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Parliamone con Noam Chomsky
- Subject: Parliamone con Noam Chomsky
- From: "francesco iannuzzelli" <francesco at href.org> (by way of Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>)
- Date: Tue, 16 Oct 2001 12:51:24 +0200
Parliamone con Noam Chomsky da Znet, http://www.zmag.org/chatwithchom.htm Segue la trascrizione dell'apparizione di Noam Chomsky al programma di Will Femia su MSNBC del 2 ottobre. Will Femia: Benvenuto, Professor Chomsky. Domanda di Chip Berlet: Concordo con Lei che un militarismo aggressivo non è la risposta da opporre a questo caos, ma direi che i talebani e l'organizzazione di Osama Bin Laden rappresentano movimenti totalitari, teocratici e fascisti di proporzioni apocalittiche. Questo non è forse un momento in cui la sinistra dovrebbe semplicemente affermare la propria opposizione al terrorismo, e dichiarare che gruppi come i talebani o la rete di Bin Laden non sono movimenti di liberazione, ma organizzazioni reazionarie o fasciste a cui ci opponiamo? Noam Chomsky: Per quanto ne so, la sinistra dice queste cose da vent'anni. Almeno, io lo dico fin da quando questi gruppi sono stati organizzati dalla CIA, dalle intelligence pakistane ed egiziane e da altri alleati degli USA. Sono stati organizzati, reclutati ed armati per combattere una guerra santa contro i russi, e così hanno fatto. Ma hanno anche iniziato subito a commettere atti terroristici. Vent'anni fa assassinarono il presidente egiziano e il loro terrorismo prosegue da allora. I gruppi sono stati organizzati dalla CIA, ma sono stati reclutati dalle fila del fondamentalismo islamico, e hanno seguito un loro programma. Ossia, hanno fatto ciò che voleva la CIA, ma hanno seguito un programma autonomo. Non c'è dubbio che fin dall'inizio si sia trattato di organizzazioni terroristiche e sanguinarie. Non so se la parola "fascista" sia del tutto attinente, in quanto non hanno quel genere di ideologia. Ma sono estremamente pericolosi, e da vent'anni. Questo è abbastanza ovvio. Ed è la posizione, per quanto ne so e ne ricordo, di tutte le persone serie della sinistra. Domanda di Geraldine Fincannon: Gli Stati Uniti sono una nazione disposta a migliorare il destino di tutti gli esseri viventi e a condividere la ricchezza con tutti gli abitanti del nostro paese e del mondo. Non è forse questo il nodo contenzioso tra il nostro paese e i fondamentalisti musulmani che mandano dei terroristi a compiere gesti orribili nel nostro paese? N.C.: I soldi non c'entrano. I fondamentalisti hanno detto chiaramente quello che vogliono. Lo stesso Bin Laden ha rilasciato parecchie interviste a giornalisti occidentali, molte delle quali sono state trasmesse la scorsa settimana. Due lunghe interviste sono apparse sulla BBC. È da venti anni che dicono cose tra di loro coerenti, e coerenti con le loro azioni, quindi vanno presi sul serio. Dicono che i loro bersagli principali sono i regimi corrotti e brutali del Medioriente, che dal loro punto di vista non seguono l'Islam nel modo giusto, e vogliono difendere i diritti dei musulmani contro gli infedeli di tutto il mondo. Quindi hanno combattuto in Cecenia, in Bosnia, nell'Africa del nord, nel Kashmir, nella Filippine, ovunque. Le loro tesi non godono di risonanza regionale solo nei settori del fanatismo islamico, ma anche nelle classi ricche filo-americane. Si sono rivoltati contro gli USA quando questi hanno istituito basi militari permanenti in Arabia Saudita, circa 10 anni fa, e considerano questa situazione assai simile all'occupazione russa dell'Afghanistan contro la quale si sono battuti. Il Wall Street Journal si è distinto particolarmente nell'aver sondato queste opinioni fin dal 14 settembre. Quando condannano gli Stati Uniti per le loro posizioni antidemocratiche e per il sostegno a regimi violenti e regimi corrotti, dicono quello che pensa l'uomo della strada, ed esiste una ragione per cui lo fanno. Lo stesso vale anche quando condannano le politiche statunitensi verso l'Iraq ed Israele. Sanno quello che noi scegliamo di non sapere, e cioè che gli Stati Uniti hanno devastato la società civile irachena, rafforzando Saddam Hussein, e che sostengono un'occupazione militare molto violenta, che è arrivata ora al trentacinquesimo anno, di Israele sul popolo palestinese. Gli Stati Uniti sono stati praticamente i soli nel mondo ad imporre quel dominio, in tutta la sua crudeltà, con assistenza economica, militare e diplomatica. È un fatto ampiamente noto nella regione e anche i ricchi banchieri e uomini d'affari filo-americani condividono gli stessi sentimenti degli altri musulmani. Quando Bin Laden dice queste cose gode di una discreta risonanza. Possono anche odiarlo, anzi, la maggioranza lo odia perché è contraria alla sua violenza terroristica e al suo fanatismo religioso, ma una buona parte del messaggio riflette ciò che la gente pensa, e con argomenti. Domanda di Pat Wickline: Vedo parecchi servizi giornalistici dove si dice che la politica estera statunitense nella regione è stata motivata da fattori economici. È difficile sostenere che la nostra motivazione di fondo sia la "libertà", quando sosteniamo governi come quello saudita. Lei pensa che si siano fatti dei progressi a questo riguardo, specialmente paragonando quanto i media dissero del coinvolgimento statunitense in America Centrale? N.C. Nelle ultime settimane, dopo le orrende atrocità dell'11 settembre, si è assistito ad una discreta apertura dei media su queste questioni. Quello che ho appena detto sugli atteggiamenti dei ricchi musulmani verso la politica antidemocratica degli USA, l'ho praticamente citato da un articolo del Wall Street Journal, per farLe un esempio. Quindi diciamo che c'è stata una leggera apertura su questo versante. Bisogna fare ancora molta strada, ma se vogliamo comprendere che cosa succede e attuare programmi realistici per proteggere noi stessi e gli altri, dobbiamo necessariamente cominciare a fare attenzione a queste cose. Domanda di Stan Feldman: Pensa che gli Stati arabi che vogliono stare "con gli Stati Uniti e non coi terroristi", come afferma il Presidente Bush, dovrebbero intraprendere misure per eliminare le affermazioni provocatorie e platealmente false, diffuse dai loro media e dal loro sistema scolastico, su Stati Uniti ed Israele? Will Femia: Perché la macchina della propaganda statunitense non ha successo all'estero? N.C.: Certo che dovrebbero smettere di fabbricare bugie plateali ed invenzioni. Quelli sono governi terribili. Ci sono buone ragioni per cui le popolazioni della regione li odiano, li disprezzano e ce l'hanno con gli Stati Uniti per il sostegno che questi ultimi prestano a simili governi. Certo che sì: dovrebbero muoversi nella direzione di un sistema mediatico aperto che consenta la discussione così come vuole la maggioranza della popolazione. Ora finalmente esiste un canale televisivo abbastanza libero nelle regioni intorno al Golfo Persico, ed è Al-Jazeera. Questo canale è piuttosto libero ed aperto, e tutto il mondo arabo lo vede, ma è un caso unico. Purtroppo il problema sta nelle politiche, e non esiste propaganda che possa superarle. Quanto al motivo per cui la propaganda statunitense fallisce in quella zona, è che la gente vede coi propri occhi quali sono i fatti. Quando si produce propaganda falsa per persone che vedono che è falsa, non ha successo. Nello stesso modo in cui noi non abbiamo mai creduto alla propaganda sovietica: era così palesemente ridicola che ci faceva ridere. Domanda di Craig Bryant: Qual è la "vera ragione" per cui continuiamo a sostenere Israele?? E quale sarebbe il risultato se smettessimo?? N.C.: Personalmente, non penso e non ho mai pensato che dovremmo smettere di sostenere Israele. Sono molto critico nei confronti della politica a favore di Israele, ma in parte perché penso che faccia del male allo stesso popolo israeliano. Perché, a mio modo di vedere, sostiene il governo ma fa male alla popolazione. Quello che dovremmo fare, penso, è conformarci all'opzione che da circa 25 anni riscuote un amplissimo consenso internazionale, e cioè un accordo bi-nazionale sui confini internazionalmente riconosciuti (cioè precedenti al giugno del 1967), riconoscendo i diritti e garantendo la sicurezza di tutti gli Stati della regione, compresi Israele ed uno Stato palestinese. Questa è la posizione maggioritaria nel mondo intero da 25 anni. In realtà, alla risoluzione che andava in questa direzione è stato messo il veto dagli Stati Uniti al Consiglio di Sicurezza 25 anni fa e da allora Washington blocca simili iniziative, anche adesso. Non penso che questa posizione sia morale o saggia. Nel frattempo, gli USA hanno fornito ad Israele i mezzi per continuare i propri insediamenti nei territori, sotto occupazione militare, e molti gravi abusi, tutti in violazione del diritto e delle convenzioni internazionali, specialmente le Convenzioni di Ginevra del 1949. Anche su questo punto, si riscontra un consenso internazionale quasi universale. In realtà, Israele di solito è l'unico Stato a votare contro. Gli Stati Uniti di solito si astengono perché non vogliono assumere una posizione così drammaticamente opposta ai capisaldi del diritto internazionale. Ma forniscono ancora i mezzi per far proseguire questa situazione. Purtroppo, la maggior parte di queste notizie non viene diffusa negli USA, o se viene diffusa, lo è in modo ben poco accurato. Ma sicuramente, la gente che vede con i suoi occhi, sa tutto. E in quasi tutto il mondo, la situazione viene ben compresa. Non ci aiuta nascondere la testa sotto la sabbia. Esiste una documentazione ricca ed incontrovertibile su questi fatti e dovremmo prestarvi attenzione. Quello che gli USA dovrebbero fare è conformarsi al consenso internazionale, anziché opporvisi. Ora però, è ormai molto più difficile che, ad esempio, 10 anni fa. Domanda di John Schindele: Se gli USA adottassero un atteggiamento meno pesante nei confronti di Palestina ed Israele (sia politicamente, sia economicamente), sarebbe positivo per la stabilità della regione? Sarebbe possibile farlo in questa fase senza dare l'idea che gli USA si pieghino davanti al terrorismo? N.C.: Sì, avrebbe quasi certamente un effetto positivo sulla stabilità della regione e sulla sua salute politica, sociale, ed economica. Non ha niente a che fare col piegarsi davanti al terrorismo. Ricordiamoci che la maggioranza della popolazione della regione e di molte altre popolazioni del mondo vede gli Stati Uniti come sostenitori del terrorismo, perché considera l'occupazione militare e le azioni ad essa relative come atti di terrorismo. Quindi, ritirarsi da quello che la maggioranza considera come sostegno al terrorismo non significherebbe piegarsi al terrorismo. Dovremmo fare la cosa giusta, e la cosa giusta comprende quello che è giusto per noi e, fondamentalmente, quello che è giusto per i popoli della regione. La popolazione israeliana non è stata aiutata dal fatto che gli USA abbiano sostenuto insediamenti nei territori occupati, perché questi hanno scatenato rabbia e risentimento enormi, punendo la popolazione di etnia palestinese. Non ha aiutato nessuno. Ora si trovano in serie difficoltà perché sarà difficile districarsi da questi insediamenti illegali e dai programmi di annessione che noi come Stati Uniti abbiamo sostenuto, ma è una dura necessità. Ci sono molte illusioni intorno a questa questione. Ad esempio, le proposte inoltrate a Camp David l'anno scorso sono state quasi universalmente descritte come magnanime e generose, negli USA, ma non sono state percepite in questo modo in nessun'altra parte del mondo. Se diamo uno sguardo alla cartina, capiamo subito perché. Colpisce subito il fatto che le cartine non sono state mostrate negli USA. Se ne trovano ad Israele ed in altri paesi, ma non qui. E se guardiamo le cartine, vedremo perché questa bozza di accordo è stata vista come del tutto inaccettabile. Will Femia: Un cambiamento nella politica degli Stati Uniti riparerebbe le relazioni con il Medioriente? O i risentimenti sono ormai cronici? N.C.: Più va avanti, più sarà difficile riparare le relazioni. Dieci anni fa sarebbe stato assai più facile di oggi. Un anno fa sarebbe stato molto più facile. E più gli Stati Uniti ed Israele vanno avanti con queste politiche, più difficile diventerà. No, non risolverebbe affatto tutti i problemi, sarebbe solo un inizio. Molti sono sulle stesse posizioni che ho citato prima, quelle dei ricchi musulmani sul Wall Street Journal. Sono anche molto arrabbiati per quello che gli Stati Uniti fanno alla società civile irachena, rafforzando Saddam Hussein. Comprendono benissimo, anche se noi preferiamo dimenticarcene, che gli Stati Uniti hanno sostenuto Saddam quando questi commetteva le sue peggiori atrocità, come l'uso di gas contro i curdi. Lo sanno e lo dicono sempre. Sono fortemente contrari al sostegno statunitense ai governi della regione, la maggior parte dei quali rappresentano regimi assai repressivi, violenti, corrotti, dove si usa la tortura: regimi odiosi che fanno pesante affidamento sul sostegno degli Stati Uniti. Domanda di Mike Petty: È possibile che l'attacco al World Trade Center volesse provocare gli Stati Uniti ad un'azione militare proprio per unire le nazioni musulmane contro l'Occidente? N.C.: È più che possibile. Dovremmo ricordare che è stato il secondo attacco al World Trade Center. Il primo è avvenuto nel 1993. Non sono riusciti a farlo saltare, ma ci hanno provato. Se quella poi fosse l'intenzione dei terroristi, non lo si sa. Sono morti e non hanno lasciato messaggi. Ma questo è il pensiero dei gruppi da cui probabilmente provenivano, le organizzazioni terroristiche di stampo fondamentalista islamico di cui la CIA sa senz'altro tutto fin da quando li ha aiutati ad organizzarsi, alimentandoli per molto tempo. La maggior parte degli specialisti della regione, e più precisamente, leader stranieri e leader della NATO, dicono agli Stati Uniti, più chiaramente che possono, che se gli USA scatenano un grande attacco militare che visibilmente uccide molti afghani innocenti, esaudiranno le preghiere di Bin Laden. Sarà una specie di campagna di reclutamento perché altre persone sposino quella orrenda causa. Se poi viene ucciso Bin Laden, è anche peggio, perché diventerà un martire. Penso sia per questo che Washington ha fatto un passo indietro rispetto alla retorica bellica iniziale, perché ha recepito il messaggio. Fare ciò non rappresenterebbe soltanto un crimine in sé, ma, come ha detto anche Lei, sarebbe un modo per reclutare altri che vorrebbero vendicarsi del crimine. È proprio questo che vogliono i terroristi. Reagirebbero allo stesso modo in cui molti statunitensi hanno reagito all'attacco al World Trade Center. Vogliono la vendetta. Se vogliamo essere seri, dobbiamo scegliere un programma di azione che non provochi un'escalation di violenza e non faccia il gioco dei gruppi terroristici. Domanda di Arthur Buonamia: Come cittadini, che cosa possiamo fare per far mutare la politica estera in senso umanitario e giusto? Domanda di John-Boston: Date le ultime rappresentazioni mediatiche dei "pacifisti" che dicono che non dovremmo "fare niente", non potrebbe correggere il tiro, elencando alcune azioni etiche, come la giustizia dell'ONU e una politica estera umanitaria? N.C.: Alla prima domanda rispondo che dovremmo sempre ricordarci che siamo dei privilegiati. Viviamo in una società molto libera e molto democratica. Contrariamente a molti altri paesi del mondo, possiamo agire e parlare in tutti i modi, senza paura di una punizione o di una vendetta di Stato. Abbiamo quindi tutte le strade aperte davanti a noi, dallo scambio di idee coi vicini, all'incontro in chiesa, all'adesione a qualunque organizzazione desideriamo, alla pubblicazione di un libro, alla libera associazione, alle manifestazioni, all'azione politica: tutti questi mezzi di espressione sono disponibili per noi. E questo può contare. Ha contato nel passato e conta nel presente. Non c'è scarsità di mezzi, o se c'è una scarsità, riguarda la volontà di usarli. I mezzi sono disponibili. Alla seconda domanda, rispondo che non so esattamente cosa intendano i media per "pacifisti". Ci sono poche persone, persone che rispetto molto e che conosco da anni, che sono veri pacifisti. Non credono nella violenza. Sì, esistono queste persone. Non sono d'accordo con loro e non lo sono mai stato, ma rispetto la loro posizione. Tuttavia, quello che viene chiamato "movimento pacifista" non ha mai assunto queste posizioni. Conosco pochissime persone che non sarebbero state favorevoli a fare la guerra contro Hitler se fossero nate all'epoca, oppure in retrospettiva. Quello che chiede il vero movimento pacifista è molto simile a quello che ha appena chiesto il Papa, apertamente. Il Pontefice ha detto, e a ragione, che gli attentati negli USA sono un crimine terribile e che quando viene commesso un crimine, bisogna prendere i responsabili ed assicurarli alla giustizia, ma senza colpire migliaia di innocenti. Se qualcuno mi rapina la casa, e io penso che sia stato uno che abita nel quartiere dall'altra parte del fiume, non è che vado in quel quartiere e uccido tutti gli abitanti: non è così che si deve procedere. Si deve procedere con i mezzi della legge. E questi mezzi sono disponibili, e consolidati da ampi precedenti. Gli Stati Uniti dovrebbero, se possono, e non sarà facile, presentare un'accusa credibile contro chiunque sia responsabile di queste atrocità. Non sarà facile, e questa è probabilmente la ragione per cui non l'hanno fatto, ma bisogna farlo quale gesto preliminare. E poi ci sono misure che possono essere intraprese tramite le istituzioni internazionali. Domanda di Stephanie Daniels: Ma i tribunali internazionali sono davvero l'opzione che gli USA dovrebbero scegliere in questa fase? Se gli USA ne riconoscessero la legittimità e la giurisdizione, qualcuno (esercito americano/ forze delle Nazioni Unite) avrebbe l'autorizzazione di andare in Afghanistan ad arrestare Bin Laden anche senza prove tangibili? N.C.: Non senza prove, è chiaro. Anche i paesi della NATO affermano di non poter procedere senza prove. E nessuno sa se sia stato veramente Bin Laden. Ma è vero che i tribunali rappresentano indubbiamente un'opzione disponibile. Ora, il Tribunale Penale Internazionale, purtroppo, non possiamo adirlo in quanto gli USA si sono rifiutati di riconoscerne la giurisdizione. Ma c'è la Corte Internazionale di Giustizia, e se gli USA lo volessero, potrebbero istituire un tribunale speciale com'è stato fatto per la Jugoslavia. Anche il Consiglio di Sicurezza dell'ONU può avviare azioni di forza se gli vengono presentate ragioni forti. Dovremmo ricordare che ci sono veri e propri precedenti legali. Il più ovvio, perché sostenuto da una delibera della Corte Internazionale di Giustizia e dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU, sono le stesse autorità internazionali. Vent'anni fa, gli Stati Uniti fecero una guerra contro il Nicaragua, e fu una guerra terribile. Morirono decine di migliaia di persone, e il paese fu praticamente distrutto. Il Nicaragua non rispose lanciando bombe su Washington, ma si rivolse alla Corte Internazionale di Giustizia con un'accusa, e la Corte emise una sentenza in suo favore, ordinando agli Stati Uniti di porre fine al loro "uso illegale della forza" (cioè terrorismo internazionale) e di pagare una sostanziosa riparazione. È vero che gli Stati Uniti risposero con parole di disprezzo per la Corte e avviarono immediatamente un'escalation dell'attacco. A quel punto, il Nicaragua si rivolse al Consiglio di Sicurezza dell'ONU che votò una risoluzione che richiamava tutti gli Stati al rispetto del diritto internazionale. Non veniva nominato nessuno in particolare, ma tutti sapevano che si trattava degli Stati Uniti. È vero che gli Stati Uniti opposero il loro veto. Il Nicaragua si rivolse allora all'Assemblea Generale che per due anni di fila approvò una risoluzione simile con le sole opposizioni di USA ed Israele. E, una volta, di El Salvador. Ma gli Stati Uniti sono indubbiamente un paese molto potente. Se si oppongono ai mezzi della legge, non possono essere perseguiti. E quindi il Nicaragua non poté fare niente. D'altra parte, se gli Stati Uniti utilizzassero quei mezzi, nessuno potrebbe fermarli. Anzi, tutti li sosterrebbero. Domanda dal pubblico: Secondo Lei qual è la fonte di notizie più affidabile sul World Trade Center e i presunti mandanti? N.C.: La cosa migliore da fare è leggere molto e sempre da un punto di vista scettico. Ricordatevi che tutti, me compreso, hanno le loro opinioni e le loro finalità e bisogna pensare con la propria testa. Will Femia: Come si integra la coalizione internazionale anti- terrorismo nel tema del "nuovo internazionalismo"? Ed è destinata a durare? N.C.: Occorre guardare con molta attenzione questa coalizione anti-terrorismo, chi ha aderito e perché. La Russia è contenta di aderire alla coalizione internazionale perché non vedeva l'ora di godere del sostegno statunitense nel perpetrare orrende atrocità nella guerra contro la Cecenia. Una guerra che i russi descrivono come "guerra al terrorismo", mentre è essa stessa una guerra terroristica e sanguinosa. Sarebbero entusiasti se gli USA volessero sostenerla. La Cina è contentissima di aderire perché vorrebbe che gli USA sostenessero le sue guerre nella Cina occidentale contro i gruppi musulmani che, in effetti, facevano parte della coalizione in Afghanistan 20 anni fa, e ora invece lottano per ottenere i loro diritti in Cina, mentre la Cina vuole reprimerli brutalmente e sarebbe entusiasta se gli USA la sostenessero. L'Indonesia non vede l'ora di aderire perché vuole far proseguire il sostegno statunitense alla repressione delle sommosse interne, come ad esempio ad Aceh, come avviene in modo molto violento da molti anni. Purtroppo, hanno già il sostegno degli USA, ma ne vorrebbero molto di più. L'Algeria, che è uno dei paesi più sanguinari del mondo, sarebbe entusiasta di avere il sostegno statunitense per la tortura e per i massacri ai danni del popolo algerino. E se diamo uno sguardo al mondo, chi aderisce con più entusiasmo alla coalizione lo fa per ragioni da far rabbrividire. La coalizione si pregia di alti elogi, ma sparirà molto rapidamente se guardiamo alle ragioni per cui i paesi aderiscono. Se questo è il nuovo internazionalismo, non dovremmo farne parte, anzi, dovremmo essere fortemente contrari ad esso. Will Femia: Grazie mille, Professor Chomsky, per averci regalato un po' del suo tempo per questa chiacchierata. N.C.: Piacere mio. Grazie a voi. (Traduzione dall'americano di Sabrina Fusari)
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