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[AI] Intervista a Monsignor Daniel Adwok,vescovo ausiliare di Khartoum (Sudan) e amministratore apostolico di Kosti.
- Subject: [AI] Intervista a Monsignor Daniel Adwok,vescovo ausiliare di Khartoum (Sudan) e amministratore apostolico di Kosti.
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- Date: Fri, 12 Oct 2001 19:37:38 +0200
Perugia, 12 ottobre. Perché è venuto all’Assemblea dell’Onu dei Popoli? Qui ci sono organizzazioni e associazioni con le quali vorrei comunicare il pensiero delle Conferenza episcopale sudanese, che chiede aiuto per far smettere la guerra in Sudan. Chiediamo alla società civile e ai governi di prendere in considerazione il conflitto che ci affligge da decenni. Qui ho conosciuto molte altre situazioni difficili e ho potuto esprimere la nostra solidarietà a delegati e associazioni. Parlando delle sofferenze della nostra gente ci accorgiamo che siamo tutti alla determinata ricerca di un cambiamento. Soprattutto adesso, dopo i fatti terroristici avvenuti negli Usa, sono necessari cambiamenti politici, dobbiamo avere visioni economiche e politiche nuove: l’Onu deve diventare una organizzazione di popoli, e non di soli governi. L’Onu deve diventare l’organizzazione leader del dialogo, creare una piattaforma di continua consultazione e dibattito per rispondere alle domande di giustizia dei popoli, per riconoscere e trovare soluzioni ai loro problemi. Nella Marcia per la Pace esprimeremo la nostra solidarietà con i popoli che hanno bisogno della pace, come quello sudanese. La pace è fondamentale, soprattutto in questo momento critico: intendiamo perciò esprimere tuta la nostra preoccupazione ai governi e a tutte le istituzioni responsabili. Il terrorismo può essere sconfitto con la nonviolenza? La metodologia nonviolenta non è facile, specialmente in contesti violenti, come quello del terrorismo. Ma la violenza disumanizza ed è comunque un pericolo: finisce col disumanizzare le persone non rispettando i loro valori e la loro dignità. Quindi l’uso di mezzi nonviolenti e pacifici è l’unica alternativa possibile di soluzione dei conflitti che garantisca il valore del volto umano sulla terra. Certo è difficile dire queste cose, soprattutto in momenti come questo. Per esempio, in Afghanistan quando finirà? Quando andrà tutto bene e non ci sarà più paura? Ma è ancora più difficile quando lo stato diventa uno stato-polizia, o uno stato-prigione. L’unica via al cuore dell’umanità è la nonviolenza. Qual è la situazione del Sudan oggi? La guerra che vede un governo arabo-islamico imporre cultura e religione per il controllo delle risorse (petrolio e acqua), e una metà del paese reagire per mantenere la propria identità culturale e religiosa, non accenna a finire. Anzi, la recente scoperta del petrolio ha portato nuove armi, la recrudescenza della guerra a scapito dei negoziati di pace, e l’aumento di interessi anche dei paesi occidentali in Sudan. Così il governo ha pulito la sua faccia dall’accusa di connessione col terrorismo islamico internazionale guadagnando la cancellazione delle sanzioni e nuovi investimenti occidentali, ed evitando il pericolo di essere bombardato dagli Usa. Ma il governo rimane integralista e la sua agenda di “terrorismo” interno non cambia. C’è odio nel paese, perché diritti umani fondamentali sono calpestati e manca la giustizia. E, purtroppo, l’incapacità di vivere una vita dignitosa e veder rispettati i propri diritti, porta al conflitto. I vescovi sudanesi chiedono incessantemente uno stop allo sfruttamento petrolifero finché non ci sia pace, il cessate il fuoco e un accordo politico che rispetti il pluralismo nel paese: il conflitto va risolto in maniera politica. Ma anche i politici italiani, che potrebbero dare un contributo importante al negoziato, pensano solo ai propri interessi troppo vicini a quelli del mondo arabo e, quindi, a quelli del governo sudanese. (G.B.)
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