un bell'articolo



Vi segnalo un bell'articolo dal Maniefsto di oggi.

A presto,

Luca T. Barone

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 ITALIA IN GUERRA
 Irrealpolitik
 GIULIETTO CHIESA


 Siamo entrati in una guerra che si fa in nome della lotta al
 terrorismo internazionale. Tra gli alleati in questa guerra ci
 sono tre paesi che hanno riconosciuto ufficialmente (unici al
 mondo) il regime dei taliban: Pakistan, Arabia Saudita, Emirati
 Arabi. Non solo: almeno due di essi (Pakistan e Arabia
 Saudita) hanno organizzato, finanziato, istruito e armato il
 movimento dei taleban e lo hanno portato al potere. E ce lo
 hanno tenuto dal 1996 al 2001, ben sapendo che ospitava tutti
 i terrorismi islamici del mondo. Ma non bombardiamo quei
 paesi.
 Tony Blair e George Bush hanno promesso al
 generale-presidente Musharraf che, in cambio delle basi per i
 loro aerei, garantiranno al Pakistan voce in capitolo nel futuro
 governo dell'Afghanistan. Cio hanno garantito che qualcuno
 dei taliban pi "presentabili" trover posto nel futuro governo
 di Kabul.
 All'inizio dei bombardamenti sull'Afghanistan il problema (
 stato detto per motivarli) era l'Afghanistan. A un mese
 distanza, 2500 missioni di bombardamento dopo, il problema
 si  ingigantito. Ora comprende anche il Pakistan: 140 milioni
 di persone, una guerra endemica con l'India, un miliardo di
 abitanti, bombe atomiche nell'arsenale. Ai confini tra Pakistan
 e Afghanistan almeno diecimila uomini armati sono pronti a
 entrare in guerra a fianco dei taliban. E i loro kalashnikov
 possono, da un momento all'altro, rivolgersi sia contro le
 truppe della "Grande Alleanza", sia contro il generale
 Musharraf. Il pericolo  tale che gli Stati Uniti hanno gi
 messo in stato di allerta una brigata speciale che dovrebbe
 controllare (dovrebbe, ma ce la farebbe?) i depositi nucleari
 pakistani.
 Ci si aspettava un crollo del regime dei taliban. Non c' stato.
 Ci si aspettava una rivolta delle popolazioni contro il regime
 dei taliban: non c' stata.

 Si doveva catturare o uccidere Osama bin Laden. Che  vivo e
 vegeto ed  divenuto nel frattempo la bandiera di tutto
 l'islamismo fondamentalista del mondo. Non un solo ministro
 del governo dei taliban risulta arrestato o ucciso, n lo  il
 mullah Omar.

 Si dir che  ancora presto: pazientare. Ma i responsabili
 americani (quelli che prendono le decisioni) ci fanno sapere
 (per la verit alternando valutazioni diverse e perfino opposte
 l'una all'altra) che questa guerra "durer anni" (Rumsfeld),
 durer mesi (Rumsfeld), durer tanto "che questa generazione
 non ne vedr la fine" (Cheney). Per quale di queste varianti ha
 votato la stragrande maggioranza del parlamento italiano?

 E di quale guerra si tratta? E' la guerra contro l'Afghanistan?
 Oppure e una carta bianca dove i dirigenti di Washington
 scriveranno, volta a volta, gli obiettivi che avranno
 individuato, in ogni parte del mondo? Cosa, del resto, certa,
 poich essi hanno gi annunciato che si colpir dovunque. E
 poich non sarebbe credibile ritenere che il terrorismo  solo
 Afghanistan e solo bin Laden, ne consegue che si pianificano
 bombardamenti su tutti gli altri "stati carogna" di religione
 islamica: Irak, Sudan, Yemen del Sud, Iran, Indonesia e via
 via individuando.
 Dunque siamo entrati in una guerra contro un gruppo di stati
 senza averne l'elenco. Siamo entrati in una guerra che non
 soltanto non si sa quanto potr durare, ma senza neppure un
 criterio per definire la vittoria.

 Mentre i deputati italiani votavano per la guerra, il Pentagono
 si accingeva e rivedere le sue strategie. Poich  evidente
 anche a loro che quella iniziale si  rivelata sbagliata,
 approssimativa, superficiale. La guerra continuer, ma su
 coordinate che ancora non conosciamo. Al Pentagono non
 hanno ancora deciso se scendere sul terreno, in quanti
 scendere, dove e come. Adesso - dopo i primi loro morti (che
 non sapremo mai quanti sono) - si rendono conto che forse
 non hanno abbastanza "intelligence". L'Afghanistan  una
 bestia difficile. Si poteva chiedere informazioni ai russi.

 Siamo entrati in una guerra dove non esistono limitazioni di
 armi e di criteri di condotta. E se non si riuscisse a trovare e
 uccidere Osama bin Laden con tutto l'armamentario bellico
 fin'ora dispiegato, siamo pronti ad accettare l'impiego di
 bombe atomiche? La domanda non  peregrina o teorica
 perch il problema sta sul tappeto. E sta sul tappeto perch
 non si  stabilito su quali confini fermarsi. Immagino che i
 nostri deputati faranno fatica ad accettare quella svolta,
 quando divenisse parte dell'ordine del giorno, ma finiranno
 per accettarla. Infatti hanno gi accettato il criterio che, per
 colpire il criminale, si pu abbattere il palazzo in cui vive,
 anche se centinaia di altri inquilini innocenti vi perderanno la
 vita.

 Siamo entrati in guerra illudendoci (e illudendo le nostre
 opinioni pubbliche) sull'esistenza di una "Grande Alleanza",
 che comprenderebbe perfino la Russia e la Cina. Ma a
 Shanghai nel documento finale non c' stato il minimo cenno
 a questa "Alleanza". La Cina sta a guardare, esprimendo
 solidariet mentre la fine annunciata dei taliban taglia
 l'ossigeno ai terroristi della minoranza islamica degli uiguri.
 La Russia di Putin si dichiara amica e solidale, ma esclude di
 partecipare con i suoi uomini, non concede spazi aerei per
 azioni militari, invita a non pensare che la lotta al terrorismo
 possa essere risolta solo con metodi militari, infine raccoglie il
 silenzio definitivo dell'occidente sulla Cecenia.

 Siamo entrati in guerra con l'implicita idea che la vinceremo.
 E invece nessuno si  preoccupato di valutare l'ipotesi che si
 possa perderla. Con questa scelta della guerra per combattere
 il terrorismo, noi stiamo mobilitando un esercito di kamikaze
 che diverr massa critica molto pi velocemente di quanto
 immaginiamo, se  vero che, dieci giorni fa, a Peshawar,
 Pakistan, in un solo giorno, 500 giovani (non afghani ma
 pakistani) hanno messo la loro vita a disposizione della jihad.
 Cos diventeremo tutti, senza volerlo, dei kamikaze, perch la
 guerra arriver nelle nostre case, nei nostri autobus, nei nostri
 parchi. E non sar possibile vincerla, paradossalmente,
 proprio perch noi siamo attrezzati a combattere per il
 successo, per il denaro, per il benessere. Lo abbiamo ormai
 nei nostri cromosomi; ci hanno imbottito la testa con l'idea di
 essere belli, vivi e vincenti. Per questo non possiamo
 nemmeno tentare di capire chi non ha mai vinto, ed  cos
 certo della sua inesorabile sconfitta da avere maturato
 abbastanza odio da dedicare la sua esistenza alla morte. A
 uccidersi per annientare coloro che ritiene nemici e
 responsabili della sua condizione.

 Non c' difesa contro questo esercito di perdenti. O, meglio,
 ne avremmo una sola: cominciare a mostrare loro che noi
 siamo capaci di costruire un mondo migliore di quello che
 conoscono. Ma questa  l'unica cosa che l'Occidente non ha
 detto e non si accinge a fare. Dicono, quelli che sono entrati
 in guerra, che non c'era alternativa. Cosa potevamo fare?
 Potevamo lasciare impuniti i criminali? Ma  una bugia. Cos
 non si combatte il terrorismo e non si puniscono i
 responsabili. Cos si moltiplicano i nemici dell'occidente
 lasciando intatti i santuari del terrorismo, che sono molto pi
 vicini alle nostre capitali di quanto non lo siano le grotte
 afghane.

 Siamo entrati in guerra senza riflettere che una guerra come
 quella che ci veniva proposta, anzi imposta, implica che noi
 dovremo rinunciare a tutti i valori (libert, diritti,
 informazione, prosperit ecc) in nome dei quali proclamiamo
 la nostra come civilt e ne vantiamo la superiorit. C' gi chi
 invoca il ritorno alla tortura, ed  passato solo un mese! Con il
 risultato che, anche in caso di vittoria, saremmo tutti sconfitti.
 E' il trionfo della irrealpolitik.