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La nonviolenza e' in cammino. 253
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 253
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 9 Oct 2001 03:47:43 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 253 del 9 ottobre 2001 Sommario di questo numero: 1. Agostino, il prossimo 2. Peppe Sini, che fare 3. Giobbe Santabarbara, separarsi dai violenti 4. Enrico Peyretti, la guerra e' crimine e stoltezza 5. Silvano Tartarini, incontriamoci il 12 ottobre a Perugia per la nonviolenza 6. Servizio odc e pace dell'Associazione Comunita' Papa Giovanni XXIII: appello per un corpo civile di pace, incontriamoci a Perugia il 13 ottobre 7. Pax Christi: il lutto della ragione 8. Associazione Resistenza e Pace: il 18 ottobre a Reggio Emilia per la nonviolenza 9. Hannah Arendt, dove la violenza regna assoluta... 10. Simone Weil, una duplice catastrofe 11. Letture: Ignazio Buttitta, La mia vita vorrei scriverla cantando 12. Letture: Massimo Mastrogregori, Introduzione a Bloch 13. Letture: Franco Volpi, Dizionario delle opere filosofiche 14. Aspetti psicologici dell'impegno nonviolento 15. Per studiare la globalizzazione: da Tomaso Serra a Giuliana Sgrena 16. La "Carta" del Movimento Nonviolento 17. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONI. AGOSTINO: IL PROSSIMO [Questa citazione del grande pensatore africano Aurelio Agostino, vecovo d'Ippona (Sant'Agostino, per chi altrimenti non lo riconoscerebbe), abbiamo trovato in Julia Kristeva, Etrangers a nous-memes, Fayard, Paris 1988, Gallimard (nella collana Folio, naturalmente) Paris 1991, 1998, p. 124, che rinvia a De Discip. Christ., III, 3] Ogni uomo ha per prossimo tutti gli uomini. 2. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: CHE FARE [L'autore ha concluso oggi un digiuno di condivisione, meditazione e preparazione all'azione diretta nonviolenta, questo intervento e' stato scritto ieri] E' un'ora di grande dolore e di profonda tristezza. * Per contrastare il terrorismo e' necessario fermare la guerra I piani dei terroristi stanno avendo prosecuzione: alle vittime delle abominevoli stragi dell'11 settembre altre vittime si vanno aggiungendo. La legalita' e' stata violata non solo da un'organizzazione criminale terroristica, ma essa e' riuscita a trascinare in tale violazione anche alcuni degli stati piu' importanti del mondo. E' in corso una guerra senza alcuna regola, senza alcun controllo. La guerra voluta dai terroristi che con i massacri di settembre proprio a questo puntavano, a scatenare un conflitto armato mondiale, una guerra che riproduce ed amplifica ed alimenta il terrorismo stesso. Una guerra che non restera' concentrata in un teatro ristretto ma ha gia' un'estensione planetaria e che puo' degenerare in ua vera e propria guerra mondiale. E dopo Auschwitz ed Hiroshima noi sappiamo che un conflitto bellico mondiale puo' provocare la fine della civilta' umana. Tanti e tali sono gli arsenali sparsi sul pianeta, che la possibilita' di una catastrofe senza precedenti non e' remota. * L'ONU fermi la guerra Occorre fermare la guerra. Occorre che l'ONU questo imponga, e che sostituisca la sua autorita' ed il suo intervento alla tremenda e irresponsabile follia in corso. Il crimine va perseguito con il diritto: con l'azione di polizia e le corti di giustizia. La guerra e' sempre "omicidio di massa". La guerra in corso confligge flagrantemente con la Carta delle Nazioni Unite e con gli stessi accordi sottoscritti in sede Nato. L'Italia poi non puo' aderire a questa guerra, anche in forza dell'art. 11 della Costituzione, che esplicitamente la proibisce. * Il Parlamento italiano ripudi la guerra e difenda la legalita' Un appello rivolgiamo al Parlamento italiano: voti contro la guerra, difenda la legalita', salvi tante vite umane. * Il movimento per la pace scelga la nonviolenza E un appello rivolgiamo a quanti da ieri sera si stanno impegnando contro la guerra: non basta essere contro la guerra, occorre essere per la pace. E dunque occorre opporsi sia alla guerra che al terrorismo, occorre opporsi a tutti i terrorismi e a tutte le guerre, occorre opporsi alla violenza. Solo facendo la scelta della nonviolenza si diviene autentico movimento per la pace, si e' donne e uomini di pace. Si separi dunque il movimento per la pace dai provocatori, dagli ambigui, dai violenti. Qualifichi dunque il movimento per la pace la sua riflessione ed azione nell'unico modo possibile, necessario, utile: facendo la scelta della nonviolenza. Possiamo e dobbiamo contrastare la guerra, ma per farlo dobbiamo essere limpidi nelle motivazioni, nei ragionamenti, nell'agire: occorre fare la scelta della nonviolenza. * Tre cose da fare E fatta la scelta della nonviolenza dobbiamo contrastare la guerra e il terrorismo, difendere la legalita' e le vite umane in pericolo, facendo tre cose: - l'azione diretta nonviolenta per opporci operativamente, concretamente e non solo simbolicamente, alla macchina bellica; - la disobbedienza civile di massa (quella vera, onesta, luminosa, non le antitetiche mascalzonaggini e follie spacciate sotto questa etichetta nei mesi scorsi in Italia); - lo sciopero generale. * Al termine di questa giornata Al termine di questa giornata concludero' il mio digiuno (un digiuno, non uno sciopero della fame, per illimpidire me stesso, non per offendere chicchessia): sono debilitato; la mia non piu' giovane eta' non mi giova; e credo che nei prossimi giorni avro' bisogno di tutte le mie energie, per flebili che possano essere. Un grazie dal profondo del cuore a tutte le amiche e gli amici che in questi giorni mi hanno espresso solidarieta', comprensione, condivisione, sollecitudine. Ed un invito ad un ancor piu' nitido e persuaso impegno di tutti contro tutte le violenze, contro tutti i terrorismi, contro tutte le guerre. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 3. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: SEPARARSI DAI VIOLENTI [Giobbe Santabarbara esprime il punto di vista del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo] Il movimento per la pace, se vuole essere tale e non solamente contro la guerra (o ancor peggio: contro una sola guerra, tacendo su altre o addirittura inneggiandovi), deve fare delle scelte precise. a) Deve separarsi da chi e' ambiguo sulla violenza. Tre esempi inquietanti tra molti altri citabili: nel 1999 ai cortei pacifisti in Italia c'erano spezzoni che inneggiavano a Milosevic, e spezzoni che inneggiavano all'Uck. Nella solidarieta' con il popolo palestinese non e' infrequente sentire, e non solo da ragazzini che solo oggi si affacciano all'impegno politico, ragionamenti che sono del piu' tipico antisemitismo nazista. Chi ha organizzato le giornate di Genova ha tollerato di stare al fianco di (anzi: ha fatto da piedistallo e complice a) chi ha perseguito per mesi l'obiettivo di arrivare a uno scontro violento con le forze dell'ordine (le dichiarazioni di guerra, l'invasione della zona rossa), e nuovamente il sangue ha bagnato le strade. Occorre che chi vuole essere parte dell'impegno per la pace faccia un severo esame di coscienza. Occorre innanzitutto separarsi dagli idolatri della violenza, che sono complici delle guerre e del terrore anche quando presumono di esserne avversari. b) Ma questo ancora non basta: occorre anche fare la scelta della nonviolenza. Perche' per contrastare la guerra non bastano i convegni e i cortei, le petizioni o le veglie. Occorre l'azione concreta per concretamente contrastare la macchina che la guerra stragista esegue e il potere che la guerra illegale decide. Occorre l'azione diretta nonviolenta. Ovvero affrontare e sconfiggere la violenza e i suoi apparati sul campo. Ovvero difendere la legalita' e i diritti umani, di cui la guerra come il terrorismo e' una flagrante e pluriomicida vioazione; e per difendere la legalita' e i diritti umani occorre un'azione limpida e coerente, fondata sul ripudio di tutte le violenze, di opposizione a tutte le violenze: occorre l'azione diretta nonviolenta. Ma perche' azione diretta nonviolenta possa darsi, occorrono concreti esseri umani persuasi della nonviolenza. Ed occore dunque che il movimento per la pace faccia questa scelta, la scelta della nonviolenza. Solo la nonviolenza, come ripete sempre quel vecchio barbogio, puo' salvare l'umanita'. 4. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: LA GUERRA E' CRIMINE E STOLTEZZA [Enrico Peyretti e' impegnato in questi giorni in una vieppiu' intensa opera nonviolenta di rischiaramento delle coscienze e smascheramento delle menzogne. Riportiamo qui due suoi interventi odierni. Per contatti: peyretti at tiscalinet.it] * Una lettera a una trasmissione radiofonica 1. E' stato detto: è giusto punire i terroristi. Chi ha diritto di "punire", a freddo, dopo un mese? Il giudice in causa propria e' giudice illegittimo, ingiusto. Se questa e' punizione, sara' "punizione" anche il prossimo attentato promesso dai terroristi? Dal punto di vista inaccettabile e orrendo dei terroristi, era "punizione" anche l'attacco dell'11 settembre. La catena delle vendette uccide l'umanita'. "Occhio per occhio rende il mondo cieco" (Gandhi). Bush, e chi e' con lui, non ha diritto di equiparare ai terroristi chi non e' con lui. Questa logica costrittiva di guerra e' violenza massima. Per la guerra di vendetta, specialmente coi mezzi distruttivi di oggi, non esiste una causa giusta. Allora? Subire il terrorismo? Niente affatto! Ci sono alternative, se le si vuole (vedi punto 3). 2. Mi ripugna la naturalezza con cui i media in genere parlano della guerra. La guerra e' l'anti-politica. La guerra e' sempre evitabile. E' un semplicismo fallimentare. E' soltanto uccidere e distruggere, moltiplicare l'odio. Chi sceglie o accetta la guerra e' contro l'umanita'. 3. Allego di seguito la lettera che scrissi a Ciampi il 13 settembre, 48 ore dopo il mostruoso attentato di New York, e che centinaia o migliaia di persone gli hanno spedito con la loro firma. Se l'Italia decide la guerra, io sono con l'umanita' futura e contro questa Italia, con ogni possibile resistenza nonviolenta. Signor Presidente, La supplico di agire perche' alla strage disumana compiuta negli Stati Uniti nessuno risponda con la vendetta militare. Proprio perche' quel crimine colpisce tutta l'umanita', deve essere un tribunale che rappresenta l'intera comunita' dei popoli umani a compiere le indagini ed emettere il giudizio con tutte le garanzie giuridiche. Ad un crimine, per quanto grande, non si risponde con la guerra. La guerra non sarebbe un giusto giudizio penale, nella luce della ragione, della morale e della legge, ma un nuovo crimine che spingerebbe ulteriormente il mondo nel buio mortale dell'odio e della distruzione. In nome della vita e della civilta', nell'ora del massimo pericolo, La supplico di scongiurare la guerra con l'impegnativa autorita' che Le da' la nostra Costituzione pacifica. Se l'Italia sara' in guerra, io non ci saro'. Lo giuro. * * Un commento a una presa di posizione La guerra non solo uccide vite umane e distrugge condizioni di vita, ma uccide la liberta' e la democrazia, la ricerca della verita' e semplicemente la politica. La dichiarazione ingenua di questi giovani [ieri una nota dell'agenzia di stampa Ansa riportava che i giovani del Ccd, un partito di governo, hanno richiesto l'annulamento della marcia per la pace Perugia-Assisi -ndr- ] rivela la mentalita' di chi oggi governa l'Italia. Non c'e' solo l'emergenza pace. C'e' l'emergenza democrazia. Quando si vuol far tacere la politica c'e' pericolo di tirannia. Se non si puo' discutere la guerra, e' perche' la guerra e' una dittatura, e' letteralmente un "totalitarismo", cioe' la pretesa superba e folle di avere tutte le ragioni e di poterle imporre con la morte. Invece noi discutiamo la guerra e manifestiamo sulla piazza virtuale come sulle piazze delle nostre citta': no alla guerra, no anche a questa guerra. E manifestiamo in modo nonviolento, che significa senza fare violenza alcuna, non soltanto, ma con la sola e chiara forza dell'anima che cerca la verita' della giustizia solidale tra tutti i popoli, prima legge dell'umanita'. Chi gridasse contro la guerra facendo violenza riprodurrebbe cio' che crede di ripudiare. La critica non e' un crimine e il crimine non e' una critica. A chi ci accusasse, come ha fatto Bush, di essere coi terroristi se non siamo con la sua guerra, rispondiamo che respingiamo il suo ricatto indecente e totalitario. Nessuno e' lontano dal terrorismo come i persuasi della nonviolenza. Nessuno come gli eserciti gli e' vicino. Al terrorismo si doveva certamente rispondere, ma si poteva e si doveva farlo con altri mezzi dalla guerra: la solidarieta' civile dei popoli, la costruzione della giustizia economica, un giudizio imparziale e certo, emesso da un tribunale internazionale indipendente, come esige la civilta' giuridica antica e moderna, che ogni guerra rimanda indietro, nella barbarie. La guerra imita e prolunga il terrorismo. Se non bastassero gli argomenti nobili, considerino i sostenitori della guerra che c'e' da temere che essa inciti altri disperati, plagiati ed usati da freddi calcolatori, a nuovi attentati. L'uomo-bomba e' invincibile, e' l'arma assoluta. L'unica difesa e' levargli motivi e pretesti di uccidere uccidendosi. La guerra gli da' nuovi motivi. La guerra e' crimine e stoltezza. 5. INCONTRI. SILVANO TARTARINI: INCONTRIAMOCI IL 12 OTTOBRE A PERUGIA PER LA NONVIOLENZA [Silvano Tartarini e' tra gli animatori dell'esperienza dei "Berretti bianchi". Per contatti: via F. Carrara 209, 55042 Forte dei Marmi (LU), fax 0584735682, cell. 3357660623, e-mail:bebitartari at bcc.tin.it, sito: www.peacelink.it/users/berrettibianchi] Cari amici, ho parlato ora con Gabriele De Veris che si sta occupando dell'organizzazione della Perugia-Assisi e vi confermo che l'incontro, da noi sollecitato, per una riflessione tra le ong nonviolente si terra' a Perugia venerdi 12 ottobre presso il Palazzo dei Priori dalle ore 20,30 alle ore 22,30. Gabriele mi fara' sapere in quale stanza ci potremo riunire e io vi informero'. Antonella Sapio di Napoli si prestera' per facilitare i lavori. Nel notiziario del Centro di ricerca per la pace di Viterbo sono gia' comparsi vari interventi utili per costruire una progettualita' che si opponga alla guerra (di particolare interesse mi pare l'intervento dei Beati Costruttori di Pace, ma anche di altri). Io unisco qui una mia proposta che vorrebbe portare un contributo e aprire una discussione al nostro interno. * Da ieri sono iniziati i bombardamenti in Afghanistan. E ormai, si puo' dire: come al solito, ci sentiamo addosso una certa impotenza. Tuttavia, credo che gli amici della nonviolenza possano fare qualcosa. Al proposito vorrei sottoporvi questa mia idea ( da verificare attentamente) per un nostro intervento di pace in Afghanistan, articolata solo brevemente per punti. a) In Afganistan e' gia' presente Emergency e ci sono persone a rischio di morte nelle galere afghane. Queste persone, dopo l'attacco, rischiano di piu' perche' fanno parte di ong occidentali. b) Una presenza del pacifismo occidentale (possibilmente con aiuti umanitari) sul territorio afghano sarebbe una valida opposizione al terrorismo e una risposta di verita' e di pace. Creerebbe comunque distensione. c) Avremmo informazioni di prima mano, che seppure certamente parziali, potrebbero risultare determinanti per la comprensione della situazione futura che si verra' a creare. A quali condizioni si ritiene possibile un intervento? a) Che lo faccia proprio se non l'intero movimento pacifista, una sua larga parte, radicata nella nostra societa' civile. Una volta che si fosse data questa prima condizione, le ong pacifiste dovrebbero comunicare al nostro governo la loro intenzione di intervenire in Afghanistan (quale migliore scenario della Perugia-Assisi?) chiedendo al nostro governo di finanziare l'impresa. b) Nella richiesta al nostro governo di finanziare l'impresa dovremo far presente che, in caso di accettazione, il costo sarebbe insignificante e non potrebbe risultare di ostacolo in alcun modo. Si potrebbe quantificare il tutto in 200 milioni per un gruppo di 50 persone. Ovviamente la spesa sara' inferiore se saremo di meno. E' molto facile che il nostro governo non sia comunque d'accordo. Dovremo, allora, ricordare al governo che andremo a combattere il terrorismo e a portare aiuto umanitario, quello stesso che, unitamente alle bombe, intendono dare gli alleati e non si capisce perche' dovrebbero negarci questa possibilita'. L'attentato dell'11 settembre e' stato un crimine contro tutta l'umanita' e noi andiamo a difendere questa umanita' di cui siamo parte ovunque e' ancora offesa, perche' non lo sia mai piu', contro ogni violenza e quindi contro il terrorismo di oggi e contro la guerra in atto. Il finanziamento istituzionale ci permetterebbe quella "credibilita'" minima necessaria all'intervento. Se il tutto risultasse, tuttavia, impossibile, almeno ci avremmo provato e questo darebbe forza alle nostre idee. Ovviamente, il tutto necessita di una migliore articolazione, che potremo fare assieme, ma mi premeva inviarvi la sostanza della proposta. Per quanto riguarda le 50 persone, non dovrebbero esserci particolari problemi. Sono ormai parecchie le persone che hanno sommato una esperienza in zona di conflitto e inoltre esistono varie organizzazioni (i Beati i costruttori di pace, la Papa Giovanni, i berretti bianchi, i caschi bianchi e altri). Il primo problema e' certamente nell'adesione di una vasta area del nostro associazionismo e nella presa di posizione del governo. L'Abate, da me sentito su questa proposta, ritiene - e io sono d'accordo - che dovremmo chiamare in causa l'ONU e ricordava per questo la presenza dei profughi al confine in Pakistan. Per tornare alla possibilita' che l'intervento di pace sia finanziato dal nostro governo, credo che, nel caso si trovi un accordo tra noi, bisognera' prendere contatti con un sottosegretario agli Esteri e sondare cosi' il nostro progetto. Per fare questo la Perugia-Assisi arriva troppo presto. Si potrebbe, tuttavia, annunciare che gli amici della nonviolenza e/o il movimento della pace stanno studiando la possibilita' di un intervento. Non comunicare una decisione ma comunicare una possibilita'. Ci vediamo a Perugia. 6. UN APPELLO. SERVIZIO ODC E PACE DELL'ASSOCIAZIONE COMUNITA' PAPA GIOVANNI XXIII: APPELLO PER UN CORPO CIVILE DI PACE, INCONTRIAMOCI A PERUGIA IL 13 OTTOBRE [Volentieri diffondiamo questo appello promosso dal servizio obiezione di coscienza e pace dell'associazione comunita' papa Giovanni XXIII (e-mail: odcpace.apg23 at libero.it) con la collaborazione dell'associazione Peacelink] Nei giorni della marcia della pace Perugia-Assisi e dell'assemblea dell'ONU dei popoli proponiamo di riflettere sulla creazione di un Corpo Civile di Pace, come impegno in risposta alle situazioni di conflitto presenti in molti paesi del mondo. Migliaia di persone sono morte nell'attentato di New York e Washington, mentre in Afghanistan continuano a morirne molte altre per la fame, il freddo, il terrore e le malattie, che hanno colpito il paese ancora prima delle azioni militari. Sono tutte vittime civili: lavoratori, anziani, donne e bambini. Noi, come civili, affermiamo il diritto di stare accanto a chiunque subisca violenza, difendendoci e difendendo gli altri con strumenti nonviolenti. Per questo vi proponiamo di collaborare con impegno, per la ricerca comune di una via d'uscita alle situazioni di guerra. Alla Perugia-Assisi vorremmo sottolineare, marciando insieme, la necessita' di una risposta concreta al dramma dei popoli coinvolti nelle guerre, per organizzare e dare voce alla miriade di gruppi e di singole persone, coinvolti o intenzionati a coinvolgersi, in azioni e progetti di riconciliazione. Vorremmo inoltre avviare un dibattito politico per la creazione da parte dell'Unione Europea e degli Stati membri, di un Corpo Civile di Pace, auspicato anche dal Parlamento Europeo con risoluzione n. A4-0047/99. Proponiamo inoltre un "arruolamento" al Corpo Civile di Pace come assunzione piena di responsabilita' rispetto ai "venti di guerra" e alle decine di conflitti sparsi per tutto il mondo. I nomi raccolti in un apposito banchetto (sabato 13 a Perugia e domenica 14 ottobre in piazza S. Maria degli Angeli ad Assisi) verranno consegnati al Presidente della Repubblica Ciampi e al Presidente dell'Unione Europea Prodi. - Per prepararci alla marcia e per discutere assieme sulle prospettive dell'iniziativa civile in zone di conflitto, vi invitiamo ad un incontro aperto a singoli ed associazioni presso la Sala della Provincia, Aula Magna "Casa dell'associazionismo", in via della viola 1 a Perugia. Per marciare insieme, l'appuntamento e' alle ore 8.30 a Borgo XX Giugno oppure a Ponte San Giovanni alle 9.30-10 facendo attenzione al passaggio dello striscione "Corpo civile di pace". L'iniziativa e' promossa dall'Associazione Comunita' Papa Giovanni XXIII, con la collaborazione dell'Associazione PeaceLink. Prime adesioni: Associazione per la pace, Centro di ricerca per la pace. Per informazioni: - Associazione Papa Giovanni XXIII, Giovanni Grandi, tel. 3482488126, e-mail: giograndi at libero.it - Associazione PeaceLink, Carlo Gubitosa, tel. 3492258342, e-mail: c.gubitosa at peacelink.it Prenotazione alloggio: Servizio condivisione giovani, Ugo Grigio cell. 3393125670, e-mail: ugogrig at tin.it (portare saccoapelo e stuoino, pasti al sacco, costo per chi dorme lire 5.000, ritrovo di sabato 13 ottobre ore 17.00, presso la sede dell'incontro in via della Viola 1 a Perugia. 7. RIFLESSIONE. PAX CHRISTI: IL LUTTO DELLA RAGIONE [Pax Christi e' un importante movimento cattolico per la pace. Per contatti: paxchristi at tiscalinet.it] L'11 settembre l'umanita' aveva fatto un balzo indietro. Il 7 ottobre ne ha fatto un altro. Non possiamo esimerci dalla condanna dell'attacco militare sferrato dagli Usa e dai loro alleati contro l'Afghanistan, perche' ancora una volta si fa affidamento sulla forza delle armi piuttosto che sulla forza della ragione, sulla violenza dei missili piuttosto che sul diritto internazionale, sulla potenza di fuoco invece che sul dialogo e sulla capacita' di estirpare alla radice le motivazioni che portano tanti ad aderire al terrorismo. L'umanita' avrebbe potuto meglio rialzarsi dall'orrore provocato a Washington e New York dimostrando di aver compreso che la sofferenza ha lo stesso colore a tutte le latitudini e che la lezione della storia mostra come la violenza non ha mai aiutato la ricerca della verita', il trionfo della giustizia e il godimento della pace piena. Per questo motivo abbiamo coscienza che gli attacchi missilistici ed aerei servono a prolungare il lutto della ragione inaugurato tragicamente con le stragi dell'11 settembre. In questo momento ci pare che due strumenti rimangano nelle mani dei poveri: - La preghiera che da credenti nell'unico Dio vorremmo si alzasse forte e insistente da tutti i confini della terra. Al Dio della pace chiediamo di convertire il cuore dei violenti, di far tacere il fragore delle armi, di illuminare la mente dei governanti e dei leaders. La preghiera - autentica e profonda - fornisce una luce nuova per riconoscere le persone anche laddove altri vedranno solo i nemici, per continuare ad alimentare la speranza e per comprendere ancora che "e' durante il diluvio che bisogna mettere da parte le sementi" come ci ricordava don Tonino Bello. - Le Nazioni Unite nella cui autorevolezza continuiamo a porre la nostra fiducia. E' proprio in questa ora drammatica che ci aspetteremmo uno scatto di dignita' del "governo mondiale" per decretare il superamento della guerra e l'avvento dell'era nuova del diritto. La civilta' si riconosce soprattutto dalla capacita' che ha di far uso della forza del diritto e non del preteso diritto della forza. Intervenga con voce autorevole il Segretario Generale dell'ONU a ricordare gli stessi fini per cui - allíindomani di un'altra sconfitta dell'umanita' - si scelse di porre un patto tra i popoli perche' mai piu' si dovesse ricorrere alla guerra per risolvere le controversie. Resta comunque l'urgenza di una riforma profonda di questo organismo in senso democratico. Alla luce di quanto sta avvenendo la marcia Perugia-Assisi prevista per domenica 14 ottobre assume significato e senso maggiore e diventa manifestazione di popolo, del popolo che crede che mai la guerra ha preparato la pace e che non si deve accettare di confrontarsi sullo stesso terreno del terrorismo. Il popolo della pace, numeroso e unito, sara' capace di porre un segno che i potenti della terra devono leggere come auspicio per il futuro. La nonviolenza ha un linguaggio universale perche' parla all'impronta che il Creatore ha impresso in ogni donna e in ogni uomo. 8. INCONTRI. ASSOCIAZIONE RESISTENZA E PACE: IL 18 OTTOBRE A REGGIO EMILIA PER LA NONVIOLENZA [Dall'Associazione Resistenza e Pace di Reggio Emilia riceviamo e diffondiamo. Per contatti: via Vittorangeli 7/d, 42100 Reggio Emilia, tel. e fax. 0522454832, e-mail: ass-rep at libero.it] L'associazione Resistenza e Pace, in collaborazione con la Rete Lilliput di Reggio Emilia, invita tutti coloro che assiduamente, saltuariamente o appena qualche volta, hanno seguito con noi il percorso introduttivo, teorico-pratico, "In ricerca sulla strada della nonviolenza", e coloro che pur non avendolo seguito sono interessati alla nonviolenza come metodo di azione politica, ad un incontro giovedi 18 ottobre alle ore 21 presso la MAG 6, in via Vittorangeli 7/d a Reggio Emilia, nel quale verra' presentato il "Progetto GAN [Gruppo di Azione Nonviolenta]". Il "Progetto GAN" nasce dalla volonta', maturata all'interno della Rete Lilliput, di costituire a Reggio Emilia un "gruppo di azione nonviolenta" che svolga una approfondita preparazione sulla teoria e prassi della nonviolenza al fine di acquisire una capacita' di azione diretta da sperimentare sul nostro territorio. La genesi e la finalita' di questo progetto sono illustrate nel seguente paragrafo del documento "Il progetto di Lilliput: rete, territorio, nonviolenza" elaborato dal nodo lilliput reggiano: * Nonviolenza "Le nostre strategie d'intervento sono di carattere nonviolento" recita il Manifesto della Rete di Lilliput. Per noi questa dichiarazione ha costituito fin da subito non uno slogan generico, ma un impegno specifico. Abbiamo in un primo tempo avviato una riflessione per capire la differenza tra la generica non violenza, ossia la semplice dichiarazione dell'astensione dal compiere atti di violenza, e la specifica nonviolenza, ossia l'insieme dei principi che definiscono idealmente, storicamente e politicamente il metodo nonviolento; - in preparazione dell'Assemblea di Marina di Massa abbiamo elaborato un documento, proposto agli altri nodi, nel quale abbiamo provato "a delineare una prima definizione di strategia nonviolenta riassumendo almeno alcuni dei principi necessari, e sufficienti, affinche' si possa parlare con proprieta' di strategie a carattere nonviolento", sperando di aprire un confronto approfondito tra tutti i lillipuziani; - poiche' cio' in sede assembleare non e' stato possibile, ne' sono state predisposte altre sedi dove affrontare in maniera non superficiale il tema della nonviolenza nella Rete - come pure era stato proposto a Marina di Massa - abbiamo avviato all'interno del nodo di Reggio Emilia un percorso introduttivo di formazione teorico-pratica, "In ricerca sulla strada della nonviolenza"; - le vicende legate al G8 di Genova hanno confermato, a nostro giudizio, l'urgenza di approfondire ancora di piu' la ricerca e la sperimentazione nel campo della pratica della nonviolenza, oltre che per una opzione etica fondamentale, anche per la necessita' di comunicare efficacemente le nostre molte ragioni con i cittadini - terze parti decisive nel confronto tra noi ed il potere, perche' sul loro consenso esso e' fondato - attraverso l'utilizzo di strumenti inediti che proprio i cittadini persuadano e coinvolgano in percorsi di cambiamento; - a questo scopo abbiamo deciso di creare all'interno del nostro nodo un GAN: gruppo di azione nonviolenta. Cio' significa che un gruppo di lillipuziani si e' impegnato a continuare nella formazione personale e politica sulla teoria e la pratica della nonviolenza per giungere con i tempi che essi riterranno necessari - senza pressioni date da avvenimenti esterni di carattere internazionale - a costituire un gruppo capace di praticare azioni dirette nonviolente. Quello dei GAN ci sembra un percorso che, se fatto proprio da molti nodi locali con persuasione, preparazione e organizzazione, potrebbe contribuire a portare efficacemente le nostre tematiche sui nostri territori (magari attraverso azioni concordate e simultanee, e dunque nazionali anche se non concentrate), consentendoci di comunicare in maniera inedita e non superficiale con i nostri concittadini. Questa sperimentazione potrebbe, inoltre, favorire - almeno per quanto e' nelle possibilita' della Rete di Lilliput - l'interruzione della spirale di confronto violento con tutte le polizie del pianeta nel quale sta avvitandosi il "movimento dei movimenti", ed avviare una strategia nuova e spiazzante - tanto rispetto agli apparati repressivi abituati a confrontarsi con le manifestazioni di massa, quanto rispetto alle persone che conoscono il nostro impegno e lavoro locale quodidiano - con caratteristiche nonviolente, lillipuziane, reticolari. Non ci chiamiamo forse Rete di Lilliput? * L'ordine del giorno della serata prevede: la presenzazione del "Progetto GAN", la raccolta dell'interesse e dei bisogni formativi degli eventuali aderenti, la progettazione di un seminario di approfondimento, la definizione delle possibili linee guida e dei tempi di un percorso di formazione. 9. MAESTRE. HANNAH ARENDT: DOVE LA VIOLENZA REGNA ASSOLUTA.... [Da Hannah Arendt, Sulla rivoluzione, Edizioni di Comunita', 1983, 1996, p. 12] Dove la violenza regna assoluta, come per esempio nei campi di concentramento dei regimi totalitari, non soltanto le leggi - "les lois se taisent", secondo la formula della rivoluzione francese - ma ogni cosa e ogni uomo sono condannati al silenzio. E' a causa di questo silenzio che la violenza e' un fenomeno marginale nel campo politico; perche' l'uomo, nella misura in cui e' un animale politico, e' dotato della parola. Le due famose definizioni dell'uomo in Aristotele, che l'uomo e' un animale politico e che e' dotato di parola, si integrano a vicenda ed entrambe si riferiscono alla stessa esperienza nella vita della polis greca. Qui il fatto e' che la violenza in se stessa e' incapace di linguaggio e non soltanto che il linguaggio e' impotente di fronte alla violenza. 10. MAESTRE. SIMONE WEIL: UNA DUPLICE CATASTROFE [Da Simone Weil, Sulla guerra. Scritti 1933-1943, Pratiche, Milano 1999, p. 98] ... Ne deriva che la guerra non solo e' una catastrofe, ma puo' essere seguita soltanto da una pace che costituisce in se' una nuova catastrofe. 11. LETTURE. IGNAZIO BUTTITTA: LA MIA VITA VORREI SCRIVERLA CANTANDO Ignazio Buttitta, La mia vita vorrei scriverla cantando, Sellerio, Palermo 1999, pp. 354, lire 15.000. Un'antologia del poeta di Bagheria (1899-1997), con interventi di Carlo Levi, Leonardo Sciascia, Pier Paolo Pasolini, Gianfranco Contini. 12. LETTURE. MASSIMO MASTROGREGORI: INTRODUZIONE A BLOCH Massimo Mastrogregori, Introduzione a Bloch, Laterza, Roma-Bari 2001, pp. 186, lire18.000. Una presentazione della figura, della riflessione e dell'opera di Marc Bloch, l'illustre storico assassinato dai nazisti nel 1944. 13. LETTURE. FRANCO VOLPI: DIZIONARIO DELLE OPERE FILOSOFICHE Franco Volpi, Dizionario delle opere filosofiche, Bruno Mondadori, Milano 2000, pp. 1296, lire 75.000. Alcune voci sono poco piu' che informative, ma altre costituiscono dei veri e propri saggi, talora decisamente pregevoli. 14. MATERIALI. ASPETTI PSICOLOGICI DELL'IMPEGNO NONVIOLENTO [Il testo seguente, del 1999, e' parte di un capitolo del nostro lavoro La nonviolenza contro la guerra, il testo integrale e' disponibile nella rete telematica: www.peacelink.it/users/crp/nonviolenza] Rispetto ad altre forme di impegno culturale, politico o sociale, la scelta della nonviolenza ha, secondo la nostra interpretazione, alcune caratteristiche peculiari: a) si fonda sulla ragione e non sull'entusiasmo: naturalmente valorizza le emozioni ma sempre ricondotte ad un impegno critico; b) implica una limpida rigorizzazione del ragionamento e della condotta: richiede una severa coerenza intellettuale e morale, e quindi necessariamente anche una grande capacità di ascolto ed una incondizionata disponibilità ad apprendere; c) non offre garanzie né consolazioni: né certezze di vittoria o di salvezza, né autorità ed automatismi che fungano da cinture di sicurezza; tuttavia, facendo appello a un forte sentimento di integrità personale intimamente connesso al più vasto slancio di solidarietà e di riconoscimento della comune umanità, consente di gestire le ansie e relativizzare gli scacchi in una più profonda ed insieme più ampia prospettiva di impegno orientato al bene comune ed all'affermazione della propria dignità (bene comune e dignità personale intesi come un inscindibile insieme); d) propone un impegno di lotta che non terminerà che con la morte: ma questa lotta (contro l'ingiustizia, contro la violenza, contro la menzogna; e quindi: contro la sofferenza, contro il male, contro la morte stessa) è ineludibile, ed è coessenziale alla nostra vita di senzienti e pensanti; e) impone quindi una dialettica tra coscienza e mondo esterno (naturale e culturale) particolarmente impegnativa: ad ogni passo chiede di assumere responsabilità, di giudicare, e quindi di agire; ad ogni passo ci impone un difficile confronto tra libertà e regole, tra creatività e necessità, tra dovere morale e condizioni (e codificazioni) date. In breve, la scelta della nonviolenza richiede studio, preparazione, addestramento, disponibilità a soffrire, saldezza nel perseverare in ciò che è giusto ad una analisi onesta, e saldezza nel perseverare in una condotta costantemente benevola, leale e responsabile anche di fronte a condotte scorrette, inique e violente da parte di altri. Infine richiede altresì una ridiscussione costante della propria condotta ed una continua reinterpretazione e reinvenzione di regole, orizzonti, abitudini, percorsi di ricerca; rileggendo incessantemente la propria esperienza così come faceva Gandhi che non casualmente intitolò la sua autobiografia "storia dei miei esperimenti con la verità". * Una sintetica definizione preliminare 1. Per nonviolenza intenderemo qui un insieme di valori morali, di tecniche di lotta e di proposte politiche organizzate in una coerente, seppur aperta e sperimentale, teoria-prassi. 2. Definiamo tale teoria-prassi col termine di nonviolenza, ed usiamo tale grafia per distinguerla dalla mera assenza di violenza (la quale assenza di violenza è peraltro concettualmente una nozione assai ambigua e sfuggente, e praticamente una condotta semplicemente impossibile) ed indicarne invece la natura positiva e l'impegno attivo; col quale termine di nonviolenza traduciamo due distinti termini gandhiani: ahimsa (che potremmo tradurre liberamente come ripudio della violenza, opposizione alla violenza; che designa la nonviolenza dal punto di vista concettuale, come valore morale e come oggetto logico-ontologico); e satyagraha (che potremmo tradurre liberamente come forza della verità o anche adesione alla verità; che designa la nonviolenza dal punto di vista operativo e metodologico, come campo di condotte empiriche, di tecniche pratiche, di orientamenti strategici; ma anche come inveramento effettuale di una scelta morale che per esser tale non può restare inoperante nel mero ambito teoretico ma richiede di essere realizzata ed autenticata in un impegno personale immediato, politicamente ed esistenzialmente qualificato). 3. La nonviolenza così definita si fonda su un ragionamento, una scelta e una condotta improntati a responsabilità, verità, amore, apertura all' umanità. 4. La nonviolenza così definita si caratterizza per alcuni precisi princìpi: rifiuto di uccidere e di provocare lesioni fisiche; rifiuto della menzogna; rifiuto di commettere ingiustizia, di subire ingiustizia, di collaborare con l'ingiustizia; coerenza tra mezzi e fini; esemplarità della condotta e coscienza del costante riflesso educativo dei nostri atti; compiere solo quelle azioni su cui si possa fondare la civile convivenza. 5. La nonviolenza così definita si realizza nel conflitto (e non nella quiete); nella comunicazione (e non nella solitudine); nella trasformazione (né nella conservazione, né nella distruzione); i tre termini indicati: conflitto, comunicazione, trasformazione, costituiscono per la nonviolenza una necessaria unità. * Scelte morali e coesione psicologica Poiché la nonviolenza è eminentemente opposizione all'ingiustizia, chi la sceglie sa di impegnarsi in una lotta consapevole e quindi intransigente, meditata e quindi assai impegnativa sotto molti profili. Occorre dunque che chi abbraccia l'impegno nonviolento sia cosciente che ciò implica che dovrà sostenere il peso psicologico di una scelta di lotta che può esporre a molti rischi, a condizioni di solitudine e di incomprensione; che impone la rinuncia a vari privilegi, e implica la possibilità di trovarsi in condizioni di difficoltà. Occorre quindi avere la capacità di una adeguata elaborazione dei sentimenti a queste situazioni esistenziali e sociali connessi; la capacità di una adeguata gestione dell"ansia; la capacità di efficacemente esercitare il controllo e l'incanalamento costruttivo dell'aggressività; un atteggiamento non represso e non repressivo. E' ragionevole che prima ancora di impegnarsi nella lotta nonviolenta si sia riflettuto su tutto ciò e si sia realisticamente valutata la propria disponibilità e capacità a tutto ciò. * La nonviolenza in quanto comunicazione La nonviolenza è eminentemente comunicazione; questo implica: a) il riconoscimento dell'altro, il puntare sulla sua umanità; b) interpretare la lotta come disvelamento, cooperazione, atto di amore al bene e all'umanità; c) antiautoritarismo ed antidogmatismo, ovvero atteggiamento critico ed autocritico, contestazione radicale del "principio d'autorità" (anche verso se stessi). * La scelta nonviolenta nel vivo del conflitto La nonviolenza si realizza esclusivamente nel conflitto, essa valorizza il conflitto e dove occorre lo suscita. La nonviolenza non è passività, fuga, quieto vivere; essa è azione, impegno, responsabilità di fronte alle sfide e agli appelli che la realtà pone. L'amico della nonviolenza porta nel conflitto convincimenti profondi, obiettivi ponderati, capacità operative concrete. Questo implica: a) vivere positivamente la scelta del conflitto; b) la consapevolezza che l'azione nonviolenta è sempre anche educazione (ed autoeducazione), c) la capacità di ridefinire i problemi; d) la capacità di far evolvere le situazioni e i conflitti; e) la capacità di ascolto e cooperazione anche con l'avversario rispetto a fini sovraordinati che entrambe le parti condividono o apprezzano; f) la capacità di contestualizzazione di princìpi, analisi, scelte. Con particolar riferimento a se stessi, tutto questo implica inoltre: g) rifiuto della subalternità e del vittimismo; h) essere consapevoli della propria forza che è inerente alla propria integrità (ovvero alla propria onestà intellettuale e morale); i) capacità di mantenere costantemente l'iniziativa. Con particolar riferimento alla controparte tutto quanto precede implica altresì: l) non minacciarne l'annientamento in quanto essere umano; m) offrirgli sempre una soluzione onorevole del conflitto. Con particolar riferimento al rapporto tra antagonisti nel conflitto: n) percepirlo e presentarlo anche come occasione di incontro; o) costantemente mirare ad umanizzare la relazione attraverso un forte impegno comunicativo e propositivo; p) percepire e presentare il rapporto non in termini di esclusione e di annullamento dell'altro, ma di compresenza e di impegno comunque comune, evidenziando che un conflitto è sempre anche un atto cooperativo, e che le sue dinamiche sono congiuntamente costruite dalle parti; q) puntare con la propria azione alla più ampia corresponsabilizzazione possibile; r) saper sempre distinguere l'oggetto contro cui si combatte dalla persona o le persone con cui si combatte, e prefiggersi costantemente un rapporto costruttivo con la parte avversa, riconoscendone le ragioni, offrendo proposte di onesto e valido compromesso, non schiacciandola mai in situazioni insostenibili e senza alternative; s) mirare costantemente a ridurre la violenza, a ricercare terreni di intesa, a costruire rapporti di fiducia. * Valori e comportamenti nonviolenti a) La noncollaborazione con l'ingiustizia: che della proposta nonviolenta è la chiave di volta, infatti l'idea centrale della nonviolenza come forma di lotta contro l'ingiustizia è che il potere ingiusto per realizzare il suo dominio ha bisogno della complicità o almeno della passività delle sue vittime; il primo passo della presa di coscienza e della lotta nonviolenta è appunto la rottura della complicità, la cessazione della passività dinanzi all'ingiustizia. b) La nonuccisione e il rifiuto di provocare lesioni fisiche agli avversari: tale scelta ha spesso anche l'effetto di ridurre la violenza del'avversario, e comunque costituisce già essa sola una rilevante umanizzazione del conflitto e riduce consistentemente la violenza complessiva indicando concretamente altresì una diversa e più civile gestione del conflitto. c) La nonmenzogna: essa è ugualmente fondamentale, ed implica altresì il rifiuto del segreto, della sorpresa, del sotterfugio; è eminentemente democratica, rinforza la nostra autorevolezza morale, favorisce la costruzione della fiducia (e incidentamente ci mette al riparo dai provocatori). d) La coerenza tra mezzi e fini: ribaltando la massima secondo cui il fine giustifica i mezzi, la nonviolenza afferma che i mezzi violenti corrompono anche i fini migliori; è di grande efficacia la similitudine gandhiana per cui tra mezzi e fini intercorre lo stesso rapporto che tra il seme e la pianta. e) Il principio responsabilità: ognuno deve sentirsi responsabile di tutto; ognuno deve avere a cuore le sorti di tutti; ognuno deve sentire la solidarietà con l'umanità intera; ognuno deve agire in modo che la sua condotta e la logica che la ispira possa essere ripetuta e riutilizzata in ogni circostanza analoga ed essere sempre moralmente valida (e possa quindi, per così dire, essere istitutiva di una legislazione universale, echeggiando la formula kantiana). f) Ogni azione è anche educazione: quindi ogni azione deve essere motivata, comprensibile, coerente con il fine del riconoscimento e della promozione della dignità umana. * Dialettiche della nonviolenza La nonviolenza come tanta parte della cultura contemporanea richiede la capacità di fronteggiare situazioni caratterizzate da indeterminazione, contraddizione, complessità; richiede quindi un atteggiamento critico e creativo. In particolare a noi sembra che l'adesione alla nonviolenza implichi altresì la capacità di sostenere psicologicamente una scelta che ha caratteristiche esistenziali fondamentalmente connotate da duplicità e dinamismo, e richiede pertanto un notevole "spirito di finezza", ovvero una duttilità ed un' attenzione, un atteggiamento di apertura e di interpretazione, che è del tutto incompatibile con atteggiamenti rozzi ed autoritari, prepotenti o servili, predicatòri e dogmatici. La nonviolenza è rivoluzione aperta, e richiede una personalità ironica e paziente, serena e tenace, combattiva ed antiautoritaria. Indichiamo qui di seguito alcuni profili psicologici implicati dalla scelta dell'impegno nonviolento: a) rinnovamento, ma anche ritrovamento; b) rottura, ma anche fedeltà; c) apertura, ma anche approfondimento; d) ricerca, ma anche saldezza; e) responsabilità come impegno personale nella dimensione collettiva; f) dialettica tra coscienza (come autonomia morale e responsabilità personale) e legge (come regole sociali); g) essere ad un tempo dei persuasi (è la bella formula di Aldo Capitini) ed insieme dei perplessi (è la non meno bella formula di Norberto Bobbio). * Un problema persistente: la violenza Ovviamente la nonviolenza si contrappone alla violenza, ribadirlo è fin tautologico. Ma questo non risolve tutti i problemi, poiché la violenza è comunque una realtà, ed il lottare contro di essa implica evidentemente un certo grado di esercizio della forza, che intende certo essere anche persuasiva, ma che nondimeno è altresì coercitiva. Inoltre non è banale porre il problema che se il fine della nonviolenza è quello di contrastare la violenza, ovvero di ridurla per quanto possibile, ciò implica necessariamente non una sorta di astensione assoluta dall'azione, ma agire nel modo più radicalmente contrario alla violenza, ovvero nel modo più efficace e coerente possibile. Qui si aprono numerosi problemi degni di discussione, su cui ha spesso particolarmente insistito nelle sue fini e rigorose analisi Giuliano Pontara, ma che nessuno dei grandi protagonisti delle lotte nonviolente ha mai eluso, da Gandhi a Lanza del Vasto, da Aldo Capitini a Martin Luther King, da Danilo Dolci a Lorenzo Milani, a molti altri. Le impostazioni sono state molto varie, e le risposte anche. A titolo d'esempio e per un primo accostamento rinviamo a Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino; e ad AA. VV., Violenza o nonviolenza, Linea d'ombra, Milano. * Un'ipotesi etico-politica Il nostro approccio alla nonviolenza non è di tipo essenzialista, o metafisico; non implica un fondamento religioso o ontologico. Il nostro, quello che qui proponiamo, è un approccio meramente razionale. Naturalmente altri studiosi e soprattutto molti attivisti della nonviolenza, hanno approcci diversi, in cui il riferimento religioso o metafisico è assolutamente determinante. Il nostro apporccio è più modesto e limitato; tuttavia proprio per questo esso presenta forse il vantaggio di essere più agevolmente discutibile -ed eventualmente accoglibile- in quanto non presuppone l'accettazione di questioni di principio talmente cruciali, peculiari e impegnative per cui diviene impossibile addivenire ad un accordo se si muove da diverse posizioni filosofiche, religiose, politiche, esistenziali. Abbiamo la presunzione di ritenere che l'approccio da noi proposto consente di discutere la nonviolenza a partire da posizioni anche molto diverse e -ciò che più conta- mantenendole (ovviamente, con la nonviolenza arricchendole ed eventualmente approfondendole qualora essa venisse accolta ed integrata nel proprio sistema di idee generali); abbiamo la speranza che l'approccio da noi proposto sia compatibile con diverse posizioni religiose (ateismo compreso), con diverse posizioni politiche (nell'ampio campo che va dal liberalismo al comunismo, dalle varie proposte democratiche, personaliste, socialiste, fino all'anarchia), con diverse posizioni filosofiche e morali (gli studi di Giuliano Pontara, in particolare, hanno apportato decisivi contributi in questo ambito). Detto questo, vorremmo tuttavia aggiungere due specificazioni ulteriori che in qualche misura contribuiscono a fondare il nostro approccio, che proponiamo come ipotesi di lavoro ma alle quali almeno noi siamo molto legati, e che sono le seguenti. a) Un'etica della felicità sobria: è resa particolarmente necessaria dalla consapevolezza ecologica; dall'esigenza di una giusta ripartizione delle risorse e dalla cognizione della loro scarsità ed esauribilità; dall'impegno al riconoscimento ed alla promozione dei diritti umani per tutti gli esseri umani. La scelta della nonviolenza non è una scelta masochista, ma di liberazione; la sua prospettiva è la felicità umana per quanto essa sia realizzabile nel quadro di una condizione biologica caduca e peritura. La felicità possibile e generalizzabile è una felicità sobria, e quindi saggia, rispettosa degli altri e della biosfera, conviviale, accogliente, sollecita, sensibile. b) Un fondamento gnoseologico fallibilista: che è indispensabile cuore della democrazia: la coscienza della nostra fallibilità è l'assioma su cui fondiamo il nostro atteggiamento razionale e ragonevole tanto in ambito teoretico quanto in ambito pratico, nella logica, nella morale, nella politica; senza questa consapevolezza non si dà democrazia, non si danno piene libertà, non si danno uguaglianza e diversità. La pretesa di infallibilità è sempre antiscientifica, immorale, antidemocratica, totalitaria; coercitiva e coatta sul piano della psicologia come su quello del diritto, sul piano sociale come su quello esistenziale; essa lede radicalmente lo sviluppo della cultura e la civile convivenza, e denega la dignità personale. Poiché nelle aree culturali di prevalente riferimento per le persone maggiormente impegnate per la pace e la liberazione frequentissimamente dominano visioni del mondo chiuse, rigide, con pretese onniresponsive, ci permettiamo di insistere energicamente su questo punto: il nesso tra libertà e fallibilità, la necessità di un approccio fallibilista (non ci dilunghiamo oltre rinviando piuttosto al brillante agile libro di Dario Antiseri, Liberi perché fallibili, Rubbettino, Soveria Mannelli 1995). 15. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA TOMASO SERRA A GIULIANA SGRENA * TOMASO SERRA Profilo: nato a Lanusei nel 1900 e scomparso a Barrali nel 1985, antifascista, anarchico, miliziano nella guerra di Spagna, fondatore della collettività anarchica di solidarietà di Barrali. Opere su Tomaso Serra: Costantino Cavalleri, L'anarchico di Barrali, primo volume, Editziones de s' arkiviu-bibrioteka «T. Serra», Guasila 1992. * RENATO KIZITO SESANA Profilo: missionario comboniano, uomo di pace. * FREDIANO SESSI Profilo: scrittore, studioso della Shoah. Opere di Frediano Sessi: fondamentale lo studio Auschwtz 1940-1945, Rizzoli, Milano 1999. Oltre ad aver scritto vari romanzi ed opere per ragazzi, ha curato l'edizione italiana definitiva del Diario di Anna Frank, e l'edizione italiana de Il ghetto di Varsavia di Mary Berg, Il libro ritrovato di Simha Guterman, Il diario di David Sierakowiak, La distruzione degli ebrei d'Europa di Raul Hilberg. MICHELLE SFORZA Profilo: ricercatrice di "Public Citizen", una delle più importanti organizzazioni ambientaliste e di difesa dei consumatori americani (promotrice tra l'altro del controvertice di Seattle). Opere di Michelle Sforza: con Lori Wallach, WTO. Tutto quello che non vi hanno mai detto sul commercio globale, Feltrinelli, Milano 2000 (edizione economica: 2001). GIULIANA SGRENA Profilo: impegnata nei movimenti per la pace, delle donne e di solidarietà, scrive sul "Manifesto". Opere di Giuliana Sgrena: (a cura di), La schiavitù del velo, Manifestolibri, Roma 1995; Kahina contro i califfi, Datanews, Roma 1997. 16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 17. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ; per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ; angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 253 del 9 ottobre 2001
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