando che più nessuno può essere ingannato dalla lingua che parlano i
suoi capi, il responsabile della lotta anti terrorismo del Presidente
Clinton giunge alla conclusione che gli studenti di teologia aiutano ancora
e da lungo tempo i terroristi. Ancora una volta il potere al comando decide
di negoziare con i Taliban. Sulla costa Orientale degli Stati Uniti, Laila
Helms ha il compito di presentare ai dirigenti afgani la situazione dal
punto di vista meno negativo possibile. La Casa Bianca e il Dipartimento di
Stato si occupano di tutto il resto. Nelle cancellerie europee i
diplomatici tentano di seguire le mosse della partita appena iniziata. Si
sussurra che sono stati presi contatti informali con l'entourage di Qazi
Hussein Ahmad, il capo integralista della Jamaa iIslamiya, che si è unita
alle truppe di Osama Bin Laden nella valle di Khost. Al Dipartimento di
Stato, queste trattative ad alto rischio con i Taliban, sono affidate alla
direttrice del Dipartimento degli Affari Asiatici, Christina Rocca. [...]
La rete finanziaria di Al Qaeda
e i segreti delle banche sauditeil network del terrore

Poco dopo il suo arrivo a Khartoum in Sudan nel 1991, Osama Bin Laden
partecipò direttamente alla costituzione di diverse strutture finanziarie e
commerciali che gli permettevano di finanziare le sue attività
terroristiche. Oltre ai finanziamenti che provenivano dai movimenti
politici coordinati dal Fronte Islamico Internazionale per la Jjhad contro
gli ebrei e i crociati (FIIJJC), con sede a Kandahar in Afghanistan, le
attività economiche di Osama Bin Laden sono collegate da una società
holding denominata Wadi Al Aqiq AlHasan, Abu. [...]
Uno dei principali investimenti si concentra su una istituzione bancaria,
Al Shamal Islamic Bank, al capitale della quale Osama partecipa con
l'equivalente di 50 milioni di dollari dell'epoca. Questa banca gli
consentiva non soltanto di finanziare le sue attività, ma anche di far
transitare i capitali verso i vari fronti della Jjhad. [...]
Il Direttore Generale della Al Shamal Islamic Bank, anche se nega
l'esistenza di capitali appartenenti a Osama Bin Laden nel capitale
dell'istituto bancario, ha tuttavia ammesso recentemente che due conti
correnti nella sua banca, aperti il 30 marzo 1992 e inattivi dal 1997,
erano intestati alla società AlHijrah for Construction and Development Ltd.
Cosa ancora più sorprendente, egli ha ammesso l'apertura nel 1993 di un
conto corrente intestato alla società holding di Osama Bin Laden, Wadi Al
Aqiq, da cui si può apprendere che si tratta di una società di diritto
saudita, registrata in Arabia Saudita, il cui conto è inattivo dal 1995.
Rivelazioni sorprendenti, dunque, dal momento che si sa perfettamente che
il 6 aprile 1994, Osama Bin Laden si era visto ritirare la nazionalità
saudita dalle autorità della monarchia e che i suoi capitali avrebbero
dovuto essere congelati in quella data. [...]
Un'altra banca che ha facilitato il trasferimento dei profitti delle
attività di Osama Bin Laden, è la Dubaï Islamic Bank, con sede negli
Emirati Arabi Uniti, e la Cia avrebbe accertato che movimenti regolari
venivano da essa effettuati per alimentare le organizzazioni collegate a
Osama Bin Laden. L'istituto bancario islamico costituito nel 1975 è diretto
da Mohamed Khalfan, ovvero l'attuale ministro delle finanze degli Emirati.
La banca fra i suoi soci azionisti conta anche i governi del Dubai e del
Kuwait, (rispettivamente nella misura del 10% del capitale). [...]
La Dubai Islamic Bank era uno dei maggiori azionisti della Bcci con più di
80 milioni di dollari di attivo in quest'ultima. La banca è stata scossa da
molti scandali, il più importante dei quali è stato per il riciclaggio di
cifre pari a 242 milioni di dollari a vantaggio di Foutanga, detto Babani
Sissoko, un miliardario del Mali. Ritroviamo poi Saleh Abdullah Kamel fra i
finanziatori delle reti di Osama Bin Laden nel 1999 tramite la società di
comunicazione Tihama for Advertising, Public Relations and Marketing,
filiale della Dallah Albaraka Group. La società in effetti fu citata come
parte della rete sudanese dei finanziamenti delle attività terroristiche di
Bin Laden. Ma Saleh Kamel a tutt'oggi non è stato ancora interrogato per
gli sviluppi giudiziari riguardanti le istituzioni sopra elencate. Soltanto
Khalid Bin Mahfouz, direttore generale di Tihama, è stato messo agli
arresti domiciliari e licenziato dalla sua carica di Presidente della
National Commercial Bank dell'Arabia Saudita.
L'Arabia Saudita ha per caso giocato "con il fuoco" aiutando la causa
dell'estremismo islamico? È stata tradita dalle sue istituzioni e
organizzazioni nel sostegno dato all'estremismo islamico? Gli elementi
sinora raccolti ci fanno dubitare di queste spiegazioni. In realtà,
esistono stretti legami, perfino a livello di parentela, con numerosi
protagonisti dell'estremismo islamico, il che non è purtroppo imputabile al
puro caso.
(copyright Editions Denoël traduzione di Anna Bissanti)