pc: La fine del pensiero unico-Dalla crisi del liberismo ai nuovi scenari geopolitici



LA FINE DEL "PENSIERO UNICO"
Dalla crisi del neo-liberismo ai nuovi scenari geo-politici

di Sbancor (*)
sbancor at hotmail.com


1. E ALLORA CAPISCI CHE LA RECESSIONE DEVE ANCORA VENIRE. E SARA' DURA.

"Ormai alla ripresa dietro l'angolo non ci crede più nessuno in America. E
molti  hanno paura di guardare anche cosa ci sia dietro l'angolo: hanno
paura di trovarci il Giappone e la "trappola della liquidità" (*liquidity
trap*)"  Così un mio amico, analista di una banca d'affari internazionale,
commentava l'ultimo dei tagli  operati dal FOMC (*Federal Open Market
Commitee*). Tralascio per decenza i "fuck you european shits"  di cui il
discorso era infarcito. Ormai anche i migliori analisti americani parlano
come Al Pacino in *Scarface*.
Nonostante sette tagli del denaro consecutivi, infatti,  le notizie che
provengono dagli "States"  continuano a segnare brutto tempo. Non solo:
vengono rivisti anche i dati  dell'anno precedente: come dire il miracolo
economico americano e i favolosi incrementi di produttività erano meno
forti di quanto si pensasse.  Ormai anche i giornali, e non solo
l'Economist, che l'aveva sempre detto, incominciano a parlare della "bolla
delle dot.com". Insomma la "new economy" sembra finita prima ancora di
iniziare. E l' economia torna ad essere "the dismal science", la scienza
triste evocata da Carlyle.   Di più: quando anche i più collaudati
strumenti di politica monetaria non funzionano, quando  anche le manovre
sui tassi sembrano non
aver effetto sull'economia, ecco riapparire il fantasma della crisi, nella
sua versione più inconcepibile per il pensiero economico: la *liquidity
trap*, la trappola della liquidità.  Tecnicamente può essere rappresentata
così: anche  a costo del denaro "zero" o addirittura negativo nessuno è più
disposto ad investire. I risparmiatori/investitori attribuiscono al
semplice possesso di denaro un "premio di liquidità" cosi alto che fa
giudicare ogni investimento, ma anche ogni acquisto come troppo "incerto"
per essere perseguito. E' ciò che da anni sta avvenendo all'economia
giapponese: i
prezzi scendono (deflazione) ma anche i consumi scendono. A tassi di
interesse zero e a liquidità praticamente illimitata il PIL è cresciuto nel
primo trimestre del 2001 solo dello 0,1% e per la chiusura del semestre si
prevede un PIL negativo.
Questa preferenza per la liquidità  non è solamente un fatto economico.
Esso segna il limite di un pensiero economico, di più, di un "common
sentiment". Quel sentire comune che fa di noi, adepti della comunità
finanziaria, esseri sostanzialmente  indistinguibili dai nostri gessati,
dalle scarpe Church, scrupolosamente nere e dai gemelli d'oro.  Quel
sentire che ci fa sentire in ogni luogo del mondo a casa nostra, perché i
nostri pantaloni sono sostenuti da identiche bretelle blu (o nere) a
bottoni.
Quando scatta la "liquidity trap" è come se le bretelle cedessero
contemporaneamente e in tutto il mondo e tutti noi ci trovassimo
improvvisamente in mutande. Come capirete in simile imbarazzante situazione
diventa impossibile non cedere alla tentazione di misurare le rispettive
virilità. Fare i conti con la realtà in certi casi  può avere effetti
devastanti!
Scrive J.M.Keynes: "In pratica, si è tacitamente convenuto, di regola, di
ricorrere sostanzialmente ad una convenzione. (...)  L'essenza di questa
convenzione sta nel supporre *che lo stato di cose esistente continuerà
indefinitamente*.... Il metodo convenzionale di calcolo sarà compatibile
con un grado notevole di continuità e stabilità dei nostri affari fino a
quando possiamo confidare che la convinzione sarà mantenuta....Una
procedura del genere di questa testé descritta   -ne sono certo - è quella
che ha fornito la base per lo sviluppo dei nostri principali mercati di
investimento. Ma non vi è da sorprendersi che una convenzione, tanto
arbitraria se si
considerano le cose da un punto di vista assoluto, abbia i suoi punti
deboli. E' questa *precarietà* che costituisce una non piccola parte del
nostro problema...."  (J.M. Keynes: Teoria generale dell'occupazione, dell'
interesse e della moneta, UTET Torino 1971, pp. 292-93)

2. LA CONVENZIONE NEOLIBERISTA

La convenzione che, insieme alle nostre bretelle, oggi sta incominciando a
cedere, è il *pensiero unico neo-liberista* che ha dominato la fine del
passato millennio  e sta tentando, ancora, di estendere il suo dominio in
questo.  Pochi  assiomi possono così riassumerla:
 1. L'economia è la scienza che governa la società nel suo complesso: le
altre scienze sono subordinate ad essa che ne decreta, attraverso il
mercato, la loro efficacia. Università, centri di ricerca,  sistemi
sanitari, beni culturali, alimentazione, architettura, arte, cultura,
religione  e quant'altro sono soggetti alla "dura legge del mercato". A
dirigere queste attività vanno chiamati dei manager  (dal latino manus
agere).
2. Il mercato decreta il successo o l'insuccesso di ogni attività e della
vita umana in generale. Questo successo è misurabile in beni mobili ed
immobili.
3. Il mancato successo può essere attribuito solo a colpa soggettiva o
malattia grave. Più spesso all'infingardaggine  dei perdenti che vogliono,
attraverso la spesa pubblica, minare la stabilità della moneta e dello
Stato.  Costoro vengono chiamati  "comunisti", qualunque sia il credo
ideologico a cui si riferiscono.
4. Lo sviluppo dei servizi, così come la crescita del III° mondo vengono
affidati all'iniziativa privata e alle forze del mercato. I paesi che non
riescono a svilupparsi sono paesi sostanzialmente "illiberali" e gli aiuti
vanno commisurati alle loro progressive liberalizzazioni e privatizzazione.
 5. Il lavoro deve essere flessibile: solo avendo la libertà di licenziare si
può ragionevolmente assumere qualcuno.
6. Le pensioni vanno investite sui mercati dei titoli di debito o di
proprietà di imprese, in modo da legare il reddito futuro all'andamento
attuale dell'economia e garantire un comportamento coerente degli occupati.
7. L'egoismo privato,  l'avidità del singolo, è presupposto del bene
collettivo. Chi pone limiti  all'egoismo e all'avidità sta operando contro l
'umano interesse. Comunista.
8- Il diritto internazionale si fonda su questi principi: chi non li
rispetta può essere liberamente invaso o bombardato e infine tradotto di
fronte a un Tribunale Internazionale. I patti eventualmente sottoscritti
precedentemente  con il "reo" (V. caso Noriega, Hussein, o Milosevic)
possono essere  tranquillamente dichiarati inesistenti.
9. Chi protesta contro il presente stato di cose è un "comunista".
10. La legge del mercato abroga tutte le precedenti leggi.

Può sembrare incredibile, ma l'insieme corposo di questi principi dipende da
alcune macrovariabili economiche.  Nonostante schiere di economisti,
giornalisti, presentatori televisivi, telegiornali e pubblicità abbiano
cercato di convincerci che queste leggi facciano parte dell' "umano
sentire" e in qualche caso della volontà divina, esse a loro volta
dipendono da alcune insignificanti variabili quali:
1. Il valore del dollaro. (oggi in discesa sull'Euro)
2.  L'andamento del Dow Jones e del Nasdaq. (diverse migliaia di punti persi
in un anno)
3. L'andamento della bilancia commerciale degli Stati Uniti (-450 miliardi
di dollari)
4. Il flusso netto di investimenti esteri diretti e di portafoglio negli
States. (oggi pari al 64% dei flussi netti di capitali)

Questo insieme di variabili definiscono lo "stato di cose esistenti": la
Regola e la Convenzione. Se esse cambiano il pensiero unico che ne deriva
dovrà inevitabilmente recepire  il cambiamento degli indicatori
sottostanti. Attualmente tutte queste variabili hanno un segno meno
davanti. Il che rende mooooolto nervosi gli uomini con le bretelle.
Oggi i grandi gestori internazionali del risparmio, le banche d'affari, i
fondi comuni, i fondi pensione, le assicurazioni  vivono un periodo d'
incertezza e precarietà circa la Regola e la Convenzione. Questa incertezza
aumenta il "premio di liquidità"  quello strano differenziale fra un valore
in denaro e l'equivalente in investimenti o beni  che aumenta ogni volta
che si teme che il prezzo pagato oggi sia  superiore al prezzo a cui lo
rivenderò domani.  L'incubo peggiore, per coloro che vivono di rendite, è
sicuramente la "svalorizzazione"  del proprio capitale.  Le venali
aritmetiche borsistiche che assicurano all'1% della popolazione americana
di governare l'economia, ma a molti altri di integrare un reddito o peggio
pagare un debito, incominciano mostrare da troppo tempo un segno negativo.
Nell'1% serpeggia malumore, nel resto si fa strada una vera e propria
depressione. La Depressione aumenta l'incertezza, questa agisce sul premio
di liquidità e la depressione prima o poi sarà disperazione.

3. LE CRISI "REGIONALI"

La crisi del pensiero unico neoliberista  è dunque la sua incapacità di
produrre ricchezza finanziaria indefinita, di prolungare l'illusione che il
denaro possa produrre altro denaro senza passare per la produzione. La più
grande obiezione alla "new economy" sono l'andamento del Dow Jones e di
Wall Street. . Non solo, sempre più evidente appare la sua incapacità a
governare le crisi economiche "regionali", dalla Turchia all'Argentina, al
Far East. Il caso Argentino è forse il più emblematico. Dopo svariati
tentativi di tener sotto controllo un inflazione che oscillava fra le tre e
quattro cifre, un ministro particolarmente brillante, Domingo Cavallo,
decide di rinunciare di fatto alla sovranità monetaria del proprio paese.
Per far ciò rispolvera un vecchio metodo usato dagli inglesi in diversi
paesi,  al tempo dell'Isola del Tesoro e dell'Impero di sua Maestà: il
"currency board". In esso si stabilisce per legge una parità di cambio
fissa fra la moneta nazionale (il peso) e un'altra moneta (il dollaro). La
politica monetaria dell'Argentina, a quel punto è delegata alla FED. Ciò
che Cavallo dimenticò è che per poter permettersi il "currency board"
sarebbe stato necessario per l'Argentina avere un forte flusso di
esportazioni pagate in valuta verso l' area del dollaro. Ma proprio
l'adozione del dollaro rese impossibile l'export argentino: mentre Brasile
e Cile potevano svalutare e diminuire quindi i prezzi relativi delle merci,
l'Argentina era ancorata al Dollaro. La cura ovviamente funzionò per
l'inflazione, ma cominciò a provocare un crescente squilibro della bilancia
commerciale. Per pareggiare la bilancia dei pagamenti furono iniziate,
sotto Menem, le privatizzazioni. In pochi anni gli Argentini si vendettero
tutto: aerei, aeroporti, centri commerciali (sono tutti di Soros)  impianti
di estrazione del petrolio, telefoni,
elettricità ecc.  L'Argentina era guardata dal mondo come il paese dove il
pensiero unico del F.M.I. e della Banca Mondiale aveva vinto. Un miracolo
economico!  Ma le privatizzazioni prima o poi finiscono, lo squilibrio
commerciale resta, lo Stato deve drenare denaro sui mercati internazionali
attraverso prestiti internazionali in valuta, ad ogni giro i tassi salgono
e il rating diminuisce. I tassi alti scoraggiano l'economia e per tre anni
l' Argentina va in recessione. Le Grandi Famiglie (3% della popolazione)
incominciano a cambiare i pesos in dollari. Servono altri prestiti, sempre
più cari. A questo punto scoppia la crisi finanziaria. Nessuno presta più
soldi all'Argentina che è costretta a tagliare del 13% i salari pubblici e
a bloccare totalmente la spesa pubblica. Neanche questo basta, ed ecco l'
F.M.I., caritatevole, giungere in soccorso, prestando 8 miliardi di dollari
. con una clausola, però, che l'Argentina aderisca al FTAA cioè si apra al
libero scambio con gli USA.  Doppia trappola:  il deflusso di dollari non
potrà che aumentare, per il libero scambio e in più si mette in ginocchio
il Brasile e si fa saltare il Mercosur.La crisi finanziaria argentina è
solo rimandata di qualche mese: una boccata d'ossigeno per l'UBS, Citygroup
e Chase Manhattan e altre grandi banche che hanno ancora qualche mese per
"securizzare" i propri crediti, cioè farli scomparire nel risparmio gestito
di fondi pensione. Quando la stessa cosa
avvenne in Messico nel 1995 a rimetterci fu il Fondo Pensione degli
Insegnanti della California! Ma ormai è fin troppo chiaro: le ricette
virtuose del F.M.I. sono peggio delle cavallette. Dopo il Sud Est asiatico
e la Russia stanno rovinando il
Sudamerica. Ma la grande fornace di Wall Street ha bisogno di capitali
esteri che tengano su i corsi azionari e quindi "mors tua vita mea"! .
Meraviglie della globalizzazione dei mercati finanziari!

Il liberismo è l'ideologia rovesciata del monopolio monetario e finanziario
che l'America impone sul resto del mondo.  Comprate quello che volete, basta
che lo paghiate in dollari. Fate tutti i debiti che volete, basta che li
contraete presso una banca americana e che siano dominati in dollari.
Investite nell'industria che vi pare, basta che sia quotata a Wall Street.

4. LA NOVITA' DELLA GLOBALIZZAZIONE DAL BASSO

Ma c'è una altra novità che ormai nessuno può ignorare:  la globalizzazione
dal basso sembra più rapida, se non più forte, della globalizzazione
economica.  All'impasse del WTO dopo Seattle, si contrappone  la capacità
di diffusione su tutto il pianeta  di moltitudini che solo per l'effetto
rovesciato dei media oggi si definiscono "no global". Da Nizza a Praga a
Quebec City, a Goteborg, a Genova. E domani a Napoli e infine a Washington,
dove scenderà di nuovo in piazza l'AFL-CIO, il più
grande  sindacato americano.
Il mix teorico-pratico di questo movimento è assai confuso. Ma la somma
delle istanze che avanza sono un cocktail  micidiale per il pensiero unico
neoliberista: in esso si sommano proteste antiche, vetero comunismo,
neo-anarchismo, pacifismo, sindacalismo di base, pensiero cattolico, verdi,
immigrati, minoranze etnico-linguistiche.  Finchè rimane unito è
inattaccabile. Per questo Genova:  occorreva provare il terreno delle
violenza per vedere di separare le componenti del movimento e batterle in
campi separati, una per volta. Ecco perché hanno dato via libera ai black
bloc e si sono concentrati a massacrare cattolici, ambientalisti,
cooperanti, costruttori di pace ecc. Soprattutto i cattolici fanno paura:
sono contro le guerre, sono contro le biotecnologie, sono contro il
neo-liberismo, sono contro tutto ciò che potrebbe  servire nei prossimi mesi
per rimandare la depressione economica.
Assisteremo a un nuovo scontro fra Impero e Papato?
Ho paura che Genova sia stata solo una prova generale.  Nei prossimi mesi
vedremo al lavoro diverse squadre di "guastatori specializzati".  A Genova
hanno perso, questo è fuori di dubbio. E a farli perdere sono stati 300.000
ragazzi che sono restati li per due giorni sotto le manganellate e i
lacrimogeni, a volte sotto il fuoco diretto di polizia e carabinieri senza
andarsene, ma anche senza alzare il livello dello scontro. Le moltitudini,
appunto. Ragazzi incarcerati e torturati che continuano a lottare nelle aule
dei tribunali.  Una capacità di documentazione e informazione in tempo reale
mai vista prima.  Una solidarietà internazionale che non si vedeva dai tempi
del Vietnam.  Quella che doveva essere la  frammentazione del movimento
rischia di trasformarsi in una vera e proprio "débacle" per i registi
occulti del terrore.
Ma chi sono questi registi e perché si preoccupano tanto di noi?
Non sono certo i berlusconiani, utili idioti che non sanno neanche di cosa
si stia parlando. Ricordiamoci che le prove generali della repressione di
Genova sono state fatte a Napoli, sotto un governo di Centrosinistra. In
America userebbero un termine  molto descrittivo: "l'establishment". E l'"
establishment" è fatto dei signori con le bretelle delle banche, degli
uomini delle multinazionali, dei circoli più reazionari, via via scendendo
verso il basso, fino a poliziotti corrotti, gruppi neofascisti, ex agenti
della CIA, dell'FBI, della DEA.  La politica, in senso tradizionale qui non
c'entra.  Sono altri i legami che occorre indagare. Riti di denaro e di
sangue che hanno accompagnato la politica imperiale degli ultimi cinquant'
anni. Riti internazionali e segreti, ma assolutamente lineari nei
comportamenti . Decifrarli  in tempo è l'unica  speranza di evitare altre
trappole, questa volta mortali per il movimento.


5. WARFARE AGAINST WELFARE: LA POSTA IN GIOCO

La posta in gioco è alta. Per l'"establishment" imperiale  si tratta di
restituire al capitalismo internazionale l'ultima chiave per poter uscire
da un ciclo recessivo che si annuncia lungo. Questa chiave si chiama
*Warfare*. Il Warfare non necessariamente è guerra, anche se ogni tanto
qualche guerra è pur necessaria per smaltire le scorte d'armi e
giustificare i nuovi investimenti. Il Warfare è un complesso militare
industriale e di intelligence ed insieme una politica economica. La
possibilità di iniettare
liquidità nel sistema mirata direttamente ad investimenti in tecnologia che
possono perpetuare la supremazia imperiale.  Da un punto di vista economico
il warfare è molto più efficace del welfare.  E' più selettivo, permette di
distribuire i soldi fra gli amici,  stimola l'innovazione tecnologica, evita
politiche sociali imbarazzanti, ha minor impatto sull'inflazione e indirizza
la domanda del III° mondo verso un prodotto, come le armi, che assicura la
sopravvivenza all'elite capitalista,  dimostrando inoltre l'inutilità delle
politiche di aiuto a un terzo mondo barbaro e crudele.
Il warfare va continuamente alimentato da visioni geopolitiche.
E' questo il grande gioco", la scacchiera, come dice Brzezinsky, dove
giocare lo scontro fra le civilizzazioni (S.Huntington: *The Clash of
Civilisation and the Remaking of World Order*, 1998). E che sulla
scacchiera sia tornato un "old fellow" come Henry Kissinger rende il gioco
particolarmente pericoloso.
L'America, almeno dal tempo di Bush senior, sta cercando di superare un
ostacolo psicologico: la sindrome del Viet-Nam  che gli impedisce di far
funzionare sul serio il Warfare . Ci è quasi riuscita con la guerra del
Golfo e con il Kossovo.  Dove potrà provare una prossima "guerra"? La
Palestina  è la miccia. Sempre accesa. Chi ha provato a spegnerla ha fatto
una brutta fine, come Rabin.
Quanto è lunga la miccia e fino a dove può bruciare?
La polveriera non è in Medioriente. Il Medioriente al massimo è la seconda
parte della miccia. La polveriera è in un punto imprecisato delle frontiere
della cosiddetta area "turanica" (Iran, Afghanistan, Tagikistan,
Khirghisistan, Azerbaijan, Uzsbekistan,
Pakistan.) Da secoli  è il ventre molle della Russia, ma (attenzione) è il
ventre molle
anche della Cina. Dalle etnie Uigure (turche) si risale verso lo Xin Xiang :
il più grande bacino minerario e petrolifero del mondo.Da li si controlla
tutta l'Eurasia. Si controllano le "pipe lines" del III° millennio.  Da lì
passano le vie della droga. Da li passano i mercanti di schiavi  che
riforniscono le industrie e i commerci di tutto il mondo. "La via della
Seta".
La " Via della Seta" però incomincia a Gerusalemme.
E' qui che i "fondamentalisti" di tutte le religioni da millenni hanno
segnato il luogo della battaglia fra le "civilizzazioni": la piana di
Armageddon.
Si lo so: può sembrare follia. Che c'entrano gli interessi economici con le
antiche leggende?  C'entrano. Il denaro è il terreno del simbolico. Quando
non può nutrirsi di numeri deve nutrirsi di sangue. Oggi il dibattito alla
corte imperiale è se consentire Armageddon e accendere la miccia che
brucierà fino al centro dell'Eurasia,  oppure no.  A favore ci sono
fondamentalisti   ebraici e gli ultraprotestanti
millenaristi. C'è Richard Armitage  e i vecchi  delinquenti della CIA, gli
ultimi di "Phoenix",  quelli dello scandalo Watergate e  Iran - Contras,
quelli che hanno armato i "talebani".  Contro ci sono gli ebrei
democratici, che hanno il terrore che Israele venga sacrificata sull'altare
dell' "Impero", i cattolici, i pacifisti, i leftist americani.
I democratici di Clinton avevano preferito la più nota via dei Balcani.
Puntavano anche loro verso il centro dell'Eurasia, ma volevano arrivarci
con le bandiere della "democrazia", la Nato, gli Europei. E soprattutto non
volevano problemi con la Cina. Anzi volevano pacificare tutto il Pacifico.
Bush no. Ha bloccato qualsiasi accordo sulla riunificazione delle Coree, e
ha ripreso le "guerre stellari" . Finora ha trattenuto Sharon, che voleva
attaccare durante il G8. Poi i Russi sono entrati anche loro nella partita
e per la II° volta in un mese (agosto 01) si è evitata la guerra in
Cisgiordania.
Per quanto a lungo  reggerà ? Può sembrare incredibile:  ma gli unici che
possono fermare il prossimo carnaio siamo noi, la moltitudine in marcia da
Seattle .  Per questo devono eliminarci prima .  E soprattutto rompere la
miracolosa unità fra le diverse
anime del movimento. Ancora una volta "si può quel che si fa".




*) Sbancor scrive sulla rivista "Derive Approdi". Per le edizioni "Derive
Approdi" ha scritto *Diario di guerra. Critica della guerra umanitaria"
(1999).
http://www.deriveapprodi.org/libri/diarioguerra.html