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pc: nella lobby USA del petrolio l'altra verità su Bin Laden
- Subject: pc: nella lobby USA del petrolio l'altra verità su Bin Laden
- From: "Arianna Editrice" <arianed at tin.it>
- Date: Wed, 14 Nov 2001 19:08:27 +0100
Nella lobby Usa del petrolio l'altra verità su Bin LadenUn libroinchiesta sui rapporti con il clan Bush Gli scrittori sono due investigatori francesi GIACOMO LESOPARIGI - Osama Bin Laden non è un pazzo scatenato e non ha mai tradito il suo paese, l'Arabia Saudita. I cattivi sono anche altri, in questa storia di guerra. Prima fra tutti proprio l'Arabia Saudita e poi anche quella parte del «clan Bush» che lavora nel petrolio e che da anni non esita a stringere relazioni altamente pericolose con i taliban spingendosi addirittura alle frontiere della galassia di Bin Laden. Questa tesi è sostenuta e sviluppata nel libro Bin Laden, la verità vietata in uscita in Francia la settimana prossima e che «Repubblica» è riuscita a procurarsi e presenta in anteprima. Gli autori sono JeanCharles Brisard e Guillaume Dasquié. Il libro parte dalla testimonianza di John O'Neill, 50 anni, ex numero due dell'Fbi di New York, dimessosi dal suo incarico nell'agosto scorso. Da allora O'Neill era diventato responsabile della sicurezza del World Trade Center, un incarico che l'ha portato alla morte, anche lui vittima degli attentati dell'11 settembre. In quel giorno a JeanCharles Brisard è tornata in mente la frase che O'Neill gli aveva confidato il 22 luglio scorso, all'Hotel Plaza di New York: «Tutte le risposte e tutte le chiavi necessarie a smantellare l'organizzazione di Osama Bin Laden si trovano in Arabia Saudita» aveva detto O'Neill aggiungendo subito dopo che purtroppo «la diplomazia americana era incapace di ottenere informazioni dal re Fahd» sulla rete terroristica di Bin Laden. Per quali motivi? Uno solo: gli interessi petroliferi. Fra documenti e testimonianze si racconta dei negoziati segreti, sul progetto di gasdotto afgano, fra l'amministrazione Bush e i taliban fino all'estate del 2001 e si mette in luce il ruolo ambiguo di alcune personalità del «clan Bush» quali Condoleezza Rice, direttrice del Consiglio nazionale di sicurezza e dal ‘91 al 2000 alla testa del gruppo Chevron, una delle prime compagnie petroliere al mondo con vari interessi in Kazakhstan e Pakistan, Christina Rocca, direttrice dell'ufficio degli affari asiatici, responsabile delle discussioni ad alto rischio con i taliban e Laila Helms, nipote di Richard Helms già direttore della CIA ed ex ambasciatore in Iran, definita qui come «la lobbista dei taliban». Il business del gasdotto e i rapporti con i talibanaffari e diplomazia Siamo all'inizio del 2001, ed ecco in quale contesto interviene Laila Helms, l'esperta in relazioni pubbliche dei Taliban. All'indomani della singolare dichiarazione fatta al quotidiano Times, il 5 febbraio 2001, con il quale si invita la nuova amministrazione a riprendere il filo conduttore del negoziato, la Helms si assume l'incarico di accogliere durante la sua visita negli Stati Uniti l'ambasciatore itinerante Sayed Rahmatullah Hashimi, che rappresenta il Mullah Omar. Perché così tanti cambiamenti di rotta in un periodo così breve, tutt'al più tre mesi? Ovviamente il numero - smisurato - di responsabili della nuova amministrazione Bush provenienti dal settore dell'industria energetica si interroga. Tutti valutano perfettamente le poste economiche connesse alla stabilizzazione dell'Asia Centrale, e nessuno di loro ha dimenticato i piani di un gasdotto appena progettato in Afghanistan. Perché, dopo tutto, le compagnie petrolifere e del gas del Texas non formano forse il principale gruppo di contribuenti della campagna elettorale di Bush junior ? [...]. Lo stesso vicePresidente, Dick Cheney, per lungo tempo è stato direttore di Halliburton, leader mondiale per la fornitura di servizi all'industria petrolifera, carica che ha lasciato al momento della campagna presidenziale. Condoleezza Rice, direttrice del Consiglio Nazionale di Sicurezza, ha trascorso nove anni lavorando alla Chevron. In seno al gigante petrolifero, ha svolto le mansioni di direttrice dal 1991 al 2000. Interveniva regolarmente sui dossier che riguardavano l'Asia Centrale - in particolare quelli sul Kazakhstan dove la Chevron ha molti impianti - in qualità di consumata sovietologa. In altre occasioni, durante l'amministrazione di Bush padre, collaborò anche al Consiglio Nazionale di Sicurezza, come esperta dell'area sovietica. Donald Evans, Segretario del Commercio e intimo amico di W. Bush ha fatto carriera essenzialmente nel settore petrolifero, in qualità di presidente della Tom Brown, così come Spencer Abraham, Segretario dell'energia. Kathleen Cooper, sottosegretario al Commercio per gli Affari Economici, incaricato degli affari economici, è stata amministratore del gigante mondiale Esso. [...] Nessuno sa con precisione quale influenza abbiano avuto queste considerazioni petrolifere nella gestione della questione afgana. Tuttavia, gli esperti del settore si sono congratulati per la prontezza della Casa Bianca nel voler aprire un dialogo con i Taliban. Per tutti coloro che nel gennaio 2001 ricoprono un posto di comando in questo settore a Washington, l'Asia Centrale non deve essere relegata al rango di tutti i paesi del terzo mondo, le cui tribolazioni non interessano nessuno, fatta eccezione per chi commercia nel settore militare. Tanto più che anche la distribuzione è cambiata: Mosca e Pechino vanno moltiplicando gli accordi per costruire degli oleodotti che potranno gestire in via esclusiva il trasporto delle riserve di petrolio provenienti dall'Asia Centrale; e, soprattutto, a partire da quella estate, entra in funzione l'oleodotto russo tramite il quale viene distribuito il petrolio proveniente dal Caspio, mentre l'oleodotto americano, suo concorrente in questa area, che dovrebbe arrivare a Ceyhan in Turchia è ancora allo stadio di progetto. A questo ritmo, nel giro di poco tempo, le riserve petrolifere e del gas che si trovano in Kazakhstan, in Turkménistan e in Ouzbékistan e che appartengono a società americane, saranno tutte collegate a oleodotti e gasdotti sotto il controllo della Cina o della Russia. Mentre le Nazioni Unite sanzionano duramente Kabul il 18 dicembre, affermando che più nessuno può essere ingannato dalla lingua che parlano i suoi capi, il responsabile della lotta anti terrorismo del Presidente Clinton giunge alla conclusione che gli studenti di teologia aiutano ancora e da lungo tempo i terroristi. Ancora una volta il potere al comando decide di negoziare con i Taliban. Sulla costa Orientale degli Stati Uniti, Laila Helms ha il compito di presentare ai dirigenti afgani la situazione dal punto di vista meno negativo possibile. La Casa Bianca e il Dipartimento di Stato si occupano di tutto il resto. Nelle cancellerie europee i diplomatici tentano di seguire le mosse della partita appena iniziata. Si sussurra che sono stati presi contatti informali con l'entourage di Qazi Hussein Ahmad, il capo integralista della Jamaa iIslamiya, che si è unita alle truppe di Osama Bin Laden nella valle di Khost. Al Dipartimento di Stato, queste trattative ad alto rischio con i Taliban, sono affidate alla direttrice del Dipartimento degli Affari Asiatici, Christina Rocca. [...] La rete finanziaria di Al Qaeda e i segreti delle banche sauditeil network del terrore Poco dopo il suo arrivo a Khartoum in Sudan nel 1991, Osama Bin Laden partecipò direttamente alla costituzione di diverse strutture finanziarie e commerciali che gli permettevano di finanziare le sue attività terroristiche. Oltre ai finanziamenti che provenivano dai movimenti politici coordinati dal Fronte Islamico Internazionale per la Jjhad contro gli ebrei e i crociati (FIIJJC), con sede a Kandahar in Afghanistan, le attività economiche di Osama Bin Laden sono collegate da una società holding denominata Wadi Al Aqiq AlHasan, Abu. [...] Uno dei principali investimenti si concentra su una istituzione bancaria, Al Shamal Islamic Bank, al capitale della quale Osama partecipa con l'equivalente di 50 milioni di dollari dell'epoca. Questa banca gli consentiva non soltanto di finanziare le sue attività, ma anche di far transitare i capitali verso i vari fronti della Jjhad. [...] Il Direttore Generale della Al Shamal Islamic Bank, anche se nega l'esistenza di capitali appartenenti a Osama Bin Laden nel capitale dell'istituto bancario, ha tuttavia ammesso recentemente che due conti correnti nella sua banca, aperti il 30 marzo 1992 e inattivi dal 1997, erano intestati alla società AlHijrah for Construction and Development Ltd. Cosa ancora più sorprendente, egli ha ammesso l'apertura nel 1993 di un conto corrente intestato alla società holding di Osama Bin Laden, Wadi Al Aqiq, da cui si può apprendere che si tratta di una società di diritto saudita, registrata in Arabia Saudita, il cui conto è inattivo dal 1995. Rivelazioni sorprendenti, dunque, dal momento che si sa perfettamente che il 6 aprile 1994, Osama Bin Laden si era visto ritirare la nazionalità saudita dalle autorità della monarchia e che i suoi capitali avrebbero dovuto essere congelati in quella data. [...] Un'altra banca che ha facilitato il trasferimento dei profitti delle attività di Osama Bin Laden, è la Dubaï Islamic Bank, con sede negli Emirati Arabi Uniti, e la Cia avrebbe accertato che movimenti regolari venivano da essa effettuati per alimentare le organizzazioni collegate a Osama Bin Laden. L'istituto bancario islamico costituito nel 1975 è diretto da Mohamed Khalfan, ovvero l'attuale ministro delle finanze degli Emirati. La banca fra i suoi soci azionisti conta anche i governi del Dubai e del Kuwait, (rispettivamente nella misura del 10% del capitale). [...] La Dubai Islamic Bank era uno dei maggiori azionisti della Bcci con più di 80 milioni di dollari di attivo in quest'ultima. La banca è stata scossa da molti scandali, il più importante dei quali è stato per il riciclaggio di cifre pari a 242 milioni di dollari a vantaggio di Foutanga, detto Babani Sissoko, un miliardario del Mali. Ritroviamo poi Saleh Abdullah Kamel fra i finanziatori delle reti di Osama Bin Laden nel 1999 tramite la società di comunicazione Tihama for Advertising, Public Relations and Marketing, filiale della Dallah Albaraka Group. La società in effetti fu citata come parte della rete sudanese dei finanziamenti delle attività terroristiche di Bin Laden. Ma Saleh Kamel a tutt'oggi non è stato ancora interrogato per gli sviluppi giudiziari riguardanti le istituzioni sopra elencate. Soltanto Khalid Bin Mahfouz, direttore generale di Tihama, è stato messo agli arresti domiciliari e licenziato dalla sua carica di Presidente della National Commercial Bank dell'Arabia Saudita. L'Arabia Saudita ha per caso giocato "con il fuoco" aiutando la causa dell'estremismo islamico? È stata tradita dalle sue istituzioni e organizzazioni nel sostegno dato all'estremismo islamico? Gli elementi sinora raccolti ci fanno dubitare di queste spiegazioni. In realtà, esistono stretti legami, perfino a livello di parentela, con numerosi protagonisti dell'estremismo islamico, il che non è purtroppo imputabile al puro caso. (copyright Editions Denoël traduzione di Anna Bissanti)
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