[AI] - La voce delle donne del Congo - Intervista



Intervista a Mathilde Mwamini, presidente del Coordinamento Donne del Sud-Kivu 
(Repubblica Democratica del Congo)

PERUGIA - 12 ottobre
Mathilde Mwamini, della Repubblica Democratica del Congo,  e' la direttrice
 del Centro Olame e Presidente del Coordinamento delle Donne del Sud-Kivu.  Questa regione a est, in guerra dal '96, e' occupata dall'esercito rwandese, che appoggia un gruppo ribelle fantoccio.
Il coordinamento e' una piattaforma che riunisce svariate associazioni della societa' civile di Bukavu. Il coordinamento lotta per la pace, la democrazia e lo sviluppo del popolo congolese. 
Perche', dice Mathilde, lo sviluppo non si puo' realizzare senza la pace.

Cos'e' la piattaforma delle Donne?
Un insieme di organizzazioni, che comprende la componente femminile della societa' civile. Per esempio le rappresentanti 
delle varie religioni (protestanti, cattolici, kimbamgisti e musulmani), ma anche altri settori, come le associazioni laiche, 
le ong, le funzionarie dello stato, le giuriste e le studentesse. Esiste un ufficio di coordinamento, di cui fanno parte membri di ogni 
associazione che permette la comunicazione con la base.

Quali mezzi utilizzate per la vostra lotta?
La nonviolenza pratica. siamo in un paese che ha soffeto 35 anni di dittatura (Mobutu), che ha fatto maturare una reazione,
un' idea di governo piu' democratico. La societa' civile del Sud-Kivu si e' organizzata 
a partire dalla Conferenza nazionale sovrana ('90-'92), nella quale c'e' stata un'analisi della nostra storia. Anche le donne hanno iniziato a organizzarsi in quell'epoca.
La societa' civile e' subito diventata attiva per denunciare. Abbiamo fatto dei documenti, che abbiamo presentato alle autorita' locali, per denunciare il loro modo di dirigere. Denuciare le violazioni che si commettevano da parte dei militari e dei servizi segreti. 
Noi le donne abbiamo fatto la nostra lobby per chiedere alle autorita' di smettere le violazioni ai nostri danni. Noi portiamo il peso della famiglia, e siamo noi che dobbiamo pagare tasse, pedaggi, subiamo violenze. 
Abbiamo organizzato anche delle giornate, degli incontri di riflessione, delle marce per chiedere la pace, delle conferenze in cui invitiamo le autorita' per dare il nostro punto di vista su come ci governano. Oggi (con l'occupazione straniera, ndr.) e' ancora piu' difficile. La societa' civile si e' guadagnata la fiducia del popolo, ma il governo di Kinshasa non controlla piu' l'est del paese. Qui i governatori che ci sono dipendono dai loro alleati, rwandesi  o ugandesi. E sono gli stranieri che hanno l'ultima parola, sono piu' lontani dalla popolazione congolese. La societa' civile e' rimasta l'unica voce della gente. 
Siamo sempre in lotta ma anche in dialogo con le autorita'. Hanno arrestato molti nostri membri, ma con l'appoggio della societa' civile europea, che fa pressioni, informa l'opinione internazionale, le autorita' locali sono spinte a dialogare e spesso a liberare gli attivisti .

Pensa che con i metodi nonviolenti si possa liberare il Congo dall'occupazione straniera?
Penso che fondamentale e' l'educazione civica e ai diritti. E' quello che stiamo facendo. Educare la popolazione ai diritti umani e a quelli internazionali. Se conosciamo i nostri diritti,  e i trattati ratificati dal paese, riusciremo a realizzare le istituzioni democratiche. Siamo noi congolesi che dobbiamo vivere i valori democratici. Questa forza dall'interno del paese, aiutata dagli amici dell'estero, puo' far cambiare le cose. In ogni modo le armi non aiuteranno nessuno. 
Siamo in guerra da sei anni e non facciamo che andare indietro. Non c'e' un vero governo, c'e' banditismo. Da un lato e' uno stato favorevole: piu' il popolo soffre, piu' e' facile fargli prendere coscienza delle proprie responsabilita'. Cosa fare? Caoire che l'avvenire e' nelle nostre mani. 

Con l'appoggio internazionale?
Si. sono contenta che qui si metta in discussione il sistema delle Nazioni Unite. Sento in questi giorni di discussione che il nostro paese non e' il solo che soffre perche' le risoluzioni firmate non sono mai applicate. A cosa serve ingannare la gente? Fare le risoluzioni senza misure di applicazione e' come dare una caramella a un bambino che ha fame: non risolviamo il suo problema. Sono certe potenze che hanno l'Onu in mano, che quindi non e' libero, non ha i mezzi che occorrono per seguire le risoluzioni. Allora a cosa serve? Poniamoci la domanda tutti insieme. Non funziona, ci sono due pesi e due misure. Da un giorno all'altro il Consiglio di sicurezza si riunisce e prende la decisione e due giorni dopo c'e' l'applicazione. Ma altri paesi possono aspettare. 
E aspettando noi educhiamo la gente alla nonviolenza. Ma non e' facile, perche' e' nel cuore dell'uomo che si trova la pace, ma e' anche nel cuore che comincia l'odio. Non dobbiamo essere sempre pronti a riparare dei vasi rotti. Evitiamo che si rompano.

E' la prima volta che venite all'Assemblea dell'Onu dei Popoli?
Si. Trovo molto interessante che siano le persone che parlano. I governati e non i governanti. Sono stata alla 57sima sessione dei Diritti umani a Ginevra in aprile. Erano i dirigenti che parlavano.
Le associazione e le ong, possono dare un'informazione oggettiva, ma i dirigenti, quando parlano dei loro paesi, non possono accusarsi. Ho visto come le risoluzioni sono prese in quell'assemblea: sono sempre influenzate dalle grandi alleanze internazionali. Non importa il tipo o il peso della risoluzione. Questo rende le risoluzioni ipotetiche, non reali.
Qui siamo liberi, non ci sono degli interessi economici o politici, ma e' la vita della gente che interessa. 

Dove si puo' arrivare con queste Assemblee?
Noi popoli abbiamo il potere, e' questione di prendere coscienza di questa forza. E che siamo cittadini dei paesi e abbiamo qualcosa da dire sulle istituzioni internazionali. Possiamo quindi far pressione sui nostri governi ma anche su queste istituzioni, perche' il nostro punto di vista sia preso in considerazione. Quello che viviamo nel Sud-Kivu come societa' civile, possiamo realizzarlo a livello di popoli, nel mondo. Un'altra cosa importante e' quando la gente puo' incotrarsi e scambiare le idee. Quelli che hanno i media possono giocare sulla visione del mondo, mentre per tutti quelli la cui voce non e' ascoltata, la verita' non e' conosciuta. Se possiamo incontrarci, possiamo capire le realta' degli altri e anche giocare sui media, per un'informazione oggettiva. Perche' quelli che gestiscono il mondo e vogliono mantenere il loro posto, non hanno interesse che tutta la verita' venga fuori. 
(M.B.)