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La nonviolenza e' in cammino. 272
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 272
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 28 Oct 2001 20:26:33 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 272 del 29 ottobre 2001 Sommario di questo numero: 1. Fermare la guerra subito 2. Ingeborg Bachmann, dall'alto 3. Amelia Alberti, in quali mani siamo? 4. Una lettera di Enrico Peyretti al presidente Ciampi 5. Massimiliano Pilati: "ascoltare e parlare", l'esempio dei Centri di orientamento sociale 6. Tonino Bello presenta "Pax Christi" 7. Norberto Bobbio, l'assedio della mafia alla democrazia 8. Franco Fortini, comunismo 9. Premio di laurea "Aldo Capitini" 10. L'osservatorio europeo sulla legalita' "Giovanni Falcone" di Monopoli 11. Letture: Ernesto Balducci, L'Altro 12. Letture: Jeremy Rifkin, Il secolo biotech 13. Letture: Muhammad Yunus, Il banchiere dei poveri 14. Riletture: Franco Fornari, Psicanalisi della situazione atomica 15. Riletture: Eugenio Garin, Con Gramsci 16. Riletture: Virginia Vacca (a cura di), Vite e detti di santi musulmani 17. Da tradurre: Christian Mellon et Jacques Semelin, La non-violence 18. Per studiare la globalizzazione: da Veronica Vaccaro a Mordechai Vanunu 19. La "Carta" del Movimento Nonviolento 20. Per saperne di piu' 1. IL PUNTO. FERMARE LA GUERRA SUBITO Possibile che non ci si renda conto? Occorre fermare la guerra subito. Le stragi si aggiungono alle stragi, la violenza alimenta la violenza, l'area investita dal conflitto si allarga sempre piu', i piani onnicidi dei terroristi si vanno adempiendo. Ogni giorno che passa nuove vittime si aggiungono alle vittime, nuovi disperati si aggiungono ai disperati pronti a tutto, il terrorismo dei gruppi criminali e degli stati ingigantisce e tutto travolge e divora. Occorre fermare la guerra subito. Occorre ripristinare il diritto internazionale, la legalita', il rispetto della vita umana. Occorre difendere la civilta' umana, mai cosi' in pericolo dalla fine della seconda guerra mondiale. Occorre fermare la guerra, subito. 2. MAESTRE. INGEBORG BACHMANN: DALL'ALTO [Da Ingeborg Bachmann, Invocazione all'Orsa Maggiore, SE, Milano 1994, Mondadori, Milano 1999, p. 89. Scrittrice e poetessa austriaca (Klagenfurt 1926 - Roma 1973) di straordinaria bellezza e profondità, la meditazione di Ingeborg Bachmann costituisce un contributo di grande valore per una cultura della dignita' umana. Opere di Ingeborg Bachmann: versi: Il tempo dilazionato; Invocazione all'Orsa Maggiore, SE, poi Mondadori; Poesie, Tea. Racconti: Il trentesimo anno, Feltrinelli, poi Adelphi; Tre sentieri per il lago, Adelphi, poi Bompiani. Romanzi: Malina, Adelphi. Saggi: L'elaborazione critica della filosofia esistenzialista in Martin Heidegger (tesi di laurea); Ludwig Wittgenstein; Ciò che ho visto e udito a Roma; I passeggeri ciechi; Bizzarria della musica; Musica e poesia; La verità è accessibile all'uomo; Il luogo delle donne, Edizioni delle donne. Radiodrammi: Un affare di sogni; Le cicale, "Sipario"; Il buon Dio di Manhattan, Il Saggiatore. Libretti: L'idiota; Il principe di Homburg; Il giovane Lord. Discorsi: Luogo eventuale. Prose liriche: Lettere a Felician. Opere complete: Werke, 4 voll., Piper. Interviste e colloqui: Interview und Gespräche, Piper] Dall'alto non giungeva alcun sogno. 3. RIFLESSIONE. AMELIA ALBERTI: IN QUALI MANI SIAMO? [Amelia Alberti e' presidente del circolo verbano di Legambiente (per contatti: volerete at libero.it)] In queste guerre lontane, i morti non sono proprio morti, i feriti non li sentiamo soffrire (vediamo i telegiornali masticando spaghetti o bistecca), le immagini della violenza vera si confondono irrimediabilmente con i fotogrammi del film di violenza appena terminato o che comincera' subito dopo. "La vita continua", ci incoraggiavano dopo l'11 settembre. Adesso non occorre gia' piu' incoraggiare nessuno. Sempre piu' intricata la rete dei mandanti, di questa guerra dai troppi fronti, che per dovere di solidarieta' ci aveva obbligato ad accettare che l'unico mandante fosse Bin Laden, crudele (ma soprattutto ingrato) nemico dell'Occidente. Riflettendo meglio, sono venuti a galla anche gli interessi dei trafficanti di droga, dei petrolieri, dell'industria farmaceutica, della ricerca scientifica e delle biotecnologie, che da questa orribile storia possono ricavare danni o guadagni abissali. A quest'ultimo proposito, di oggi, sui quotidiani, alcune informazioni sullo stato di avanzamento sorprendentemente avanzato della ricerca anti-antrace, negli Stati Uniti. * "Secondo le notizie disponibili, solo tre paesi possono aver prodotto antrace nella sua forma specifica di arma batteriologica: l'ex Unione Sovietica, l'Iraq e gli Stati Uniti. Una analisi approfondita delle varianti del batterio e dell'associazione con il suo additivo potrebbe portare a una identificazione della vera sorgente. Una sensazione non esplicitata ma che corre sotto traccia negli Stati Uniti e' che difficilmente si tratta di antrace dell'Iraq o dell'ex Unione Sovietica. Pare piuttosto che la provenienza vada cercata in un laboratorio americano, anche se le armi batteriologiche gia' da molti anni (1975) sono state messe al bando da trattati internazionali. Dei due articoli anticipati come pre-print che portano informazioni effettivamente inedite, il primo ha come principale firma quella del biologo Bradley e riguarda il meccanismo con cui il Bacillus anthracis attacca le cellule umane. Il Bacillus anthracis secerne una tossina costituita da tre diverse proteine: un antigene protettivo (PA), un fattore causa di edema (OF) e un fattore letale (LF), quello che, appunto, determina i danni emorragici uccidendo la persona infettata. Bradley e i suoi colleghi - si legge nell'articolo anticipato da "Nature" - hanno clonato il recettore umano dell'antigene PA, cioe' la "porta" della cellula umana alla quale si fissa la proteina protettiva: e cio' apre la strada a una terapia piu' promettente di quelle attualmente disponibili. In risposta alla guerra batteriologica dei terroristi si profila dunque una controffensiva scientifica. Questa controffensiva si gioca tutta sul campo delle biotecnologie. Un settore della ricerca controverso e discusso da parte di vari gruppi ambientalisti (non tutti) trova quindi una inattesa legittimazione patriottica". Da "La Stampa" del 28 ottobre. * Come mai, ci domandiamo, uno stato cosi' sorprendentemente avanzato della ricerca, se dell'antrace naturale si era persa la memoria, e dell'antrace come arma chimica si era proibita la produzione? Che cosa succede nei laboratori specializzati dei centri di ricerca delle grandi potenze della biotecnologia? In che mani siamo? Quale spietatezza le guida? 4. RIFLESSIONE. UNA LETTERA DI ENRICO PEYRETTI AL PRESIDENTE CIAMPI [Enrico Peyretti e' una delle piu' autorevoli voci della cultura della pace. Per contatti: peyretti at tiscalinet.it, o anche: enrico.peyretti at tin.it] No, signor Presidente Ciampi, chi fece la guerra con Mussolini e Hitler poteva essere in buona fede per ignoranza e maleducazione civica, ma non era per la Patria, per la sua liberta' e unita', e - cio' che piu' conta - non era per l'umanita' libera e giusta. Chi fece quella scelta ha la nostra pieta', ma non possiamo rendergli onore, meno che mai possiamo equipararlo ai Resistenti. La sua scelta era sbagliata non perche' fu perdente, ma perche' ingiusta, percio' e' ingiusto difenderla e giustificarla. Non confondiamo valori e disvalori. La riconciliazione nazionale puo' avvenire solo nella verita' dei fatti e dei valori, quelli custoditi nella nostra bella Costituzione, che e' l'unica base di riconciliazione chiara, da difendere di fronte alla nuova ignoranza e maleducazione. Con vivi ossequi Enrico Peyretti, cittadino non rassegnato 5. RIFLESSIONE. MASSIMILIANO PILATI: "ASCOLTARE E PARLARE", L'ESEMPIO DEI CENTRI DI ORIENTAMENTO SOCIALE [Massimiliano Pilati e' impegnato nel Movimento Nonviolento e nel Bologna Social Forum. Per contatti: pilati73 at libero.it. Come e' noto la nostra redazione non condivide il lusinghiero giudizio qui espresso sui Social Forum, che ci sembrano invece portatori anche di molte e gravi ambiguita' (si vede la nostra premessa al testo di autorevoli membri della Rete Lilliput nel notiziario di ieri)] Il G8 di Genova, oltre a portare agli occhi di tutti un certo tipo di violenza istituzionale e non, ha causato indirettamente la formazione di nuovi tipi di aggregazione politica. Dove prima esistevano collettivi, gruppi e coordinamenti politici, ora ci sono i Social Forum. Nati con lo spirito di Porto Alegre e di "un altro mondo e' possibile" e' indubbio che siano i nuovi soggetti politici antagonisti del momento. I Social Forum sono, almeno sulla carta, quei luoghi dove la societa' civile ha la possibilita' di riappropriarsi della vita politica, dove non si delega il tal partito politico ma si agisce in prima persona; in poche parole la chiamiamo "democrazia partecipativa". Recentemente parlando dei Social Forum e della mia esperienza in quello di Bologna con alcuni compagni del Movimento Nonviolento, uno di loro mi ha detto: "concettualmente mi ricordano molto i C. O. S. di Aldo Capitini". Ora, avendo solo sentito accennare occasionalmente a questi C .O. S., tornato a casa sono andato a cercare nella mia biblioteca uno scritto dello stesso Capitini: "origine, caratteri e funzionamento dei C. O. S., centri di orientamento sociale". Ebbene, praticamente c'e' tutto lo spirito di Porto Alegre, solo che e' un'esperienza concreta esistita in paesi e cittadine italiane piu' di cinquanta anni fa. Siamo nel luglio del 1944 in una Perugia appena liberata dall'oppressore nazista e un gruppo di intellettuali, di antifascisti e di giovani partigiani si trova per cercare di dare continuita' all'esperienza dei Comitati di liberazione nazionale (C.L.N.). E' in questa occasione che Aldo Capitini propone la formazione dei Centri di Orientamento Sociale (C. O. S.), per cercare di dare un "terzo ordine" allo stato di disorientamento generale dopo la liberazione. Il C.O.S. di Perugia (il cui motto era "ascoltare e parlare") era un esperimento di assemblea partecipativa bisettimanale per discussioni aperte a tutti, su tutti i problemi amministrativi e politici, alla quale venivano invitati per ascoltare e parlare dirigenti di partiti, amministratori ed esperti di ogni tendenza. In quel particolare momento politico i C. O. S. ebbero successo e si diffusero in Umbria e in alcune cittadine e paesi d'Italia. In una delle due riunioni settimanali si trattavano i problemi prettamente locali di carattere amministrativo (come ad esempio l'asfaltatura delle strade, l'illuminazione pubblica, l'acqua potabile) e si discuteva di questo con gli amministratori. Tutti potevano parlare e dire la loro. Chiaramente i C. O. S. non deliberavano e non avevano potere decisionale, pero' erano un modo di migliorare la consapevolezza e l'importanza di ogni singolo cittadino. Ma soprattutto, grazie alla stesura di documenti e di prese di posizione i C. O. S. cercavano di "orientare" certe scelte amministrative. Si riusciva, grazie alla presenza delle autorita', a far esporre loro i provvedimenti amministrativi e per contro a dare i suggerimenti, le idee, le critiche e le domande dell'assemblea. Si cercava in pratica di attuare una democratica trasparenza dell'amministrazione pubblica. Altro scopo di questo tipo di assemblea era quello che i capi politici e gli amministratori riconoscessero la suprema autorita' al popolo e non alla scala gerarchica. La seconda assemblea settimanale riguardava argomenti di carattere politico, sociale, ideologico, culturale e religioso, e intorno a questi argomenti e avvenimenti attuali erano chiamati a trattare il tema dei relatori per poi discutere e se necessario formare dei gruppi di lavoro (che allora chiamavano "commissioni"). Capitini scrive che era un "scoprirsi collettivita'". Ma ecco , in breve, come lo stesso Capitini presentava anni dopo lo spirito dei C. O. S.: "Perche' se uno Stato, piccolo o grande che sia non fa nessuna differenza, e' tutto animato e decentrato in queste libere assemblee di popolo che discute i problemi della propria amministrazione e quelli dell'orientamento politico, assemblee in ogni rione, in ogni villaggio, aperte a tutti, al popolo anonimo e quindi soprattutto ai "minori" (nome del partito del popolo assunto da San Francesco), si svolge una specie di pacifica mobilitazione permanente sul piano del ragionamento e della persuasione, che educa al piacere dell'ascoltare del comprendere, dell'amare; poiche' per le persone la cosa peggiore e' non incontrarsi, non ascoltarsi reciprocamente. E se e' vero cio' che io penso, che il culmine della civilta' di un popolo e' quando egli sia capace di sostituire alla lotta armata, ai colpi di mano, alle mischie dei fronti in battaglia, la "noncollaborazione" decisa, netta, eroica, che preme proprio per la forza della sua compattezza e risolutezza e convinzione, unita ad una censura che ha il carattere severo e affettuoso della madre che disapprova, i C. O. S. sono i punti di raccolta di questo spirito, le fortezze della nonviolenza e le catacombe, luoghi di formazione di una solidarieta' antitirannica". I C.O.S. si collocarono ed esistettero grazie al fatto che i C. L. N. erano vivi, perche' le amministrazioni comunali desideravano essere vicine alla gente e non c'erano ancora i consigli comunali. Inoltre i partiti non avevano ancora molto potere e non erano ben conosciuti. C'era il "desiderio di parlare insieme, di vedersi in faccia, dopo le separazioni portate dal fascismo, desiderio che era anche nei capi". Capitini era profondamente convinto della partecipazione effettiva e non saltuaria di tutti i cittadini alla vita politica e temeva quello che poi avvenne, la sclerosi dei partiti, il loro distacco dai cittadini, il loro confondersi col potere, l'incapacita' di suscitare e di gestire il "controllo dal basso". Ben presto, infatti, i partiti politici e gli amministratori si resero conto della pericolosita' di queste assemblee che volevano essere "totali", e della pericolosita' del confronto con queste e quindi ne minarono e boicottarono sempre di piu' l'esistenza fino ad ottenerne la scomparsa. Il C. O. S. piu' longevo duro' circa quattro anni. Secondo me il senso di questa esperienza andrebbe ripreso, dobbiamo riuscire ad avere lo spirito di "scoprirci collettivita'" e di cercare di dare, in comunita', la soluzione ai problemi attuali. La nascita dei Social Forum dovrebbe darci quindi l'opportunita' di riproporre esperienze del genere. Cio' sara' possibile pero' solo se questi "luoghi" diventeranno vere "assemblee totali", realmente aperte a tutti e se si riuscira' a trattare anche argomenti di carattere locale e apparentemente minori. "Luoghi" dove i partecipanti siano fortemente persuasi della necessita' di una trasformazione sociale dal basso e nonviolenta. Grandi obiettivi, quindi, senza mai dimenticarne uno piu' piccolo e potenzialmente realizzabile: la nostra necessaria apertura al dialogo e al confronto con la societa' civile tutta; per non rischiare di finire stretti e rinchiusi nella nostra "gabbia dorata". 6. MAESTRI. TONINO BELLO PRESENTA "PAX CHRISTI" [Questa intervista (del 14 maggio 1987, ripresa da Tonino Bello, Le mie notti insonni, edito dalle Paoline) compare nel sito di Pax Christi. Per contatti: Pax Christi Italia, segreteria nazionale, ia Petronelli 6, 70052 Bisceglie (BA), tel. 0803953507, fax: 0803953450, e-mail: info at paxchristi.it, siti: www.paxchristi.it, e anche: www.peacelink.it/users/paxchristi/. Pax Christi pubblica anche l'ottimo mensile "Mosaico di pace" diretto da Alessandro Zanotelli, una delle migliori riviste per la nonviolenza. Tonino Bello, "don Tonino" come affettuosamente lo chiamavano tutti, nato ad Alessano nel 1935, vescovo di Molfetta, presidente nazionale di Pax Christi, è scomparso nel 1993. Costantemente impegnato dalla parte degli ultimi, promotore di iniziative di solidarietà con gli immigrati, costruttore di pace tra i piu' grandi. Segnaliamo, tra le molte sue pubblicazioni, I sentieri di Isaia, La Meridiana, Molfetta 1989; Il vangelo del coraggio, San Paolo, Cinisello Balsamo 1996] - Don Tonino, per quale motivo lei consiglierebbe Pax Christi come luogo in cui vivere e approfondire l'esperienza cristiana? - Perche' mi sembra un Movimento di cerniera tra i grandi problemi teorici, come quello della pace, della giustizia, dei diritti umani, della qualita' della vita... e le concrete comunita' ecclesiali: parrocchie, gruppi, associazioni. Pax Christi si prefigge infatti, come compito essenziale, quello di sollecitare l'attenzione della Chiesa (dei pastori ma anche della gente) sulla questione della pace, e far diventare questo problema non accessorio alle tematiche pastorali, ma fondamentale per esse. Perche' la pace non e' un merletto che si aggiunge all'impegno della Chiesa, bensi' il filo che intesse l'intero ordito della sua pastorale. - Ma puo' bastare l'impegno nei riguardi della pace, per far sperimentare l'interezza dell'annuncio evangelico? - La pace non e' una delle mille "cose" che la Chiesa evangelizza. Non e' uno scampolo del suo vasto assortimento. Non e' un pezzo, tra i tanti, del suo repertorio. Ma e' l'unico suo annuncio. E' il solo brano che essa e' abilitata a interpretare. Quando parla di pace, percio', il suo messaggio e' gia' esauriente. Se e' vero, come dice san Paolo, che "Cristo e' la nostra pace" (Ef 2,14), non c'e' da temere che la Chiesa parzializzi l'annuncio evangelico, o trascuri altri aspetti dottrinali, o decurti l'ampiezza della rivelazione, parlando solo di pace. Anzi, per usare un'immagine, tutte le altre verita' della Scrittura non sono che i colori dell'arcobaleno in cui si scompone l'unico raggio di sole: la pace. - Quali sono i principali obiettivi che Pax Christi si pone in questo tempo? - Aiutare tutta la Chiesa a vivere lo shalom biblico, considerando l'annuncio della pace come il principio architettonico della sua prassi pastorale. Sollecitare, quindi, l'approfondimento teologico e riscoprire la spiritualita' della pace, da una parte. Fare aprire gli occhi alla gente sulle tristissime situazioni di "non pace", dall'altra. La violazione dei diritti umani, il problema della fame che investe popoli interi, la corsa alle armi e il commercio clandestino di esse, la militarizzazione crescente del territorio, la logica di guerra sottesa a molte cosiddette "scelte di civilta'", gli scudi stellari, certe visioni economiche che deprimono la qualita' della vita... sono forme di peccato che rallentano l'avvento del regno di Dio. Non possono, percio', considerarsi temi estranei alla predicazione del Vangelo. - Che ruolo vuole avere Pax Christi nell'odierna Chiesa italiana? - Un ruolo di stimolo, perche' le comunita' ecclesiali divengano piu' profetiche in tema di pace. Oggi sul coraggio prevale spesso la prudenza. Sulla chiarezza, la neutralita'. Sul chiamare per nome le cose, il linguaggio sfumato. Non e' che ci sia spreco di parresia! C'e' una icona bellissima negli Atti degli Apostoli che dice che cosa e' la parresia: "Pietro levatosi in piedi, con gli altri undici, parlo' a voce alta" (2,14). "Levatosi in piedi" indica la fermezza; "con gli altri undici" indica la comunione ecclesiale; "parlo' ad alta voce" esprime la chiarezza. Un altro ruolo che Pax Christi vuole esprimere e' quello di esplicitare e mettere in circolo lo straordinario magistero (destinato diversamente a rimanere sepolto sotto valanghe di altri messaggi) che la Chiesa sta producendo in tema di pace. E' urgente portare sino alla periferia tutto cio' su cui, non solo il Papa, ma a volte anche i vescovi di piccole diocesi si pronunciano, affinche' questo nutrimento dottrinale venga metabolizzato dal tessuto ecclesiale. - Quale rapporto c'e' tra Pax Christi e gli altri gruppi del laicato "organizzato"? - Se e' vero che Pax Christi si caratterizza per l'attenzione riguardante la spiritualita', la teologia, l'educazione alla pace, e' chiaro che il suo compito e' quello di animare gli altri gruppi laddove c'e' da portare questo valore alle immediatezze concrete, sul versante cioe' della prassi. Non e' quindi un rapporto di buon vicinato soltanto, quasi che Pax Christi fosse una struttura collaterale che cerca alleanze nelle altre strutture per portare avanti il discorso della pace. Non vuole aggiungersi di fianco, ma suscitare dal di dentro. - Con quale risultato di coinvolgimento? - Lo stile di Pax Christi all'interno dei gruppi ecclesiali non e' tanto quello di creare comportamenti unitari in ordine a certe scelte concrete, ma quello di essere segno profetico che indichi, in modo forte e talvolta paradossale, il valore che sta al di la' del segno stesso. I segni profetici non sono segni partitici. Questi esigono consenso, quelli creano coscienza. Le varie obiezioni, ad esempio, al servizio militare o alle spese militari, essendo scelte che sono sotto il segno della profezia, non pretendono l'univocita' della prassi. Chi le pratica, pero', diviene testimone di pace, anche se scomodo. - Qual e' la maggiore forza di Pax Christi? - La confidenza nel Signore. Una sottolineatura forte che si va facendo strada nel nostro Movimento e' quella della preghiera. La pace, infatti, e' un dono di Dio che si deve chiedere incessantemente nella implorazione. La pace non e' frutto solo delle cancellerie o di particolari abilita' diplomatiche: e' essenzialmente un "made in Cielo". Solo quando si e' molto pregato, vale la spesa pagare pedaggi personali molto costosi. Diversamente anche i sacrifici piu' generosi sono sprecati. - E la maggiore debolezza? - L'organizzazione, che di proposito intendiamo mantenere fragile. Pax Christi vuole essere movimento anche nella poverta' intrinseca che tale termine sottolinea... Abbiamo poche strutture, senza tessere e senza organigrammi complicati. - Ma il non avere tessere non e' forse un modo per non misurarsi con le cifre? - Tutti i censimenti sono un po' sospetti perche', volere o no, alimentano le superbie corporative. A noi non importa sapere quante sono le nostre forze. Quando un Movimento comincia a strutturarsi in forme molto articolate, tende poi ad autoconservarsi. Noi siamo convinti che, finche' Pax Christi si manterra' nella leggerezza organizzativa, sara' anche piu' incisiva la sua azione. Chi, invece della fionda di Davide, preferisce la corazza di Saul... deve perdere molto tempo a lucidarla. - Quali sono le principali urgenze del mondo cattolico d'oggi? - Quelle che si riferiscono alla qualita' della vita, da una parte. E qui c'e' tutto il discorso sui "sistemi di significato" da riproporre al mondo, mai come oggi cosi' assetato di "senso". La saldatura, dall'altra. Mi spiego: noi, credenti in Cristo morto e risuscitato, non siamo riusciti mai a comporre pienamente la Parola di Dio e il vissuto concreto, la testimonianza personale e la progettualita' sociale, l'impegno locale e i mutamenti planetari, la carita' spicciola e la solidarieta' politica. Se non saldiamo queste cesure, ogni nostro impegno sara' sempre affetto da un forte tasso di riduzionismo o antropologico o teologico. E il mondo non volgera' mai lo sguardo a "Colui che e' stato trafitto" (Gv 19,37). - Quali persone e quali letture hanno determinato cio' che lei e'? - Sono stato sempre in mezzo alla gente che soffre e ho sentito il travaglio dei poveri che lottano per vivere, anzi per sopravvivere. Sono stati gli anonimi, percio', a trasmettermi il gusto dell'impegno, e il sapore delle cose essenziali. Quanto alle letture, non dico nulla, perche', abituati come siamo a giudicare la bottiglia dall'etichetta, c'e' pericolo che non si assaggi il vino perche' insospettiti dalle indicazioni di marca. Lascio indovinare a voi. Nella speranza di sentirmi dire che tra i libri che mi hanno formato... c'e' il Vangelo. - Quando era piccolo, che cosa avrebbe voluto fare da grande? - Sono entrato molto presto in Seminario, e quindi ho pensato da sempre che, divenuto sacerdote, avrei potuto aiutare la gente a trovare ragioni forti per vivere. Prima ancora, mi sarebbe piaciuto fare il falegname, perche' sono di origini molto umili, tanto che per continuare gli studi ho dovuto contare sull'aiuto sia del parroco che della gente del mio paese. - Quali interessi coltiva, nel tempo libero? - Oggi considero come tempo libero l'andare tra la gente, nelle scuole, nelle assemblee, nelle parrocchie. Questa non e' mai una fatica per me. Anche perche' mi libera dal peso ossessionante del telefono e del campanello di casa che squilla ogni momento. - Che cosa la rende piu' contento, oggi, nel ripensare a tutta la sua esperienza? - Ricevere lettere che mi testimoniano la vicinanza e l'incoraggiamento di persone umili che, avendomi conosciuto in qualche incontro, si sono sentite aiutate dalle mie parole, o che, a loro volta, mi assicurano il loro aiuto attraverso la preghiera. - E di che cosa, invece, si affligge di piu'? - Mi fa soffrire molto l'impossibilita' di giungere a dare una mano a tutti. Ho un'agenda sovraccarica di persone che chiedono una visita, un sostegno, un appuntamento, del denaro, una soluzione ai loro problemi... Si vorrebbe avere occhi e mani per ognuno, ma non si riesce, e questo e' il rammarico piu' grande. - Qual e' la domanda che si pone piu' frequentemente? - C'e' un passo di Isaia che dice: "Sentinella quanto resta della notte?" (Is 21,11). E' l'interrogativo che mi pongo spesso anch'io. Per quanto tempo ancora, cioe', dobbiamo continuare a batterci? In questa lotta contro le forze perverse che opprimono l'uomo, c'e' un traguardo che si avvicina, o siamo destinati a giocare interminabili tempi supplementari che si aggiungono l'uno all'altro senza fine? Ci sara' un fischio finale che chiudera' la partita? Gli orizzonti della Terra Promessa tarderanno ancora a delinearsi? E noi li varcheremo? O ci tocca indicarli soltanto, come accadde a Mose'? - Lei si sente un leader? - No, se per leader si intende protagonista o capo carismatico. Tutti, pero', dobbiamo divenire punto di riferimento per i viandanti che camminano con noi. Se infatti, come cristiani, siamo chiamati a metterci alla sequela di Cristo, sul passo degli ultimi, ne viene di conseguenza che, per coloro che sulla strada ci stanno dietro, ognuno di noi deve divenire elemento di raccordo con Cristo che cammina piu' avanti. L'uso della parola leader, in questo senso, mi sta bene. - Quali attese e speranze ha riguardo al Sinodo dei vescovi sulla vocazione e la missione dei laici? - Adopero una espressione che puo' sembrare oscura a primo colpo, ma mi sembra efficace e sintetica: mi auguro che dalle riflessioni sinodali esca fuori la figura del laico, come colui che porta la veste battesimale nell'officina e la tuta di lavoro davanti al battistero. - Come descriverebbe se stesso, in trenta parole? - Un buono a nulla. Ma capace di tutto, perche' consapevole che, quanto piu' ci si abbandona a Dio, tanto piu' si riesce a migliorare la gente che ci sta attorno. 7. MAESTRI. NORBERTO BOBBIO: L'ASSEDIO DELLA MAFIA ALLA DEMOCRAZIA [Il testo seguente e' stato inviato da Norberto Bobbio agli organizzatori del meeting contro la mafia svoltosi a Palermo il 3 settembre 1989 (settimo anniversario della strage di via Carini in cui furono trucidati il generale Carlo Alberto dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro, e l'agente Domenico Russo). Lo riprendiamo dall'eccellente rivista palermitana "Segno", che lo pubblica nel fascicolo 107-108, agosto-ottobre 1989 (il titolo è redazionale). E' superfluo ricordare l'importanza della riflessione rischiaratrice e dell'azione pedagogica, dell'impegno intellettuale e civile di Norberto Bobbio per una cultura del diritto, della legalita', della pace, della dignita' umana e della civile convivenza. Norberto Bobbio e' nato a Torino nel 1909, antifascista, filosofo della politica e del diritto, e' autore di opere fondamentali sui temi della democrazia, dei diritti umani, della pace. E' uno dei più prestigiosi intellettuali italiani del Novecento. Opere di Norberto Bobbio: per la biografia (che si intreccia con decisive vicende e cruciali dibattiti della storia italiana di questo secolo) si vedano il volume di scritti autobiografici De Senectute, Einaudi, Torino 1996; e l'Autobiografia, Laterza, Roma-Bari 1997; tra i suoi libri di testimonianze su amici scomparsi (alcune delle figure più alte dell'impegno politico, morale e intellettuale del Novecento) cfr. almeno Maestri e compagni, Italia civile, Italia fedele, tutti presso l'editore Passigli. Per la sua riflessione sulla democrazia cfr. Il futuro della democrazia; Stato, governo e società; Eguaglianza e libertà; tutti presso Einaudi. Sui diritti umani si veda L'età dei diritti, Einaudi. Sulla pace si veda Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino, varie ristampe; Il terzo assente, Sonda, Torino 1989; Una guerra giusta?, Marsilio, Venezia 1991; Elogio della mitezza, Linea d' ombra, Milano 1994. A nostro avviso indispensabile è anche la lettura di Politica e cultura, Einaudi; Profilo ideologico del Novecento, Garzanti, Teoria generale del diritto, Giappichelli. Recentemente e' stato pubblicato il volume-conversazione con Maurizio Viroli, Dialogo intorno alla repubblica, Laterza, Roma-Bari 2001. Opere su Norberto Bobbio: segnaliamo almeno Enrico Lanfranchi, Un filosofo militante, Bollati Boringhieri, Torino 1989; Piero Meaglia, Bobbio e la democrazia: le regole del gioco, ECP; S. Domenico di Fiesole 1994; Tommaso Greco, Norberto Bobbio, Donzelli, Roma 2000] Cari amici, vi scrivo come un cittadino qualunque, uno dei tanti cittadini italiani, che crede nonostante tutto nella democrazia, e crede che, nonostante tutto, l' Italia sia ancora una democrazia e voglia continuare a vivere democraticamente. Vivere democraticamente, che cosa vuol dire? Vuol dire almeno queste tre cose: 1. Il potere deve essere, in tutte le forme del suo esercizio, visibile. Chi detiene un pubblico potere in una democrazia deve esercitarlo in modo che sia controllabile da coloro cui è rivolto. Il potere democratico è responsabile di fronte ai cittadini. Ma può rispondere o può essere chiamato a rispondere soltanto se il pubblico lo può vedere. La democrazia rifugge dal potere che si mette la maschera. Nulla è più contrario alla democrazia che il potere occulto. Nulla è invece più consono alla natura del potere mafioso che l'agire nel segreto e con la maschera sul volto. 2. La caratteristica della democrazia è un insieme di regole che permettono, o dovrebbero permettere, se ben osservate e bene usate, di risolvere i conflitti sociali senza bisogno che si ricorra alla violenza di una parte verso l'altra. In democrazia solo in casi estremi sono ammesse forme di resistenza purché non violente. Il diritto di riunione è garantito purché coloro che si riuniscono non portino armi. Il diritto di associazione è assicurato purché non si tratti di associazioni militari. Il potere della mafia invece si esercita esclusivamente con la violenza. Chiunque abbia letto storie di mafia, e quante ne sono state scritte in questi ultimi anni!, non ha bisogno di altri commenti sulla pratica continua, sistematica, del terrore e della violenza più efferata, di cui si serve il potere mafioso per ottenere i propri scopi. Uccidere un uomo per l' uomo «d'onore» è come stracciare un pezzo di carta che quando non serve più si getta nel cestino dei rifiuti. La vita di ognuno è sempre sospesa ad una decisione imponderabile che parte dall'alto. O uccidere o essere uccisi. L' assassinio come vendetta, come affermazione di dominio irresistibile, o anche semplicemente come avvertimento. 3. La democrazia è o dovrebbe essere la forma di governo e di convivenza civile in cui, attraverso la rappresentanza politica e il voto popolare, si provvede a soddisfare gli interessi comuni e generali della collettività. Tra questi interessi generali due sono preminenti: l'ordine pubblico e la giustizia distributiva degli oneri e dei benefici. La presenza di un forte potere occulto e insieme violento rende impossibile il raggiungimento di questi fini. Dove impera il potere mafioso, la vita di ciascuno di noi non è più sicura e gli interessi generali sono continuamente traditi. L'interesse del gruppo violento e senza scrupoli prevale su quello della pacifica società dei cittadini che si affidano allo Stato, al potere pubblico, per avere ordine e giustizia. Si è detto e si continua a dire: la nostra democrazia è una democrazia dimezzata, incompiuta, imperfetta. Ma se si riflette sul fenomeno della mafia, sulla sua potenza crescente e impunita, dobbiamo usare un'espressione molto più forte: la nostra democrazia è una democrazia assediata, per lo meno in alcune regioni del Mezzogiorno, e prima di tutto, bisogna dirlo senza reticenze, in Sicilia. Assediata da un nemico potente e senza scrupoli, che abbiamo lasciato crescere per cecità, o per ignoranza, o addirittura per convenienza, o per calcoli non si sa se più sbagliati o perversi. L'abbraccio della mafia alla democrazia è un abbraccio mortale. Più del terrorismo. Il terrorista è il nemico dichiarato. Il mafioso è il nemico subdolo che cerca l'alleanza e la protezione dei poteri dello Stato. L'alleanza del terrorista con lo Stato è impossibile, perché lo stesso terrorista la rifiuta. L'alleanza del mafioso con lo Stato non solo è possibile, ma è ricercata. Per anni si è continuato a dire: la mafia non esiste. La mafia è una invenzione dei dietrologi. Coloro che parlano di mafia sono dei calunniatori. Quando non molti anni fa fu ucciso Giuseppe Fava, lo ricordo benissimo, e la cancrena era ormai diventata purulenta, alcuni giornali uscirono con dei titoli (andateli a vedere): La mafia è ovunque, non a Catania, La città non è contaminata dalle cosche, Un delitto senza logica ecc. Adesso non possiamo proprio più dire: non sappiamo. Nell'atto di accusa, dei giudici di Palermo, pubblicato dagli Editori Riuniti nel 1986, si potevano leggere frasi come queste: "Le notizie fornite da ... rivelano anche una realtà occulta davvero paradossale: rivelano cioè l'agghiacciante realtà che accanto all'autorità dello Stato esiste un potere più incisivo e più efficace che è quello della mafia, una mafia che agisce, che si muove, che lucra, che uccide, che perfino giudica e tutto ciò alle spalle dei pubblici poteri". Corrado Stajano avvertiva nella introduzione che si trattava di "un romanzo nero che rattrappisce le ossa e gela il sangue". Pensate quante altre testimonianze di questo romanzo nero sono state pubblicate. A nessuno è più lecito dire "io non sapevo". In documenti ufficiali il potere mafioso vi è addirittura definito come uno Stato nello Stato, anzi come uno Stato ancor più incisivo e più efficace dello Stato. Ma come, vi sono due Stati in Italia? Che cosa ne dicono i rappresentanti di quello che dovrebbe essere l'unico vero Stato? E' inammissibile che ci siano due Stati. Non ci può essere lo Stato visibile e quello invisibile, lo Stato lecito e quello illecito, lo Stato pubblico e lo Stato segreto, lo Stato giudice e lo Stato delinquente, lo Stato della giustizia e quello dell' ingiustizia. Se ci sono tutti e due, è segno che c'è qualcuno che tiene il proprio piede tanto nell'uno quanto nell'altro. Sappiamo ormai benissimo che questo qualcuno c'è. Ma sappiamo ancora troppo poco chi sia e dove sia.Sappiamo ancora troppo poco perché non è facile entrare in un universo dove i rapporti umani normali sono capovolti: dove il disonore viene chiamato onore, la menzogna verità, dove la vendetta sostituisce la giustizia, dove il valore supremo è la pura potenza e l'unico criterio per distinguere ciò che è bene da ciò che è male, è la forza. Ho detto che la nostra democrazia è assediata. E' difficile vincere la battaglia, liberarsi dall'assedio quando il nemico è dentro le mura. Ma non bisogna desistere. Il nemico deve essere snidato, anche se siamo convinti che il successo non è a portata di mano. Sette anni dopo l' assassinio del generale Dalla Chiesa, che cosa è veramente cambiato? Che cosa cambierà nei prossimi mesi? Si sarebbe tentati di dire, nonostante gli sforzi fatti da valorosi e coraggiosi magistrati e uomini della polizia, che le cose sono come prima. La verità è che occorre uno sforzo generale di tutta la nazione, a cominciare dai giovani. Come uno dei tanti cittadini italiani che non si rassegna a vivere in una società senza speranze, desidero esprimere la mia solidarietà a tutte le associazioni e a tutte le persone che hanno promosso la manifestazione, a tutti coloro che per ripetere le parole del vostro manifesto hanno scelto "tra la restaurazione e la libertà". 8. MAESTRI. FRANCO FORTINI: COMUNISMO [Il testo che qui offriamo ancora una volta alla riflessione e' un articolo pubblicato per la prima volta sull'inserto settimanale satirico dell' "Unita'", poi recuperato dall'autore nel libro Extrema ratio, edito da Garzanti nel 1990. E saranno opportune alcune considerazioni su come Fortini lo presenta nel libro. Innanzitutto il libro si apre con una critica ai contesti che banalizzano la forza di verita' delle parole: "quel che credo di dover dire ho difficolta' a scriverlo sui mezzi ordinari di comunicazione, come giornali o settimanali. Perche' l'effetto "contesto" e' sempre piu' forte. Supponendoti circondato da pregiudizi e avversioni, rispondi accrescendo l'aspetto irsuto della sintassi. Col risultato di virare verso il "caso", il bizzarro elemento indolore di un panorama dove c'e' posto per tutti". In particolare nel presentare l'articolo Fortini lo fa precedere da una nota in cui testualmente afferma: "Giornalisti di un supplemento dell'"Unita'" mi avevano chiesto di dire in quaranta righe che cosa intendessi per Comunismo. La domanda mi era parsa indicativa dei tempi: amano volgere in gioco quel che e' troppo doloroso assumere in serieta'. Ma e' giusta richiesta. Fuor dei nemici e degli avversari, nessuno definisce piu' il Comunismo. Le quaranta righe erano una sfida, come una scommessa metrica. Accettai e lavorai per due giorni. Non collaboro all'"Unita'" (...) Ma questa volta mi richiedeva, dal quotidiano, un supplemento umoristico. Mi pareva bene che quel mio pezzo comparisse tra le vignette, mascherato. Mandai ottanta, non quaranta righe. Le trascrivo qui perche' credo che abbiano qualche interesse, dopo quel che si è scritto sull'argomento nella scorsa annata e in questa". Si capisce quindi che anche la nostra estrapolazione muta quel testo, e' altro pubblicarlo in quel libro, altro in quel foglio, altro qui. E preghiamo il lettore che ne tenga conto. Poeta e saggista tra i maggiori del Novecento, Franco Lattes (Fortini è il cognome della madre assunto come nome d'autore) è nato a Firenze nel 1917, antifascista, partecipa all'esperienza della repubblica partigiana in Val d' Ossola. Nel dopoguerra è redattore del "Politecnico" di Vittorini; in seguito ha collaborato a varie riviste, da "Comunità" a "Ragionamenti", da "Officina" ai "Quaderni rossi" ed ai "Quaderni piacentini", ad altre ancora. Ha lavorato nell'industria, nell'editoria, come traduttore e come insegnante. E' stato una delle persone più limpide e più lucide (e per questo più isolate) della sinistra italiana, un uomo di un rigore morale ed intellettuale pressoché leggendario. E' scomparso nel 1994. Opere di Franco Fortini: per l'opera in versi sono fondamentali almeno le raccolte complessive Poesie scelte (1938-1973), Mondadori; Una volta per sempre. Poesie 1938-1973, Einaudi; Versi scelti. 1939-1989, Einaudi; cui si aggiungano l'ultima raccoltina Composita solvantur, Einaudi, e postuma la serie di Poesie inedite, sempre presso Einaudi. Testi narrativi sono Agonia di Natale (poi riedito col titolo Giovanni e le mani), Einaudi; e Sere in Valdossola, Mondadori, poi Marsilio. Tra i volumi di saggi, fondamentali sono: Asia Maggiore, Einaudi; Dieci inverni, Feltrinelli, poi De Donato; Tre testi per film, Edizioni Avanti!; Verifica dei poteri, Il Saggiatore, poi Garzanti, poi Einaudi; L'ospite ingrato, De Donato, poi una nuova edizione assai ampliata col titolo L'ospite ingrato. Primo e secondo, presso Marietti; I cani del Sinai, Einaudi; Ventiquattro voci per un dizionario di lettere, Il Saggiatore; Questioni di frontiera, Einaudi; I poeti del Novecento, Laterza; Insistenze, Garzanti; Saggi italiani. Nuovi saggi italiani, Garzanti (che riprende nel primo volume i Saggi italiani apparsi precedentemente presso De Donato); Extrema ratio, Garzanti; Attraverso Pasolini, Einaudi. Si veda anche l'antologia fortiniana curata da Paolo Jachia, Non solo oggi, Editori Riuniti. Opere su Franco Fortini: in volume cfr. AA. VV., Uomini usciti di pianto in ragione, Manifestolibri, Roma 1996; Alfonso Beradinelli, Fortini, La Nuova Italia, Firenze 1974; Romano Luperini, La lotta mentale, Editori Riuniti, Roma 1986; Remo Pagnanelli, Fortini, Transeuropa, Jesi 1988. Su Fortini hanno scritto molti protagonisti della cultura e dell'impegno civile; fondamentali sono i saggi fortiniani di Pier Vincenzo Mengaldo] "Termine con cui si designano dottrine che propugnano e descrivono una società basata su forme comunitarie di produzione ovvero di produzione e consumo, in alternativa a società basate su forme di proprietà privata ovvero di distribuzione e di consumo diseguali. Possesso comune della terra e dei mezzi di produzione, lavoro per tutti, regolazione pianificatrice dei bisogni e delle funzioni (...) parte integrante di tali dottrine è l' educazione comune, pubblica, di tutti gli individui" (Enciclopedia Garzanti). Il combattimento per il comunismo è già il comunismo. E' la possibilità (quindi scelta e rischio, in nome di valori non dimostrabili) che il maggior numero di esseri umani - e, in prospettiva, la loro totalità - pervenga a vivere in una contraddizione diversa da quella oggi dominante. Unico progresso, ma reale, è e sarà il raggiungimento di un luogo più alto, visibile e veggente, dove sia possibile promuovere i poteri e la qualità di ogni singola esistenza. Riconoscere e promuovere la lotta delle classi è condizione perché ogni singola vittoria tenda ad estinguere la forma presente di quello scontro e apra altro fronte, di altra lotta, rifiutando ogni favola di progresso lineare e senza conflitti. Meno consapevole di sé quanto più lacerante e reale, il conflitto è fra classi di individui dotati di diseguali gradi e facoltà di gestione della propria vita. Oppressori e sfruttatori (in Occidente, quasi tutti; differenziati solo dal grado di potere che ne deriviamo) con la non-libertà di altri uomini si pagano l'illusione di poter scegliere e regolare la propria individuale esistenza. Quel che sta oltre la frontiera di tale loro 'libertà' non lo vivono essi come positivo confine della condizione umana, come limite da riconoscere e usare, ma come un nero Nulla divoratore. Per dimenticarlo o per rimuoverlo gli sacrificano quote sempre maggiori di libertà, cioè di vita, altrui; e, indirettamente, di quella propria. Oppressi e sfruttati (e tutti, in qualche misura, lo siamo; differenziati solo dal grado di impotenza che ne deriviamo) vivono inguaribilità e miseria di una vita incontrollabile, dissolta ora nella precarietà e nella paura della morte ora nella insensatezza e non-libertà della produzione e dei consumi. Né gli oppressi e sfruttati sono migliori, fintanto che ingannano se stessi con la speranza di trasformarsi, a loro volta, in oppressori e sfruttatori di altri uomini. Migliori cominciano ad esserlo invece da quando assumono la via della lotta per il comunismo; che comporta durezza e odio per tutto quel che, dentro e fuori degli individui, si oppone alla gestione sovraindividuale delle esistenze; ma anche flessibilità e amore per tutto quel che la promuove e la fa fiorire. Il comunismo in cammino (un altro non esiste) è dunque un percorso che passa anche attraverso errori e violenze, tanto più avvertiti come intollerabili quanto più chiara si faccia la consapevolezza di che cosa gli altri siano, di che cosa noi si sia e di quanta parte di noi costituisca anche gli altri; e viceversa. Il comunismo in cammino comporta che uomini siano usati come mezzi per un fine che nulla garantisce invece che, come oggi avviene, per un fine che non è mai la loro vita. Usati, ma sempre meno, come mezzi per un fine, un fine che sempre più dovrà coincidere con loro stessi. Ma chi dalla lotta sia costretto ad usare altri uomini come mezzi (e anche chi accetti volontariamente di venir usato così) mai potrà concedersi buona coscienza o scarico di responsabilità sulle spalle della necessità o della storia. Chi quella lotta accetta si fa dunque, e nel medesimo tempo, amico e nemico degli uomini. Non solo amico di quelli in cui si riconosce e ai quali, come a se stesso, indirizza la propria azione; e non solo nemico di quanti riconosce, di quel fine, nemici. Ma anche nemico, sebbene in altro modo e misura, anche dei propri fratelli e compagni e di se stesso; perché non darà requie né a sé medesimo né a loro, per strappare essi e se stesso agli inganni della dimenticanza, delle apparenze e del sempreuguale. Dovrà evitare l'errore di credere in un perfezionamento illimitato; ossia che l'uomo possa uscire dai propri limiti biologici e temporali. Questo errore, con le più varie manipolazioni, ha già prodotto, e può produrre, dei sottouomini o dei sovrauomini; egualmente negatori degli uomini in cui ci riconosciamo. Ereditato dall'Illuminismo e dallo scientismo, depositato dalla cultura faustiana della borghesia vittoriosa dell'Ottocento, quell' errore ottimistico fu presente anche in Marx e in Lenin e oggi trionfa nella maschera tecnocratica del capitale. Quando si parla di un al di là dell' uomo, è dunque necessario intendere un al di là dell'uomo presente, non un al di là della specie. Comunismo è rifiutare anche ogni sorta di mutanti per preservare la capacità di riconoscersi nei passati e nei venturi. Il comunismo in cammino adempie l'unità tendenziale tanto di eguaglianza, fraternità e condivisione quanto quella di sapere scientifico e di sapienza etico-religiosa. La gestione individuale, di gruppo e internazionale, dell' esistenza (con i suoi insuperabili nessi di libertà e necessità, di certezza e rischio) implica la conoscenza delle frontiere della specie umana e quindi della sua infermità radicale (anche nel senso leopardiano). Quella umana è una specie che si definisce dalla capacità (o dalla speranza) di conoscere e dirigere se stessa e di avere pietà di sé. In essa, identificarsi con le miriadi scomparse e con quelle non ancora nate è un atto di rivolgimento amoroso verso i vicini e i prossimi; ed è allegoria e figura di coloro che saranno. Il comunismo è il processo materiale che vuol rendere sensibile e intellettuale la materialità delle cose dette spirituali. Fino al punto di sapere leggere nel libro del nostro medesimo corpo tutto quel che gli uomini fecero e furono sotto la sovranità del tempo; e interpretarvi le tracce del passaggio della specie umana sopra una terra che non lascerà traccia. 9. INIZIATIVE. PREMIO DI LAUREA "ALDO CAPITINI" [Dall'Associazione nazionale Amici di Aldo Capitini (e-mail: capitini at tiscalinet.it) riceviamo e diffondiamo] L'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini e la Provincia di Perugia istituiscono un Premio di laurea "Aldo Capitini". Art. 1. La Provincia di Perugia e l'"Associazione Amici di Aldo Capitini" bandiscono un concorso per due tesi di laurea riguardanti il pensiero e l'opera di Aldo Capitini (o un aspetto di essi). Art. 2. Possono partecipare al concorso tutti gli studenti delle Facolta' di Lettere e Filosofia, Scienze della Formazione e Scienze Politiche delle Universita' della Repubblica che abbiano conseguito la laurea entro l'anno accademico 1999/2000, e 2000/2001. Art. 3. Per partecipare al concorso, gli interessati dovranno far pervenire alla "Associazione Amici di Aldo Capitini" la tesi di laurea in cinque copie insieme al certificato di laurea. Art. 4. Il plico contenente le copie della tesi di laurea ed il certificato richiesto dovra' essere inviato alla "Associazione Amici di Aldo Capitini", c/o Libreria "L'Altra", via Ulisse Rocchi 3, 06100 Perugia, entro e non oltre il 30 aprile 2002. Della data di spedizione fara' fede il timbro postale. Art. 5. L'ammontare dei premi e' fissato in lire 3.000.000 (tre milioni) per ciascuna delle due tesi che, a giudizio insindacabile della Commissione, di cui al successivo art. 6, saranno scelte tra quelle pervenute. La Commissione si riserva il diritto di non attribuire i premi qualora i lavori non siano giudicati meritevoli. Art. 6. I componenti la Commissione sono: Antonino Drago, Ornella Pompeo Faracovi, Mario Martini, Pietro Polito, Nanni Salio. Art. 7. I premi verranno assegnati nel corso di una manifestazione per ricordare la scomparsa di Aldo Capitini (19 ottobre 2002). Art. 8. La provincia di Perugia e l'"Associazione Amici di Aldo Capitini" si riservano il diritto di pubblicare, in tutto o in parte, gli elaborati, d'intesa con gli autori, senza ulteriore compenso. Perugia, 15 settembre 2001 Il Presidente dell'"Associazione Amici di Aldo Capitini", Lanfranco Mencaroni Il Presidente della Provincia di Perugia, Giulio Cozzari 10. SITI. L'OSSERVATORIO EUROPEO SULLA LEGALITA' "GIOVANNI FALCONE" DI MONOPOLI [Volentieri diffondiamo questa notizia diffusa da Pierfelice Zazzera (per contatti: pieffezeta at tin.it). Abbiamo visitato ed apprezzato il sito] E' attivo il sito dell'osservatorio europeo sulla legalita' "Giovanni Falcone" di Monopoli: www.osservatoriomonopoli.it 11. LETTURE. ERNESTO BALDUCCI: L'ALTRO Ernesto Balducci, L'Altro, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (FI) 1996, pp. 110, lire 20.000. La Fondazione Ernesto Balducci ha raccolto e curato la pubblicazione di questo ciclo di conferenze tenute dall'indimenticabile padre Balducci a Roma dal novembre 1991 al febbraio 1992, fino a poche settimane prima della sua scomparsa. Una lettura utilissima. 12. LETTURE. JEREMY RIFKIN: IL SECOLO BIOTECH Jeremy Rifkin, Il secolo biotech, Baldini & Castoldi, Milano 1998, 2000, pp. 384, lire 16.000. Il noto studioso americano riflette sulle biotecnologie e denuncia gli enormi pericoli per l'umanita' e per l'ambiente naturale. 13. LETTURE. MUHAMMAD YUNUS: IL BANCHIERE DEI POVERI Muhammad Yunus, Il banchiere dei poveri, Feltrinelli, Milano 1998, 1999, pp. 272, lire 35.000 (ma forse c'e' anche una successiva edizione economica). Il fondatore della Grameen Bank descrive l'esperienza della "banca dei poveri" che pratica il microcredito senza garanzie e che ha consentito a centinaia di migliaia di persone di uscire dalla fame e di liberarsi dall'usura. 14. RILETTURE. FRANCO FORNARI: PSICANALISI DELLA SITUAZIONE ATOMICA Franco Fornari, Psicanalisi della situazione atomica, Rizzoli, Milano 1970, pp. 344. Uno dei capolavori del grande psichiatra e psicoanalista che ha dedicato uno straordinario impegno alla costruzione di una cultura della pace. 15. RILETTURE. EUGENIO GARIN: CON GRAMSCI Eugenio Garin, Con Gramsci, Editori Riuniti, Roma 1997, pp. 176, lire 18.000. Le fondamentali ricerche gramsciane di uno dei nostri pensatori e storici del pensiero piu' grandi. 16. RILETTURE. VIRGINIA VACCA (A CURA DI): VITE E DETTI DI SANTI MUSULMANI Virginia Vacca (a cura di), Vite e detti di santi musulmani, Utet, Torino 1968, Tea, Milano 1988, pp. 416, lire 12.000. Una raccolta di biografie e di testimonianze di grande valore. Che raccomandiamo vivamente. 17. DA TRADURRE. CHRISTIAN MELLON ET JACQUES SEMELIN: LA NON-VIOLENCE Christian Mellon et Jacques Semelin, La non-violence, PUF, Paris 1994. Una introduzione alla nonviolenza pubblicata da due degli studiosi e militanti nonviolenti francesi piu' prestigiosi nell'ottima collana divulgativa "Que sais-je?". 18. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA VERONICA VACCARO A MORDECHAI VANUNU * VERONICA VACCARO Profilo: impegnata per la pace e la nonviolenza, persona di squisita sensibilita' umana. * GUIDO VALABREGA Profilo: illustre storico, docente universitario di storia dei paesi afroasiatici, autore di fondamentali testi sulla situazione mediorientale, persona di forte impegno civile. Nato a Torino nel 1931, diresse il "Centro di documentazione ebraica" di Milano, dove fu anche segretario della Casa della Cultura; impegnato per i diritti del popolo palestinese e nella solidarietà con i popoli oppressi; è scomparso l'11 febbraio 2000. Opere di Guido Valabrega: La rivoluzione araba, 1967; Il Medio Oriente dal primo dopoguerra ad oggi, 1973; Ebrei, fascismo, sionismo, 1974; Medio Oriente: aspetti e problemi, 1980; Ebrei e sionismo, 1986; Palestina e Israele, 1999. * PAUL VALERY Profilo: scrittore francese (1871-1945), di straordinaria finezza. * MANARA VALGIMIGLI Profilo: illustre grecista, maestro di liberta'. * CESAR VALLEJO Profilo: poeta peruviano (1892-1938) di forte impegno politico, tra i piu' grandi del Novecento. * MAO VALPIANA Profilo: direttore editoriale di "Azione nonviolenta", instancabile animatore di iniziative di pace. Per contatti: "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 045/8009803, fax 045/8009212; e-mail: azionenonviolenta at sis.it * TIZIANA VALPIANA Profilo: nata a Brescia nel 1951, operatrice sociale, parlamentare, componente della commissione affari sociali e della commissione per l'infanzia della Camera dei Deputati, particolarmente impegnata nella promozione della pace e dei diritti. * TEUN VAN DIJK Profilo: insegna all'Università di Amsterdam, ed è uno dei più importanti studiosi impegnati contro il razzismo. Ha scritto di lui Laura Balbo, presentando il libro sotto citato: "Io ritengo che questi tre punti costituiscano il filo conduttore del pensiero di Teun van Dijk: 1. Siamo collocati dentro una società razzista (nel senso che assumiamo con piena consapevolezza il fatto che ci sono, nella nostra società, componenti e meccanismi che riflettono e generano razzismo). 2. Più che ricercare le "cause", la scelta è di analizzare e mettere in evidenza le molteplici modalità di riproduzione del razzismo. 3. E ciò che ci si propone è di fare resistenza: di impedire, interferire con, in qualche modo bloccare i meccanismi, appunto, della riproduzione del razzismo". Opere di Teun van Dijk: cfr. almeno Il discorso razzista, Rubbettino, Soveria Mannelli 1994. * SOFIA VANNI ROVIGHI Profilo: nata nel 1908 e deceduta nel 1990, filosofa e storica della filosofia, fu a lungo docente alla Cattolica di Milano, autrice negli anni trenta di importanti contributi su Husserl e Hartmann, tra le figure più vive della filosofia neoscolastica, vicina alla fenomenologia ed autrice di importanti lavori sulla teoria della conoscenza. Opere di Sofia Vanni Rovighi: segnaliamo particolarmente i tre volumi degli Elementi di filosofia, La Scuola, Brescia; sul piano del lavoro storiografico, critico e didattico cfr. inoltre Introduzione a Tommaso d'Aquino, Laterza, Bari; Introduzione a Anselmo d'Aosta, Laterza, Bari; Storia della filosofia moderna, La Scuola, Brescia; segnaliamo inoltre la cura dell'antologia scolastica di Galileo Galilei, Antologia, La scuola, Brescia. * MORDECHAI VANUNU Profilo: tecnico nucleare israeliano, denunciò l'attività segreta finalizzata alla produzione nucleare militare del suo paese. Fu rapito in Italia dai servizi segreti israeliani nel 1986, nel 1988 è stato condannato a 18 anni di detenzione per aver violato il segreto militare sul programma nucleare. E' detenuto presso Ashkelon Prison, PO Box 17, Ashkelon, Israele. 19. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 20. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ; per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ; angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 272 del 29 ottobre 2001
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