La nonviolenza e' in cammino. 253



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 253 del 9 ottobre 2001

Sommario di questo numero:
1. Agostino, il prossimo
2. Peppe Sini, che fare
3. Giobbe Santabarbara, separarsi dai violenti
4. Enrico Peyretti, la guerra e' crimine e stoltezza
5. Silvano Tartarini, incontriamoci il 12 ottobre a Perugia per la
nonviolenza
6. Servizio odc e pace dell'Associazione Comunita' Papa Giovanni XXIII:
appello per un corpo civile di pace, incontriamoci a Perugia il 13 ottobre
7. Pax Christi: il lutto della ragione
8. Associazione Resistenza e Pace: il 18 ottobre a Reggio Emilia per la
nonviolenza
9. Hannah Arendt, dove la violenza regna assoluta...
10. Simone Weil, una duplice catastrofe
11. Letture: Ignazio Buttitta, La mia vita vorrei scriverla cantando
12. Letture: Massimo Mastrogregori, Introduzione a Bloch
13. Letture: Franco Volpi, Dizionario delle opere filosofiche
14. Aspetti psicologici dell'impegno nonviolento
15. Per studiare la globalizzazione: da Tomaso Serra a Giuliana Sgrena
16. La "Carta" del Movimento Nonviolento
17. Per saperne di piu'

1. RIFLESSIONI. AGOSTINO: IL PROSSIMO
[Questa citazione del grande pensatore africano Aurelio Agostino, vecovo
d'Ippona (Sant'Agostino, per chi altrimenti non lo riconoscerebbe), abbiamo
trovato in Julia Kristeva, Etrangers a nous-memes, Fayard, Paris 1988,
Gallimard (nella collana Folio, naturalmente) Paris 1991, 1998, p. 124, che
rinvia a De Discip. Christ., III, 3]
Ogni uomo ha per prossimo tutti gli uomini.

2. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: CHE FARE
[L'autore ha concluso oggi un digiuno di condivisione, meditazione e
preparazione all'azione diretta nonviolenta, questo intervento e' stato
scritto ieri]
E' un'ora di grande dolore e di profonda tristezza.
* Per contrastare il terrorismo e' necessario fermare la guerra
I piani dei terroristi stanno avendo prosecuzione: alle vittime delle
abominevoli stragi dell'11 settembre altre vittime si vanno aggiungendo.
La legalita' e' stata violata non solo da un'organizzazione criminale
terroristica, ma essa e' riuscita a trascinare in tale violazione anche
alcuni degli stati piu' importanti del mondo.
E' in corso una guerra senza alcuna regola, senza alcun controllo. La guerra
voluta dai terroristi che con i massacri di settembre proprio a questo
puntavano, a scatenare un conflitto armato mondiale, una guerra che
riproduce ed amplifica ed alimenta il terrorismo stesso. Una guerra che non
restera' concentrata in un teatro ristretto ma ha gia' un'estensione
planetaria e che puo' degenerare in ua vera e propria guerra mondiale. E
dopo Auschwitz ed Hiroshima noi sappiamo che un conflitto bellico mondiale
puo' provocare la fine della civilta' umana.
Tanti e tali sono gli arsenali sparsi sul pianeta, che la possibilita' di
una catastrofe senza precedenti non e' remota.
* L'ONU fermi la guerra
Occorre fermare la guerra. Occorre che l'ONU questo imponga, e che
sostituisca la sua autorita' ed il suo intervento alla tremenda e
irresponsabile follia in corso.
Il crimine va perseguito con il diritto: con l'azione di polizia e le corti
di giustizia. La guerra e' sempre "omicidio di massa". La guerra in corso
confligge flagrantemente con la Carta delle Nazioni Unite e con gli stessi
accordi sottoscritti in sede Nato. L'Italia poi non puo' aderire a questa
guerra, anche in forza dell'art. 11 della Costituzione, che esplicitamente
la proibisce.
* Il Parlamento italiano ripudi la guerra e difenda la legalita'
Un appello rivolgiamo al Parlamento italiano: voti contro la guerra, difenda
la legalita', salvi tante vite umane.
* Il movimento per la pace scelga la nonviolenza
E un appello rivolgiamo a quanti da ieri sera si stanno impegnando contro la
guerra: non basta essere contro la guerra, occorre essere per la pace. E
dunque occorre opporsi sia alla guerra che al terrorismo, occorre opporsi a
tutti i terrorismi e a tutte le guerre, occorre opporsi alla violenza. Solo
facendo la scelta della nonviolenza si diviene autentico movimento per la
pace, si e' donne e uomini di pace.
Si separi dunque il movimento per la pace dai provocatori, dagli ambigui,
dai violenti. Qualifichi dunque il movimento per la pace la sua riflessione
ed azione nell'unico modo possibile, necessario, utile: facendo la scelta
della nonviolenza.
Possiamo e dobbiamo contrastare la guerra, ma per farlo dobbiamo essere
limpidi nelle motivazioni, nei ragionamenti, nell'agire: occorre fare la
scelta della nonviolenza.
* Tre cose da fare
E fatta la scelta della nonviolenza dobbiamo contrastare la guerra e il
terrorismo, difendere la legalita' e le vite umane in pericolo, facendo tre
cose:
- l'azione diretta nonviolenta per opporci operativamente, concretamente e
non solo simbolicamente, alla macchina bellica;
- la disobbedienza civile di massa (quella vera, onesta, luminosa, non le
antitetiche mascalzonaggini e follie spacciate sotto questa etichetta nei
mesi scorsi in Italia);
- lo sciopero generale.
* Al termine di questa giornata
Al termine di questa giornata concludero' il mio digiuno (un digiuno, non
uno sciopero della fame, per illimpidire me stesso, non per offendere
chicchessia): sono debilitato; la mia non piu' giovane eta' non mi giova; e
credo che nei prossimi giorni avro' bisogno di tutte le mie energie, per
flebili che possano essere.
Un grazie dal profondo del cuore  a tutte le amiche e gli amici che in
questi giorni mi hanno espresso solidarieta', comprensione, condivisione,
sollecitudine.
Ed un invito ad un ancor piu' nitido e persuaso impegno di tutti contro
tutte le violenze, contro tutti i terrorismi, contro tutte le guerre.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

3. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: SEPARARSI DAI VIOLENTI
[Giobbe Santabarbara esprime il punto di vista del "Centro di ricerca per la
pace" di Viterbo]
Il movimento per la pace, se vuole essere tale e non solamente contro la
guerra (o ancor peggio: contro una sola guerra, tacendo su altre o
addirittura inneggiandovi), deve fare delle scelte precise.
a) Deve separarsi da chi e' ambiguo sulla violenza.
Tre esempi inquietanti tra molti altri citabili: nel 1999 ai cortei
pacifisti in Italia c'erano spezzoni che inneggiavano a Milosevic, e
spezzoni che inneggiavano all'Uck. Nella solidarieta' con il popolo
palestinese non e' infrequente sentire, e non solo da ragazzini che solo
oggi si affacciano all'impegno politico, ragionamenti che sono del piu'
tipico antisemitismo nazista. Chi ha organizzato le giornate di Genova ha
tollerato di stare al fianco di  (anzi: ha fatto da piedistallo e complice
a) chi ha perseguito per mesi l'obiettivo di arrivare a uno scontro violento
con le forze dell'ordine (le dichiarazioni di guerra, l'invasione della zona
rossa), e nuovamente il sangue ha bagnato le strade.
Occorre che chi vuole essere parte dell'impegno per la pace faccia un severo
esame di coscienza.
Occorre innanzitutto separarsi dagli idolatri della violenza, che sono
complici delle guerre e del terrore anche quando presumono di esserne
avversari.
b) Ma questo ancora non basta: occorre anche fare la scelta della
nonviolenza.
Perche' per contrastare la guerra non bastano i convegni e i cortei, le
petizioni o le veglie. Occorre l'azione concreta per concretamente
contrastare la macchina che la guerra stragista esegue e il potere che la
guerra illegale decide. Occorre l'azione diretta nonviolenta. Ovvero
affrontare e sconfiggere la violenza e i suoi apparati sul campo. Ovvero
difendere la legalita' e i diritti umani, di cui la guerra come il
terrorismo e' una flagrante e pluriomicida vioazione; e per difendere la
legalita' e i diritti umani occorre un'azione limpida e coerente, fondata
sul ripudio di tutte le violenze, di opposizione a tutte le violenze:
occorre l'azione diretta nonviolenta.
Ma perche' azione diretta nonviolenta possa darsi, occorrono concreti esseri
umani persuasi della nonviolenza. Ed occore dunque che il movimento per la
pace faccia questa scelta, la scelta della nonviolenza.
Solo la nonviolenza, come ripete sempre quel vecchio barbogio, puo' salvare
l'umanita'.

4. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: LA GUERRA E' CRIMINE E STOLTEZZA
[Enrico Peyretti e' impegnato in questi giorni in una vieppiu' intensa opera
nonviolenta di rischiaramento delle coscienze e smascheramento delle
menzogne. Riportiamo qui due suoi interventi odierni. Per contatti:
peyretti at tiscalinet.it]
* Una lettera a una trasmissione radiofonica
1. E' stato detto: è giusto punire i terroristi.
Chi ha diritto di "punire", a freddo, dopo un mese? Il giudice in causa
propria e' giudice illegittimo, ingiusto.
Se questa e' punizione, sara' "punizione" anche il prossimo attentato
promesso dai terroristi? Dal punto di vista inaccettabile e orrendo dei
terroristi, era "punizione" anche l'attacco dell'11 settembre. La catena
delle vendette uccide l'umanita'. "Occhio per occhio rende il mondo cieco"
(Gandhi).
Bush, e chi e' con lui, non ha diritto di equiparare ai terroristi chi non
e' con lui. Questa logica costrittiva di guerra e' violenza massima.
Per la guerra di vendetta, specialmente coi mezzi distruttivi di oggi, non
esiste una causa giusta.
Allora? Subire il terrorismo? Niente affatto! Ci sono alternative, se le si
vuole (vedi punto 3).
2. Mi ripugna la naturalezza con cui i media in genere parlano della guerra.
La guerra e' l'anti-politica. La guerra e' sempre evitabile. E' un
semplicismo fallimentare. E' soltanto uccidere e distruggere, moltiplicare
l'odio. Chi sceglie o accetta la guerra e' contro l'umanita'.
3. Allego di seguito la lettera che scrissi a Ciampi il 13 settembre, 48 ore
dopo il mostruoso attentato di New York, e che centinaia o migliaia di
persone gli hanno spedito con la loro firma. Se l'Italia decide la guerra,
io sono con l'umanita' futura e contro questa Italia, con ogni possibile
resistenza nonviolenta.
Signor Presidente,
La supplico di agire perche' alla strage disumana compiuta negli Stati Uniti
nessuno risponda con la vendetta militare.
Proprio perche' quel crimine colpisce tutta l'umanita', deve essere un
tribunale che rappresenta l'intera comunita' dei popoli umani a compiere le
indagini ed emettere il giudizio con tutte le garanzie giuridiche.
Ad un crimine, per quanto grande, non si risponde con la guerra.
La guerra non sarebbe un giusto giudizio penale, nella luce della ragione,
della morale e della legge, ma un nuovo crimine che spingerebbe
ulteriormente il mondo nel buio mortale dell'odio e della distruzione.
In nome della vita e della civilta', nell'ora del massimo pericolo, La
supplico di scongiurare la guerra con l'impegnativa autorita' che Le da' la
nostra Costituzione pacifica.
Se l'Italia sara' in guerra, io non ci saro'. Lo giuro.
*
* Un commento a una presa di posizione
La guerra non solo uccide vite umane e distrugge condizioni di vita, ma
uccide la liberta' e la democrazia, la ricerca della verita' e semplicemente
la politica.
La dichiarazione ingenua di questi giovani [ieri una nota dell'agenzia di
stampa Ansa riportava che i giovani del Ccd, un partito di governo, hanno
richiesto l'annulamento della marcia per la pace Perugia-Assisi -ndr- ]
rivela la mentalita' di chi oggi governa l'Italia.
Non c'e' solo l'emergenza pace. C'e' l'emergenza democrazia. Quando si vuol
far tacere la politica c'e' pericolo di tirannia. Se non si puo' discutere
la guerra, e' perche' la guerra e' una dittatura, e' letteralmente un
"totalitarismo", cioe' la pretesa superba e folle di avere tutte le ragioni
e di poterle imporre con la morte.
Invece noi discutiamo la guerra e manifestiamo sulla piazza virtuale come
sulle piazze delle nostre citta': no alla guerra, no anche a questa guerra.
E manifestiamo in modo nonviolento, che significa senza fare violenza
alcuna, non soltanto, ma con la sola e chiara forza dell'anima che cerca la
verita' della giustizia solidale tra tutti i popoli, prima legge
dell'umanita'. Chi gridasse contro la guerra facendo violenza riprodurrebbe
cio' che crede di ripudiare.
La critica non e' un crimine e il crimine non e' una critica.
A chi ci accusasse, come ha fatto Bush, di essere coi terroristi se non
siamo con la sua guerra, rispondiamo che respingiamo il suo ricatto
indecente e totalitario. Nessuno e' lontano dal terrorismo come i persuasi
della nonviolenza. Nessuno come gli eserciti gli e' vicino.
Al terrorismo si doveva certamente rispondere, ma si poteva e si doveva
farlo con altri mezzi dalla guerra: la solidarieta' civile dei popoli, la
costruzione della giustizia economica, un giudizio imparziale e certo,
emesso da un tribunale internazionale indipendente, come esige la civilta'
giuridica antica e moderna, che ogni guerra rimanda indietro, nella
barbarie.
La guerra imita e prolunga il terrorismo. Se non bastassero gli argomenti
nobili, considerino i sostenitori della guerra che c'e' da temere che essa
inciti altri disperati, plagiati ed usati da freddi calcolatori, a nuovi
attentati. L'uomo-bomba e' invincibile, e' l'arma assoluta. L'unica difesa
e' levargli motivi e pretesti di uccidere uccidendosi. La guerra gli da'
nuovi motivi. La guerra e' crimine e stoltezza.

5. INCONTRI. SILVANO TARTARINI: INCONTRIAMOCI IL 12 OTTOBRE A PERUGIA PER LA
NONVIOLENZA
[Silvano Tartarini e' tra gli animatori dell'esperienza dei "Berretti
bianchi". Per contatti: via F. Carrara 209, 55042 Forte dei Marmi (LU), fax
0584735682, cell. 3357660623, e-mail:bebitartari at bcc.tin.it, sito:
www.peacelink.it/users/berrettibianchi]
Cari amici,
ho parlato ora con Gabriele De Veris che si sta occupando
dell'organizzazione della Perugia-Assisi e vi confermo che l'incontro, da
noi sollecitato, per una riflessione tra le ong nonviolente si terra' a
Perugia venerdi 12 ottobre presso il Palazzo dei Priori dalle ore 20,30 alle
ore 22,30.
Gabriele mi fara' sapere in quale stanza ci potremo riunire e io vi
informero'. Antonella Sapio di Napoli si prestera' per facilitare i lavori.
Nel notiziario del Centro di ricerca per la pace di Viterbo sono gia'
comparsi vari interventi utili per costruire una progettualita' che si
opponga alla guerra (di particolare interesse mi pare l'intervento dei Beati
Costruttori di Pace, ma anche di altri). Io unisco qui una mia proposta che
vorrebbe portare un contributo e aprire una discussione al nostro interno.
*
Da ieri sono iniziati i bombardamenti in Afghanistan. E ormai, si puo' dire:
come al solito, ci sentiamo addosso una certa impotenza.
Tuttavia, credo che gli amici della nonviolenza possano fare qualcosa.
Al proposito vorrei sottoporvi questa mia idea ( da verificare attentamente)
per un nostro intervento di pace in Afghanistan, articolata solo brevemente
per punti.
a) In Afganistan e' gia' presente Emergency e ci sono persone a rischio di
morte nelle galere afghane. Queste persone, dopo l'attacco, rischiano di
piu' perche' fanno parte di ong occidentali.
b) Una presenza del pacifismo occidentale (possibilmente con aiuti
umanitari) sul territorio afghano sarebbe una valida opposizione al
terrorismo e una risposta di verita' e di pace. Creerebbe comunque
distensione.
c) Avremmo informazioni di prima mano, che seppure certamente parziali,
potrebbero risultare determinanti per la comprensione della situazione
futura che si verra' a creare.
A quali condizioni si ritiene possibile un intervento?
a) Che lo faccia proprio se non l'intero movimento pacifista, una sua larga
parte, radicata nella nostra societa' civile.
Una volta che si fosse data questa prima condizione, le ong pacifiste
dovrebbero comunicare al nostro governo la loro intenzione di intervenire in
Afghanistan (quale migliore scenario della Perugia-Assisi?) chiedendo al
nostro governo di finanziare l'impresa.
b) Nella richiesta al nostro governo di finanziare l'impresa dovremo far
presente che, in caso di accettazione, il costo sarebbe insignificante e non
potrebbe risultare di ostacolo in alcun modo. Si potrebbe quantificare il
tutto in 200 milioni per un gruppo di 50 persone. Ovviamente la spesa sara'
inferiore se saremo di meno. E' molto facile che il nostro governo non sia
comunque d'accordo. Dovremo, allora, ricordare al governo che andremo a
combattere il terrorismo e a portare aiuto umanitario, quello stesso che,
unitamente alle bombe, intendono dare gli alleati e non si capisce perche'
dovrebbero negarci questa possibilita'.
L'attentato dell'11 settembre e' stato un crimine contro tutta l'umanita' e
noi andiamo a difendere questa umanita' di cui siamo parte ovunque e' ancora
offesa, perche' non lo sia mai piu', contro ogni violenza e quindi contro il
terrorismo di oggi e contro la guerra in atto.
Il finanziamento istituzionale ci permetterebbe quella "credibilita'" minima
necessaria all'intervento. Se il tutto risultasse, tuttavia, impossibile,
almeno ci avremmo provato e questo darebbe forza alle nostre idee.
Ovviamente, il tutto necessita di una migliore articolazione, che potremo
fare assieme, ma mi premeva inviarvi la sostanza della proposta. Per quanto
riguarda le 50 persone, non dovrebbero esserci particolari problemi. Sono
ormai parecchie le persone che hanno sommato una esperienza in zona di
conflitto e inoltre esistono varie organizzazioni (i Beati i costruttori di
pace, la Papa Giovanni, i berretti bianchi, i caschi bianchi e altri). Il
primo problema e' certamente nell'adesione di una vasta area del nostro
associazionismo e nella presa di posizione del governo.
L'Abate, da me sentito su questa proposta, ritiene - e io sono d'accordo -
che dovremmo chiamare in causa l'ONU e ricordava per questo la presenza dei
profughi al confine in Pakistan.
Per tornare alla possibilita' che l'intervento di pace sia finanziato dal
nostro governo, credo che, nel caso si trovi un accordo tra noi, bisognera'
prendere contatti con un sottosegretario agli Esteri e sondare cosi' il
nostro progetto.
Per fare questo la Perugia-Assisi arriva troppo presto. Si potrebbe,
tuttavia, annunciare che gli amici della nonviolenza e/o il movimento della
pace stanno studiando la possibilita' di un intervento. Non comunicare una
decisione ma comunicare una possibilita'.
Ci vediamo a Perugia.

6. UN APPELLO. SERVIZIO ODC E PACE DELL'ASSOCIAZIONE COMUNITA' PAPA GIOVANNI
XXIII: APPELLO PER UN CORPO CIVILE DI PACE, INCONTRIAMOCI A PERUGIA IL 13
OTTOBRE
[Volentieri diffondiamo questo appello promosso dal servizio obiezione di
coscienza e pace dell'associazione comunita' papa Giovanni XXIII (e-mail:
odcpace.apg23 at libero.it) con la collaborazione dell'associazione Peacelink]
Nei giorni della marcia della pace Perugia-Assisi e dell'assemblea dell'ONU
dei popoli proponiamo di riflettere sulla creazione di un Corpo Civile di
Pace, come impegno in risposta alle situazioni di conflitto presenti in
molti paesi del mondo.
Migliaia di persone sono morte nell'attentato di New York e Washington,
mentre in Afghanistan continuano a morirne molte altre per la fame, il
freddo, il terrore e le malattie, che hanno colpito il paese ancora prima
delle azioni militari. Sono tutte vittime civili: lavoratori, anziani, donne
e bambini.
Noi, come civili, affermiamo il diritto di stare  accanto a chiunque subisca
violenza, difendendoci e difendendo gli altri con strumenti nonviolenti.
Per questo vi proponiamo di collaborare con impegno, per la ricerca comune
di una via d'uscita alle situazioni di guerra.
Alla Perugia-Assisi vorremmo sottolineare, marciando insieme, la necessita'
di una risposta concreta al dramma dei popoli coinvolti nelle guerre, per
organizzare e dare voce alla miriade di gruppi e di singole persone,
coinvolti o intenzionati a coinvolgersi, in azioni e progetti di
riconciliazione. Vorremmo inoltre avviare un dibattito politico per la
creazione da parte dell'Unione Europea e degli Stati membri, di un Corpo
Civile di Pace, auspicato anche dal Parlamento Europeo con risoluzione n.
A4-0047/99.
Proponiamo inoltre un "arruolamento" al Corpo Civile di Pace come assunzione
piena di responsabilita' rispetto ai "venti di guerra" e alle decine di
conflitti sparsi per tutto il mondo. I nomi raccolti in un apposito
banchetto (sabato 13 a Perugia e domenica 14 ottobre in piazza S. Maria
degli Angeli ad Assisi) verranno consegnati al Presidente della Repubblica
Ciampi e al Presidente dell'Unione Europea Prodi.
- Per prepararci alla marcia e per discutere assieme sulle prospettive
dell'iniziativa civile in zone di conflitto, vi invitiamo ad un incontro
aperto a singoli ed associazioni presso la Sala della Provincia, Aula Magna
"Casa dell'associazionismo", in via della viola 1 a Perugia.
Per marciare insieme, l'appuntamento e' alle ore 8.30 a Borgo XX Giugno
oppure a Ponte San Giovanni alle 9.30-10 facendo attenzione al passaggio
dello striscione "Corpo civile di pace".
L'iniziativa e' promossa dall'Associazione Comunita' Papa Giovanni XXIII,
con la collaborazione dell'Associazione PeaceLink. Prime adesioni:
Associazione per la pace, Centro di ricerca per la pace.
Per informazioni:
- Associazione Papa Giovanni XXIII, Giovanni Grandi, tel. 3482488126,
e-mail: giograndi at libero.it
- Associazione PeaceLink, Carlo Gubitosa, tel. 3492258342, e-mail:
c.gubitosa at peacelink.it
Prenotazione alloggio: Servizio condivisione giovani, Ugo Grigio cell.
3393125670, e-mail: ugogrig at tin.it (portare saccoapelo e stuoino, pasti al
sacco, costo per chi dorme lire 5.000, ritrovo di sabato 13 ottobre ore
17.00, presso la sede dell'incontro in via della Viola 1 a Perugia.

7. RIFLESSIONE. PAX CHRISTI:  IL LUTTO DELLA RAGIONE
[Pax Christi e' un importante movimento cattolico per la pace. Per contatti:
paxchristi at tiscalinet.it]
L'11 settembre l'umanita' aveva fatto un balzo indietro. Il 7 ottobre ne ha
fatto un altro.
Non possiamo esimerci dalla condanna dell'attacco militare sferrato dagli
Usa e dai loro alleati contro l'Afghanistan, perche' ancora una volta si fa
affidamento sulla forza delle armi piuttosto che sulla forza della ragione,
sulla violenza dei missili piuttosto che sul diritto internazionale, sulla
potenza di fuoco invece che sul dialogo e sulla capacita' di estirpare alla
radice le motivazioni che portano tanti ad aderire al terrorismo.
L'umanita' avrebbe potuto meglio rialzarsi dall'orrore provocato a
Washington e New York dimostrando di aver compreso che la sofferenza ha lo
stesso colore a tutte le latitudini e che la lezione della storia mostra
come la violenza non ha mai aiutato la ricerca della verita', il trionfo
della giustizia e il godimento della pace piena.
Per questo motivo abbiamo coscienza che gli attacchi missilistici ed aerei
servono a prolungare il lutto della ragione inaugurato tragicamente con le
stragi dell'11 settembre.
In questo momento ci pare che due strumenti rimangano nelle mani dei poveri:
- La preghiera che da credenti nell'unico Dio vorremmo si alzasse forte e
insistente da tutti i confini della terra. Al Dio della pace chiediamo di
convertire il cuore dei violenti, di far tacere il fragore delle armi, di
illuminare la mente dei governanti e dei leaders. La preghiera - autentica e
profonda - fornisce una luce nuova per riconoscere le persone anche laddove
altri vedranno solo i nemici, per continuare ad alimentare la speranza e per
comprendere ancora che "e' durante il diluvio che bisogna mettere da parte
le sementi" come ci ricordava don Tonino Bello.
- Le Nazioni Unite nella cui autorevolezza continuiamo a porre la nostra
fiducia. E' proprio in questa ora drammatica che ci aspetteremmo uno scatto
di dignita' del "governo mondiale" per decretare il superamento della guerra
e l'avvento dell'era nuova del diritto. La civilta' si riconosce soprattutto
dalla capacita' che ha di far uso della forza del diritto e non del preteso
diritto della forza. Intervenga con voce autorevole il Segretario Generale
dell'ONU a ricordare gli stessi fini per cui - allíindomani di un'altra
sconfitta dell'umanita' - si scelse di porre un patto tra i popoli perche'
mai piu' si dovesse ricorrere alla guerra per risolvere le controversie.
Resta comunque l'urgenza di una riforma profonda di questo organismo in
senso democratico.
Alla luce di quanto sta avvenendo la marcia Perugia-Assisi prevista per
domenica 14 ottobre assume significato e senso maggiore e diventa
manifestazione di popolo, del popolo che crede che mai la guerra ha
preparato la pace e che non si deve accettare di confrontarsi sullo stesso
terreno del terrorismo. Il popolo della pace, numeroso e unito, sara' capace
di porre un segno che i potenti della terra devono leggere come auspicio per
il futuro. La nonviolenza ha un linguaggio universale perche' parla
all'impronta che il Creatore ha impresso in ogni donna e in ogni uomo.

8. INCONTRI. ASSOCIAZIONE RESISTENZA E PACE: IL 18 OTTOBRE A REGGIO EMILIA
PER LA NONVIOLENZA
[Dall'Associazione Resistenza e Pace di Reggio Emilia riceviamo e
diffondiamo. Per contatti: via Vittorangeli 7/d, 42100 Reggio Emilia, tel. e
fax. 0522454832, e-mail: ass-rep at libero.it]
L'associazione Resistenza e Pace, in collaborazione con la Rete Lilliput di
Reggio Emilia, invita tutti coloro che assiduamente, saltuariamente o appena
qualche volta, hanno seguito con noi il percorso introduttivo,
teorico-pratico, "In ricerca sulla strada della nonviolenza", e coloro che
pur non avendolo seguito sono interessati alla nonviolenza come metodo di
azione politica, ad un incontro giovedi 18 ottobre alle ore 21 presso la MAG
6, in via Vittorangeli 7/d a Reggio Emilia, nel quale verra' presentato il
"Progetto GAN [Gruppo di Azione Nonviolenta]".
Il "Progetto GAN" nasce dalla volonta', maturata all'interno della Rete
Lilliput, di costituire a Reggio Emilia un "gruppo di azione nonviolenta"
che svolga una approfondita preparazione sulla teoria e prassi della
nonviolenza al fine di acquisire una capacita' di azione diretta da
sperimentare sul nostro territorio.
La genesi e la finalita' di questo progetto sono illustrate nel seguente
paragrafo del documento "Il progetto di Lilliput: rete, territorio,
nonviolenza" elaborato dal nodo lilliput reggiano:
*
Nonviolenza
"Le nostre strategie d'intervento sono di carattere nonviolento" recita il
Manifesto della Rete di Lilliput. Per noi questa dichiarazione ha costituito
fin da subito non uno slogan generico, ma un impegno specifico.
Abbiamo in un primo tempo avviato una riflessione per capire la differenza
tra la generica non violenza, ossia la semplice dichiarazione
dell'astensione dal compiere atti di violenza, e la specifica nonviolenza,
ossia l'insieme dei principi che definiscono idealmente, storicamente e
politicamente il metodo nonviolento;
- in preparazione dell'Assemblea di Marina di Massa abbiamo elaborato un
documento, proposto agli altri nodi, nel quale abbiamo provato "a delineare
una prima definizione di strategia nonviolenta riassumendo almeno alcuni dei
principi necessari, e sufficienti, affinche' si possa parlare con proprieta'
di strategie a carattere nonviolento", sperando di aprire un confronto
approfondito tra tutti i lillipuziani;
- poiche' cio' in sede assembleare non e' stato possibile, ne' sono state
predisposte altre sedi dove affrontare in maniera non superficiale il tema
della nonviolenza nella Rete - come pure era stato proposto a Marina di
Massa - abbiamo avviato all'interno del nodo di Reggio Emilia un percorso
introduttivo di formazione teorico-pratica, "In ricerca sulla strada della
nonviolenza";
- le vicende legate al G8 di Genova hanno confermato, a nostro giudizio,
l'urgenza di approfondire ancora di piu' la ricerca e la sperimentazione nel
campo della pratica della nonviolenza, oltre che per una opzione etica
fondamentale, anche per la necessita' di comunicare efficacemente le nostre
molte ragioni con i cittadini - terze parti decisive nel confronto tra noi
ed il potere, perche' sul loro consenso esso e' fondato - attraverso
l'utilizzo di strumenti inediti che proprio i cittadini persuadano e
coinvolgano in percorsi di cambiamento;
- a questo scopo abbiamo deciso di creare all'interno del nostro nodo un
GAN: gruppo di azione nonviolenta.
Cio' significa che un gruppo di lillipuziani si e' impegnato a continuare
nella formazione personale e politica sulla teoria e la pratica della
nonviolenza per giungere con i tempi che essi riterranno necessari - senza
pressioni date da avvenimenti esterni di carattere internazionale - a
costituire un gruppo capace di praticare azioni dirette nonviolente.
Quello dei GAN ci sembra un percorso che, se fatto proprio da molti nodi
locali con persuasione, preparazione e organizzazione, potrebbe contribuire
a portare efficacemente le nostre tematiche sui nostri territori (magari
attraverso azioni concordate e simultanee, e dunque nazionali anche se non
concentrate), consentendoci di comunicare in maniera inedita e non
superficiale con i nostri concittadini. Questa sperimentazione potrebbe,
inoltre, favorire - almeno per quanto e' nelle possibilita' della Rete di
Lilliput - l'interruzione della spirale di confronto violento con tutte le
polizie del pianeta nel quale sta avvitandosi il "movimento dei movimenti",
ed avviare una strategia nuova e spiazzante - tanto rispetto agli apparati
repressivi abituati a confrontarsi con le manifestazioni di massa, quanto
rispetto alle persone che conoscono il nostro impegno e lavoro locale
quodidiano - con caratteristiche nonviolente, lillipuziane, reticolari. Non
ci chiamiamo forse Rete di Lilliput?
*
L'ordine del giorno della serata prevede: la presenzazione del "Progetto
GAN", la raccolta dell'interesse e dei bisogni formativi degli eventuali
aderenti, la progettazione di un seminario di approfondimento, la
definizione delle possibili linee guida e dei tempi di un percorso di
formazione.

9. MAESTRE. HANNAH ARENDT: DOVE LA VIOLENZA REGNA ASSOLUTA....
[Da Hannah Arendt, Sulla rivoluzione, Edizioni di Comunita', 1983, 1996, p.
12]
Dove la violenza regna assoluta, come per esempio nei campi di
concentramento dei regimi totalitari, non soltanto le leggi - "les lois se
taisent", secondo la formula della rivoluzione francese - ma ogni cosa e
ogni uomo sono condannati al silenzio. E' a causa di questo silenzio che la
violenza e' un fenomeno marginale nel campo politico; perche' l'uomo, nella
misura in cui e' un animale politico, e' dotato della parola. Le due famose
definizioni dell'uomo in Aristotele, che l'uomo e' un animale politico e che
e' dotato di parola, si integrano a vicenda ed entrambe si riferiscono alla
stessa esperienza nella vita della polis greca. Qui il fatto e' che la
violenza in se stessa e' incapace di linguaggio e non soltanto che il
linguaggio e' impotente di fronte alla violenza.

10. MAESTRE. SIMONE WEIL: UNA DUPLICE CATASTROFE
[Da Simone Weil, Sulla guerra. Scritti 1933-1943, Pratiche, Milano 1999, p.
98]
... Ne deriva che la guerra non solo e' una catastrofe, ma puo' essere
seguita soltanto da una pace che costituisce in se' una nuova catastrofe.

11. LETTURE. IGNAZIO BUTTITTA: LA MIA VITA VORREI SCRIVERLA CANTANDO
Ignazio Buttitta, La mia vita vorrei scriverla cantando, Sellerio, Palermo
1999, pp. 354, lire 15.000. Un'antologia del poeta di Bagheria (1899-1997),
con interventi di Carlo Levi, Leonardo Sciascia, Pier Paolo Pasolini,
Gianfranco Contini.

12. LETTURE. MASSIMO MASTROGREGORI: INTRODUZIONE A BLOCH
Massimo Mastrogregori, Introduzione a Bloch, Laterza, Roma-Bari 2001, pp.
186, lire18.000. Una presentazione della figura, della riflessione e
dell'opera di Marc Bloch, l'illustre storico assassinato dai nazisti nel
1944.

13. LETTURE. FRANCO VOLPI: DIZIONARIO DELLE OPERE FILOSOFICHE
Franco Volpi, Dizionario delle opere filosofiche, Bruno Mondadori, Milano
2000, pp. 1296, lire 75.000. Alcune voci sono poco piu' che informative, ma
altre costituiscono dei veri e propri saggi, talora decisamente pregevoli.

14. MATERIALI. ASPETTI PSICOLOGICI DELL'IMPEGNO NONVIOLENTO
[Il testo seguente, del 1999, e' parte di un capitolo del nostro lavoro La
nonviolenza contro la guerra, il testo integrale e' disponibile nella rete
telematica: www.peacelink.it/users/crp/nonviolenza]
Rispetto ad altre forme di impegno culturale, politico o sociale, la scelta
della nonviolenza ha, secondo la nostra interpretazione, alcune
caratteristiche peculiari:
a) si fonda sulla ragione e non sull'entusiasmo: naturalmente valorizza le
emozioni ma sempre ricondotte ad un impegno critico;
b) implica una limpida rigorizzazione del ragionamento e della condotta:
richiede una severa coerenza intellettuale e morale, e quindi
necessariamente anche una grande capacità di ascolto ed una incondizionata
disponibilità ad apprendere;
c) non offre garanzie né consolazioni: né certezze di vittoria o di
salvezza, né autorità ed automatismi che fungano da cinture di sicurezza;
tuttavia, facendo appello a un forte sentimento di integrità personale
intimamente connesso al più vasto slancio di solidarietà e di riconoscimento
della comune umanità, consente di gestire le ansie e relativizzare gli
scacchi in una più profonda ed insieme più ampia prospettiva di impegno
orientato al bene comune ed all'affermazione della propria dignità (bene
comune e dignità personale intesi come un inscindibile insieme);
d) propone un impegno di lotta che non terminerà che con la morte: ma questa
lotta (contro l'ingiustizia, contro la violenza, contro la menzogna; e
quindi: contro la sofferenza, contro il male, contro la morte stessa) è
ineludibile, ed è coessenziale alla nostra vita di senzienti e pensanti;
e) impone quindi una dialettica tra coscienza e mondo esterno (naturale e
culturale) particolarmente impegnativa: ad ogni passo chiede di assumere
responsabilità, di giudicare, e quindi di agire; ad ogni passo ci impone un
difficile confronto tra libertà e regole, tra creatività e necessità, tra
dovere morale e condizioni (e codificazioni) date.
In breve, la scelta della nonviolenza richiede studio, preparazione,
addestramento, disponibilità a soffrire, saldezza nel perseverare in ciò che
è giusto ad una analisi onesta, e saldezza nel perseverare in una condotta
costantemente benevola, leale e responsabile anche di fronte a condotte
scorrette, inique e violente da parte di altri. Infine richiede altresì una
ridiscussione costante della propria condotta ed una continua
reinterpretazione e reinvenzione di regole, orizzonti, abitudini, percorsi
di ricerca; rileggendo incessantemente la propria esperienza così come
faceva Gandhi che non casualmente intitolò la sua autobiografia "storia dei
miei esperimenti con la verità".
*
Una sintetica definizione preliminare
1. Per nonviolenza intenderemo qui un insieme di valori morali, di tecniche
di lotta e di proposte politiche organizzate in una coerente, seppur aperta
e sperimentale, teoria-prassi.
2. Definiamo  tale teoria-prassi col termine di nonviolenza, ed usiamo tale
grafia per distinguerla dalla mera assenza di violenza (la quale assenza di
violenza è peraltro concettualmente una nozione assai ambigua e sfuggente, e
praticamente una condotta semplicemente impossibile) ed indicarne invece la
natura positiva e l'impegno attivo; col quale termine di nonviolenza
traduciamo due distinti termini gandhiani: ahimsa (che potremmo tradurre
liberamente come ripudio della violenza, opposizione alla violenza; che
designa la nonviolenza dal punto di vista concettuale, come valore morale e
come oggetto logico-ontologico); e satyagraha (che potremmo tradurre
liberamente come forza della verità o anche adesione alla verità; che
designa la nonviolenza dal punto di vista operativo e metodologico, come
campo di condotte empiriche, di tecniche pratiche, di orientamenti
strategici; ma anche come inveramento effettuale di una scelta morale che
per esser tale non può restare inoperante nel mero ambito teoretico ma
richiede di essere realizzata ed autenticata in un impegno personale
immediato, politicamente ed esistenzialmente qualificato).
3. La nonviolenza così definita si fonda su un ragionamento, una scelta e
una condotta improntati a responsabilità, verità, amore, apertura all'
umanità.
4. La nonviolenza così definita si caratterizza per alcuni precisi princìpi:
rifiuto di uccidere e di provocare lesioni fisiche; rifiuto della menzogna;
rifiuto di commettere ingiustizia, di subire ingiustizia, di collaborare con
l'ingiustizia; coerenza tra mezzi e fini; esemplarità della condotta e
coscienza del costante riflesso educativo dei nostri atti; compiere solo
quelle azioni su cui si possa fondare la civile convivenza.
5. La nonviolenza così definita si realizza nel conflitto (e non nella
quiete); nella comunicazione (e non nella solitudine); nella trasformazione
(né nella conservazione, né nella distruzione); i tre termini indicati:
conflitto, comunicazione, trasformazione, costituiscono per la nonviolenza
una necessaria unità.
*
Scelte morali e coesione psicologica
Poiché la nonviolenza è eminentemente opposizione all'ingiustizia, chi la
sceglie sa di impegnarsi in una lotta consapevole e quindi intransigente,
meditata e quindi assai impegnativa sotto molti profili.
Occorre dunque che chi abbraccia l'impegno nonviolento sia cosciente che ciò
implica che dovrà sostenere il peso psicologico di una scelta di lotta che
può esporre a molti rischi, a condizioni di solitudine e di incomprensione;
che impone la rinuncia a vari privilegi, e implica la possibilità di
trovarsi in condizioni di difficoltà.
Occorre quindi avere la capacità di una adeguata elaborazione dei sentimenti
a queste situazioni esistenziali e sociali connessi; la capacità di  una
adeguata gestione dell"ansia; la capacità di efficacemente esercitare il
controllo e l'incanalamento costruttivo dell'aggressività; un atteggiamento
non represso e non repressivo.
E' ragionevole che prima ancora di impegnarsi nella lotta nonviolenta si sia
riflettuto su tutto ciò e si sia realisticamente valutata la propria
disponibilità e capacità a tutto ciò.
*
La nonviolenza in quanto comunicazione
La nonviolenza è eminentemente comunicazione; questo implica:
a) il riconoscimento dell'altro, il puntare sulla sua umanità;
b) interpretare la lotta come disvelamento, cooperazione, atto di amore al
bene e all'umanità;
c) antiautoritarismo ed antidogmatismo, ovvero atteggiamento critico ed
autocritico, contestazione radicale del "principio d'autorità" (anche verso
se stessi).
*
La scelta nonviolenta nel vivo del conflitto
La nonviolenza si realizza esclusivamente nel conflitto, essa valorizza il
conflitto e dove occorre lo suscita. La nonviolenza non è passività, fuga,
quieto vivere; essa è azione, impegno, responsabilità di fronte alle sfide e
agli appelli che la realtà pone. L'amico della nonviolenza porta nel
conflitto convincimenti profondi, obiettivi ponderati, capacità operative
concrete. Questo implica:
a) vivere positivamente la scelta del conflitto;
b) la consapevolezza che l'azione nonviolenta è sempre anche educazione (ed
autoeducazione),
c) la capacità di ridefinire i problemi;
d) la capacità di far evolvere le situazioni e i conflitti;
e) la capacità di ascolto e cooperazione anche con l'avversario rispetto a
fini sovraordinati che entrambe le parti condividono o apprezzano;
f) la capacità di contestualizzazione di princìpi, analisi, scelte.
Con particolar riferimento a se stessi, tutto questo implica inoltre:
g) rifiuto della subalternità e del vittimismo;
h) essere consapevoli della propria forza che è inerente alla propria
integrità (ovvero alla propria onestà intellettuale e morale);
i) capacità di mantenere costantemente l'iniziativa.
Con particolar riferimento alla controparte tutto quanto precede implica
altresì:
l) non minacciarne l'annientamento in quanto essere umano;
m) offrirgli sempre una soluzione onorevole del conflitto.
Con particolar riferimento al rapporto tra antagonisti nel conflitto:
n) percepirlo e presentarlo anche come occasione di incontro;
o) costantemente mirare ad umanizzare la relazione attraverso un forte
impegno comunicativo e propositivo;
p) percepire e presentare il rapporto non in termini di esclusione e di
annullamento dell'altro, ma di compresenza e di impegno comunque comune,
evidenziando che un conflitto è sempre anche un atto cooperativo, e che le
sue dinamiche sono congiuntamente costruite dalle parti;
q) puntare con la propria azione alla più ampia corresponsabilizzazione
possibile;
r) saper sempre distinguere l'oggetto contro cui si combatte dalla persona o
le persone con cui si combatte, e prefiggersi costantemente un rapporto
costruttivo con la parte avversa, riconoscendone le ragioni, offrendo
proposte di onesto e valido compromesso, non schiacciandola mai in
situazioni insostenibili e senza alternative;
s) mirare costantemente a ridurre la violenza, a ricercare terreni di
intesa, a costruire rapporti di fiducia.
*
Valori e comportamenti nonviolenti
a) La noncollaborazione con l'ingiustizia: che della proposta nonviolenta è
la chiave di volta, infatti l'idea centrale della nonviolenza come forma di
lotta contro l'ingiustizia è che il potere ingiusto per realizzare il suo
dominio ha bisogno della complicità o almeno della passività delle sue
vittime; il primo passo della presa di coscienza e della lotta nonviolenta è
appunto la rottura della complicità, la cessazione della passività dinanzi
all'ingiustizia.
b) La nonuccisione e il rifiuto di provocare lesioni fisiche agli avversari:
tale scelta ha spesso anche l'effetto di ridurre la violenza del'avversario,
e comunque costituisce già essa sola una rilevante umanizzazione del
conflitto e riduce consistentemente la violenza complessiva indicando
concretamente altresì una diversa e più civile gestione del conflitto.
c) La nonmenzogna: essa è ugualmente fondamentale, ed implica altresì il
rifiuto del segreto, della sorpresa, del sotterfugio; è eminentemente
democratica, rinforza la nostra autorevolezza morale, favorisce la
costruzione della fiducia (e incidentamente ci mette al riparo dai
provocatori).
d) La coerenza tra mezzi e fini: ribaltando la massima secondo cui il fine
giustifica i mezzi, la nonviolenza afferma che i mezzi violenti corrompono
anche i fini migliori; è di grande efficacia la similitudine gandhiana per
cui tra mezzi e fini intercorre lo stesso rapporto che tra il seme e la
pianta.
e) Il principio responsabilità: ognuno deve sentirsi responsabile di tutto;
ognuno deve avere a cuore le sorti di tutti; ognuno deve sentire la
solidarietà con l'umanità intera; ognuno deve agire in modo che la sua
condotta e la logica che la ispira possa essere ripetuta e riutilizzata in
ogni circostanza analoga ed essere sempre moralmente valida (e possa quindi,
per così dire, essere istitutiva di una legislazione universale, echeggiando
la formula kantiana).
f) Ogni azione è anche educazione: quindi ogni azione deve essere motivata,
comprensibile, coerente con il fine del riconoscimento e della promozione
della dignità umana.
*
Dialettiche della nonviolenza
La nonviolenza come tanta parte della cultura contemporanea richiede la
capacità di fronteggiare situazioni caratterizzate da indeterminazione,
contraddizione, complessità; richiede quindi un atteggiamento critico e
creativo.
In particolare a noi sembra che l'adesione alla nonviolenza implichi altresì
la capacità di sostenere psicologicamente una scelta che ha caratteristiche
esistenziali fondamentalmente connotate da duplicità e dinamismo, e richiede
pertanto un notevole "spirito di finezza", ovvero una duttilità ed un'
attenzione, un atteggiamento di apertura e di interpretazione, che è del
tutto incompatibile con atteggiamenti rozzi ed autoritari, prepotenti o
servili, predicatòri e dogmatici. La nonviolenza è rivoluzione aperta, e
richiede una personalità ironica e paziente, serena e tenace, combattiva ed
antiautoritaria. Indichiamo qui di seguito alcuni profili psicologici
implicati dalla scelta dell'impegno nonviolento:
a) rinnovamento, ma anche ritrovamento;
b) rottura, ma anche fedeltà;
c) apertura, ma anche approfondimento;
d) ricerca, ma anche saldezza;
e) responsabilità come impegno personale nella dimensione collettiva;
f) dialettica tra coscienza (come autonomia morale e responsabilità
personale) e legge (come regole sociali);
g) essere ad un tempo dei persuasi (è la bella formula di Aldo Capitini) ed
insieme dei perplessi (è la non meno bella formula di Norberto Bobbio).
*
Un problema persistente: la violenza
Ovviamente la nonviolenza si contrappone alla violenza, ribadirlo è fin
tautologico.
Ma questo non risolve tutti i problemi, poiché la violenza è comunque una
realtà, ed il lottare contro di essa implica evidentemente un certo grado di
esercizio della forza, che intende certo essere anche persuasiva, ma che
nondimeno è altresì coercitiva. Inoltre non è banale porre il problema che
se il fine della nonviolenza è quello di contrastare la violenza, ovvero di
ridurla per quanto possibile, ciò implica necessariamente non una sorta di
astensione assoluta dall'azione, ma agire nel modo più radicalmente
contrario alla violenza, ovvero nel modo più efficace e coerente possibile.
Qui si aprono numerosi problemi degni di discussione, su cui ha spesso
particolarmente insistito nelle sue fini e rigorose analisi Giuliano
Pontara, ma che nessuno dei grandi protagonisti delle lotte nonviolente ha
mai eluso, da Gandhi a Lanza del Vasto, da Aldo Capitini a Martin Luther
King, da Danilo Dolci a Lorenzo Milani, a molti altri. Le impostazioni sono
state molto varie, e le risposte anche. A titolo d'esempio e per un primo
accostamento rinviamo a Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi,
Torino; e ad AA. VV., Violenza o nonviolenza, Linea d'ombra, Milano.
*
Un'ipotesi etico-politica
Il nostro approccio alla nonviolenza non è di tipo essenzialista, o
metafisico; non implica un fondamento religioso o ontologico. Il nostro,
quello che qui proponiamo, è un approccio meramente razionale. Naturalmente
altri studiosi e soprattutto molti attivisti della nonviolenza, hanno
approcci diversi, in cui il riferimento religioso o metafisico è
assolutamente determinante. Il nostro apporccio è più modesto e limitato;
tuttavia proprio per questo esso presenta forse il vantaggio di essere più
agevolmente discutibile -ed eventualmente accoglibile- in quanto non
presuppone l'accettazione di questioni di principio talmente cruciali,
peculiari e impegnative per cui diviene impossibile addivenire ad un accordo
se si muove da diverse posizioni filosofiche, religiose, politiche,
esistenziali. Abbiamo la presunzione di ritenere che l'approccio da noi
proposto consente di discutere la nonviolenza a partire da posizioni anche
molto diverse e -ciò che più conta- mantenendole (ovviamente, con la
nonviolenza arricchendole ed eventualmente approfondendole qualora essa
venisse accolta ed integrata nel proprio sistema di idee generali); abbiamo
la speranza che l'approccio da noi proposto sia compatibile con diverse
posizioni religiose (ateismo compreso), con diverse posizioni politiche
(nell'ampio campo che va dal liberalismo al comunismo, dalle varie proposte
democratiche, personaliste, socialiste, fino all'anarchia), con diverse
posizioni filosofiche e morali (gli studi di Giuliano Pontara, in
particolare, hanno apportato decisivi contributi in questo ambito).
Detto questo, vorremmo tuttavia aggiungere due specificazioni ulteriori che
in qualche misura contribuiscono a fondare il nostro approccio, che
proponiamo come ipotesi di lavoro ma alle quali almeno noi siamo molto
legati, e che sono le seguenti.
a) Un'etica della felicità sobria: è resa particolarmente necessaria dalla
consapevolezza ecologica; dall'esigenza di una giusta ripartizione delle
risorse e dalla cognizione della loro scarsità ed esauribilità; dall'impegno
al riconoscimento ed alla promozione dei diritti umani per tutti gli esseri
umani. La scelta della nonviolenza non è una scelta masochista, ma di
liberazione; la sua prospettiva è la felicità umana per quanto essa sia
realizzabile nel quadro di una condizione biologica caduca e peritura. La
felicità possibile e generalizzabile è una felicità sobria, e quindi saggia,
rispettosa degli altri e della biosfera, conviviale, accogliente, sollecita,
sensibile.
b) Un fondamento gnoseologico fallibilista: che è indispensabile cuore della
democrazia: la coscienza della nostra fallibilità è l'assioma su cui
fondiamo il nostro atteggiamento razionale e ragonevole tanto in ambito
teoretico quanto in ambito pratico, nella logica, nella morale, nella
politica; senza questa consapevolezza non si dà democrazia, non si danno
piene libertà, non si danno uguaglianza e diversità. La pretesa di
infallibilità è sempre antiscientifica, immorale, antidemocratica,
totalitaria; coercitiva e coatta sul piano della psicologia come su quello
del diritto, sul piano sociale come su quello esistenziale; essa lede
radicalmente lo sviluppo della cultura e la civile convivenza, e denega la
dignità personale. Poiché nelle aree culturali di prevalente riferimento per
le persone maggiormente impegnate per la pace e la liberazione
frequentissimamente dominano visioni del mondo chiuse, rigide, con pretese
onniresponsive, ci permettiamo di insistere energicamente su questo punto:
il nesso tra libertà e fallibilità, la necessità di un approccio
fallibilista (non ci dilunghiamo oltre rinviando piuttosto al brillante
agile libro di Dario Antiseri, Liberi perché fallibili, Rubbettino, Soveria
Mannelli 1995).

15. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA TOMASO SERRA A GIULIANA
SGRENA

* TOMASO SERRA
Profilo: nato a Lanusei nel 1900 e scomparso a Barrali nel 1985,
antifascista, anarchico, miliziano nella guerra di Spagna, fondatore della
collettività anarchica di solidarietà di Barrali. Opere su Tomaso Serra:
Costantino Cavalleri, L'anarchico di Barrali, primo volume, Editziones de s'
arkiviu-bibrioteka «T. Serra», Guasila 1992.

* RENATO KIZITO SESANA
Profilo: missionario comboniano, uomo di pace.

* FREDIANO SESSI
Profilo: scrittore, studioso della Shoah. Opere di Frediano Sessi:
fondamentale lo studio Auschwtz 1940-1945, Rizzoli, Milano 1999. Oltre ad
aver scritto vari romanzi ed opere per ragazzi, ha curato l'edizione
italiana definitiva del Diario di Anna Frank, e l'edizione italiana de Il
ghetto di Varsavia di Mary Berg, Il libro ritrovato di Simha Guterman, Il
diario di David Sierakowiak, La distruzione degli ebrei d'Europa di Raul
Hilberg.

MICHELLE SFORZA
Profilo: ricercatrice di "Public Citizen", una delle più importanti
organizzazioni ambientaliste e di difesa dei consumatori americani
(promotrice tra l'altro del controvertice di Seattle). Opere di Michelle
Sforza: con Lori Wallach, WTO. Tutto quello che non vi hanno mai detto sul
commercio globale, Feltrinelli, Milano 2000 (edizione economica: 2001).

GIULIANA SGRENA
Profilo: impegnata nei movimenti per la pace, delle donne e di solidarietà,
scrive sul "Manifesto". Opere di Giuliana Sgrena: (a cura di), La schiavitù
del velo, Manifestolibri, Roma 1995; Kahina contro i califfi, Datanews, Roma
1997.

16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

17. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ;
angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 253 del 9 ottobre 2001