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[AI] Quale finanza per lo sviluppo umano sostenibile?
- Subject: [AI] Quale finanza per lo sviluppo umano sostenibile?
- From: "AltrInformazione"<uedrino at libero.it>
- Date: Fri, 12 Oct 2001 19:34:47 +0200
Perugia, 12 ottobre. Il debito ecologico e il debito politico – quello che deriva dalle situazioni di ingiustizia imposti alla gente del Terzo Mondo – mostrano davvero chi è il creditore e chi è il debitore, se il Sud è debitore del Nord o viceversa. Questa profonda dimensione etica del debito è fondamentale per ripensare tutta la questione e tradursi in nuove risorse per lo sviluppo. È uno dei criteri proposti nel gruppo di lavoro tematico su “Quale finanza per lo sviluppo umano sostenibile” organizzata il 12 ottobre dalla 4° Assemblea dell’Onu dei Popoli nella Sala del Consiglio Provinciale a Perugia. Il gruppo di lavoro ha sottolineato altre istanze. L’importanza di chiarire il termine “bene comune”, per esempio: si dice infatti che l’acqua è stata declassata da “diritto” a “bene”, ma i beni comuni sono diritti di tutti. E l’eliminazione dei paradisi fiscali come mezzo anche per combattere il terrorismo: tutta la questione delle speculazioni finanziarie è campo aperto di riflessione e la Tobin Tax, in questo contesto, torna ad assumere rilevanza come calmieratore degli investimenti e fonte di risorse da investire nello sviluppo. Fondamentale però nel cammino verso uno sviluppo sostenibile è l’interazione tra paesi che aiutano e paesi che ricevono l’aiuto, per evitare che ci siano sprechi, speculazioni, corruzione, deviazioni di risorse per le armi e le guerre, e non si arrivi così a centrare gli obiettivi. Da una parte è necessaria la good governance, cioè governi dei paesi in via di sviluppo che siano in dialogo con la società civile e rispettino i diritti umani e i normali principi di efficienza e concretezza. Dall’altra il rispetto dei progetti locali, che meglio sanno capire le esigenze ambientali e umane per uno sviluppo davvero sostenibile – invece, troppo spesso, il modello di sviluppo proposto è stato solo quello occidentale. Bisogna ricalibrare il termine sviluppo e, quindi, l’intervento. I paesi che aiutano devono saper aiutare la stessa società civile che, a volte, non ha la forza di far valere la sua voce di fronte al proprio governo. Se è importante la quantità di aiuti necessaria – bisogna arrivare a investire almeno lo 0.7% del nostro Pil di paesi industrializzati -, rimane fondamentale il monitoraggio degli aiuti, perché qualcuno non finisca per approfittarne. Ma manchiamo di strumenti per il monitoraggio, nonostante siamo a conoscenza di abusi, perfino da parte delle grandi agenzie internazionali. Infine si è riconosciuto l’importanza degli investimenti privati anche nei progetti di sviluppo. In questo campo si inserisce l’importanza delle organizzazioni non governative, che devono collaborare con i governi con progetti coordinati. Questo, ovviamente, presuppone riforme strutturali. Si inserisce in questa tematica anche il nuovo progetto Onu per il Finanziamento per lo sviluppo, che propone per la prima volta il coinvolgimento coordinato di potere politico, grandi istituzioni finanziarie mondiali (Fmi, Bm, Wto) assieme a multinazionali e organizzazioni non governative e della società civile. Questo progetto porterà notevoli somme per emergenze sempre più onerose; e vorrebbe proporre un nuovo impegno del potere economico. Ma il problema che andrà affrontato riguarda ancora il tipo di sviluppo: quale modello verrà dalla coabitazione di multinazionali e Onu? (Gino Barsella)
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