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La nonviolenza e' in cammino.285
- Subject: La nonviolenza e' in cammino.285
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 11 Nov 2001 02:06:25 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 285 dell'11 novembre 2001 Sommario di questo numero: 1. Peppe Sini: fermare la guerra con la forza della legalita', della democrazia, della nonviolenza 2. Calendario delle iniziative contro la guerra 3. Appello di giuristi democratici contro la guerra 4. I parlamentari contrari alla guerra 5. Arundhati Roy contro la guerra 6. Giulietto Chiesa, la ragione contro la guerra 7. Alberto L'Abate, il convegno di Parigi sull'intervento civile di pace 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. IL PUNTO. PEPPE SINI: FERMARE LA GUERRA CON LA FORZA DELLA LEGALITA', DELLA DEMOCRAZIA, DELLA NONVIOLENZA Della legalita': perche' questa guerra e' illegale e criminale. Ed i mandanti, i sicari e i fiancheggiatori di essa devono essere perseguiti, giudicati e puniti secondo la legge, cosi' come tutti i terroristi, gli stragisti, gli assassini. Cominciamo in Italia. Della democrazia: con la mobilitazione dei popoli, delle coscienze e delle intelligenze, dell'umanita' che vuole vivere. Cominciamo in Italia. Della nonviolenza: con l'azione diretta nonviolenta per bloccare la macchina bellica, con la disobbedienza civile alle decisioni degli assassini, con lo sciopero generale in difesa della legalita' e del diritto alla vita. Cominciamo in Italia. Fermiamo la guerra per riaffermare la legalita' costituzionale e il diritto internazionale; fermiamo la guerra per salvare le vite umane in pericolo; fermiamo la guerra per contrastare davvero il terrorismo con una operazione di polizia internazionale sotto l'egida dell'Onu e un tribunale penale internazionale; fermiamo la guerra in nome dell'umanita'. 2. CALENDARIO DELLE INIZIATIVE CONTRO LA GUERRA [Ovviamente le iniziative di pace di seguito segnalate sono quelle di cui siamo venuti a conoscenza e che ci sembrano caratterizzate da due scelte precise: I. la nonviolenza; e II. la difesa dei diritti umani, del diritto internazionale, della legalita' costituzionale] Domenica 11 novembre - a Viterbo: alle ore 16 presso il centro sociale occupato autogestito "Valle Faul" incontro di formazione alla nonviolenza. - a Favaro Veneto (VE): alle ore 14,30 all'Auditorium del Consiglio di Quartiere dibattito su "Quale pace? Il Mondo tra guerre e terrorismi". Interverranno: Alessandro Sabiucciu (Assessore al Lavoro della Provincia di Venezia), Giannina Dal Bosco (Donne in nero), Carlo Campana (Emergency). Presenti le comunita' islamiche, palestinesi, Kurda, Tunisina, Senegalese veneziane. A conclusione, concerto di giovani studenti del Conservatorio di Venezia. Organizza l'Associazione per la pace. Info: tel. 041970310, e-mail: michela.vitturi at tin.it. - a Quarrata, alle ore 17, Anfiteatro della Casa della Cultura: "Payman", monologo che racconta la vita di Payman, donna del Sud Kurdistan (Kurdistan iracheno). di e con Annet Henneman. - a Vittorio Veneto: alle ore 10 in localita' La Crosetta, raduno di alpinisti ed ambientalisti in difesa dell'antica Foresta del Cansiglio. - a Vignate: ogni domenica dalle 10 alle 17 in piazza del comune si tiene un presidio contro la guerra, per questa domenica ci sara' materiale informativo di Banca Etica, e una raccolta di fondi per sostenere Emergency. Per contatti: maurizio.pleuteri at effegibrevetti.it * Lunedi 12 novembre - a Roma: alle ore 17, presso la scuola comunale dell'infanzia "Paola Biocca", via Galvani 4b, a due anni dalla scomparsa di Paola: tavola rotonda su "La societa' civile di fronte al terrorismo e alla guerra". Introduce: Fabrizio Battistelli (segretario generale dell'Archivio Disarmo), intervengono: Andrea Purgatori (giornalista), Mario Giro (Comunita' di Sant'Egidio), Dacia Maraini (scrittrice); partecipano: Ilaria Angeli (Franco Angeli editore), Lucia e Dario Biocca, Raffaella Bolini (Arci), Luca De Fraia (Campagna Sdebitarsi), Nicoletta Dentico (Medici senza Frontiere), Luis Germani (Centro Gino Germani), Giulio Marcon (ICS), Francesco Petrelli (Movimondo), Jeffrey Rowland (World Food Programme), Domitilla Senni (Greenpeace), Nino Sergi (Intersos), Giancarlo Tenaglia (Campagna italiana contro le mine), Maura Viezzoli (Cisp). Per informazioni: Archivio Disarmo (archidis at pml.it). - a Verona: alle ore 20,45, presso la Casa per la Nonviolenza (via Spagna 8, vicino alla Basilica di San Zeno, tel. 0458009803), incontro su: "Islam, nonviolenza, cristianesimo: guerra santa e guerra giusta tra teologia e storia"; introduce: prof. Claudio Cardelli (storico, del Movimento Nonviolento); intervengono: Mohamed Guerfi (imam di Verona), don Sergio Pighi (Comunita' dei Giovani); coordinano: Mao Valpiana ("Azione nonviolenta") e Alberto Tomiolo (Verona citta' possibile). - a Viterbo: alle ore 21 presso il circolo Arci "Il mulino", in via della Molinella, riunione della "Rete no global" di Viterbo per preparare nuove iniziative contro la guerra. - a Mestre (VE): alle ore 17,30 presso il Centro Culturale Candiani: "Percorsi di pace, per capire, riflettere, scegliere", con Maria Turchetto (Universita' di Venezia), Alberto L'Abate (Universita' di Firenze), Elisabetta Bartuli (Universita' di Venezia; conduce Alberto Vitucci ("La nuova Venezia"). - a Bolzano: inizia la settimana della pace mondiale attraverso la scienza vedica Maharishi. Dal 12 al 18 novembre, presso il centro Harmoniae, via Portici 21. Durante la settimana della Pace Mondiale i membri del Partito della legge naturale dell'Alto Adige propongono una serie di conferenze su alcuni aspetti della scienza e delle tecnologie vediche Maharishi, per una Pace profonda e duratura. Per contatti: gbertarelli at hotmail.com - In Italia: inizia il digiuno a staffetta contro la guerra e per la finanziaria di pace; per contatti: gavci at iperbole.bologna.it * Martedi 13 novembre - a Bologna: presso il Centro Poggeschi, in via Guerrazzi 14, alle ore 18, XIII seminario di educazione alla mondialita' promosso da Caritas, Centro Poggeschi e Centro Documentazione Mondialita'. Info: tel. 051220435 e 0516569422, e-mail: poggeschi.cdm at libero.it - a Viterbo: iniziativa del Centro di ricerca per la pace. Per informazioni: nbawac at tin.it - a Viadana: alle ore 21, al cinema Lux, S .Matteo delle Chiaviche, film "Il mestiere delle armi" di Ermanno Olmi. Per informazioni: Associazione Resistenza e Pace, tel. 0522454832, e-mail: ass-rep at libero.it, in rete: www.lilliput.it * Mercoledi 14 novembre - a Bologna: in via Mascarella 35/a, alle ore 20, sara' effettuata una raccolta di fondi per sostenere l'Organizzazione di Donne Profughe Afgane ''HAWCA'' con sede in Pakistan. Per informazione: Bottega del commercio equo e solidale "Potosi", via Mascarella 35/a, Bologna. tel. e fax: 0516390960, e-mail: potosi2001 at inwind.it - a Orte (VT), al liceo scientifico, con inizio alle ore 14, sesto incontro del corso di educazione alla pace. - a Mestre (VE): alle ore 17 presso il Centro Culturale Candiani, conferenza su "I movimenti radicali nel mondo mussulmano: genesi, evoluzione e crisi"; interverrano Mario Nordio (Universita' di Venezia) e Vincenzo Pace (Universita' di Padova), promuove il Centro Pace del Comune di Venezia, tel.0412747645-2747653. - a Fano: tutti i mercoledi dalle ore 18 alle ore 19, in piazza XX settembre, iniziativa di Rete Lilliput e MIR contro la guerra. Per contatti: lucben at libero.it - a Verona: al circolo Pink, alle ore 21, riunione del coordinamento antirazzista "Cesar K.". Per contatti: pinkverona at tiscalinet.it * Giovedi 15 novembre - a Roma: alle ore 21, presso il Cipax, in via Ostiense 152b, incontro con Roberto Baggio, della Direzione Nazionale del Movimento Sem Terra su: "MST, WTO e guerra. La lotta del Movimento Sem Terra in Brasile nell'attuale situazione internazionale". - a Torino: alle ore 20,30, presso il Centro Studi Sereno Regis, via Garibaldi 13, laboratorio della nonviolenza e osservatorio Internazionale: "Islam e fondamentalismo in Asia centrale", interviene Marco Buttino. - a Bologna: presso la sala Walter Benjamin, via del Pratello 53, alle ore 21, "ATTAC Bologna" presenta "Tesi sul movimento globale", serata di discussione e confronto sul futuro del movimento con Sandro Mezzadra (Universita' di Bologna). Info: attacbo at virgilio.it * Venerdi 16 novembre - ad Alessandria: alle ore 21, presso la Camera del lavoro (via Cavour 27, tel. 0131308217), proposta di dibattito, di immagini e di testimonianze su "Popoli negati, popoli di troppo". Per avviare un percorso di riflessione, intrecciando la questione kurda con altre grandi questioni, in particolare l'esperienza zapatista. Presentazione del video: "Newroz 2001, osservatori di pace in Turchia", e del video "Aqui estamos", sulla marcia zapatista dal Chiapas a Citta' del Messico. - a Como: alle ore 21 nell'Aula Magna dell'Universita' (via Castelnuovo 7), convegno promosso dal Coordinamento comasco per la pace su "Addio alle armi. La nonviolenza come pratica e progetto di liberta'". - a Marghera (VE): alle ore 17, al Teatro Aurora, "Venezia per la vita: la campagna per l'abolizione della pena di morte nel mondo". - a Palermo: inizia il convegno internazionale su Danilo Dolci. Per contatti: info at cppp.it, www.cppp.it, segreteria at danilodolci.net, www.danilodolci.net - a Molfetta: alle ore 19 alla Fabbrica di S. Domenico, incontro con Vincenzo Caruso di Emergency. Per contatti: scuoladipace.dontonino@@tin.it - a Viterbo: alle ore 17 presso la sala conferenze della Camera di Commercio, conferenza di Amnesty International "Non sopportiamo al tortura", interverra' il presidente della sezione italiana di Amnesty, Marco Bertotto. - in Italia: sciopero dei lavoratori metalmeccanici * Sabato 17 novembre - a Milano: ore 16, in via Marco d'Agrate 11, festa di compleanno della casa per la pace. - a Marghera (VE): ore 9, in Piazzale Concordia, "Operazione nocciolina", campagna nazionale per l'autosviluppo, promosso da Mani tese in cooperazione con le associazioni contadine locali salvadoregne. Per informazioni: tel. 0412747645, e-mail: lucapozzato at libero.it - a Palermo: prosegue il convegno internazionale su Danilo Dolci. - a Viadana: alle ore 20,30, Galleria G. Bedoli: incontro pubblico "Storie di migranti: donne e uomini, cittadini del mondo". Per informazioni: Associazione Resistenza e Pace, tel. 0522454832, e-mail: ass-rep at libero.it, in rete: www.lilliput.it - si riunisce il gruppo di lavoro sulla nonviolenza della Rete di Lilliput. La sede e' ancora da definire, per contatti: segreteria at retelilliput.org, puglipas at interfree.it * Domenica 18 novembre - a Palermo: si conclude il convegno internazionale su Danilo Dolci. - a Viterbo: alle ore 16 presso il centro sociale occupato autogestito "Valle Faul" incontro di formazione alla nonviolenza. * Lunedi 19 novembre - a Viterbo: alle ore 21 presso il circolo Arci "Il mulino", in via della Molinella, riunione della "Rete no global" di Viterbo per preparare nuove iniziative contro la guerra. * Martedi 20 novembre - a Viterbo: iniziativa del "Centro di ricerca per la pace". * Mercoledi 21 novembre - a Orte (VT), al liceo scientifico, con inizio alle ore 14, settimo incontro del corso di educazione alla pace. * Giovedi 22 novembre - a Torino: presso il Centro Studi Domenico Sereno Regis, via Garibaldi 13, alle ore 20,30: "La politica dell'azione nonviolenta secondo Gene Sharp: teorie del potere", con Enrico Peyretti e Carla Toscano. Per informazioni: tel. 011532824. - a Viterbo: presso il centro sociale "Valle Faul" iniziativa contro il razzismo. * Venerdi 23 novembre - a Verbania: alle ore 21, a Palazzo Flaim, assemblea-dibattito sulla proposta di legge per la formazione delle Forze dell'Ordine secondo i principi e la prassi della nonviolenza. Introduce: on. Laura Cima, del Gruppo Verdi alla Camera, membro della Commissione Esteri. Intervengono: Davide Melodia, gia' Segretario del Movimento Nonviolento e della Lega per il Disarmo Unilaterale; Gabriele Ghezzi, dirigente nazionale del S.I.U.L.P.; Gianni Barbacetto della redazione del settimanale "diario". Per informazioni: tel. 0323404220, 032380347, e-mail: paolo.caruso at libero.it, verdi.verbano at virgilio.it - a Torino, all'Arsenale di pace, in piazza Borgo Dora 61, Where The Eagles Fly, in collaborazione con Zonta Torino Due, promuove "donne di pace", incontro inter-religioso con le piu' importanti rappresentanti femminili delle diverse culture per imparare a condividere i profondi messaggi che ogni religione ci insegna e per superare le barriere culturali e razziali. Un lungo week-end di seminari esperienziali per capire come il messaggio d'amore che porta in se' ogni credo puo' realizzarsi sul terreno comune della solidarieta' attraverso l'impegno nel sociale. Questo incontro interreligioso promosso da Where The Eagles Fly, contribuira' al finanziamento della campagna Unicef-Zonta International per la vaccinazione contro il tetano materno e neonatale in Nepal. Per informazioni: www.siberianshamanism.com * Sabato 24 novembre - a Bologna: al teatro Arena del sole, via Indipendenza 44, inizio alle ore 9, prima giornata nazionale della finanza etica e solidale. Per contatti: info at finanza-etica.org - A Viterbo: presso il centro sociale "Valle Faul" iniziativa contro la guerra. - a Torino: all'Arsenale di pace, in piazza Borgo Dora 61, prosegue l'iniziativa "donne di pace" * Domenica 25 novembre - a Torino: all'Arsenale di pace, in piazza Borgo Dora 61, si conclude l'iniziativa "donne di pace". 3. MATERIALI. APPELLO DI GIURISTI DEMOCRATICI CONTRO LA GUERRA [Questo appello abbiamo ripreso dal quotidiano "Il manifesto" del 10 novembre] Dopo un mese di guerra tutto diventa piu' chiaro. L'orrore e la barbarie che hanno devastato New York e Washington non hanno giustificazioni. Non c'e' dio, non c'e' politica, non c'e' progetto di emancipazione senza rispetto e pieta' per l'uomo. Anche per questo gli attentati terroristici richiedono una reazione ferma, efficace e priva di distinguo e incertezze: sul piano culturale, politico, economico ed anche su quello repressivo. Ma la reazione non puo' essere la guerra: non dobbiamo temere di dire forte che la guerra porta come conseguenza altra guerra, che le bombe sull'Afghanistan colpiscono con effetti indiscriminati e devastanti migliaia di donne, uomini, vecchi e bambini (non certo risparmiati, come gli eventi stanno dimostrando, dai cosiddetti bombardamenti selettivi); che si stanno creando masse ingenti di disperati privi di qualsiasi assistenza, che richiedono rifugio e vengono respinti; e che la prova di forza finira' per essere deleteria perche' compattera' ancor piu' gli integralismi. Non possiamo assistere in silenzio alle operazioni militari contro l'Afghanistan (destinate - secondo le dichiarazioni dei suoi protagonisti - ad estendersi anche contro altri paesi). Non possiamo farlo proprio come giuristi: perche' il fine del diritto e' quello di risolvere i conflitti tra gli uomini, evitando che ogni controversia finisca necessariamente in una guerra, privata o collettiva che sia; e perche' anche quando la guerra viene accettata come "male minore" l'ordinamento internazionale e quelli interni la ancorano a principi rigorosi e indefettibili: non per inutile formalismo ma per la consapevolezza della sua gravita' ed eccezionalita'. La guerra, iniziata il 7 ottobre 2001 dagli Stati Uniti e dalla Nato (supportati da alcuni paesi anche arabi) e a cui l'Italia si accinge a partecipare direttamente, non ha i requisiti di legittimita' richiesti dall'ordinamento internazionale. L'attacco aereo contro il World Trade Center non e', infatti, definibile come "atto di guerra", cioe' come aggressione di uno stato contro un altro stato, e cio' osta all'uso legittimo della guerra come strumento di legittima difesa da parte dello stato aggredito. In ogni caso, anche ove l'atto terroristico potesse essere considerato "atto di guerra", l'art. 42 dello Statuto delle Nazioni Unite prevede che - esauriti gli interventi di autotutela, legittimamente realizzabili di fronte ad un "attacco in corso" - solo il Consiglio di Sicurezza puo' intraprendere "con forze aeree, navali o terrestri, ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale", e nessuna decisione in tal senso e' stata assunta dal Consiglio di Sicurezza prima dell'inizio dell'azione militare, tali non essendo, all'evidenza, la risoluzione n. 1368 (che, dopo aver riconosciuto agli Stati Uniti il diritto di autotulela, ha statuito l'obbligo di tutti gli stati di perseguire con la massima urgenza i responsabili di atti di terrorismo e dichiarato che gli stati che danno rifugio o protezione ai terroristi saranno considerati responsabili di tali comportamenti) e la risoluzione n. 1373 (che ha adottato una serie di misure volte a prevenire e a stroncare il terrorismo, prevedendo "fra l'altro" il congelamento dei fondi e di ogni risorsa economica che possa essere usata dai terroristi e l'obbligo di tutti gli stati di cooperare e scambiarsi le informazioni necessarie ed utili per la repressione del terrorismo). L'art. 5 dello Statuto della Nato, a sua volta, consente ed impone l'intervento ai paesi membri dell'alleanza solo quando uno degli aderenti sia oggetto di "attacco esterno". Per quanto riguarda l'Italia, poi, la situazione non e' cambiata rispetto al quadro delineato al tempo della guerra in Kosovo. La partecipazione italiana all'operazione Enduring Freedom e' una azione di guerra che la nostra Costituzione ammette solo come strumento di difesa (art. 11) e previa formale delibera dello stato di guerra da parte delle Camere (art. 78) e sua dichiarazione da parte del Presidente della Repubblica (art. 87) (procedure, ad oggi, non intervenute e neppure attivate). Respingere la guerra non significa accettare la barbarie ed assistere rassegnati alle stragi terroristiche: significa al contrario mettere in campo, in modo convinto ed autorevole, l'Onu e le istituzioni internazionali. A tal fine e' assolutamente necessario che l'Onu si riappropri della funzione di mantenimento della pace tra i popoli e di risoluzione pacifica delle controversie internazionali che la Carta prevede come ragion d'essere dell'Organizzazione, mentre l'uso della forza e' consentito solo come extrema ratio dopo che ogni altro tentativo sia risultato vano. Troppo spesso, per il prevalere di uno o piu' stati, l'Onu ha abdicato a questo ruolo, essenziale per sperare in una civile convivenza tra i popoli, e, in dispregio delle norme pattizie, ha omesso di svolgere il proprio ruolo istituzionale: cio' e' avvenuto, ad esempio, per la questione palestinese, che andava e va risolta soddisfacendo i legittimi diritti di tutte le parti coinvolte, secondo il principio "Due popoli, due stati", come gia' affermato in numerose e inapplicate risoluzioni dell'Onu. Si pone, comunque, il problema di una riforma dell'Onu che garantisca il recupero della credibilita', efficienza, rappresentativita' e democraticita' dei suoi organi, a partire dal Consiglio di Sicurezza, (a cui, nell'attuale composizione, e' devoluta in via esclusiva ogni decisione sul ricorso alla forza), non piu' ristretto, nella composizione permanente, a pochi stati portatori di specifici interessi economici e di istanze di superati equilibri politici. Ed ancora appare ineludibile l'entrata in vigore della Corte Penale Internazionale, per la quale mancano ancora significative ratifiche, tra cui quelle della Cina e degli Stati Uniti, dotata di maggiore autonomia ed imparzialita' dei Tribunali ad hoc sino ad oggi costituiti, e capace di giudicare, sia pure in via complementare ai singoli stati, nell'interesse di una comunita' internazionale resa uguale dal riconoscimento di un comune diritto e di una precostituita autorita' giurisdizionale, dei crimini di guerra come gli attentati di New York e Washington. La titolarita' del potere di decidere e realizzare interventi sul piano internazionale - lo abbiamo gia' ricordato in occasione della guerra nel Kosovo - non e' questione formale o secondaria, anche perche' ad essa si legano i modi dell'operazione, le forze in essa coinvolte, la possibilita' di aggregare consensi non forzati. Vale per le questioni internazionali lo stesso principio del diritto interno secondo cui non sono lecite giustizie private. E' l'eterno problema delle regole e delle garanzie. Come nel diritto interno il garantismo autentico non e' uno strumento per assicurare impunita' a chi delinque, cosi' nel diritto internazionale esso non e' la scappatoia per consentire a terroristi e autori di crimini internazionali di continuare nella loro attivita' e di sfuggire alla punizione: esso e' il metodo (pur a volte difficile) per assicurare una convivenza giusta, per evitare il prevalere della forza sulla ragione e per non offrire ai terroristi terreno di coltura e di consenso. Di cio', a livello internazionale, non puo' essere garante altri che l'Onu, ed e' irresponsabile emarginarlo e indebolirlo per ragioni di convenienza politica contingente. E diciamo questo nella consapevolezza dell'assoluta rilevanza delle regole, pur consci che, per la risoluzione dei conflitti, occorra farsi carico di tutta una serie di altri problemi, quale quello economico, per affrontare la gravita' e la drammaticita' di simili eventi. Chiediamo per questo a tutti i giuristi di far sentire la loro voce perche' la guerra sia bloccata, il diritto alla vita di persone innocenti sia salvaguardato e si riaffermi il diritto internazionale. Primi firmatari: Umberto Allegretti (professore, Universita' di Firenze) Mario Angelelli (avvocato, Roma, coordinamento nazionale Giuristi democratici) Bruno Desi (avvocato, Bologna, coordinamento nazionale Giuristi democratici) Renzo Capelletto (avvocato, Torino, giunta nazionale Unione Camere Penali) Angelo Caputo (magistrato, Roma) Luigi Ciotti (presidente Gruppo Abele) Gastone Cottino (professore, Universita' di Torino) Angelo Cutolo (avvocato, Napoli, coordinamento nazionale Giuristi democratici) Mario Dogliani (professore, Universita' di Torino) Tecla Faranda (avvocato, Milano, coordinamento nazionale Giuristi democratici) Luigi Ferrajoli (professore, Universita' di Camerino) Gianni Ferrara (professore, Universita' di Roma) Domenico Gallo (magistrato, Roma) Maria Grazia Giammarinaro (magistrato, Roma) Franco Ippolito (magistrato, Corte di cassazione) Roberto Lamacchia (avvocato, Torino, coordinamento nazionale Giuristi democratici) Raniero La Valle (giornalista, scrittore) Fabio Marcelli (ricercatore, coordinamento nazionale Giuristi democratici) Giovanni Palombarini (magistrato, Corte cassazione) Livio Pepino (magistrato, Torino, presidente Magistratura democratica) Dario Rossi (avvocato, Genova, coordinamento nazionale Giuristi democratici) Ugo Spagnoli (avvocato, gia' vicepresidente della Corte Costituzionale) Lorenzo Trucco (avvocato, Torino, presidente Associazione studi giuridici immigrazione) Danilo Zolo (professore, Universita' di Firenze. Seguono molte altre firme. 4. DOCUMENTAZIONE. I PARLAMENTARI CONTRARI ALLA GUERRA [Questa scheda abbiamo elaborato riprendendo i dati dal sito di Peacelink, che riportava come fonte il quotidiano "Liberazione"] * Alla Camera a) hanno votato contro la guerra: - Fulvia Bandoli, Giovanni Bellini, Gloria Buffo, Eugenio Duca, Marco Fumagalli, Alfiero Grandi, Alba Sasso, Lalla Trupia, Katia Zanotti, dei Ds. - Giuseppe Gambale, della Margherita. - Katia Belillo, Armando Cossutta, Maura Cossutta. Oliviero Diliberto, Nerio Nesi, Gabiella Pistone, Marco Rizzo, Cosimo Sgobio, Saverio Vertone, del Pdci. - Fausto Bertinotti, Elettra Deiana, Titti De Simone, AlfonsoGianni, Franco Giordano, Ramon Mantovani, Graziella Mascia, Giuliano Pisapia, Giovanni Russo Spena, Titti Valpiana, del Prc [Nichi Vendola si trova, in questi giorni, in missione ufficiale in Nicaragua, e percio' non ha partecipato al voto]; - Mauro Bulgarelli, Paolo Cento, Laura Cima, Marco Lion, Alfonso Pecoraro Scanio, Luana Zanella, dei Verdi. b) si sono astenuti: Augusto Battaglia (Ds), Guido Rossi (Lega Nord). c) non hanno partecipato al voto, dichiarando la propria contrarieta' alla guerra: Franca Bimbi, Rosy Bindi, Giuseppe Camo, Ermete Realacci, della Margherita. Marisa Abbondanzieri, Goffredo Bettini, Walter Bielli, Francesco Carboni, Massimo Cialente, Famiano Crucianelli, Silvana Dameri, Giovanna Grignaffini, Giovanni Kessler, Giacomo Mancini, Raffaella Mariani, Giorgio Panattoni, Roberta Pinotti, Silvano Pisa, Roberto Sciacca, dei Ds. * Al Senato a) hanno votato contro la guerra: - Chiara Acciarini, Massimo Bonavita, Giovanni Battaglia, Paolo Brutti, Antonio Pizzinato, Piero Di Siena, Tana De Zulueta, Elvio Fassone, Angelo Flammia, Nuccio Iovene, Aleandro Longhi, Antonio Rotondo, Cesare Salvi, Massimo Villone, dei Ds. - Achille Occhetto, Elidio De Paoli, Oskar Peterlini, del gruppo misto. - Luigi Marino, Angelo Muzio, Gian Franco Pagliarulo, del Pdci. - Gigi Malabarba, Giorgio Malentacchi, Tommaso Sodano, Livio Togni, del Prc. - Stefano Boco, Francesco Carella, Fiorello Cortiana, Loredana De Petris, Anna Donati, Francesco Martone, Natale Ripamonti, dei Verdi. b) non hanno partecipato al voto, dichiarando la propria contrarieta' alla guerra: Nando Dalla Chiesa (Margherita), Alberto Monticone (Margherita), Giampaolo Zancan (Verdi). 5. RIFLESSIONE. ARUNDHATI ROY CONTRO LA GUERRA [Arundhati Roy e' una grande scrittrice indiana. Questo articolo, datato New Delhi, 20 ottobre, abbiamo ripreso dal sito di Peacelink] Il 7 di ottobre, non appena l'oscurita' si e' fatta piu' fitta sull'Afghanistan, il governo degli USA, spalleggiato dalla Coalizione Internazionale contro il Terrore (il nuovo, compiacente surrogato delle Nazioni Unite), ha lanciato l'attacco aereo contro l'Afghanistan. I canali tv indugiavano su computerizzate immagini animate di missili cruise, bombe stealth, tomahawks, missili 'rompi -bunker' e bombe Mark 82 high-drag. All'ONU, ridotta adesso a un acronimo senza effetto, non e' stato neppure chiesto di avallare l'intervento aereo. (Come ha detto una volta Madeleine Albright, "Gli USA agiscono multilateralmente quando possono, e unilateralmente quando devono"). La "prova" contro i terroristi e' stata condivisa tra gli amici della "Coalizione". Dopo la riunione, hanno annunciato che non importava che la prova avesse o meno validits' in un tribunale legale. Cosi', in un istante, secoli di giurisprudenza sono stati con noncuranza buttati nella spazzatura. * Azione cieca Niente puo' scusare o giustificare un atto di terrorismo, sia esso commesso da fondamentalisti religiosi, da milizie private, da movimenti di resistenza nazionali - o quando e' travestito da guerra punitiva da parte di un governo riconosciuto. Il bombardamento dell'Afghanistan non e' la vendetta di New York e Washington. E' ancora un altro atto di terrore contro la gente del mondo. Ogni innocente che viene ucciso deve essere aggiunto - e non sottratto - al macabro pedaggio di civili morti a New York e Washinghton. La gente raramente vince le guerre, ed i governi raramente le perdono. La gente risulta uccisa. I governi cambiano pelle e si riassemblano, poiche' hanno, come l'idra, molte teste. I governi usano le bandiere prima per avvolgere e isolare le menti della gente, soffocandone il pensiero reale, quindi come un sudario cerimoniale per avvolgere i corpi straziati dei morti consenzienti. Sui due fronti, in Afghanistan come in America, i civili sono adesso ostaggi delle azioni dei loro propri governi. Persone inconsapevoli, ordinarie, in entrambi i paesi condividono un comune legame - devono convivere con la realta' di un cieco, imprevedibile terrore. A ogni scarica di bombe che viene liberata sull'Afghanistan corrisponde una speculare escalation di isteria di massa sull'anthrax in America, un maggior numero di sequestri aerei e altri atti terroristici. Non e' facile trovare una via d'uscita dal risucchio della palude di terrore e brutalita' che il mondo oggi affronta. E' adesso tempo per la razza umana di fermarsi, e di cercare dentro le fonti di saggezza collettiva, sia antiche, sia moderne. Cio' che e' successo l'11 settembre ha cambiato il mondo per sempre. Liberta', Progresso, Tecnologia, Guerra - queste parole hanno assunto un nuovo significato. I governi devono riconoscere questa trasformazione e avvicinarsi ai loro nuovi compiti con un minimo di onesta' e umilta'. Sfortunatamente, fino ad ora non v'e' stato segno alcuno di introspezione da parte dei leaders della Coalizione Internazionale. O da parte dei Talebani. Annunciando l'attacco aereo, George Bush ha detto: "Siamo una nazione pacifica". L'ambasciatore favorito dell'America, Tony Blair (che ricopre anche la carica di Primo Ministro nel Regno Unito) gli ha fatto eco: "Siamo un popolo pacifico". Adesso quindi sappiamo. I maiali sono cavalli. Le ragazze sono ragazzi. La guerra e' la pace. * Teoria e pratica Parlando nel quartiere generale dell'FBI alcuni giorni dopo, Bush ha detto: "Questa e' la nostra missione. Questa e' la missione degli Stati Uniti d'America. La nazione piu' libera del mondo. Una nazione costruita su valori fondamentali che rifiuta l'odio, rifiuta la violenza, rifiuta gli assassini e rifiuta il male. Non ce ne stancheremo". Ecco qui una lista dei paesi con cui l'America e' stata in guerra - e che ha bombardato - dalla II Guerra Mondiale: Cina (1945-46, 1950-53), Corea (1950-53), Guatemala (1954, 1967-69), Indonesia (1958), Cuba (1959-60), Congo Belga (1964), Peru' (1965), Laos (1964-73), Vietnam (1961-73), Cambogia (1969-70), Grenada (1983), Libia (1986), El Salvador (1980 ed oltre), Nicaragua (1980 ed oltre), Panama (1989), Iraq (1991-99), Bosnia (1995), Sudan (1998), Yugoslavia (1999). E adesso Afghanistan. Certamente non se ne stancano - loro, la nazione Piu' Libera del mondo. Quali sono le liberta' che sostiene? Dentro le sue frontiere, liberta' di parola, di religione, di pensiero, di espressione artistica, di abitudini alimentari, di preferenze sessuali (be', fino a un certo punto) e molte altre esemplari, bellissime cose. All'esterno, la liberta' di dominare, umiliare e soggiogare - normalmente a beneficio della vera religione dell'America, il "libero mercato". Quindi quando il governo USA battezza una guerra Operazione Giustizia Infinita o Operazione Liberta' Duratura, noi nel Terzo Mondo sentiamo piu' che un brivido di paura. Poiche' sappiamo che Infinita Giustizia per alcuni significa Infinita Ingiustizia per altri. E Liberta' Duratura per alcuni significa Duratura Soggezione per altri. La Colizione Internazionale Contro il terrore e' una cabala dei paesi piu' ricchi del mondo. Messi insieme, costruiscono e vendono praticamente tutte le armi del mondo, possiedono le piu' grandi riserve di armi di distruzione di massa - chimiche, biologiche e nucleari. Sono loro che hanno combattuto la maggior parte delle guerre, loro sono i responsabili della maggior parte dei genocidi, soggezioni, pulizie etniche e violazioni dei diritti umani della storia moderna, e hanno sponsorizzato, armato e finanziato un numero incalcolabile di dittatori e despoti. Messi insieme, hanno adorato, quasi deificato, il culto della violenza e della guerra. Il governo Talibano, con tutti i suoi spaventosi peccati, non e' comunque della stessa lega. * L'eredita' della guerra Il governo Talibano e' stato creato nello sgretolato crogiuolo di macerie, eroina e terre minate durante la risacca della Guerra Fredda. I suoi leaders piu' vecchi hanno poco piu' di 40 anni. Molti di essi sono sfigurati e handicappati, senza un occhio, una gamba, un braccio. Sono cresciuti in una societa' atterrita e devastata dalla guerra. Tra Unione Sovietica e America, nel corso di 20 anni, sono stati versati in Afghanistan armi e munizioni per un valore di circa 45 miliardi di dollari. L'ultimo modello in fatto di armi era l'unico frammento di modernita' che si intrudesse in una societa' completamente medievale. Ragazzini - molti di essi orfani - che sono cresciuti in simili tempi, hanno avuto fucili per giocattoli, mai hanno conosciuto la sicurezza e il conforto della vita familiare, mai hanno sperimentato la compagnia di donne. Adesso, adulti e governanti, i Talibani picchiano, lapidano, violentano e brutalizzano le donne, non sembra che sappiano cos'altro fare con esse. Anni di guerra li hanno spogliati d'ogni gentilezza, resi impenetrabili alla bonta', alla compassione umana. Danzano al ritmo di bombe che gli piovono intorno. Adesso hanno rivolto la loro mostruosita' contro la loro stessa gente. * Ridotto in polvere Un milione e mezzo di persone persero la vita duranti i 20 anni di conflitto che ha preceduto questa nuova guerra. L'Afghanistan e' stato ridotto in macerie e adesso le macerie vengono polverizzate finemente. Gia' il secondo giorno dell'attacco aereo, i piloti USA ritornavano alle loro basi senza avere sganciato la quantita' di bombe loro assegnata. Come ha detto un pilota, l'Afghanistan non offre un ambiente ricco di bersagli. Al Pentagono, durante l'informazione alla stampa, e' stato chiesto a Donald Rumsfeld, Segretario USA alla Difesa, se l'America avesse esaurito i suoi bersagli. "In primo luogo - ha detto - ricolpiremo i bersagli; e, in secondo luogo, non stiamo restando senza bersagli". Questo e' stato salutato con scoppi di risa nella stanza della conferenza. Al terzo giorno dell'attacco, Il Dipartimento della Difesa si vantava di avere "raggiunto la supremazia aerea sull'Afghanistan" (Voleva dire che avevano distrutto entrambi - o forse tutti e 16 - gli aeroplani afgani?). I rapporti hanno iniziato a centellinare notizie su vittime civili, sullo svuotamento delle citta' via via che i civili fuggivano verso le frontiere che erano state chiuse. Molte arterie erano state fatte saltare in aria o chiuse. Coloro che hanno fatto l'esperienza di lavorare in Afghanistan dicono che all'inizio di novembre i convogli che trasportano alimenti non potranno raggiungere i milioni di Afgani (7,5 milioni, secondo l'ONU), che corrono il realissimo rischio di morire di fame nel corso di questo inverno. Dicono che nei giorni che rimangono prima dell'arrivo dell'inverno, ci puo' essere o una guerra, o un tentativo di fare arrivare alimenti alla popolazione affamata. Non ci possono essere entrambe le cose. *Una cinica gara di elemosine Come gesto di aiuto umanitario, il governo USA ha fatto cadere 37.000 pacchi di razioni di emergenza sull'Afghanistan. Il governo dice che prevede di inviarne un totale de 500.000. Questo fa solamente un unico pasto per mezzo milione di persone su un numero di vari milioni di persone in estrema necessita' di cibo. Persone che lavorano nel campo degli aiuti umanitari hanno condannato tutto cio' come un cinico e pericoloso esercizio di pubbliche relazioni. Essi dicono che lanciare dall'aria pacchi di cibo e' peggio che futile. In primo luogo, perche' il cibo non raggiungera' mai coloro che realmente ne hanno bisogno; e, piu' pericolosamente, perche' coloro che corrono a recuperare i pacchi rischiano di saltare in aria per le mine. Una tragica gara di elemosine. Nondimeno, i pacchi di cibo sono molto fotogenici. Il loro contenuto e' stato riportato nei maggiori quotidiani. E' vegetariano, ci dicono, come prevede la Legge Alimentare Musulmana (!). Ciascun pacco giallo, decorato con la bandiera americana, contiene: riso, burro di arachidi, insalata di fagioli, marmellata di fragole, crackers, uva passa, pane arabo, una fruit bar di mele, condimento, fiammiferi, un set di posate di plastica, una salvietta e istruzioni per l'uso illustrate. Dopo tre anni di incessante siccita', un pasto lanciato da un aereo a Jalalabad! Non ci sono parole per descrivere il livello di inettitudine culturale, l'incapacita' di comprendere cosa mesi di fame implacabile e di opprimente poverta' realmente significano, il tentativo del governo USA di servirsi persino di questa abietta miseria per pubblicizzare chiassosamente la propria immagine. Ribaltiamo per un momento lo scenario. Immaginiamo che il governo Talibano stia bombardando New York, dicendo tuttavia che il suo reale bersaglio e' il governo USA e la sua politica. E supponiamo che durante gli intervalli dei bombardamenti il governo Talibano sganci alcune migliaia di pacchi contenenti nan e kabab infilzati in una bandiera afgana. La brava gente di New York se la sentirebbe di perdonare il governo afgano? Persino se fossero affamati, persino se avessero bisogno di quel cibo, persino se lo mangiassero, come mai potrebbero dimenticare l'insulto, l'accondiscendenza? Rudy Giuliani, sindaco di New York, ha restituito un donativo di 10 milioni di dollari da parte di un principe dell'Arabia Saudita poiche' e' stato accompagnato da alcune parole di amichevole consiglio sulla politica americana in Medio Oriente. L'orgoglio e' un lusso al quale solo i ricchi hanno diritto? * Dove condurra' tutto questo? Lungi dal distruggerlo, accendere questo tipo di rabbia e' cio' che crea il terrorismo. L'odio e la vendetta non ritornano nella scatola una volta che li hai lasciati venir fuori. Per ogni "terrorista" o suo "sostenitore" che viene ucciso, centinaia di innocenti vengono pure uccisi. E per ogni centinaia di innocenti uccisi c'e' una buona possibilita' che svariati futuri terroristi si creeranno. Questo non per suggerire che i terroristi che l'11 di settembre hanno perpetrato l'orrore non debbano essere ricercati e condotti alla resa dei conti. Lo devono. Ma e' la guerra il modo migliore per snidarli? Bruciare il pagliaio ti fara' trovare l'ago? O al contrario procurera' un'escalation di rabbia e rendera' il mondo un inferno in terra per tutti noi? George Bush recentemente si e' gloriato: "Quando intraprendo un'azione, non e' per bruciare un missile di 2 milioni di dollari contro una tenda vuota che vale 10 dollari e per colpire un cammello nel sedere. Deve essere decisivo". Il presidente Bush dovrebbe sapere che non ci sono bersagli in Afghanistan che valgono il denaro dei suoi missili. Forse, anche solo per raggiungere la parita' nei suoi libri contabili, dovrebbe sviluppare alcuni missili di minor valore da usare per i bersagli di minor valore e per le vite di minor valore nei paesi poveri del mondo (pero', in questo caso, non sembrerebbe un buon affare per i produttori di armi della Coalizione). * La rabbia sboccia Di giorno in giorno con la guerra sentimenti di collera si liberano nel mondo. Metti l'orecchio sul suolo in questa parte del mondo e potrai udire lo sgradevole suono, il mortifero rullio della rabbia che sboccia. Per favore. Per favore, ferma la guerra, ora. Troppa gente e' morta. I missili intelligenti semplicemente non sono abbastanza intelligenti. Stanno facendo esplodere interi arsenali di furia repressa. Le vacuita' del discorso su "Lo Scontro di Civilta'" e de "Il Bene contro il Male" infallibilmente hanno effetto sul popolo americano, stravolto e confuso, il cui orgoglio e' stato ferito, i cui cari sono stati tragicamente uccisi, la cui rabbia e' recente e acuta. Questi discorsi vengono cinicamente distribuiti come una dose quotidiana di vitamine o di antidepressivi. La cura regolare assicura che l'America continuera' ad essere l'enigma che sempre e' stata - un popolo curiosamente rinchiuso in se stesso, amministrato da un governo patologicamente intrigante e promiscuo. E il resto di noi, noi che intorpiditi riceviamo questo attacco di cio' che sappiamo essere assurda propaganda? I consumatori quotidiani delle menzogne e della brutalita' spalmate nel burro di arachidi e marmellata di fragole che vengono lanciate dentro le nostre teste proprio come quei pacchetti gialli di cibo. Distoglieremo lo sguardo, e mangeremo, perche' abbiamo fame, o fisseremo, senza chiudere gli occhi, il tetro teatro che si svolge in Afghanistan, fino a quando collettivamente vomiteremo e diremo, con una sola voce, che ne abbiamo abbastanza? Mentre il primo anno del nuovo millennio sta per finire, mi domando: Abbiamo perduto il diritto a sognare? Saremo mai capaci di ri-immaginare la bellezza? Sara' mai possibile ancora osservare il lento, stupefatto batter d'occhi nel sole di un geco appena nato, o di bisbigliare in risposta alla marmotta che ti ha appena bisbigliato all'orecchio - senza pensare al World Trade Center e all' Afghanistan? 6. RIFLESSIONE. GIULIETTO CHIESA: LA RAGIONE CONTRO LA GUERRA [Giulietto Chiesa e' un prestigioso giornalista e saggista, questo articolo e' apparso sul quotidiano "Il manifesto" del 10 novembre] Siamo entrati in una guerra che si fa in nome della lotta al terrorismo internazionale. Tra gli alleati in questa guerra ci sono tre paesi che hanno riconosciuto ufficialmente (unici al mondo) il regime dei taliban: Pakistan, Arabia Saudita, Emirati Arabi. Non solo: almeno due di essi (Pakistan e Arabia Saudita) hanno organizzato, finanziato, istruito e armato il movimento dei taleban e lo hanno portato al potere. E ce lo hanno tenuto dal 1996 al 2001, ben sapendo che ospitava tutti i terrorismi islamici del mondo. Ma non bombardiamo quei paesi. Tony Blair e George Bush hanno promesso al generale-presidente Musharraf che, in cambio delle basi per i loro aerei, garantiranno al Pakistan voce in capitolo nel futuro governo dell'Afghanistan. Cioe' hanno garantito che qualcuno dei taliban piu' "presentabili" trovera' posto nel futuro governo di Kabul. All'inizio dei bombardamenti sull'Afghanistan il problema (e' stato detto per motivarli) era l'Afghanistan. A un mese di distanza, 2.500 missioni di bombardamento dopo, il problema si e' ingigantito. Ora comprende anche il Pakistan: 140 milioni di persone, una guerra endemica con l'India, un miliardo di abitanti, bombe atomiche nell'arsenale. Ai confini tra Pakistan e Afghanistan almeno diecimila uomini armati sono pronti a entrare in guerra a fianco dei taliban. E i loro kalashnikov possono, da un momento all'altro, rivolgersi sia contro le truppe della "Grande Alleanza", sia contro il generale Musharraf. Il pericolo e' tale che gli Stati Uniti hanno gia' messo in stato di allerta una brigata speciale che dovrebbe controllare (dovrebbe, ma ce la farebbe?) i depositi nucleari pakistani. Ci si aspettava un crollo del regime dei taliban. Non c'e' stato. Ci si aspettava una rivolta delle popolazioni contro il regime dei taliban: non c'e' stata. Si doveva catturare o uccidere Osama bin Laden. Che e' vivo e vegeto ed e' divenuto nel frattempo la bandiera di tutto l'islamismo fondamentalista del mondo. Non un solo ministro del governo dei taliban risulta arrestato o ucciso, ne' lo e' il mullah Omar. Si dira' che e' ancora presto: pazientare. Ma i responsabili americani (quelli che prendono le decisioni) ci fanno sapere (per la verita' alternando valutazioni diverse e perfino opposte l'una all'altra) che questa guerra "durera' anni" (Rumsfeld), durera' mesi (Rumsfeld), durera' tanto "che questa generazione non ne vedra' la fine" (Cheney). Per quale di queste varianti ha votato la stragrande maggioranza del parlamento italiano? E di quale guerra si tratta? E' la guerra contro l'Afghanistan? Oppure e' una carta bianca dove i dirigenti di Washington scriveranno, volta a volta, gli obiettivi che avranno individuato, in ogni parte del mondo? Cosa, del resto, certa, poiche' essi hanno gia' annunciato che si colpira' dovunque. E poiche' non sarebbe credibile ritenere che il terrorismo e' solo Afghanistan e solo bin Laden, ne consegue che si pianificano bombardamenti su tutti gli altri "stati carogna" di religione islamica: Irak, Sudan, Yemen del Sud, Iran, Indonesia e via via individuando. Dunque siamo entrati in una guerra contro un gruppo di stati senza averne l'elenco. Siamo entrati in una guerra che non soltanto non si sa quanto potra' durare, ma senza neppure un criterio per definire la vittoria. Mentre i deputati italiani votavano per la guerra, il Pentagono si accingeva e rivedere le sue strategie. Poiche' e' evidente anche a loro che quella iniziale si e' rivelata sbagliata, approssimativa, superficiale. La guerra continuera', ma su coordinate che ancora non conosciamo. Al Pentagono non hanno ancora deciso se scendere sul terreno, in quanti scendere, dove e come. Adesso - dopo i primi loro morti (che non sapremo mai quanti sono) - si rendono conto che forse non hanno abbastanza "intelligence". L'Afghanistan e' una bestia difficile. Si poteva chiedere informazioni ai russi. Siamo entrati in una guerra dove non esistono limitazioni di armi e di criteri di condotta. E se non si riuscisse a trovare e uccidere Osama bin Laden con tutto l'armamentario bellico finora dispiegato, siamo pronti ad accettare l'impiego di bombe atomiche? La domanda non e' peregrina o teorica perche' il problema sta sul tappeto. E sta sul tappeto perche' non si e' stabilito su quali confini fermarsi. Immagino che i nostri deputati faranno fatica ad accettare quella svolta, quando divenisse parte dell'ordine del giorno, ma finiranno per accettarla. Infatti hanno gia' accettato il criterio che, per colpire il criminale, si puo' abbattere il palazzo in cui vive, anche se centinaia di altri inquilini innocenti vi perderanno la vita. Siamo entrati in guerra illudendoci (e illudendo le nostre opinioni pubbliche) sull'esistenza di una "Grande Alleanza", che comprenderebbe perfino la Russia e la Cina. Ma a Shanghai nel documento finale non c'e' stato il minimo cenno a questa "Alleanza". La Cina sta a guardare, esprimendo solidarieta' mentre la fine annunciata dei taliban taglia l'ossigeno ai terroristi della minoranza islamica degli uiguri. La Russia di Putin si dichiara amica e solidale, ma esclude di partecipare con i suoi uomini, non concede spazi aerei per azioni militari, invita a non pensare che la lotta al terrorismo possa essere risolta solo con metodi militari, infine raccoglie il silenzio definitivo dell'occidente sulla Cecenia. Siamo entrati in guerra con l'implicita idea che la vinceremo. E invece nessuno si e' preoccupato di valutare l'ipotesi che si possa perderla. Con questa scelta della guerra per combattere il terrorismo, noi stiamo mobilitando un esercito di kamikaze che diverra' massa critica molto piu' velocemente di quanto immaginiamo, se e' vero che, dieci giorni fa, a Peshawar, Pakistan, in un solo giorno, 500 giovani (non afghani ma pakistani) hanno messo la loro vita a disposizione della jihad. Cosi' diventeremo tutti, senza volerlo, dei kamikaze, perche' la guerra arrivera' nelle nostre case, nei nostri autobus, nei nostri parchi. E non sara' possibile vincerla, paradossalmente, proprio perche' noi siamo attrezzati a combattere per il successo, per il denaro, per il benessere. Lo abbiamo ormai nei nostri cromosomi; ci hanno imbottito la testa con l'idea di essere belli, vivi e vincenti. Per questo non possiamo nemmeno tentare di capire chi non ha mai vinto, ed e' cosi' certo della sua inesorabile sconfitta da avere maturato abbastanza odio da dedicare la sua esistenza alla morte. A uccidersi per annientare coloro che ritiene nemici e responsabili della sua condizione. Non c'e' difesa contro questo esercito di perdenti. O, meglio, ne avremmo una sola: cominciare a mostrare loro che noi siamo capaci di costruire un mondo migliore di quello che conoscono. Ma questa e' l'unica cosa che l'Occidente non ha detto e non si accinge a fare. Dicono, quelli che sono entrati in guerra, che non c'era alternativa. Cosa potevamo fare? Potevamo lasciare impuniti i criminali? Ma e' una bugia. Cosi' non si combatte il terrorismo e non si puniscono i responsabili. Cosi' si moltiplicano i nemici dell'occidente lasciando intatti i santuari del terrorismo, che sono molto piu' vicini alle nostre capitali di quanto non lo siano le grotte afghane. Siamo entrati in guerra senza riflettere che una guerra come quella che ci veniva proposta, anzi imposta, implica che noi dovremo rinunciare a tutti i valori (liberta', diritti, informazione, prosperita', etc.) in nome dei quali proclamiamo la nostra come civilta' e ne vantiamo la superiorita'. C'e' gia' chi invoca il ritorno alla tortura, ed e' passato solo un mese! Con il risultato che, anche in caso di vittoria, saremmo tutti sconfitti. E' il trionfo della irrealpolitik. 7. INIZIATIVE. ALBERTO L'ABATE: IL CONVEGNO DI PARIGI SULL'INTERVENTO CIVILE DI PACE [Alberto L'Abate, docente universitario ed animatore di molte iniziative di pace, e' tra le figure piu' prestigiose dell'impegno nonviolento. Per contatti: labate at unifi.it] Si e' tenuto ai Parigi nei giorni 26 e 27 ottobre, nella Sala Colbert del Parlamento Francese, un Convegno su "L'intervention civile: une chance pour la paix" (Intervento civile di pace: una opportunita' per la pace). Il colloquio era organizzato dal Comitato francese per l'intervento civile di pace, e dall'Istituto di ricerca sulla risoluzione nonviolenta dei conflitti. Quest'ultimo e' un centro di ricerca diretto da J. M. Muller, ed al quale partecipano altri noti studiosi francesi come J. Semelin. Del Comitato fanno parte: il Comitato Cattolico contro la Fame e lo Sviluppo; il Coordinamento dell'Azione Nonviolenta dell'Arca (fondata da Lanza del Vasto); la Delegazione Cattolica per la Cooperazione; l'Associazione Democrazia e Spiritualita'; le Squadre francesi per la Pace nei Balcani; l'Istituto di Ricerca per la Risoluzione Nonviolenta dei Conflitti; il Foro di Delfi; il Movimento per una Alternativa Nonviolenta; Pax Christi; i Verdi. Aderiscono al progetto l'Azione Cristiana per l'Abolizione della Tortura; Le Brigate Internazionali di Pace, la Commissione Giustizia e Pace; la Rete Speranza. L'incontro e' stato reso possibile grazie a contributi del Ministero degli Affari Esteri francese, e delle Fondazioni "Un mondo per tutti" e "C. L. Meyer per il progresso dell'uomo". Nel depliant di presentazione del colloquio si dice: "L'anno 2001 e' il primo del decennio internazionale dell'ONU sulla "promozione di una cultura della nonviolenza e della pace per i bambini del mondo" votato dall'Assemblea Generale, il 10 novembre 1998, in seguito ad un appello di premi Nobel per la pace. A livello internazionale resta ancora molto da studiare ed ancora di piu' da sperimentare in materia di regolazione dei conflitti. Ma la nozione d'intervento si e' molto sviluppata dalla fine del XX secolo, con la "cannoniera" che ha lasciato sempre piu' il posto all'intervento umanitario e ad altre forme di ingerenza non militare, o poco militarizzata. Cosi' e' nato il concetto di "intervento civile nonviolento" progressivamente sperimentato da piu' di 20 anni in America Latina e Centrale da ONG come le Brigate Internazionali di Pace (PBI), o come la Squadra di Intervento nei Balcani (Balkan Peace Team) nella ex-Jugoslavia, negli anni '90. Il colloquio si propone di fare il punto della ricerca in Francia su questo tema e di presentare gli impegni e la necessita' di una formazione all'intervento civile di pace". Il colloquio si e' sviluppato in tre diverse sessioni. La prima, il venerdi mattina, su "Intervenire per la pace: ma a nome di chi e per quale ragione?"; la seconda, il venerdi pomeriggio su "Natura e ruolo dell'intervento civile di pace"; la terza, nella mattinata del sabato, su "L'impegno per la formazione dei volontari e l'avvenire dell'intervento civile di pace". Il colloquio si e' concluso con una tavola rotonda su: "Quale posto per l'intervento civile: complementarieta', opzione o alternativa?". I presenti erano soprattutto francesi ma c'era qualche ospite d'oltralpe come il sottoscritto, incaricato, nella seconda sessione, di parlare della situazione italiana sui corpi civili di pace, e come un assistente di Luc Reychler, presidente di una nota organizzazione per la diplomazia di base del Belgio, incaricato di parlare su una architettura per una pace duratura; altri stranieri erano invece presenti in rappresentanza di vari organismi internazionali che hanno partecipato e contribuito all'iniziativa. Il colloquio e' stato infatti contraddistinto da una partecipazione ed anche un dibattito molto chiaro e preciso tra le organizzazioni non governative organizzatrici, o invitate (Medici senza frontiere, Handicap Internazionale) all'incontro, e le istituzioni sia francesi che internazionali che hanno contributo ad animare il convegno. Tra queste in particolare, il Ministero degli Affari Esteri, con la partecipazione di un membro della Commissione Parlamentare su questi temi, il Ministero francese della Difesa, che ha inviato due suoi esperti, la Comunita' Europea e l'OSCE che hanno inviato a relazionare due loro dirigenti. Non mi e' possibile, per mancanza di tempo, dare atto di tutti gli elementi interessanti emersi dal dibattito che sara' pubblicato a cura degli organizzatori. Molte le valide esperienze presentate da organizzazioni impegnate in questo settore come quelle del BPT o delle PBI, ed estremamente interessanti anche l'analisi giuridica delle possibilita' ed i limiti di questo tipo di interventi, o dei problemi psicologici che nascono nelle persone impegnate in questo tipo di attivita'. Interessante anche una tavola rotonda in cui alcune organizzazioni umanitarie ospiti si sono confrontate con quelle organizzatrici del colloquio per rimarcare le reciproche differenze e la separatezza tra questi due tipi di intervento (umanitario ed intervento civile di pace) ma anche la loro sempre piu' importante complementarieta'. * Ma vorrei sottolineare solo alcuni elementi emersi dalle relazioni e soprattutto dal dibattito molto franco tra le componenti istituzionali e quelle delle ONG che mi sembrano molto istruttivi. Il Ministero della Difesa francese ha preso atto della importanza dell'intervento civile tanto da creare al suo interno anche un dipartimento sull'intervento civile-militare o militare-civile. Ma concepisce questo tipo di intervento come subordinato a quello militare. Nelle parole di un suo rappresentante "l'intervento civile e' spesso fatto grazie a mezzi ed attrezzature messe a disposizione dai militari". Mentre le ONG organizzatrici insistono sulla necessita' di una completa autonomia dell'intervento civile da quello militare che partono, nelle parole di J. M. Muller, "da due logiche completamente diverse", non escludendo una loro complementarieta' e collaborazione, ma sullo stesso piano e non subordinando quelle civili a quelle militari. Questo problema e' emerso chiaramente anche nel dibattito tra uno dei due esperti di questo ministero ed il pubblico. Nella sua relazione questi aveva detto chiaramente che nei momenti di crisi internazionale si possono ipotizzare tre fasi: 1) la prima e' quella dell'intervento armato; 2) la seconda quella della ricerca di soluzioni politiche; 3) la terza quella della ricostruzione. L'intervento dei civili viene visto come importante soprattutto nella seconda e la terza fase. Alle rimostranze di alcuni dei partecipanti al colloquio sul fatto che cosi' si metteva del tutto in secondo piano una delle fasi piu' importanti del conflitto, quella nella quale l'intervento di corpi civili di pace puo' essere piu' cruciale, e cioe' la prevenzione della scalata del conflitto e dell'esplodere del conflitto armato, che deve venire prima delle tre fasi su delineate, l'esperto in questione prima non ha risposto, glissando sull'argomento; poi, sollecitato a voce dal pubblico presente a dire la sua su questo argomento, ha riconosciuto l'importanza del problema, ma ha detto che questo e' un problema politico che deve essere risolto in sede parlamentare e governativa. Ma ha anche aggiunto che, secondo lui, il dibattito politico sull'intervento militare o meno e sulla prevenzione dei conflitti armati e' estremamente carente a livello del Parlamento Francese e che loro (i militari) avrebbero preferito un maggiore approfondimento di questa tematica che sembra invece messa in secondo piano anche dagli stessi politici. Se pensiamo al dibattito alla nostra Camera ed all'appiattimento del nostro Parlamento, a stragrande maggioranza, su posizioni di appoggio all'intervento del nostro paese nella guerra in Afganistan, non c'e' che da dargli ragione e vedere la pochezza di questo dibattito anche nel nostro paese. Ma questa emarginazione del tema dal dibattito generale politico e soprattutto dalla volonta' dei paesi europei e' emerso anche dagli interventi dei rappresentanti della Comunita' Europea e dell'OSCE. La Comunita' Europea sta infatti lavorando nella messa a punto di un esercito europeo ed anche di una polizia europea di varie migliaia di persone, ma nessun accenno alla proposta di Alex Langer, gia' approvata dal Parlamento Europeo nel 1995 e ribadita nel 1999, sulla costituzione di corpi civili europei di pace. Alla domanda, fattagli in privato per mancanza di uno spazio adeguato di dibattito pubblico in questa sessione, del perche' di questa assenza, il rappresentate della Comunita' Europea ha risposto che si era informato prima di venire al convegno su questo tema ma che gli era stato suggerito di glissare su questo argomento perche' considerato, in questo momento, di secondo piano rispetto alla costituzione della forza europea militare e di quella di polizia. Anche qui sembra cioe' emergere la volonta' dei governi, e dei militari, di costituire prima l'intervento militare e quello della polizia e poi, in subordine, quello civile. Questo e' stato ulteriormente confermato dalla rappresentante dell'OSCE che nella sua relazione non ha fatto alcun accenno alla delibera di Istambul dell'OSCE nella quale si insisteva sulla importanza della costituzione di corpi civili di pace. Questa informazione ci era stata data da Kessler, gia' giudice antimafia italiano che e' stato vicedirettore del corpo OSCE di verificatori degli accordi di pace in Kossovo prima della guerra, e che ora e' deputato alla Camera per l'Ulivo. Alla richiesta del perche' di questa trascuratezza l'esperta in questione non ha risposto dando solo le coordinate per la ricerca in internet di questa delibera di cui lei e' sembrata essere del tutto all'oscuro, almeno per gli aspetti riguardanti questo tema che era quello principale del convegno a cui era stata inviata. In complesso si puo' dire che il dibattito e' stato molto utile anche perche' ha messo a nudo le resistenze dell'establishment nei riguardi di questo tipo di intervento che viene si' considerato sempre piu' importante (tanto da riconoscergli uno spazio di dibattito all'interno del Parlamento stesso), ma che viene anche subordinato a quello militare considerato come quello fondamentale che deve dirigere anche l'altro. E questo sottolinea il grande lavoro ancora da fare non solo in Francia ma anche nel nostro paese ed a livello europeo per far comprendere la necessita' di una autonomia e di una non subordinazione dell'intervento civile a quello militare, che possono e devono sempre piu' collaborare reciprocamente, ma senza subordinare quello civile a quello militare come sottolineato ripetutamente dagli organizzatori del colloquio stesso. A questa sottovalutazione ed a questa mancanza di comprensione e' da imputare anche il fatto, emerso dal dibattito nell'ultima sessione, che tutta la formazione dei volontari in questo campo e' lasciata alle ONG, con grande impegno di energie umane ed economiche, mentre non c'e' un finanziamento pubblico di questo aspetto come invece richiesto dagli organizzatori del convegno stesso. C'e' solo da sperare che il franco dibattito emerso dal colloquio convinca le istituzioni francesi, in particolare il Ministero degli Esteri che e' tra i finanziatori ed organizzatori del colloquio, di accettare questa proposta e di dare maggiore importanza, in futuro, anche a questo aspetto. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ; per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ; angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 285 dell'11 novembre 2001
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