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La nonviolenza e' in cammino. 244
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 244
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 30 Sep 2001 00:52:01 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 244 del 30 settembre 2001 Sommario di questo numero: 1. Giovanni Scotto, una campagna globale per la pace 2. Albino Bizzotto, proposte contro la guerra 3. Una proposta di ordine del giorno per gli enti locali 4. Deputate per la pace, un appello 5. Francesco Comina, gli eretici della pace 6. David Bidussa, la civilta' impura 7. Massimiliano Pilati, la mia obiezione di coscienza 8. Le levatacce del Criticone: per la chiarezza 9. Letture: Amin Maalouf, L'identita' 10. Letture: Enzo Pace, Renzo Guolo, I fondamentalismi 11. Letture: Gianni Rossi Barilli, Il movimento gay in Italia 12. Gabriela Mistral, se ti odiassi 13. Hannah Arendt, raggiungere l'umanita' 14. Judith Revel, la resistenza 15. Per studiare la globalizzazione: da Renato Sacco ad Andrei Sakharov 16. La "Carta" del Movimento Nonviolento 17. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. GIOVANNI SCOTTO: UNA CAMPAGNA GLOBALE PER LA PACE [Giovanni Scotto e' uno dei piu' rilevanti peace-researcher. Per contatti: gscotto at zedat.fu-berlin.de] Provo a buttare giu' ora due righe di riflessione sul da farsi. Diverse persone amiche della pace hanno gia' preso la parola, mi sembra che stiamo pian piano schiarendoci le idee sul tipo di situazione che oggi ci troviamo di fronte. Vorrei partire da un dato di fatto, gia' evidente nella vicenda della guerra NATO per il Kosovo: in Europa, lo stato nazionale non e' piu' la sede in cui vengono decise e condotte le guerre, ne' la sede in cui possono essere elaborate alternative politiche alla guerra - fuorche' la importante ma difficilissima decisione di "chiamarsi fuori", ovvero di praticare una forma di obiezione collettiva. Nella NATO, oggi, nessuno stato e' politicamente in grado di fare questo. Il problema che ci troviamo di fronte - il terrorismo globale, la sua forza di suggestione su masse di spossessati, le ingiustizie strutturali in cui esso trova alimento, il nodo irrisolto tra Israele e Palestina - e' un problema di ordine planetario. Per questo serve una risposta politica globale. Bisogna avviare l'idea - gigantesca, ma non irrealistica - di una campagna globale per la pace, la tolleranza e la giustizia tra i popoli. C'e' poi una seconda articolazione che e' rilevante per l'Italia. L'Unione Europea e' il luogo deputato a elaborare strategie politiche alternative alla guerra: perche' riunisce quasi tutti i membri europei della NATO, perche' e' la principale agenzia al mondo di aiuti umanitari e di cooperazione allo sviluppo, e non da ultimo perche' rappresenta la realizzazione di quella che fino al 1945 non era che un'utopia - la convivenza e la crescita insieme dei popoli dell'Europa occidentale. E' solo a livello europeo che possiamo articolare un discorso alternativo alla guerra. Percio' ci serve un campagna paneuropea per la pace, la tolleranza e la giustizia planetaria. Gli amici dell'Europa sudorientale potranno essere un aiuto prezioso per costruire questa campagna, perche' hanno sulla loro pelle dieci anni di lotta ai sistemi di guerra dei loro paesi. Ancora non ho udito dalle grandi organizzazioni una proposta del genere, ma sono certo che gia' in tanti e tante la stanno pensando e discutendo. Teniamoci pronti. Forse la marcia Perugia-Assisi potrebbe diventare un primo appuntamento paneuropeo per la pace. Ma una marcia non basta: servono gruppi, e reti di gruppi, e una nuova cultura e finanche una nuova rappresentanza nelle istituzioni politiche. Rimbocchiamoci le maniche. 2. RIFLESSIONE. ALBINO BIZZOTTO: PROPOSTE CONTRO LA GUERRA [Don Albino Bizzotto e' portavoce dei "Beati i costruttori di pace". Per contatti: via Antonio da Tempo 2, 35131 Padova, tel. 0498070522, fax: 0498070699, e-mail: beati at libero.it, sito: www.beati.org] Domenica 23 settembre si e' riunito il direttivo dell'associazione Beati i Costruttori di Pace per un momento di riflessione e per offrire alcune proposte a tutti. Mediatiche in questo momento sono principalmente le parole, pesanti come macigni, e la "monotonia" di tutto il mondo politico occidentale che si allinea sulle posizioni di Bush. Non sara' la guerra della CNN come nel Golfo, probabilmente sara' una guerra con qualche colpo di scena (qualche successo militare), ma con una gestione lunga non a portata dell'informazione e dell'opinione pubblica. L'operazione complessiva sara' lunga e non solamente militare. Ci sono gia' non solo nelle dichiarazioni di Bush e di altri capi di governo, ma anche negli interventi di persone a livello locale, pericolosi accostamenti tra quanto avvenuto a Genova e negli USA, tra Osama Bin Laden e l'Islam, tra immigrati islamici e terrorismo. Mai come in questo momento si e' puntato al pensiero unico. Abbiamo bisogno di attrezzarcisoprattutto a livello culturale, di aiutarci a cogliere non solo le ragioni, ma anche le motivazioni profonde (anche inconsce) dei sentimenti e delle paure della gente, esprimerci con parole e gesti sempre convintamente nonviolenti. Saranno importanti gesti condivisi con quante piu' realta' possibili e una visibilita' paziente e costante perche' tutta la popolazione, passata questa ondata di immagini e di emozioni, non perda il contatto e il senso della realta'. Viviamo una situazione molto difficile e complessa, anche per le ricadute che avremo nel nostro territorio, specialmente in rapporto agli immigrati, ma possiamo aiutarci a trovare anche elementi di speranza e di fiducia. Il tam-tam della societa' che sembrava impermeabile a qualsiasi proposta di cambiamento e' stato bruscamente interrotto. Si andra' verso un irrigidimento della societa' e verso lo scontro di forza o ci sono anche gli spazi per guardare la realta' mondiale con occhi diversi e realizzare nuove solidarieta'? Aiutiamoci con riflessioni, suggestioni, proposte e percorsi a comprendere che a questo punto un mondo diverso non solo e' possibile, ma e' necessario. Le proposte che vengono presentate sono indicative. Renditi presente e creativo. Le cartoline possono essere richieste alla segreteria di Padova. Nel sito (www.beati.org) cercheremo di mettere materiali utili. Aiutaci. Ecco le nostre proposte: - firmare e invitare a firmare la cartolina - indirizzata al Presidente della Repubblica Ciampi e della Commissione Europea Prodi - che stiamo predisponendo, che sara' disponibile a partire dal 2 ottobre e il cui testo sara' il seguente: Signor Presidente, mi rivolgo alla sua autorita' di garante della Costituzione e di capo delle Forze Armate, perche' l'Italia onori la legalita' sia in sede nazionale che internazionale, anche in questo momento drammatico. Venga chiesto anche ai governanti come ai cittadini di tutti gli stati il rispetto delle leggi. La guerra come risposta a un crimine, per quanto efferato, non e' prevista da nessuna legislazione civile, ne' da alcun istituto internazionale. Nessuno ha mai affidato la giustizia agli eserciti. La sola minaccia della guerra ha gia' creato sofferenze senza fine a migliaia e migliaia di persone in fuga. La violenza genera altra violenza, distruzioni e odio per generazioni. La Costituzione italiana, lo stesso Trattato della Nato riconoscono che spetta all'Onu garantire la pace e la sicurezza internazionali. Come per altri crimini contro l'umanita', venga attivato, anche per l'esecrabile strage negli Stati Uniti, il Tribunale Penale Internazionale, sostenuto da un'azione di Polizia internazionale sotto l'egida delle Nazioni Unite. La supplico di scongiurare la guerra con l'impegnativa autorita' che Le da' la nostra Costituzione pacifica e democratica. Faccio appello anche alla Sua umanita': ascolti la voce e il grido dei popoli, non solamente quella dei governanti. Da parte mia, per il bene dell'Italia e dell'umanita' intera, mi opporro' alla guerra con tutte le mie forze, con la nonviolenza, nel rigoroso rispetto della eguale dignita' e della vita di ogni persona. Se l'Italia sara' in guerra, io non ci saro'. - chiedere al proprio Consiglio Comunale di approvare una delibera di appoggio alla pace e di rispetto della legalita' internazionale (vedi bozza preparata dal Centro Studi Diritti della Persona e dei Popoli dell'Universita' di Padova). - aprire nelle varie piazze italiane, anche insieme ad altri gruppi ed associazioni, una presenza visibile (tende della pace), dove distribuire la cartolina, articoli, testimonianze, che anche noi metteremo a disposizione. Come segreteria ci impegniamo fin d'ora a rilanciare su Internet e via e-mail i materiali piu' significativi di cui siamo in possesso e a rilanciare le iniziative che verranno realizzate nelle varie citta'. - favorire veglie interreligiose, incontri interculturali, ossia ogni iniziativa che possa favorire il dialogo. - Rilanciare queste informazioni su siti Internet conosciuti. - Per la marcia per la Pace Perugia-Assisi del 14 ottobre, chi vorra' potra' radunarsi dietro lo striscione dei "Beati i Costruttori di Pace", che partira' da Ponte San Giovanni. 3. MATERIALI. UNA PROPOSTA DI ORDINE DEL GIORNO PER GLI ENTI LOCALI [La seguente proposta di ordine del giorno e' stata elaborata dal "Centro Studi Diritti della Persona e dei Popoli" dell'Universita' di Padova, ed e' stata diffusa dai "Beati i costruttori di pace"] Il Consiglio Comunale di... - riaffermando la convinta adesione ai principi e ai fini della Carta delle Nazioni Unite, che escludono la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; - richiamando l'art. 20 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, ratificato dall'Italia nel 1977: "1. Qualsiasi propaganda a favore della guerra deve essere vietata dalla legge. 2. Qualsiasi appello all'odio nazionale, razziale o religioso che costituisca incitamento alla discriminazione, all'ostilita' o alla violenza deve essere vietato dalla legge"; - richiamando [nel caso degli enti locali situati nella Regione Veneto] l'art. 1 della L. R. 55/1999: "La Regione del Veneto, riconosce la pace e lo sviluppo quali diritti fondamentali della persona e dei popoli, in coerenza con i principi della Costituzione italiana e del diritto internazionale che sanciscono la promozione dei diritti della persona e dei popoli, delle liberta' democratiche e della cooperazione internazionale"; Tutto quanto precede premesso Il Consiglio Comunale di... - condanna con forza gli atti terroristici che hanno colpito negli Stati Uniti migliaia di persone innocenti; - esprime sentimenti di sincera solidarieta' alle famiglie di tutte le vittime e al popolo americano; - condivide il profondo dolore, l'angoscia e il senso di smarrimento che sta scuotendo il mondo intero; - condivide quanto enunciato nella Risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1368 (2001) del 12 settembre 2001, e cioe' che: a) gli atti terroristici dell'11 settembre 2001 costituiscono "una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale"; b) "tutti gli stati devono lavorare urgentemente insieme per assicurare alla giustizia i responsabili, gli organizzatori e i sostenitori di questi attacchi terroristici; e che coloro i quali offrono aiuto, supporto o ospitalita' ai responsabili, agli organizzatori e ai sostenitori di questi atti saranno ritenuti responsabili"; c) la comunita' internazionale deve "moltiplicare gli sforzi per prevenire e sopprimere gli atti terroristici" e per dare attuazione "alle principali convenzioni internazionali e risoluzioni del Consiglio di sicurezza contro il terrorismo"; d) il Consiglio di sicurezza deve "intraprendere tutti i necessari passi per rispondere all'attacco terroristico dell'11 settembre 2001 e combattere tutte le forme di terrorismo in accordo con le proprie responsabilita' nel rispetto della Carta delle Nazioni Unite"; - condivide integralmente il testo della "Dichiarazione comune dei capi di stato e di governo dell'Unione Europea, della Presidente del Parlamento europeo, del Presidente della Commissione europea e dell'Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune" del 14 settembre 2001, in particolare quando si afferma che "combattere il terrorismo significa garantire la sicurezza dei nostri cittadini e la stabilita' delle nostre societa'. Le organizzazioni internazionali, in particolare l'ONU, dovrebbero farne una priorita'. Il diritto internazionale consente di perseguire penalmente gli autori, i mandanti e i complici in tutti i luoghi ovunque essi si trovino"; - fa appello al senso di responsabilita' dei nostri governanti e dell'intera classe politica affinche' facciano prevalere le ragioni della giustizia la piu' rigorosa sugli istinti di vendetta; - sottolinea con forza che la risposta a un crimine contro l'umanita' non deve essere una guerra, perche' vietata in quanto tale dalla Carta delle Nazioni Unite e dal diritto internazionale dei diritti umani, deve invece essere un'azione di polizia militare, civile e giudiziaria internazionale condotta sotto l'autorita' delle Nazioni Unite, con la partecipazione di tutti gli stati amanti della pace, come recita l'art. 4 della Carta delle Nazioni Unite; - sottolinea in particolare che la comunita' internazionale, disponendo di un corpo organico di norme giuridiche internazionali sui diritti umani e di un sistema organizzato di cooperazione internazionale, deve affrontare crisi drammatiche come quella in atto nel segno della legalita', applicando il diritto internazionale penale e procedendo senza indugio alla messa in funzione della Corte penale internazionale; - riafferma che i crimini contro l'umanita' devono essere efficacemente perseguiti e sanzionati in questa nuova dimensione di legalita' internazionale; - fa appello al governo italiano perche' intensifichi la sua pressione presso gli altri stati affinche', mediante ratifica, consentano la rapida messa in funzione della Corte penale internazionale; - fa voti perche' gli Stati Uniti d'America siano fra i primi a farsi carico di rendere subito possibile questo ulteriore passo di civilta' del diritto e della politica; - sottolinea la necessita' e l'urgenza di rafforzare e democratizzare l'Orga nizzazione delle Nazioni Unite (unica casa comune di tutti i popoli del mondo) e tutte le altre istituzioni internazionali, attraverso le quali occorre finalmente mettere in funzione un sistema di sicurezza collettiva dotato di tutte le risorse necessarie; - sottolinea che la sicurezza collettiva deve essere economica e sociale oltre che di ordine pubblico; - manifesta il proprio impegno a partecipare attivamente, in base al principio di sussidiarieta', alla costruzione di un ordine mondiale piu' giusto, pacifico, solidale e democratico; - rinnova la sua adesione al principio del rispetto della dignita' umana e dei diritti e liberta' fondamentali che ineriscono ad ogni persona; - riafferma solennemente la sua volonta' e la sua disponibilita' a collaborare con le scuole e le formazioni di societa' civile per la diffusione e lo sviluppo della cultura dei diritti umani, della pace e della solidarieta'; - decide di partecipare il prossimo 14 ottobre alla marcia per la pace Perugia-Assisi contro ogni forma di violenza e terrorismo, per la pace, la sicurezza umana, la legalita' internazionale e la riconciliazione fra tutti i popoli. 4. MATERIALI. DEPUTATE PER LA PACE: UN APPELLO [Questo appello e' stato sottoscritto da tutte le deputate dell'opposizione] Noi, donne elette in Parlamento, donne impegnate nel volontariato, nel sindacato, nell'associazionismo, nel mondo del lavoro, della cultura e della politica abbiamo espresso in molte sedi dolore e condanna per l'orrendo attentato che ha colpito gli Stati uniti, uccidendo migliaia di vite innocenti. Come elette in Parlamento esprimiamo la nostra determinazione affinche' vengano isolati e puniti i responsabili di questa tragedia; grande e' la nostra preoccupazione di cittadine e di donne per gli effetti di insicurezza, odio e violenza che stanno diffondendosi in queste ore fra popoli e nazioni in una spirale sanguinosa che minaccia guerre su scala mondiale. Noi siamo impegnate affinche' la tragedia causata dal terrorismo non degeneri in una drammatica barbarie civile ed umana, in un conflitto aperto tra "pensieri" e civilta', in nome della supremazia di una sull'altra, in una guerra ispirata da fondamentalismi che si contrappongono. Noi non ci rassegniamo che alla violenza del terrorismo si risponda con la violenza della guerra, che puo' determinare la morte di altre migliaia di bambini, donne e uomini innocenti che non hanno niente a che fare con i terroristi, in Afghanistan come in altri territori, e che subiscono il fondamentalismo talebano responsabile di gravissime violazioni di diritti civili ed umani, in particolare verso le donne. Facciamo appello ai capi di Stato, di Governo, ai parlamenti, perche' contro il terrorismo si riaffermi il primato della politica per impedire che la lotta al terrorismo si trasformi in guerra contro il mondo islamico; perche' si sviluppi un'alleanza fra i popoli del mondo fondata sulla convivenza, sul rispetto dei diritti umani e civili e sulla difesa del diritto. Come elette ci impegniamo ad indirizzare le nostre iniziative istituzionali ispirandoci ai valori e alla cultura che mettono al centro il primato della politica. In queste ore ancora piu' forte e' la necessita' di rafforzare il ruolo delle Nazioni Unite e di tutte le istituzioni internazionali democratiche perche' si costruisca pace e sicurezza per tutte le donne e gli uomini della terra. Noi ci impegniamo in questo percorso contro il terrorismo e la guerra e tutti i fondamentalismi che cancellando le liberta' producono le poverta' e originano la guerra. A partire dal nostro lavoro quotidiano, dalle nostre vite, dalle nostre relazioni, ci adopereremo per continuare a rafforzare quella rete di relazioni, di solidarieta', di impegno concreto fra le donne native e migranti, fra noi e le donne afghane, palestinesi, israeliane, del mondo arabo e mediorientale che si battono per la liberta' femminile, per la pace e la democrazia, per costruire nuovi e piu' forti ponti di convivenza e di riconciliazione fra i popoli. Con questo spirito il prossimo 14 ottobre parteciperemo alla marcia a Perugia e Assisi per un'Europa aperta e solidale, strumento di pace, giustizia, democrazia e liberta' del mondo. Titti De Simone, Katia Zanotti, Rosi Bindi, Luana Zanella, Elettra Deiana, Barbara Pollastrini, Tiziana Valpiana, Carla Rocchi, Giovanna Grignaffini, Graziella Mascia, Silvana Pisa, Laura Cima, Livia Turco, Laura Pennacchi, Marisa Abbondanzieri, Giovanna Melandri, Roberta Pinotti, Raffaella Mariani, Gloria Buffo, Alba Sasso, Franca Bimbi, Carmen Motta, Maura Cossutta, Fulvia Bandoli, Lalla Trupia, Silvana Dameri, Elena Montecchi, Sesa Amici, Paola Mariani, Marcella Lucidi, Marina Sereni, Marida Bolognesi, Gabriella Pistone, Katia Belillo, Rosella Ottone, Anna Finocchiaro, Olga D'Antona, Alberta De Simone, Beatrice Magnolfi, Elena Cordoni, Giuliana Riduzzi, Franca Chiaromonte, Paola Manzini, Margherita Coluccini. 5. RIFLESSIONE. FRANCESCO COMINA: GLI ERETICI DELLA PACE [Questo articolo di Francesco Comina e' apparso su "Il Mattino" di Bolzano; ringraziamo l'autore per avercelo messo a disposizione. Per contatti: f.comina at ilmattinobz.it] Gli "eretici" sono scesi in piazza, ieri, oggi e domani ancora sfileranno da soli, in gruppo, sventolando le loro bandiere con l'arcobaleno della pace, dei diritti e della solidarieta' fra i popoli. Un loro avversario li ha appena accusati. Sono loro i veri eretici dentro e fuori la Chiesa - ha detto il consigliere di Berlusconi don Gianni Baget Bozzo, un prete che ha cambiato molte bandiere prima di approdare alla fede neoliberale -, sono loro che contestano lo status quo ad essere fuori pista, lontano dalla Verita' espressa da questo sistema e - lo ha fatto intendere benissimo - da questo governo. Forse pensava ai ragazzi di Genova, don Baget Bozzo, ai "deliri" di piazza che ora tornano a contestare le ragioni di una guerra in un mondo diviso fra "buoni" e "cattivi". Le stesse parole di Wojtyla fatte rimbombare dall'Armenia: "No alla guerra, si' alla pace fra i popoli". Parole eretiche per il Vaticano, che senza ascoltarle aveva, in un primo tempo, dato via libera all'azione militare in Afghanistan, ma il giorno dopo il portavoce Navarro Valls rammaricato era corso a rettificare: "Noi non abbiamo dato il via libera a nessuna guerra...". Ma gli eretici di Baget Bozzo si nascondono fra i poveri, fra i diseredati, fra i derelitti della storia che egli non ha mai visto e mai conosciuto (altre sono le sue frequentazioni). Sono suoi confratelli: don Oreste Benzi, don Vinicio Albanesi, don Luigi Ciotti, don Antonio Mazzi, padre Alex Zanotelli, mons. Luigi Bettazzi, mons. Loris Capovilla, mons. Giancarlo Bregantini. Eretici e contestatori di un modello di sviluppo rinchiuso nelle torri militarizzate del privilegio dove l'immagine di Cristo allevia la colpa di non essere fuori, la' dove l'"eretico" di Nazareth ha vissuto e seminato il suo "Vangelo della pace": "Ogni volta che entrate in una casa, dite pace a coloro che trovate in quella casa". Ma se ci voltiamo indietro, la memoria si affolla di questi eretici, che sono l'immagine viva della Chiesa. San Massimiliano, patrono degli obiettori di coscienza. Nel terzo secolo, quando l'eresia cristiana era perseguitata dal "sistema" imperiale, il soldato Massimiliano in Africa disse ai suoi superiori: "Io non sparo, sono un credente". Fu processato e mori' sulla croce, come il suo Maestro. Padre degli eretici pacifisti e ambientalisti e' stato Francesco d'Assisi. La sua denuncia del "secolo", con il rifiuto del mercato, ha trovato il suo senso fuori dalle mura di Assisi, nel dissenso piu' scandaloso dell'emarginazione, "peccatore" fra i lebbrosi. Qualcuno l'ha chiamato "folle". Baget Bozzo lo accorperebbe fra i cristiani atavici senza senso. Eppure ha cambiato la storia. Dove arrivava portava la pace. Quando gli eserciti si muovevano per liberare la Terra Santa dai musulmani "infedeli" lui si intratteneva in rapporti di fraternita' con il sultano di Damietta e questi lo riempiva di doni. Ancora oggi, davanti a Francesco credenti e non credenti se ne stanno muti in ascolto e Assisi e' diventata una delle citta' piu' cercate al mondo: da Dario Fo a Leonardo Boff, da Pasolini, che vi medito' il suo Vangelo secondo Marco, a Guenther Grass. L'eresia ha spezzato il cielo di Londra con il grido mortale di Tommaso Moro, ghigliottinato per essersi opposto al suo Re. Il giureconsulto fedele, che aveva sognato Utopia come societa' perfetta, non ha retto al potere dell'impero e lo ha rifiutato radicalmente. E ancora, piu' avanti, l'eresia di Bartolome' de Las Casas in centroamerica, il conquistatore convertito dagli indios, che ha combattuto una lotta tenacissima contro la violenza del nuovo ordine neoliberista del mondo: un ordine che ha ucciso, massacrato, schiacciato e denudato i popoli. I movimenti per la pace e per i diritti, che sono scesi nelle piazze di Genova e che ora scendono nelle strade delle citta' occidentali per dire no alla guerra, sono quei movimenti che hanno ben presenti sullo sfondo i grandi "eretici" del nostro tempo: Gandhi, Martin Luther King, Einstein, Dorothy Day, Luthuli. Conoscono la persecuzione degli ebrei e dei liberi pensatori durante la seconda guerra mondiale; leggono le memorie delle vittime, che non potevano rientrare nell'ordine del sistema: Bonhoeffer, Simone Weil, Etty Hillesum, gli studenti della Rosa Bianca, Josef Mayr-Nusser (tanto per fare solo pochi esempi di sommersi), ma anche l'eresia di coloro che si sono sottratti alla girandola del male, come il soldato altoatesino delle SS Leonhard Dallasega, che si e' rifiutato di uccidere il parroco di Giazza don Domenico Mercante. Ancora sono accompagnati dalle testimonianze di chi ha avuto l'ardire di contrastare l'ingiustizia e la violenza dei sistemi dittatoriali in Brasile, Argentina, Salvador, Messico, Uruguay, Paraguay, quel sistema del terrore che aveva chiari e invadenti compromissioni con gli Usa. Ne sono morti a migliaia come ci ricordano le cronache dei sopravvissuti. Eppure oggi la lezione non e' finita. La guerra torna continuamente a minacciare il futuro dell'umanita', torna con il profilo d'acciaio dei caccia, con gli slogans bellicosi della forza, con l'individuazione del nemico da combattere, con la contrapposizione virtuale delle civilta' secondo orchestrazioni gia' viste. In questo mondo vivono e operano gli eretici pacifisti. Don Gianni Baget Bozzo li contrasta, mentre cercano di scrivere pace sulle carte storte della guerra. Ma intanto sono loro a segnarci la strada per il futuro, la strada del dialogo fra cristiani e Islam. In barba a Baget Bozzo e al cardinale Biffi, otto eretici cristiani in Algeria sono stati sgozzati. Ma le loro parole rimangono scolpite nel testamento spirituale del priore trappista frere Christian: "Se mi capitasse un giorno di cadere vittima del terrorismo, che sembra voler coinvolgere tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunita', la mia chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era donata a Dio e a questo paese... E anche a te, amico dell'ultimo minuto, che non avrai saputo quel che facevi. Si', anche per te voglio questo grazie e questo ad-Dio profilatosi con te. E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso, se piace a Dio". 6. RIFLESSIONE. DAVID BIDUSSA: LA CIVILTA' IMPURA [Questo articolo di David Bidussa, uno dei piu' lucidi, colti e rigorosi intellettuali italiani, e' comparso sul quotidiano "Il manifesto" del 28 settembre] Le riflessioni proposte da Angelo Panebianco sul "Corriere della Sera" del 26 settembre rappresentano un volto della cultura politica circolante in Italia. Come tali e' giusto che siano discusse. Prendere in parola quanto sostiene Panebianco significa ritenere che chiunque metta in dubbio la versione accreditata della storia culturale di cui ci troviamo ad essere eredi, e' un membro di una "quinta colonna" da isolare prima e poi si vedra'. Comunque e' un "nemico del popolo". Ma la storia - ancor piu' la storia culturale - di cui siamo eredi e' un distillato puro? Io sono convinto dell'opposto. Di solito, come vedremo in conclusione, sostenere che la storia sia un distillato puro conduce a esiti poco auspicabili per chi abbia a cuore le sorti democratiche della propria societa'. Militano dalla parte della riflessione di Panebianco una certa isteria, una discreta dose di paura dell'ignoto e una buona retorica di esposizione dei muscoli. Tutte cose che in un paese pieno di retorica e incapace di autocritica tornano sempre utili. Comunque ingredienti che si fanno autorevolmente spazio. Panebianco, se non equivoco, sostiene che avere una dimensione di relativismo culturale rispetto alla propria storia e alla propria tradizione culturale implica svendere la propria identita' e di fatto non possederne una. Se capisco bene il relativismo culturale secondo Panebianco e' una dimensione in cui si nega valore alla propria civilta' e si dichiara che i valori in essa contenuti o contemplati sono interscambiabili, comunque sono indifferenti. A questo - se non forzo il suo ragionamento - Panebianco contrapporrebbe un determinismo culturale. Al di la' di cio' che si puo' dire in buona maniera, la filosofia grezza di questo ragionamento conduce con piu' o meno celerita' a sostenere che l'altro non solo e' differente, ma che e' inferiore. Se ciascuna civilta' - considerata in se' come un kit chiuso e definito - e' il prodotto (e per certi aspetti il prigioniero) delle sue tradizioni uniche, l'unico metro di comparazione con qualcos'altro e' solo il proprio specifico assunto a unita' di misura universale. Difficilmente in queste condizioni qualcuno sostiene di essere uguale a qualcun altro. Non sono un antropologo, ma credo che chiunque abbia un minimo di dimestichezza con l'antropologia consideri questa tesi alquanto bizzarra. Almeno a partire da Malinowski, per non parlare di Mauss, Levi-Strauss fino a Clifford Geertz e James Clifford, l'idea di una civilta' pura, non ibridata da contaminazioni e da mescolamenti, appartiene piu' alla fantastoria che non alla storia reale. Per certi aspetti e' propria di una versione etnicistica e razzizzata della storia. In ogni caso al di la' del fascino che ciascuno puo' avere per le tesi del conflitto di civilta' sollevate da Samuel Huntington, lo stesso concetto di civilta' come dato in se', come prodotto interno a un gruppo dato e costruito a tutto tondo e' improprio. Vale per il concetto di civilta' quanto vale per l'idea di eguaglianza. Ovvero il fatto che non solo l'uguaglianza, ma anche l'idea di eguaglianza non sia un dato bensi' un risultato, un lungo lavoro su noi stessi per sostenere l'eguaglianza fra gli esseri che come passeggeri temporanei si trovano a vivere su questo pianeta, e soprattutto a provare a coabitare. In merito al concetto di civilta' o alla sfera di civilta' di cui noi siamo espressione o al cui interno siamo inclusi, non sarebbe disdicevole compiere uno sforzo e cercare di ricordare a noi stessi che noi non siamo solo il frutto di una storia che ereditiamo, ma che questa storia, per nostra fortuna, e' un ibrido. "Noi siamo fatti di cose in prestito. Lo siamo anche culturalmente, Animali intrinsecamente insaturi, incompleti e contingenti, ci siamo foggiati protesi nelle culture in cui ci e' accaduto di avere una vita da vivere e un'identita', distinta da altre da ricevere, ereditare o inventare, modellare e costruire. Anche in questo senso, possiamo riconoscere in modo perspicuo insieme alla nostra contingenza, il nostro essere intrinsecamente debitori ed eredi. Nello stesso senso in cui siamo fatti di cose prese in prestito, fisicamente e culturalmente, noi possiamo facilmente riconoscere di essere tutti immigranti nel mondo del pensiero". Non lo scrive un noto esponente del nemico, ma Salvatore Veca (La penultima parola e altri enigmi. Questioni di filosofia, Laterza, pp. 11-12), un collega di Panebianco, un filosofo della politica che ha profondamente rinnovato la cultura di un segmento rilevante della sinistra italiana in senso liberale. Non che questo dimostri che c'e' un vero liberalismo, ma semplicemente che non basta dire di aderirvi, per essere gli unici detentori della parola e del suo significato nel campo del confronto delle idee. E tuttavia, replicare a Panebianco solo attraverso l'arma dell'ironia o della considerazione semiseria o con la citazione giusta e pregnante sarebbe sbagliato. Perche' Panebianco e' l'espressione di uno stato d'animo e dunque con quello stato d'animo si trattera' di confrontarsi. Uno stato d'animo che e' trasversale sull'asse destra/sinistra nel mercato politico di questo paese. Insomma dietro e dentro il ragionamento di Panebianco, nel suo sguardo rigido su cio' che denomina il "nemico di civilta'" che ci piaccia o no c'e' anche un pezzo non irrilevante di molti settori della sinistra presenti nel mercato delle idee che hanno uno sguardo uguale e contrario. Settori che hanno uno sguardo accattivante e affascinato dall'idea di esotico e al tempo stesso, proprio per questo, pensano semplicemente le altre civilta' come "anticivilta'", come civilta' verticalmente alternative. Non sara' allora improprio provare a riflettere in altro modo, seguendo alcune ipotesi avanzate da Ernst Gellner in un piccolo libro prezioso che converrebbe rileggere di questi tempi (Ragione e religione, il Saggiatore) in cui si affrontano le strette parentele tra fondamentalismo e relativismo, i due -ismi che Panebianco dichiara di combattere ma che per molti aspetti costituiscono lo scheletro del ragionamento che egli vuol difendere. Secondo Gellner fondamentalismo e relativismo non solo come modi di essere e di pensare, bensi' come modalita' dell'agire, in apparenza speculari, sono in realta' correlati. A suo avviso, infatti, il fondamentalismo non e' decodificabile a partire dal codice normativo cui dichiara di aderire e dunque non e' analizzabile ne' come ortodossia corazzata dagli strumenti della modernita' (fede piu' techne), ne' come un generico atteggiamento astorico in cui la teologia detta i codici culturali di riferimento. Entrambi questi due livelli, secondo Gellner, concorrono a definire il fondamentalismo, ma constatarne l'operativita' al suo interno non e' sufficiente. Gellner, infatti, colloca il problema del fondamentalismo sul piano della rivoluzione dei costumi e delle costituzioni materiali delle societa' attraversate dal fenomeno fondamentalista (Gellner si riferisce essenzialmente al mondo islamico). Ossia il fatto che il fondamentalismo non sia ne' una rivincita della tradizione contro la modernita', ne' il recupero di un codice scritto, ma la decisione di aderire ad una forma idealizzata di civilta'. Ovvero la contrapposizione con il moderno non e' giocata ne' su un piano filosofico, ne' su quello economico (anche se si danno ricadute su entrambi i piani), bensi' su quello etnico. Si potrebbe osservare che a monte delle riflessioni di Panebianco sta proprio questo aspetto e che molte delle sue considerazioni sono semplicemente omologhe a un'ipotesi di tipo fondamentalista. Ma nello stesso senso, l'autoreferenzialita' che sostiene la mentalita' fondamentalista e' rintracciabile anche all'interno dell'ipotesi relativista, nominalmente disponibile e aperta al confronto, tanto da non scegliere nessun valore come il proprio, ma in realta' votata alla retorica di avere "l'ultima parola". Ovvero il relativismo culturale come retorica discorsiva attraverso la quale ritrovare e coltivare il proprio narcisismo e dove dunque la propria presunta identita' pura e non ibridata conferma la propria superiorita' perche' capace di contemplare l'ipotesi dell'esistenza anche di civilta' altre (salvo appunto guardarle come "altre"). Una dimensione che sembra disegnare la parabola tragicomica di Robinson Crusoe: un uomo che si crede "cittadino del mondo", esterofilo quanto altri mai, attratto da tutto cio' che e' esotico e "altro", la cui massima aspirazione consiste nell'"invecchiare a casa propria". Crusoe non e' solo il ritorno a casa, ma, anche, l'idea che l'incontro con l'altro e' sempre un corpo a corpo da cui si esce o sconfitti o vincenti e la posta e' semplicemente l'inclusione dell'altro nel proprio sistema o l'espulsione. Comunque dall'incontro non si esce ne' modificati ne' arricchiti, ma solo confermati o distrutti, annichiliti. Ovvero: metamorfosi o trasformazioni della nostra identita' non sono previste. La storia non funziona cosi'. La retorica della storia funziona cosi'. Ma quando la versione retorica della storia pretende di spiegare materialmente la storia, di cogliere e descrivere vite reali trasformando persone in icone o feticci, insomma sagome da poligoni di tiro, allora vuol dire semplicemente che la tolleranza e' diventata un optional e ormai si viaggia per appartenenze, che la bio-politica, come direbbe Foucault, ha dispiegato le sue vele al vento. Di solito quand'e' cosi' si assumono gli uomini e le donne per identita' fissate senza possibilita' mediative, comunque le figure miste (quali poi tutti noi siamo) non hanno spazio. Nell'esperienza storica cui si richiama bin Laden, la conseguenza e' una pratica sterminativa, schiavizzante o servile. Nell'esperienza storica dell'Occidente, tanto la mia come quella di Panebianco a cui entrambi apparteniamo, la conseguenza non e' diversa e materialmente, in tempi non lontani, e' stata quella di strani treni che si mettono in viaggio "verso Est". Un Est collocato tra Boemia e Polonia, ma anche situato dalla parti del circolo polare artico. In ogni caso treni che si riempivano di attori culturalmente dichiarati alieni e "pericolosi" (fossero essi rom, gay, dissidenti, handicappati, ebrei...). Piu' recentemente in nome della buona civilta' anche il machete e' sembrato uno strumento utile per risolvere il problema dello "spazio vitale" minacciato. E' questa un'ipotesi azzardata e uno scenario fosco? Forse. Ma le parole hanno un peso e qui, davvero, hanno una storia. Quando si parla di scontro di civilta' e si assume che qualcuno sia la quinta colonna di qualcun altro, e comunque contamini la nostra "buona vita" e infine turbi la nostra buona coscienza, insomma che inquini la nostra esistenza, allora vuol dire che quei treni hanno ripreso la loro corsa, se non materialmente certo mentalmente, e che nuovi inquilini sono candidati a riempirli. Il resto, ed e' ancora molto, e' tutto davanti a noi. 7. ESPERIENZE. MASSIMILIANO PILATI: LA MIA OBIEZIONE DI COSCIENZA [Massimiliano Pilati e' membro del comitato di coordinamento del Movimento Nonviolento e coreferente del nodo Lilliput di Bologna. Ha appena concluso il suo servizio civile di cui fornisce qui una intensa testimonianza, della quale lo ringraziamo. Per contatti: pilati73 at libero.it] Il 30 novembre 2000 e' cominciata la mia vita da obiettore di coscienza, oggi, venerdi 21 settembre 2001, entro nella mia ultima settimana di servizio ed e' quindi giunto per me il momento di fare un bilancio di questa mia esperienza. I miei 10 mesi da obiettore di coscienza in servizio civile li ho svolti presso la segreteria obiettori della Caritas di Bologna. Sono entrato in servizio pieno di "alti" concetti come nonviolenza, antimilitarismo, difesa popolare nonviolenta, obiezione di coscienza, invece il primo impatto con la Caritas e' stato durissimo. In segreteria mi sono trovato a far compilare moduli CB01, CB02 (di presa contatto con il centro operativo), moduli A di inizio tirocinio, moduli B di fine servizio, moduli C di inizio servizio e moduli D di fine servizio (quello che, con mio disappunto, qui tutti chiamano militarmente: congedo). E ancora, a compilare licenze e liste di pagamento per gli obiettori, insomma mi sono sentito un freddo burocrate, un po' come quei "caporaletti" che mi guardavano storto quando andavo allo sportello "servizio civile" del distretto militare a portare documenti vari per la Caritas. Anche i miei compagni obiettori mi sembravano degli stacanovisti dell'assistenza, dei servi dell'ente pronti ad una sola cosa: servire, servire, servire. Insomma per me, che arrivavo in servizio pieno di motivazioni "nonviolente", una doccia fredda. Poi, un po' alla volta, ecco che finalmente si aprono degli spiragli di luce in questo mio sentirmi burocrate e questo soprattutto grazie al rendermi finalmente conto che non potevo comportarmi come "l'ultimo degli obiettori di coscienza", l'unico, incompreso e superiore portatore del Sacro Verbo di Pietro Pinna. Il riuscire a togliermi da quel piedistallo di superiorita' che mi ero autoimposto mi ha fatto vedere le cose in maniera diversa. Mi sono finalmente reso conto che potevo parlare, discutere e confrontarmi su molte cose con le decine di obiettori e aspiranti tali che passavano nel mio ufficio. Che avevo una splendida opportunita' nel fare i colloqui con gli aspiranti e che potevo parlare loro del mio sentirmi obiettore di coscienza in servizio civile. Finalmente anche i miei colleghi in servizio mi sono apparsi non piu' come semplici esecutori, ma come splendidi ragazzi con una loro consapevolezza e con delle loro profonde convinzioni etiche e morali. Certo, la maggior parte di loro si sente in servizio civile per aiutare il prossimo e non come obiettore contro tutti gli eserciti e le guerre; ma con ognuno di loro ho potuto scambiare idee, riflessioni, discutere animatamente sui fatti di Genova, sui piu' recenti fatti negli USA e soprattutto sui vari significati che ognuno di noi ha dato a questi dieci mesi di servizio. Durante la primavera ho poi avuto la possibilita' di spostarmi due giorni alla settimana presso un Centro di Documentazione alla Mondialita' dove ho potuto arricchirmi molto grazie alle centinaia di riviste, libri e dossier che archiviavo e nell'aiutare gli utenti del centro a fare ricerche sui temi piu' disparati come guerra, pace, globalizzazione, Nord-Sud del Mondo e moltissimi altri argomenti che sentivo sempre piu' miei mano a mano che proseguiva questa mia avventura da obiettore. Sempre in quel centro ho avuto la possibilita', per me importantissima, di usare alcune ore del mio servizio per contribuire alla nascita e poi, ora, al consolidamento del nodo bolognese della Rete di Lilliput, entita' nella quale mi sono buttato a capofitto e che mi ha permesso di conoscere centinaia di persone e di avere confronti, a volte anche duri, con le altre realta' del "movimento dei movimenti". Per me, non credente, e a volte con dei preconcetti sui cattolici, e' stato molto arricchente conoscere i volontari e gli operatori dei vari centri operativi della Caritas, entrare in diretto contatto con tremende realta' di emarginazione, poverta' e degrado. Ho scoperto quanto possa essere brutto dover dire ad un clandestino: "Posso fare veramente poco per aiutarti". Quanto a volte siano fredde e stupide certe leggi che fanno fare percorsi burocratici allucinanti a delle persone che desiderano ottenere il riconoscimento come profughi e rifugiati politici e che hanno subito sulla loro pelle la guerra, l'odio e la tortura. Il senso di rabbia, condiviso con altri obiettori, nel rendersi conto che molte istituzioni e pubblici servizi scaricano molte persone bisognose alla Caritas. Le immense discussioni quando il direttore della nostra Caritas decise di chiudere temporaneamente la mensa dei poveri, l'unica a dare un pasto serale nella "civilissima" Bologna. Spesso ci siamo sentiti piccoli ingranaggi di una grande struttura e tuttora molti di noi stentano a capire le mosse "politiche" della Caritas e dei suoi capi. Mi rimangono in ogni modo splendidi ricordi: come i venerdi di formazione (ma attenzione, formazione al servizio, non alla pace, alla nonviolenza) dove abbiamo avuto la possibilita' di un confronto corale tra tutti noi. Mi rimangono poi, indelebili nel ricordo, le visite a Pietro Pinna, mio grande padre spirituale e "cattivo maestro", per una video-intervista e il successivo coinvolgimento di altri obiettori nella preparazione di un piccolo documentario sull'obiezione di coscienza. Portero' sempre con me le sue parole, i suoi racconti sulla nascita del Movimento Nonviolento, sulla Disobbedienza Civile del Gruppo d'Azione Nonviolenta (GAN) in lotta per il riconoscimento dell'Obiezione di Coscienza, le mille marce nonviolente e le mobilitazioni contro i missili a Comiso. Altro bel ricordo sara' sicuramente la giornata passata a Monte Sole (storico luogo dove 770 persone tra donne, uomini e bambini, furono barbaramente trucidati dalle mitragliatrici naziste tra il 29 settembre e il 5 ottobre del 1944). Abbiamo scelto quel luogo cosi' fortemente simbolico e carico di memoria storica per parlare di conflitto e per discutere tutti assieme sulle possibilita' di intervenire nella risoluzione di questi, indipendentemente che siano a livelli micro, meso o macro. Li', io, Max (casco bianco in Rwanda) e Dario (odc presso lo sportello rifugiati politici) abbiamo cercato di coinvolgere tutti gli obiettori in un gioco cooperativo per cominciare a entrare e a vivere da obiettori il conflitto. Ricordo l'impotenza e la rabbia che mi ha assalito nel vederci passare sopra le teste e a bassa quota un caccia militare, proprio mentre sostenevo la necessita' di tornare come obiettori ad un ruolo di cittadini "attivi per la pace". Infine anche quei tre interminabili minuti di silenzio che abbiamo dedicato alle vittime della strage americana. Interminabili perche' vissuti in quel luogo fuori del tempo, davanti ai resti di una chiesetta distrutta dalle bombe e dalle mitragliatrici, con i muri con ancora i buchi delle pallottole e dentro la quale si erano rifugiate donne, uomini e bambini trucidati dalla furia assassina di un esercito allo sbando. E' in posti come Monte Sole che ci si rende conto veramente della barbarie della guerra, quei luoghi ti raccontano di sofferenze, di dolore e di morte e invocano il nostro intervento per porre fine a tanta violenza. La giornata a Monte Sole e' arrivata quasi alla fine del mio servizio civile, quei luoghi mi sono serviti a ricordare a me stesso la necessita' di un serio impegno e lavoro per la pace, la necessita' di dovermi sentire obiettore di coscienza anche alla fine e dopo il mio servizio civile, per tutta la vita. Mi hanno richiamato le parole di Pietro Pinna nell'intervista sopracitata, mentre commentava il ruolo di noi obiettori in servizio civile: "E' bello questo, lodevole. Tu senti di dare il contributo ad una singola persona che ha, per esempio, delle difficolta' deambulatorie. Ma considera quanto irrisorio sia questo tuo contributo quando lasci che venga la guerra a troncare gambe e braccia, se non addirittura l'esistenza intera di centinaia di vite umane. Questo quindi dovrebbe entrare nella consapevolezza dell'obiettore di coscienza in servizio civile". 8. LE LEVATACCE DEL CRITICONE: PER LA CHIAREZZA Che alcuni portavoce pubblici del fondamentalismo piu' aggressivo usino talora gli stessi argomenti del movimento per la giustizia globale non e' stupefacente: poiche' quegli argomenti sono forti e veri, chiunque puo' utilizzarli. Ma se quel signor Bin Laden affermasse che e' la terra che gira intorno al sole e non viceversa, per questo diremmo che Copernico e Galilei sono fiancheggiatori degli sgozzatori che menano strage in Algeria? E dunque diremo che Susan George o il pontefice cattolico o Vandana Shiva o Hildegard Goss-Mayr quando criticano un ordine mondiale ingiusto sono ipso facto arruolati nelle file del terrorismo internazionale? Cerchiamo di essere seri dinanzi alle cose serie e terribili. * Che nel movimento che si oppone alla globalizzazione neoliberista vi siano settori ambigui sulla violenza, collusi con pratiche violente, e favorevoli se non alle guerre alle guerriglie o a regimi autocratici o a gruppi che usano il terrorismo, e' cosa evidente e basta esaminare le loro pubbliche dichiarazioni, le stesse che fanno si' che i mass-media li coccolino e propinino all'opinione pubblica ad ogni pie' sospinto. E proprio per questo e' necessario ed urgente che gli amici della nonviolenza si separino da essi. Poiche' essi non sono affatto nostri compagni di strada, ma tra i peggiori avversari del nostro impegno (lo ripeto: tra i peggiori, peggiori avversari). * Che il terrorismo sia pratica non solo di piccoli gruppi criminali ma anche di governi e di stati e' cosa nota. Il "Terrore" per antonomasia fu pratica politica e azione stragista adottata non in una sperduta landa ai confini del mondo conosciuto, ma nella Francia uscita dalla fioritura dell'Illuminismo in un momento fulgido ed eroico della lotta per gli "immortali principi dell'89": la liberta', l'eguaglianza, la fratellanza. L'embargo all'Iraq e' terrorismo (ed infatti ha fatto morire innumerevoli uomini e donne e bambini, e consentito al regime di Saddam Hussein di resistere e consolidarsi). La guerra dei Balcani e' terrorismo (ed infatti ha favorito trafficanti di droga e di armi, assassini e mafiosi, e lasciato macerie - non solo materiali - infinite). Sul terrorismo non si puo' essere bizantini: o lo si condanna o lo si accetta, e se lo si accetta si e' complici. Se lo si condanna, lo si deve condannare sempre. Noi siamo di quelli che lo condannano sempre. I complici dell'embargo no; chi ha fatto la guerra dei Balcani no. Tanto per la chiarezza. * Coloro che menano scandalo per le dislessie berlusconiane evidentemente non conoscono l'argomento del cane di Alcibiade. Sarebbe utile si informassero e ci ragionassero sopra. Il problema non e' che il presidente del consiglio dei ministri che governa il nostro paese racconti barzellette razziste o rilasci dichiarazioni razziste o enunci sillogismi totalitari. Il problema non sono le gaffes a ripetizione. Esse servono a distrarre l'attenzione da cio' che e' sostanziale, tutto volgendo in caricatura. Il problema e' che il nostro paese e' governato, certo dopo vere elezioni e quindi con il consenso di una parte maggioritaria dei votanti (anche Mussolini nel '24 e Hitler nel '33 vinsero le elezioni), da un'alleanza politica che ha come elementi costituenti un partito erede del neofascismo (di cui autorevoli rappresentanti istituzionali ancor oggi festeggiano ogni anno l'anniversario della marcia su Roma, ed il cui leader e attuale vicepresidente del consiglio dei ministri non molto tempo fa dichiaro' essere Mussolini il massimo statista del XX secolo); un partito che sul razzismo (dico: il razzismo, che e' un crimine contro l'umanita') ha costruito le sue fortune (fino a recenti ignominie compiute da suoi rappresentativi esponenti che si prova vergogna anche solo a descriverle); e un partito che gode dell'apprezzamento di personalita' legate ai poteri criminali e che ha fatto dell'aggressione alla magistratura uno degli elementi fondamentali della sua azione (e vi e' chi ritiene della sua stessa ragion d'essere). Di questo dovremmo ragionare, piu' che dei tic linguistici che questo background rivelano. * Non amo la parola civilta', preferisco piuttosto il termine cultura, e lo uso cosi' come ho imparato leggendo i classici dell'antropologia. Ma se non mi piace il sostantivo astratto mi piace l'aggettivo concreto: persone civili, un comportamento civile: il contrario di barbaro e brutale; popolazione civile: il contrario del militare, del guerriero, dell'uccisore; costumi civili, civile convivenza: il contrario delle strutture autocratiche e gerarchiche, della "personalita' autoritaria" (Fromm), della muta (Canetti), delle culture dogmatiche e sacrificali; il contrario del totalitarismo, dell'integralismo, del maschilismo, del fascismo indagato da Dostoevskij e da Cechov, da Hannah Arendt e da Virginia Woolf. * Siamo tutti meticci, grazie al cielo. E siamo anche tutti impastati di luce e di ombra, per fortuna. E poiche' siamo tutti esposti al male, alla sofferenza, alla morte, avvertiamo ognuno il desiderio e il diritto di vivere e di essere felici. Lo avvertiamo, ognuno di noi, ognuno per se': e riconoscendoci l'un l'altro esseri umani capiamo che lo stesso diritto che io rivendico per me a che altri non mi facciano del male, ogni altro parimenti per se' lo rivendica. Questa e' la civilta': il riconoscere agli altri esseri umani gli stessi diritti che chiedi per te. 9. LETTURE. AMIN MAALOUF: L'IDENTITA' Amin Maalouf, L'identita', Bompiani, Milano 1999, pp. 192, lire 16.000. Un saggio appassionato e persuasivo dello scrittore nato in Libano e residente a Parigi. Il titolo originale, esatto e denso, e' "Les identites meurtrieres". 10. LETTURE. ENZO PACE, RENZO GUOLO: I FONDAMENTALISMI Enzo Pace, Renzo Guolo, I fondamentalismi, Laterza, Roma-Bari 1998, pp. 172, lire 14.000. Un lavoro sintetico ed introduttivo che fornisce utili spunti e percorsi per ulteriori ricerche. 11. LETTURE. GIANNI ROSSI BARILLI: IL MOVIMENTO GAY IN ITALIA Gianni Rossi Barilli, Il movimento gay in Italia, Feltrinelli, Milano 1999, pp. 246, lire 13.000. Scritto con stile forse troppo giornalistico e' un utile contributo storiografico particolarmente sugli ultimi decenni. 12. FRASI COLTE AL VOLO. GABRIELA MISTRAL: SE TI ODIASSI [E' la prima quartina de "L'amore che tace", la traduzione e' quella in Roberto Paoli (a cura di), Cent'anni di poesia ispanoamericana, Le Lettere, Firenze 1993, p. 325. Gabriela Mistral (1889-1957), poetessa grandissima, premio Nobel per la letteratura nel 1945] Se ti odiassi, il mio odio con parole ti colpirebbe, nitido e sicuro; ma ti amo e il mio amore non si affida a questo umano idioma cosi' oscuro. 13. FRASI COLTE AL VOLO. HANNAH ARENDT: RAGGIUNGERE L'UMANITA' [Hannah Arendt e' tra le nostre maestre piu' grandi. Questa frase abbiamo estratto da una citazione a p. 58 di Archivio Arendt 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001] L'umanita' non si raggiunge mai in solitudine. 14. FRASI COLTE AL VOLO. JUDITH REVEL: LA RESISTENZA [Da Judith Revel, Foucault, le parole e i poteri, Manifestolibri, Roma 1996, p. 102. Judith Revel e' una prestigiosa intellettuale francese] La resistenza non e' altro, dunque, che l'abbozzo interminabile di una pratica della liberazione. 15. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA RENATO SACCO AD ANDREI SAKHAROV * RENATO SACCO Profilo: sacerdote cattolico, impegnato in molteplici rilevanti iniziative di solidarieta'. * WOLFGANG SACHS Profilo: ricercatore al Wuppertal Institut, impegnato nei movimenti ambientalisti e per i diritti. Opere di Wolfgang Sachs: Archeologia dello sviluppo, Macroedizioni, S. Martino di Sarsina 1992; (a cura di), Dizionario dello sviluppo, EGA, Torino 1998. Del Wuppertal Institut cfr. anche Futuro sostenibile, Emi, Bologna 1997. * GINETTA SAGAN Profilo: partecipò alla Resistenza, fondò poi Amnesty International. E' deceduta nell'agosto 2000. Meravigliosa, indimenticabile Ginetta. * EDWARD SAID Profilo: prestigioso intellettuale democratico palestinese, docente alla Columbia University. Opere di Edward Said: Orientalismo, Bollati Boringhieri, Torino, poi Feltrinelli, Milano; La questione palestinese, Gamberetti, Roma; Cultura e imperialismo, Gamberetti, Roma; Tra guerra e pace, e Dire la verità, ambedue presso Feltrinelli, Milano; cfr. anche la raccolta di articoli, La convivenza necessaria, Indice internazionale, Roma. E' stata recentemente pubblicata in italiano la sua autobiografia, Sempre nel posto sbagliato, Feltrinelli, Milano. * ANTOINE DE SAINT-EXUPÉRY Profilo: scrittore francese (1900-1944), aviatore, propugnatore di una morale eroica e di un caldo umanitarismo ad un tempo. Opere di Antoine de Saint-Exupéry: tra i suoi libri i più noti sono Corriere del Sud, Volo di notte, Terra degli uomini, Pilota di guerra, ed ovviamente il delizioso racconto Il piccolo principe. * ANDREI SAKHAROV Profilo: brillante scienziato sovietico, dopo esser stato lungamente impegnato nella ricerca atomica, dal 1957 intraprese un'azione contro i pericoli del nucleare. Successivamente sempre più fu impegnato nel dissenso democratico e nel'azione per la difesa dei diritti umani. Premio Nobel per la pace nel 1975. Opere di Andrei Sakharov: Il mio paese e il mondo, Bompiani, Milano (contiene anche il testo di Progresso, coesistenza e libertà intellettuale, il primo celebre libro di Sakharov). Opere su Andrei Sakharov: al suo nome è stata intitolata l'iniziativa del Tribunale internazionale sulla violazione dei diritti dell'uomo nell'Urss, noto appunto come "Tribunale Sakharov"; cfr. il volume di AA. VV., Le testimonianze del Tribunale Sacharov sulla violazione dei diritti dell'uomo nell'Unione Sovietica, La Casa di Matriona, Milano 1976. 16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 17. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ; per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ; angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 244 del 30 settembre 2001
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