[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
La nonviolenza e' in cammino. 259
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 259
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 16 Oct 2001 03:30:56 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 259 del 16 ottobre 2001 Sommario di questo numero: 1. Alessandro Marescotti, Peacelink per i volontari antiguerra 2. Peppe Sini, sette tesi dopo la marcia Perugia-Assisi 3. Giulio Vitorangeli, un gesto di dolcezza 4. Maria Teresa Gavazza, guerre e pace 5. Davide Melodia, corresponsabili della guerra 6. Un comunicato del Comitato scienziate e scienziati contro la guerra 7. Giancarlo Zizola, governo globale e democrazia 8. Chiara Zamboni, il conflitto nascosto 9. Mario Di Marco, resoconto della conferenza dell'11 ottobre a Viterbo 10. A giorni la presentazione della proposta di legge per la formazione delle forze dell'ordine alla nonviolenza 11. Alcune prossime iniziative di pace nel viterbese 12. Per studiare la globalizzazione: da Maria Luisa Spaziani a Corrado Stajano 13. La "Carta" del Movimento Nonviolento 14. Per saperne di piu' 1. STRUMENTI. ALESSANDRO MARESCOTTI: PEACELINK PER I VOLONTARI ANTIGUERRA [Alessandro Marescotti e' il presidente di Peacelink (per contatti: e-mail: a.marescotti at peacelink.it; sito: www.peacelink.it)] Cosa fare contro la guerra dopo la marcia Perugia-Assisi? Come PeaceLink abbiamo deciso di organizzare il database http://db.peacelink.it/volontari in cui raccogliere tutti i pacifisti telematico decisi a mobilitarsi con i mezzi della nonviolenza e dell'intelligenza telematica, ossia dell'intelligenza collettiva in rete. Ai volontari presenti arriveranno periodicamente delle e-mail come questa con proposte, materiali, idee e tutto cio' che e' presente in rete allo scopo di lavorare per la pace. Ti chiediamo di cliccare su http://www.peacelink.it/webgate/pcknews/msg01227.html dove c'e' il kit antiguerra: scaricalo, leggilo e diffondilo, se ti sembra interessante. All'indirizzo http://www.peacelink.it/dossier/guerra c'e' poi il dossier sulla guerra, anch'esso scritto pe un'ampia diffusione e per essere stampato. Invitiamo tutti a mobilitarsi quotidianamente perche' la grande mobilitazione della Perugia-Assisi continui nei nostri luoghi di vita quotidiana. 2. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: SETTE TESI DOPO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI La marcia Perugia-Assisi del 14 ottobre 2001 e' stata la piu' grande epifania della pace, la piu' grande manifestazione contro la guerra, il terrore e l'uccidere che si sia data nel mondo in questi tragici mesi dopo l'orrore dell'11 settembre e gli orrori a quell'orrore seguiti ed in corso. 1. Si illudevano taluni che della marcia di Aldo Capitini si potesse fare un uso improprio, si potesse farne bottino e mercimonio. Invece essa e' stata, ancora una volta, il luogo visibile e veggente dell'impegno per la pace il piu' nitido ed intransigente, la nonviolenza in cammino. 2. Lo sanno quelli che quei ventiquattro chilometri sono ormai anni o decenni che se li camminano davvero: si puo' entrare nella marcia con mille riserve mentali, imbevuti di radicati pregiudizi e diffidenze reciproche. Ma la marcia ti chiama e ti scioglie il cuore indurito. Ed anche chi vi entra con duplice intento ne esce con animo perturbato e commosso. Anche e forse soprattutto questo e' la marcia della pace: un cammino interiore di meditazione e di riconoscimento di umanita'. 3. Continueranno, coloro che hanno voluto la guerra e dieci e due anni fa ed oggi ancora, a mentire a se stessi e ai mass-media, continueranno. E come loro, insieme a loro, continueranno, coloro che riproducono nel loro agire autoritarismo, militarismo e maschilismo fascista (sono esempi di modi di pensare e di agire fascisti le gesta e le parole di molti leaderini - anche in tuta e in tonaca - del movimento cosiddetto "antiglobalizzazione"), continueranno, si', ad adorare in pubblico o in privato la violenza (i piu' ipocriti: la violenza "levatrice"), e la menzogna, come sola forma di comunicazione che conoscono, riconoscono e ammirano e venerano; continueranno. Ma la loro menzogna, la loro violenza, cadono smascherate a fronte della nonviolenza e della nonmenzogna: e la marcia, ancora una volta, e' stata la marcia di migliaia, forse di centinaia di migliaia di donne e di uomini di volonta' buona che non si riconoscono nei maneggi e nelle doppiezze dei sepolcri imbiancati. 4. La marcia per la pace e' stata la prima grande risposta dell'umanita' alle stragi terroriste. Alle stragi terroriste commesse da gruppi della criminalita' organizzata, ed a quelle commesse da eserciti statali. Essa ripudia tutte le stragi, tutte le guerre, tutte le uccisioni. Essa rivendica la comune umanita' di tutti gli esseri umani. 5. La marcia della pace e' la nonviolenza in cammino. E dunque: la marcia e' solo cominciata; l'opposizione alla guerra e al terrore, all'ingiustizia globale, questa opposizione e' oggi piu' limpida e piu' forte. 6. E dunque al lavoro. Agiamo per fermare la guerra, per difendere il diritto internazionale e la legalita' costituzionale, per salvare le vite umane delle persone bersaglio dei bombardamenti in corso. Ed agiamo con la nonviolenza, con la scelta della nonviolenza, la limpidezza della nonviolenza, la forza della nonviolenza. Subito, adesso, occorre imporre a chi governa e rappresenta il nostro paese di recedere dal crimine commesso con la deliberazione parlamentare che aderendo alla guerra ha violato la Costituzione ed ha collocato fuori della legge governo, parlamento e capo dello Stato. L'Italia torni alla legalita', e si adoperi per la pace, subito. 7. Per ottenere questo, con la scelta della nonviolenza, per la pace e la legalita', proponiamo di preparare ed organizzare: l'azione diretta nonviolenta; la disobbedienza civile; lo sciopero generale. 3. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: UN GESTO DI DOLCEZZA [Giulio Vittorangeli e' impegnato da sempre nella solidarieta' internazionale. Per contatti: giulio.vittorangeli at tin.it] Viviamo giornate occupate, inevitabilmente, dalla guerra. Il pensiero della guerra si e' insinuato nella nostra quotidianita': una brioche calda, le telefonate agli amici, un momento di pausa in ufficio, il caffe' a meta' mattina, il rumore del traffico, i ricordi di quando si era bambini, la voglia di pensare a cosa si fara' la prossima estate, il rumore del mare, sentire che fuori piove, pestare la neve, annusare di nuovo la primavera, sentirsi capiti, amare una persona, innamorarsi di qualcosa, comprarsi dei fiori, un libro di poesie... tutto questo e' filtrato dallo sguardo oggettivante e raggelante della guerra in Afghanistan, e percepiamo un sentimento misto di preoccupazione, paura, impotenza. Come non temere infatti la totale imprevedibilita' del futuro, di una guerra che si caratterizza sempre piu' senza un fine (al di la' di una generica "lotta al terrorismo"), e percio' senza fine. Ma la paura "ragionevole" sembra proibita e convertita in altro: la paura "censurata", combinata con l'impotenza (come fermare la guerra) e la mancanza di mezzi, possibilita', per aiutare concretamente le vittime innocenti. Viene meno (per noi che siamo da questa parte del mondo, la piu' benestante) anche la vecchia separazione tra politica e privato: fino ad una settimana fa o si parlava di politica, economia, o si parlava delle vite singole. Oggi tutto si tiene, ma cambia la percezione dell'avventura vita, le scansioni temporali della vita corporea, ad iniziare dai suoi appuntamenti cruciali con la nascita e la morte, particolarmente segnate per le donne. E' la differenza che passa tra due ordini simbolici: l'ordine dei padri segnato dal dominio, dalla proprieta' privata, dalla violenza; e l'ordine delle madri segnato dalla cura, dall'attenzione alle relazioni, dalla disponibilita' collettiva delle risorse, dal rispetto per la natura. Una donna ha una testa che pensa e un utero in cui si forma la vita: e' suo privilegio e sua condanna. Nessuna bambina/bambino sta sospesa da nessuna parte; tutti sono ancorati alla placenta, protetti dall'utero nella carne di una donna vivente. Chi non ha sentito, almeno una volta, il gesto di dolcezza, il tocco lieve, sottile filo invisibile che dice "semplicemente sono tua madre, il mio sangue ti scorre nelle vene, ti ho portato dentro di me per nove mesi". Si possono misurare sul metro dell'esperienza interiore gli avvenimenti piu' tremendi della storia? E saggiare su di essi le logiche dell'interiorita'? In genere le riflessioni sulla storia e la vita interna sono separate, quando non si negano. Chi ne e' cosciente, cammina sui due livelli senza ignorare la dicotomia. Ma piu' frequente e' la separazione, lo sfocare uno dei due livelli, calando una zona d'ombra alternativamente o sul mondo esterno o su di se'. Pero', c'e' un punto, un limite, fatto dentro di se' e nei rapporti con gli altri, che detta d'improvviso (nelle ore in cui una tragedia mondiale, come quella attuale, ci attraversa) un "no, questo e adesso e' intollerabile", che non somiglia ad altri rifiuti. L'inumano della guerra e' una dimensione universale, che coinvolge tutti, davanti alla quale non possiamo chinare il capo, restare ripiegati e intorpiditi su noi stessi. Dobbiamo rifiutare tutto l'armamentario del fondamentalismo, del nazionalismo e del militarismo; ricercare e riproporre le grandi domande sull'ingiustizia che attraversa il mondo, per tornare a dare senso alle relazione tra donne e uomini, tra popoli, come modo di resistere ad un potere globalizzato, anonimo, poco visibile e pervasivo (paragonabile, in questo, alla mafia), che mette tutto sul mercato, sfruttandone ogni miseria. 4. INIZIATIVE. MARIA TERESA GAVAZZA: GUERRE E PACE [Maria Teresa Gavazza, insegnante e storica, e' impegnata nell'associazione "Comunicando"; per contatti: via Marconi 13, 15044 Quargnento (AL), tel. 0131219638, fax 0131219555, e-mail: teregav at tin.it] Il programma delle attivita' organizzate dall'associazione culturale "Comunicando" e' caratterizzato dal desiderio di comprendere il presente senza trascurare la memoria storica, intesa come impegno civile nella societa' contemporanea. La prima iniziativa si e' svolta all'insegna di questa aspirazione ideale. Mercoledi 10 ottobre nel salone della Pro Loco di Quargnento la conferenza sull'analisi delle guerre nel "secolo breve" ha posto molti interrogativi. La toccante testimonianza di Ennio Odino, partigiano sopravvissuto fortunosamente alla strage della Benedicta (aprile 1944), ha messo in luce l'impossibilita' di procedere a parallelismi superficiali tra le vicende della seconda guerra mondiale e il primo conflitto del nuovo secolo. Nonostante tutto pero' le vicende umane, la carne e il sangue delle vittime, sono gli stessi ieri ed oggi. Il monito dell'anziano testimone, se pur inascoltato, e' stato quindi: "Mai piu' guerre". Di tono diverso, distaccato e scientifico, l'intervento del prof. Carlo degli Abbati, profondo conoscitore della storia afghana ed esperto della Comunita' europea per il Medio Oriente. Con l'ausilio di alcuni video in lingua francese ha delineato la complessa questione del terrorismo secondo tre percorsi, densi di inquietanti interrogativi. Il primo e' relativo al mondo degli affari nell'era della globalizzazione: l'impossibilita', per la mancanza di regole internazionali, di separare il flusso di denaro legale da quello illegale. Il terrorismo possiede ingenti capitali, frutto di attivita' criminali, intrecciati con pericolose connivenze al margine della legalita'. La geopolitica della finanza appare come una cartina del villaggio globale coperta di pericolose macchie, (paradisi fiscali, riciclaggio di denaro sporco, etc.), dove i "potenti della terra" non vogliono o non possono intervenire. Il secondo attiene alle vie del petrolio: nella zona del Mar Caspio si concentra il 70% del petrolio mondiale. Dalle cartine si vede chiaramente che gli oleodotti dovrebbero passare proprio nei territori dove oggi c'e' una zona di guerra. Chi ha interesse a mettere le mani sull'oro nero? Il terzo problema, che ne comprende molti altri, e' la complessita' del mondo islamico: le varie anime dell'Islam, le forze moderate e fondamentaliste, le truppe americane in armi sul terreno sacro della Mecca in Arabia Saudita citate anche nel proclama di Bin Laden, le masse di diseredati conquistate dal fanatismo religioso oggetto di particolare attenzione da parte dei terroristi. Ed ancora l'origine dei Talebani, prodotto mostruoso della guerra americana contro i sovietici. E non ultima la questione palestinese. L'amara conclusione dell'analista e' che la strategia antiamericana dei terroristi, il loro odio fanatico contro gli USA, erano gia' a conoscenza degli studiosi fin dalla guerra del Golfo, ma le orecchie dei politici non erano pronte ad ascoltare. Come mai non venne aiutato il "Leone del Panshir" che piu' volte chiese aiuto nella sua nobile lotta contro i Talebani? Gli amici di ieri si trasformano in nemici e le alleanze di oggi sono molto volatili ed insicure. Mai come ora la politica, intesa come ricerca del bene comune, dovrebbe riprendere la parola, anche attraverso la partecipazione della societa' civile. Non dimentichiamo le parola della grande studiosa Hannah Arendt: "Dove la violenza regna assoluta, come per esempio nei campi di concentramento dei regimi totalitari, non soltanto le leggi - les lois se taisent, secondo la formula della rivoluzione francese - ma ogni cosa e ogni uomo sono condannati al silenzio. E' a causa di questo silenzio che la violenza e' un fenomeno marginale nel campo politico; perche' l'uomo, nella misura in cui e' un animale politico, e' dotato della parola. Le due famose definizioni dell'uomo in Aristotele, che l'uomo e' un animale politico e che e' dotato di parola, si integrano a vicenda ed entrambe si riferiscono alla stessa esperienza nella vita della polis greca. Qui il fatto e' che la violenza in se stessa e' incapace di linguaggio e non soltanto che il linguaggio e' impotente di fronte alla violenza" (Hannah Arendt, Sulla rivoluzione, Edizioni di Comunita', 1983, 1996, p.12). L'uso della violenza espropria la politica negando il linguaggio, ovvero la capacita' di dialogo e di mediazione, quindi di fatto riducendo la liberta'. La via della pace e' faticosa ed impervia. Oggi piu' che mai la vecchia Europa dovrebbe quindi fare appello alla propria cultura ed ai valori di civilta' ereditati nei secoli diventando un vero soggetto politico. La marcia Perugia- Assisi e' l'appuntamento per chi nonostante tutto crede alla parole di Norberto Bobbio: "il problema della pace e' un problema di fondo: la pace e' il bene assoluto, condizione necessaria per l'attuazione di tutti gli altri valori". 5. RIFLESSIONE. DAVIDE MELODIA: CORRESPONSABILI DELLA GUERRA [Davide Melodia e' una delle voci piu' vive e piu' note dell'impegno nonviolento. Per contatti: melody at libero.it] La guerra come vindice di torti, veri o presunti, poiche' ottiene effetti deleteri su esseri umani, animali, strutture e ambiente, da una parte e dell'altra del fronte - oggi non c'e' piu' neppure il fronte, ma una divisione mentale, ideologica, etnica o religiosa - essa stessa e' un crimine su larga scala. Colui che la sollecita, la difende, la giustifica, e' corresponsabile di tale immenso crimine orrendo, che oggi, piu' di ieri, coinvolge civili, e provoca enormi ondate di profughi, che e' impossibile o quasi salvare dalla fame, dal freddo, dagli stenti, dalla morte. La civilta' moderna, che vanta la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, e' ancora lungi dall'attuare veri ed efficaci interventi umanitari, tali da interrompere i conflitti cruenti, dal salvaguardare creature e creato, dall'inverare la pace, dall'assecondare l'intermediazione e la ricostruzione fisica e morale di vincitori e vinti, laddove le pulsioni di guerra hanno avuto il sopravvento sulle pulsioni di pace. Se una parte consistente dei componenti dei Paesi rappresentati presso le Nazioni Unite prendessero in considerazione i principi e la prassi della nonviolenza, che offre una terza via tra la violenza e la rassegnazione, i suddetti interventi umanitari garantirebbero risultati positivi. Credo che i movimenti socio-politici che si fondano sulla nonviolenza dovrebbero operare in stretto raccordo con i rappresentanti di tali Paesi, per metterli in grado di portare nel consesso mondiale i principi e le metodiche su cui essa si fonda. 6. RIFLESSIONE. UN COMUNICATO DEL COMITATO SCIENZIATE E SCIENZIATI CONTRO LA GUERRA [Da Franco Marenco (per contatti: franco.marenco at casaccia.enea.it) riceviamo e diffondiamo questo comunicato del Comitato scienziate e scienziati contro la guerra (sito: www.scienzaepace.it)] Il Comitato Scienziate e scienziati contro la guerra rivolge un monito a tutti i cittadini italiani, ma in primo luogo ai membri del Senato e della Camera dei Deputati, cui - secondo la nostra Costituzione - compete ogni decisione in tema di pace e di guerra. L'esperienza storica e le nostre competenze scientifiche ci consentono di affermare che: a) gli interventi militari, anche se limitati nel tempo e nello spazio, comportano gravi danni per l'uomo e l'ambiente. Cio' e' valso per i bombardamenti sulla Jugoslavia, causa di gravissimi inquinamenti e di successive letali malattie (linfomi, leucemie, ecc.), e questo vale gia' per le popolazioni afghane, spinte dal terrore dei bombardamenti a cercare scampo in una fuga disperata, con conseguenze sanitarie e psicologiche certamente gravi anche se non ancora quantificabili; b) ogni intervento militare comporta il rischio di allargamento del conflitto in modo imprevedibile. E' la lezione che si ricava dall'analisi delle due guerre mondiali, della guerra del Vietnam, ma anche dalla piu' circoscritta guerra del 1999 della Nato contro la Jugoslavia, che ha provocato ulteriori scontri e violenze nella vicina Macedonia e in Serbia del sud. Quali donne e uomini di scienza noi affermiamo percio' che alla paziente e lucida pianificazione dell'orribile attentato dell'11 settembre 2001 ( che ha saputo scegliere con inesorabile e spaventosa efficacia, tempi, modalita' ed obiettivi della sua azione) si deve rispondere non con i tanks, i Cruise o armando una fazione contro l'altra, ma con una altrettanto paziente e lucida capacita' investigativa. Esprimiamo altresi' il nostro monito a politici e mezzi di informazione, affinche' allarghino la loro analisi alle ragioni che spingono troppi esseri umani nel mondo a scegliere la strada della violenza per tentare di risolvere problemi di natura politica ed economica, che la Comunita' internazionale- attraverso l'Assemblea generale dell'ONU- avrebbe il dovere di comporre in modo giusto e pacifico. 7. RIFLESSIONE. GIANCARLO ZIZOLA: GOVERNO GLOBALE E DEMOCRAZIA [Giancarlo Zizola e' un prestigioso giornalista e saggista. Per contatti: giancarlozizola at libero.it] Il dibattito sulla globalizzazione ha subito un rapido cambiamento dopo l'attacco terroristico alle Torri dell'11 settembre. Qualunque possa essere il fondamento della asserita inevitabilita' della risposta armata degli Stati Uniti e dei loro alleati, come unica via per estirpare il terrorismo, resta il fatto che questa decisione ha una influenza orientatrice sugli assetti del sistema globale del mondo. Gli Stati Uniti quale potenza egemone avevano due vie per inquadrare la loro risposta in un disegno politico complessivo: 1) coinvolgere in una qualche forma di cooperazione internazionale strutturata altre importanti potenze regionali,come ad esempio la Cina e il Giappone, in modo da fondare un solido processo decisionale politico su scala mondiale che fosse compatibile con la insostituibile leadership mondiale dell'America ma tendesse ad intensificare il primato dell'ideale democratico sotto l'egida dell'ONU e pertanto a redistribuire in modo piu' equo i benefici della ricchezza come alternativa all'anarchia, al terrorismo e al conflitto; 2) oppure, rafforzare la gerarchia del potere nei rapporti mondiali, scontando un aumento dei conflitti internazionali,un contenimento del libero mercato e persino una limitazione del sistema democratico, proprio quando ci si preparava a decretarne il trionfo a dieci anni dal crollo del sistema sovietico. Parrebbe difficile avanzare dei dubbi sul fatto che e' la seconda strada che e' stata imboccata. E' prevedibile che la lunga guerra al terrorismo comporti per un certo tempo il dispiegamento di un sistema politico che anteponga la priorita' della sicurezza al perseguimento della giustizia sociale mondiale e dunque al primato dell'ideale democratico. Questa opzione e' destinata a modificare, anche a lungo termine, la prospettiva della globalizzazione, deludendo quanti speravano che essa potesse presupporre il modello democratico e corrispondergli. * Il dibattito sulla globalizzazione aveva gia' contribuito a evidenziare le tendenze liberoscambiste a usare il superamento delle frontiere per un egoismo senza frontiere. La critica del popolo di Seattle e del Genoa Social Forum al G8 aveva messo a fuoco una innegabile funzione oligarchica del nuovo ordine mondiale, fondato sul binomio "democrazia e capitalismo". Nel regime di guerra globale che si e' imposto, si deve temere che questa direzione di marcia verra' accelerata, aggravando la struttura centralista e disegualitaria insita nel processo di globalizzazione. Verrebbero cosi' innalzate nell'ordine/disordine internazionale frontiere e muraglie piu' alte di quelle appena dissoltesi alla fine del Novecento. E' facile osservare che mai nella sua storia l'umanita' e' stata simultaneamente cosi' interdipendente e omogenea, in virtu' dell'economia di mercato, del commercio e delle tecnologie informatiche, e altrettanto divisa nella ripartizione delle risorse. Ma sono queste divisioni crescenti che impediscono l'espansione del sistema democratico. La deriva terroristica ha carattere successivo. Vi e' chi ha espresso dei timori per una tirannide che potrebbe incombere sull'Occidente dall'esterno e che sarebbe favorita dal pacifismo. E' sorprendente che uno storico come il professor Giorgio Rumi, che ha manifestato tali preoccupazioni sul giornale cattolico "Avvenire" (14 ottobre),non abbia tenuto abbastanza presente la previsione formulata da Alexis de Tocqueville nel 1835 sui probabili esiti dispotici della democrazia americana, ridotta "a non essere altro che una mandria di animali timidi e industriosi della quale il governo e' il pastore",ad una "servitu' regolata e tranquilla, nella quale il cittadino esce un momento dalla dipendenza per eleggere il padrone e subito dopo vi rientra". Che il pericolo di una tirannide sia interno e per cosi' dire immanente al sistema della democrazia capitalistica e' stato successivamente dimostrato sia da Hannah Arendt che dalla Scuola di Francoforte. La devastante azione terroristica contro il WTC e il Pentagono sembra aver dato un'accelerazione violenta alle spinte involutive organiche al sistema democratico americano. Il presidente Bush ha chiesto e ottenuto i pieni poteri e ha annunciato misure restrittive della liberta' dei cittadini e la sospensione dei diritti dell'informazione. * La prima guerra del XXI secolo e' una guerra invisibile, nascosta, intrasmissibile.I greci avevano inventato la parola "oscena" per indicare qualcosa che era cosi' malvagia da non poter entrare nella scena della tragedia. Nessuno degli statuti sperimentati per il giornalismo in guerra - censura, manipolazione, trasparenza - e' stato considerato questa volta applicabile. Di qui l'evidenza che la guerra come strumento principe del governo del mondo postdemocratico non puo' tollerare il controllo democratico da parte dell'informazione, ed e' incompatibile con la democrazia. Se l'ideale democratico viene detronizzato, nella culla della democrazia dell'informazione, a vantaggio della preponderanza economica e militare della potenza americana sul pianeta globale, anche l'informazione deve cedere il proprio rango e i propri diritti. La preoccupazione per le sorti dell'ordinamento liberale erano presenti gia' da alcuni anni prima del crollo delle Torri Gemelle nel dibattito in America. Ad un colloquio internazionale a Castelgandolfo nel 1998, presente Giovanni Paolo II, l'ex consigliere per la sicurezza nazionale dell'amministrazione Carter, Zbigniew Brzezinski, aveva richiamato l'attenzione sul rischio che, dopo il successo del modello democratico raggiunto con il crollo del Muro, potesse sopravvenire un "relativismo agnostico" e una "anarchia intellettuale mondiale" prodotta da un soggettivismo oltranzista, di cui i media sarebbero i veicoli e insieme le fonti. Egli aveva denunciato lo sviluppo di una stagnazione psicointellettuale determinata, nella societa' americana, dall'intrattenimento passivo unito ad una cultura di massa tutta concentrata sull'interesse individuale proprio. E aveva chiamato in causa per questo la realta' virtuale offerta dalla televisione. Egli aveva previsto che gli Stati Uniti come unica potenza mondiale potessero mantenere a stento la priorita' del sistema democratico nel fronteggiare i problemi del potere politico, le problematiche della poverta', il controllo della proliferazione nucleare, il terrorismo internazionale e i conflitti etici sulla centralita' della persona umana drammatizzati dai crescenti successi scientifici nella trasformazione dell'essere umano, nel controllo e nel miglioramento del suo corpo e nel potenziamento della sua intelligenza. Le preoccupazioni del politologo americano furono raccolte da Giovanni Paolo II. In un discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali il 27 aprile 2001 egli manifestava il timore che la globalizzazione induca un'ondata distruttiva rispetto alle norme sociali e alle culture, a causa del "carattere intrusivo e persino invasivo della logica del mercato che riduce sempre piu' lo spazio disponibile alla comunita' umana per le attivita' pubbliche e volontarie a tutti i livelli". E' stupefacente che un testo di tale importanza non abbia ottenuto il rilievo che si meritava nemmeno dai media cattolici. Sul piano delle culture, il papa metteva in guardia dal rischio che la globalizzazione si traduca in una nuova versione del colonialismo, fino a imporre a tutti i valori e i criteri di ragionamento etico propri del sistema economico dominante. Egli si augurava che "il vincitore di questo processo sia l'umanita' nel suo insieme e non solo una elite di ricchi che controlla la scienza, la tecnologia, la comunicazione e le risorse del pianeta, a detrimento della grande maggioranza dei suoi abitanti". Il papa metteva l'accento sulla necessita' di salvaguardare e sviluppare le differenze, che costituiscono le chiavi interpretative della vita e la chiave di volta dell'umanita' futura. All'evidenza, non e' questa la pista imboccata dall'Impero per fronteggiare un'emergenza della quale l'Occidente non puo' dirsi totalmente innocente. Un esame di coscienza potrebbe servire meglio di qualsiasi autodifesa, per non parlare dell'apologia grossolana sulla pretesa superiorita' dell'Occidente. La globalizzazione e' un processo che si carica dei modelli valoriali coi quali viene governata o imposta, a seconda dei casi, ed e' su questo fronte etico politico che una superiorita' civile potrebbe misurarsi. * Uno degli strumenti coi quali la globalizzazione viene governata e' l'informazione. Ma vediamo bene che, se da una parte restringe lo spazio geografico, dall'altra parte essa e' piu' che mai condizionata dalle grandi concentrazioni imperiali dei media su scala globale ed e' esposta al pericolo di servire a spron battuto un modello unico di civilizzazione, quello prodotto dall'Occidente e basato sul culto dell'oro. Il corollario e' l'uniformita' dei comportamenti culturali, che mette a repentaglio la resistenza delle differenze culturali e spirituali dell'umanita'. Una seria analisi delle radici del terrorismo non potrebbe prescindere da questo fenomeno. Senza salvaguardia delle differenze, il sistema democratico finirebbe per sfociare nel conformismo e diventare la copertura formale di una tirannide materiale. E' palese che la globalizzazione si configura ormai come un confronto planetario in cui un quarto della popolazione mondiale non ha ancora mai fatto una chiamata telefonica e la questione della diseguale distribuzione dei beni tecnologici e delle infrastrutture si somma ad un paradigma tendenzialmente neocoloniale riprodotto dall'Occidente su larga scala. Questo schema e' forgiato da formulazioni non di rado estremiste delle dottrine economiche utilitaristiche e sotto l'influenza del neoliberismo, fino al "capitalismo ubriaco" criticato dall'attuale pontefice. La conseguenza evidente e' che la somma di tre rivoluzioni simultanee - la rivoluzione economica globale, la rivoluzione informatica e mediale, la rivoluzione genetica - e' profondamente condizionata da logiche finanziarie fuori controllo che postulano delle rinunce democratiche, dei modelli di dipendenza e un antiumanesimo tali da suscitare nel "Monde diplomatique" l'interrogativo: e' l'uomo in via di scomparsa? * Credo che ci sia bisogno di interrogarsi non solo sull'economia e sulla politica, ma anche sui valori che contribuiscono alla nostra concezione del mondo globale,senza lasciarsi sopraffare da un misto di ottimismo testardo e di pessimismo dissennato. Mi sembra che sia il caso di soffermarsi sulle segnalazioni fatte dal cardinale Ratzinger in un discorso a Berlino il 28 novembre 2000. Egli identificava nell'attuale situazione antropologica dell'Occidente le caratteristiche di un "secondo illuminismo" che si e' lasciato alle spalle tanto la "religione naturale" di Spinoza quanto l'ideologia marxista della speranza. Al suo posto, e' stata intronizzata una meta razionale del futuro, che porta il titolo di nuovo ordine mondiale e che ora deve divenire a sua volta la norma etica essenziale. E' proprio l'Europa che assume questo progetto, il quale postula la separazione dell'ordine razionale da ogni tradizione etica e la proiezione dello sforzo sociale unicamente sulla razionalita' tecnica, coi suoi criteri di funzionalita' all'obiettivo supremo del profitto economico. Ma non diverra' un ordine mondiale con tali premesse, si e' chiesto il Cardinale, una utopia dell'orrore? Ancora una volta, per bocca di un cardinale, l'Occidente era invitato ad andare a caccia della causa del male al proprio interno. E non e' con le bombe sui villaggi afghani che lo si trova e lo si risana. Mettere le mani su Bin Laden e non mettere mano all'ingiustizia del mondo significherebbe usare la giusta lotta al terrorismo come alibi per non adottare le misure politiche e le rinunce necessarie all'Occidente al fine di sradicare le cause profonde della violenza del mondo. Anzi, significherebbe aggravarle. 8. RIFLESSIONE. CHIARA ZAMBONI: IL CONFLITTO NASCOSTO [Chiara Zamboni e' docente di filosofia del linguaggio e partecipa alla comunità filosofica femminile di "Diotima". Questo intervento abbiamo ripreso dal quotidiano "Il manifesto" del 15 ottobre] Eppure il vero conflitto non e' tra i terroristi islamici e l'occidente capitalistico, come ci stanno facendo credere. Cosi' come a Genova il vero conflitto non e' stato tra le forze di polizia e i black bloc, "Orazi e Curiazi" che l'editoriale di settembre di "Linus" invitava ad andare a giocare da un'altra parte. Il conflitto tra violenza e violenza e' un conflitto dove una parte fa da specchio all'altra. La violenza degli uni contro gli altri rinforza le singole identita', e ognuno rovescia specularmente sull'altro le categorie di amico e nemico, di bene e male, di morte e sacrificio. La complementarita' delle posizioni si vede nel disprezzo per tutti gli altri. Questo non e' il vero conflitto, anche se ha portato e portera' morti e distruzione: e' troppo interno alla stessa logica e al medesimo dispositivo per essere letto in questo modo. Il vero e piu' profondo conflitto in corso e' un altro: meno visibile, piu' schermato, opaco ai media, raccontabile con difficolta' perche' non incarnato in figure maschili aggressive e gerarchizzate, senza rappresentanti e portavoce ufficiali. Ma e' un conflitto piu' radicato, che l'11 settembre ha reso palese, spartendo in modo netto chi sta da una parte e chi dall'altra. Dove si gioca questo conflitto? Si gioca tra chi in qualsiasi maniera da' forza e valore al dispositivo di violenza e di morte in un gioco al massacro - terroristi o governi che siano - e chi segue un agire simbolico, che svela i meccanismi in atto di potere e contropotere, facendo maturare attorno ai diversi saperi materiali dell'esistenza legami politici nuovi. Che questo sia il vero conflitto in corso mi viene confermato dal fatto che i governi - quello italiano in particolare - stanno cercando di distruggere l'immagine di cio' che di positivo c'e' e c'e' stato nei movimenti di appoggio al terzo mondo, di associazionismo libero, di comunita' cristiane attive, di reti di informazione e orientamento politico, che hanno avuto un momento di visibilita' politica in Italia con l'incontro di Genova, ma che erano vive dapprima e lo sono oggi, impegnate in un processo di ripensamento della loro posizione politica. Essendo impegnata nella politica delle donne da molti anni, conosco bene l'importanza di questo conflitto, e conosco altresi' la difficolta' di un politica fondata su relazioni, della quale e' difficile restituire la dirompenza a chi considera la scena pubblica e gli scenari di guerra come l'unica realta', dietro la quale ci sarebbe il nulla. Si tratta di una politica che attraversa costantemente il confine tra pubblico e privato, sapendo che la scena pubblica e' una finzione, potente e pericolosa quanto si vuole, ma teatralmente solo una rappresentazione, perche' oggi sta tagliando il vincolo con la vita materiale. Per questo guardo con molta attenzione a tutte le associazioni che a loro volta in questo momento scompigliano i limiti tra pubblico e privato a loro modo, scegliendo nuove forme politiche. E' questo che i governi temono, perche' si apre la valorizzazione di un fare politica che non passa piu' per i rappresentanti dei partiti, e dunque non e' piu' controllabile. Non e' un caso che pochi giorni fa l'attuale ministro della sanita' italiano, incontrando alcune persone che operano nel volontariato, abbia detto che il loro errore starebbe nell'essersi politicizzate. Questo infatti e' un genere di politica che ai governi sfugge di mano e percio' appare davvero pericolosa, molto piu' di un avversario tradizionale, che per quanto sia nemico resta simile e comprensibile. Certo, la politica delle donne non e' identica a quella delle associazioni. Cio' che la differenzia e' il puntare non tanto su di una rete di rapporti indifferenziati e orizzontali, quanto sulla relazione creativa a due, nella quale agisce una dinamica del desiderio che crea effetti di rete. E tuttavia in questo momento lo scambio con chi e' impegnato a pensare il mondo globalmente e trasformarlo a partire da forme politiche nuove senza rappresentanza mi sembra per noi donne essenziale. Perche' ci accomuna l'essere costrette e costretti dallo stesso conflitto e da una ricerca di dimensioni inedite del fare politica, legate a quello che stiamo vivendo e alla lettura attenta di quello che avviene. Maria Zambrano ne La tomba di Antigone descrive una Antigone che non solo prende le distanze da Creonte, rappresentante della legge e del potere, ma anche da Polinice, il fratello morto per un'utopia al quale lei da' sepoltura, ma che implicitamente giudica preso dal medesimo gioco di potere e contropotere. Antigone accoglie gli eventi e li porta al loro significato, patendo cio' che questo implica, perche' ha conosciuto gli attraversamenti di confini, l'esilio come denudamento dalle identita', la "pesantezza di essere" che le donne, meno prese degli uomini dalla scena pubblica, sanno vivere. Antigone lo fa in un profondo legame con Ismene, la sorella diversa da lei. La sua figura fa venire in mente i legami tra donne trasversali di confini, di identita' e di stati, che in questi anni abbiamo saputo accumulare come una ricchezza. Ho adoperato questa immagine per porre delle domande. Sono capaci le donne - e io tra loro - di sopportare quel che sta avvenendo di violento e di conflittuale e di portarlo al loro senso? Siamo capaci donne e uomini, di reggere un conflitto dove una parte adopera il registro della violenza e l'altra quello del maturare lentamente legami politici tra il personale e il politico? Sono capaci gli uomini di interrogare se stessi per capire a partire da se' la violenza virile, che altri uomini mettono in campo? Proprio la pericolosita' della situazione internazionale e la militarizzazione degli scontri nelle manifestazioni in Italia portano velocemente e con la costrizione della necessita' a porci queste questioni. A pensare forme inedite di azione. A ripensare dove collocarci, come agire scambio fra noi a partire da posizioni differenti, come accogliere le trasformazioni inevitabili che ne derivano. 9. INCONTRI. MARIO DI MARCO: RESOCONTO DELLA CONFERENZA DELL'11 OTTOBRE A VITERBO [Mario Di Marco e' il responsabile degli obiettori di coscienza della Caritas diocesana di Viterbo. Per contatti: mdmsoft at tin.it] Si e' svolta giovedi 11 ottobre a Viterbo, ad un mese dalle stragi di Washington e New York, la conferenza "Genova New York Kabul Assisi: il mondo sta cambiando" organizzata dalla Caritas diocesana per riflettere e discutere sulle questioni cruciali che stanno interessando l'umanita' in questi ultimi tempi. * Il primo intervento e' stato di Tonino Pari, dell'Associazione Comunita' Papa Giovanni XXIII, attiva direttamente in diverse zone di guerra nel tentativo di favorire la riconciliazione tra le parti. Il suo discorso e' stato incentrato sull'analisi dell'attuale sistema politico-economico globalizzato, che e' alla radice di quanto sta succedendo. Pari ha detto che la globalizzazione non e' un concetto astratto o ideologico, ma e' uno stato di cose che quotidianamente pesa sulle vite di quei poveri che la sua comunita' incontra quotidianamente nel Sud del mondo. La globalizzazione e' il nuovo aspetto di un sistema che, mettendo al supremo posto il profitto, e' di fatto idolatrico: "diciamo che gli aztechi erano una civilta' crudele in quanto basata sul sacrificio di vite umane alla divinita', ma allora cos'e' la civilta' attuale che produce 40 milioni di morti l'anno per fame, malattie e guerre?". Infine ha avvertito che ci sono alcuni trattati internazionali (ad esempio il M.A.I.), per adesso fermati o rallentati dal movimento mondiale per la giustizia globale, che, se alla fine saranno accettati dagli stati, impediranno persino l'approvazione di leggi nazionali in campo sociale (ad esempio sull'handicap o sull'ambiente) che dovessero contrastare con la logica del profitto e del libero mercato. * Particolarmente importante e' stato poi l'intervento della dottoressa Nedjwa Meratla, di nazionalita' algerina e gia' mediatrice culturale presso la Provincia di Viterbo, che, a nome di tutti i musulmani del viterbese, ha fermamente condannato il gesto di Bin Laden ed ha fatto le condoglianze alle vittime americane. Ha poi continuato citando il Corano secondo il quale "uccidere un uomo innocente e' come uccidere l'umanita' intera" ed anche il suicidio e' un peccato. Del resto, ha continuato la dottoressa, "il fondamentalismo islamico ha fatto decine di migliaia di vittime negli stessi paesi in cui si e' sviluppato" e lei, essendo algerina, ne ha avuto un'esperienza diretta. Se qualcuno, vittima dell'ignoranza e del dolore e quindi dell'irragionevolezza, ha sciaguratamente approvato quanto e' accaduto a New York e' solo perche' alcuni paesi, come ad esempio la Palestina e l'Irak, sono da decenni terribilmmente oppressi da una situazione politica nel provocare la quale gli USA hanno un ruolo determinante. * Infine il microfono e' passato al responsabile del "Centro di ricerca per la pace" Peppe Sini, che, come prima cosa, ha chiesto un minuto di silenzio in memoria di tutte le vittime: quelle in America come quelle prodotte dalla guerra in Afghanistan. Sini ha quindi iniziato un ampio intervento in cui, della guerra in corso, ha dimostrato l'illegalita' (la Carta dell'ONU vieta espressamente che uno stato attacchi un altro), l'inefficacia (addirittura e' possibile che si stia facendo il gioco dei mandanti dell'attentato di New York) e la disumanita' (si stanno uccidendo persone innocenti, gia' vittime dell'Unione Sovietica prima e della dittatura dei talebani dopo). Citando uno scrittore tedesco, Heinrich Boell, ha affermato che "ogni vittima ha il volto di Abele" e che ogni persona ha il diritto di vivere, anche se fosse Caino. Qui ndi, partendo da un approfondito commento del brano evangelico dell'adultera e' arrivato a far comprendere come la nonviolenza e' un modo di fermare la morte con la forza della verita' ed oggi e' la via di chi non vuole stare ne' con i terroristi ne' con chi fa la guerra. In concreto, ha proposto tre vie per opporsi alla guerra e favorire la pace: illimpidire moralmente noi stessi per eliminare ogni faziosita' e tentazione alla violenza, pensare a possibili forme di azione diretta nonviolenta e di disobbedienza civile (secondo gli insegnamenti gandhiani), promuovere uno sciopero generale. * Dopo un vivace dibattito con il pubblico, l'incontro si e' concluso con l'invito a partecipare alla marcia Perugia-Assisi, prossima manifestazione di un popolo "lillipuziano" che spera di fermare il gigante prepotente, per amore dell'uomo. 10. INIZIATIVE. A GIORNI LA PRESENTAZIONE DELLA PROPOSTA DI LEGGE PER LA FORMAZIONE DELLE FORZE DELL'ORDINE ALLA NONVIOLENZA La presentazione ufficiale della proposta di legge per la formazione e l'addestramento delle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche e delle strategie della nonviolenza, sottoscritta da vari senatori e deputati di diverse forze politiche, e' prevista entro pochi giorni. Tra i parlamentari che hanno gia' espresso attenzione e adesione ci sono il vicepresidente del Parlamento Europeo Renzo Imbeni, i senatori Achille Occhetto, Natale Ripamonti, Francesco Martone, Anna Donati, Nedo Canetti (a nome del gruppo senatoriale DS), Nando Dalla Chiesa, Chiara Acciarini, Loredana De Petris; i deputati Fulvia Bandoli, Marida Bolognesi, Paolo Cento, Laura Cima, Elettra Deiana, Titti De Simone, Alfiero Grandi, Marcella Lucidi, Giorgio Panattoni, Giuliano Pisapia, Aldo Preda, Carlo Rognoni, Giovanni Russo Spena, Piero Ruzzante, Vincenzo Siniscalchi, Francesco Tolotti, Tiziana Valpiana, Luciano Violante; i parlamentari europei Giuseppe Di Lello, Claudio Fava, Luisa Morgantini, Giovanni Pittella (oltre al gia' citato Renzo Imbeni). In relazione alla presentazione della proposta di legge si terra' a Roma anche una conferenza cui parteciperanno i parlamentari presentatori, illustri personalita' della peace research e della nonviolenza, cattedratici universitari di prestigio internazionale. La bozza della proposta di legge puo' essere richiesta al "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo. 11. ALCUNE PROSSIME INIZIATIVE DI PACE NEL VITERBESE * Martedi 16 ottobre ad Acquapendente (VT), presso la biblioteca comunale, dalle ore 14,30 alle ore 17,00, secondo incontro del corso di educazione alla pace promosso dal Comune e coordinato dal responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo. Per gli studenti delle scuole che hanno aderito la partecipazione vale anche ai fini dell'acquisizione del credito formativo. L'iniziativa e' aperta a tutti. * Mercoledi 17 ottobre a Orte (VT), presso il liceo scientifico, alle ore 14, terza lezione del corso di educazione alla pace promosso, come gia' negli scorsi anni scolastici, dall'istituto ortano. Il corso e' coordinato dal responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo. Per gli studenti la partecipazione vale anche ai fini dell'acquisizione del credito formativo. L'iniziativa e' aperta a tutti. * Giovedi 18 ottobre a Viterbo, presso la sala conferenze della Provincia in via Saffi, alle ore 17,30, convegno sulla pace promosso dal movimento per la giustizia globale. Tra i relatori il responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo che interverra' sul tema "L'alternativa nonviolenta". Ovviamente l'iniziativa e' aperta a tutti. 12. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA MARIA LUISA SPAZIANI A CORRADO STAJANO * MARIA LUISA SPAZIANI Profilo: tra le piu' note poetesse italiane del Novecento. Opere: Poesie 1954-1996, Mondadori, Milano 2000. * GIOVANNA SPENDEL Profilo: insegna lingua e letteratura russa all'Universita' di Torino; ha curato edizioni italiane di Puskin, Turgenev, Dostoevskij, Bulgakov ed altri autori. Opere di Giovanna Spendel: Invito alla lettura di Pasternak (1975); Gli intellettuali sovietici degli anni venti (1979); Prima del gelo (1982); Voci e personaggi dell'Ottocento russo (1987), I silenzi delle albe. Scrittura femminile nell'Ottocento russo (1993); Storia della letteratura russa (1996). * STEVEN SPIELBERG Profilo: regista cinematografico americano Opere di Steven Spielberg: Duel, 1972; Sugarland Express, 1974; Lo squalo, 1975; Incontri ravvicinati del terzo tipo, 1977; 1941: allarme a Hollywood, 1979; I predatori dell'arca perduta, 1980; E. T., 1982; Ai confini della realtà, 1983; Indiana Jones e il tempio maledetto, 1984; Il colore viola, 1986; L'impero del sole, 1987; Always - per sempre, 1988; Indiana Jones e l'ultima crociata, 1989; Hook - capitan Uncino, 1992; Jurassic Park, 1993; Schindler's list, 1994; Amistad, 1997; Salvate il soldato Ryan, 1998. Opere su Steven Spielberg: Franco La Polla, Steven Spielberg, Il Castoro cinema, Milano. * ALTIERO SPINELLI Profilo: nato a Roma nel 1907, antifascista, promotore del federalismo europeo, autore con Enesto Rossi del Manifesto di Ventotene (1941). E' scomparso nel 1986. Opere di Altiero Spinelli: cfr. almeno L'Europa non cade dal cielo; e l'autobiografico Come ho tentato di diventare saggio; Il Mulino, Bologna. * BENJAMIN SPOCK Profilo: celebre pediatra, scomparso nel 1998. E' stato uno scienziato che amava i bambini, un intellettuale impegnato per la pace, i diritti e la dignità umana. * PAOLO SPRIANO Profilo: nato a Torino nel 1925, deceduto a Roma nel 1988; giovanissimo fu comandante partigiano; storico, docente universitario, fondamentali le sue ricerche su Gobetti, su Gramsci e sulla storia del partito comunista italiano. Opere di Paolo Spriano: cfr. almeno Storia di Torino operaia e socialista; L'occupazione delle fabbriche; L'«Ordine Nuovo» e i consigli di fabbrica; Gramsci e Gobetti; Storia del Partito comunista italiano; tutti presso Einaudi. Cfr. anche Le passioni di un decennio. 1946-1956, Garzanti. Ha inoltre curato l'edizione delle opere di Gobetti per Einaudi, e una raccolta di scritti politici gramsciani per gli Editori Riuniti. Opere su Paolo Spriano: cfr. per un avvio il volumetto d'omaggio che raccoglie materiali vari, L'ultima ricerca di Paolo Spriano, L'Unità, Roma 1988. * ELISA SPRINGER Profilo: testimone e studiosa della Shoah. Opere di Elisa Springer: Il silenzio dei vivi, Marsilio, Venezia 1997. * PIERO SRAFFA Profilo: Sraffa (1898-1983), torinese, laurea con Luigi Einaudi, amico di Gramsci (ne salvò i Quaderni), economista a Cambridge, curatore dell' edizione delle opere complete di Ricardo. Opere di Piero Sraffa: ovviamente decisiva è Produzione di merci a mezzo di merci, Einaudi. * CORRADO STAJANO Profilo: nato a Cremona nel 1930, giornalista di forte impegno civile. Opere di Corrado Stajano: Il sovversivo, Africo, Un eroe borghese, Il disordine, La forza della democrazia (con Marco Fini), tutti presso Einaudi; Terremoto (con Giovanni Russo), Garzanti; L'Italia nichilista, Un paese in tribunale (con Giovanna Borgese), presso Mondadori; (a cura di), Mafia. L'atto d' accusa dei giudici di Palermo, Editori Riuniti. 13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 14. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ; per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ; angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 259 del 16 ottobre 2001
- Prev by Date: [AI] Messaggio di Ciampi alla Tavola della Pace
- Next by Date: (AI)Veglia per la pace del 13/10: le parole del vescovo di Assisi
- Previous by thread: [AI] Messaggio di Ciampi alla Tavola della Pace
- Next by thread: (AI)Veglia per la pace del 13/10: le parole del vescovo di Assisi
- Indice: