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La nonviolenza e' in cammino. 243
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 243
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 28 Sep 2001 22:39:31 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 243 del 29 settembre 2001 Sommario di questo numero: 1. Tahar Ben Jelloun, "papa', perche' sono musulmana?" 2. Mario Di Marco, a Viterbo l'11 ottobre 3. Dalla "Lettera Quacchera" (con testi di Cathy Thomas, Susanna Thomas, Pier Cesare Bori) 4. Vauro Senesi intervista Gino Strada 5. Amelia Alberti: terrorismo, servizi segreti, mafie e circuito dell'eroina 6. Una lettera di Silvano Tartarini 7. Una lettera alle banche coinvolte nel traffico di armi 8. Centro Al Mezan per i diritti umani: perdite umane e di risorse dei palestinesi in un anno di Intifada 9. Aldo Capitini, Lanfranco Mencaroni: per la creazione di una corrente rivoluzionaria nonviolenta 10. Peppe Sini: ne' timidi, ne' marginali, ne' subalterni 11. Letture: AA. VV., La tradizione interpersonale in psichiatria, psicoterapia e psicoanalisi 12. Letture: Franco Fortini, Dialoghi col Tasso 13. Letture: Simone Weil, Sulla guerra 14. Per studiare la globalizzazione: da Giovanni Russo a Severino Saccardi 15. La "Carta" del Movimento Nonviolento 16. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. TAHAR BEN JELLOUN: "PAPA', PERCHE' SONO MUSULMANA?" [Questo intervento e' estratto dal sito www.repubblica.it; il grande scrittore nato in Marocco e residente a Parigi e' autore tra l'altro del libro Il razzismo spiegato a mia figlia (edito in Italia da Bompiani)] Le immagini della tragedia americana non hanno risparmiato i nostri figli. I commenti che hanno sentito a proposito dei terroristi e della loro appartenenza al mondo arabo e musulmano li preoccupano e li mettono in agitazione. Cosi', una delle mie figlie - ha sette anni - mi ha fatto questa domanda: - Papa', ma io sono musulmana? - Si', come i tuoi genitori. - E sono anche araba? - Si', sei araba, anche se non parli quella lingua. - Ma lo hai visto anche tu alla tivu': i musulmani sono cattivi e hanno ammazzato un mucchio di gente. Non voglio essere musulmana. - E quindi che cosa farai? - D'ora in poi non mi rifiutero' piu' di mangiare maiale alla mensa scolastica. - Come vuoi. Pero', prima che tu rinunci a essere musulmana, bisogna che ti spieghi che quei cattivi di cui parli non sono dei veri musulmani. - Ma hanno detto che sono Arabi... - Non bisogna fare di tutta l'erba un fascio. Non tutti gli Arabi sono musulmani. Per esempio ci sono Arabi cristiani in Egitto, in Palestina, in Sudan... - Ho visto un vecchio con la barba che pregava come il nonno e poi prendeva un fucile e sparava su delle figure, lui e' musulmano? - Se prega come il nonno, si'. - Perche' quelli che hanno fatto quelle cose non sono dei veri musulmani? - Allah, come il dio degli Ebrei e dei Cristiani, proibisce di uccidere se stessi che si dice suicidarsi cosi' come proibisce di uccidere le altre persone. Quindi, quelli che sono saliti sugli aerei e hanno ucciso i piloti con i coltelli per poi dirigersi sulle torri di New York, non seguono la religione musulmana e sono dei fanatici. - Che cosa vuol dire "fanatico"? - Fanatico e' chi pensa di aver sempre ragione, chi vuole essere il piu' forte e se non sei d'accordo con lui diventa molto cattivo. - L'America non era d'accordo con quelli che hanno fatto cadere l'aereo sulla torre? - No, nessuno e' d'accordo con loro: sono dei pazzi. - Ma perche' sono pazzi? - Perche', quando erano ancora bambini e andavano alla scuola coranica, gli hanno insegnato che Allah vuole che vadano a uccidere i nemici dell'Islam e che poi li avrebbe fatti andare in paradiso. - Non capisco... per andare in paradiso bisogna uccidere? - Ma certo che no! Pero' glielo hanno fatto credere. - E loro ci credono davvero? Ma come hanno fatto a farglielo credere? - Gli hanno ripetuto tante volte la stessa cosa, portando ad esempio soldati morti in combattimento e citando un versetto del Corano che dice "Non dite di coloro che sono rimasti uccisi sul sentiero di Dio: essi sono morti! No!... essi vivono...". E cosi' finiscono per credere a quello che gli e' stato ripetuto migliaia di volte. - Ma sono molto cattivi. Fanno morire delle persone per andare in paradiso! - E' una bugia. - Ma perche' i loro capi gli dicono quelle cose? - Perche' sono in guerra contro la gente che non la pensa come loro. E a loro non piace la musica, la pittura, la scultura, l'arte... la liberta': e' per questo che diventano terroristi. - Papa', ma cosa vuol dire "terrorista"? - La parola "terrorista" contiene la parola "terrore", che significa una paura grandissima, uno spavento terribile, una cosa che fa tremare e perdere la testa. E' orribile. - Non capisco perche' se quelle persone vogliono andare in paradiso non ci vanno da sole. Perche' uccidono tanta gente e fanno tremare di paura quelli che non uccidono? - Non lo so, bambina mia, io sono come te e non riesco a capire per quale motivo dei giovani che hanno studiato, che hanno viaggiato per il mondo, che hanno goduto della liberta' e dell'accoglienza dell'America, un giorno decidono di fare un massacro sacrificando le loro stesse vite. Lo fanno in nome dell'Islam, ma fanno male all'islam e ai musulmani. Non si tratta piu' di religione, nel loro caso, perche' nessuna religione incita a uccidere degli innocenti, e l'Islam significa "entrare in pace" e non significa certo "uccidere degli innocenti". Insomma, e' una follia che ne' tu ne' io possiamo capire. - Papa', ho paura, non riesco a dormire. - Non aver paura: io sono qui con te e i cattivi sono morti. - Ma ho sentito dire che ci sara' la guerra. - Quale guerra? - Non lo so, anche a scuola ci hanno detto che bisogna fare attenzione e che se si vede una borsa abbandonata in un angolo bisogna chiamare la maestra. Non lo so, ho paura. - Non devi preoccuparti, nonostante tutto la vita e' bella! E tutto il mondo vuole aiutare le famiglie che hanno perso qualcuno in quella catastrofe. - Sai, non e' mica vero che mangero' maiale! 2. INCONTRI. MARIO DI MARCO: A VITERBO L'11 OTTOBRE [Mario Di Marco e' il responsabile degli obiettori di coscienza della Caritas di Viterbo, ed e' uno dei nostri fari. Per contatti: mdmsoft at tin.it] * Genova New York Kabul Assisi: il mondo sta cambiando Forse mai come oggi il sistema politico-economico globalizzato e' stato messo cosi' radicalmente in crisi attraverso due modalita' cosi' diametralmente opposte: l'una pacifica, fino alla testimonianza della nonviolenza; l'altra violenta, fino all'efferatezza del terrorismo stragista. Su quanto e' successo, sta succedendo e, temiamo, succedera', la Caritas diocesana ha organizzato una tavola rotonda dal titolo "Genova New York Kabul Assisi: il mondo sta cambiando" che si svolgera' giovedi 11 ottobre, ad un mese esatto dalla strage di New York. L'incontro avra' inizio alle 17,30 presso la sala della Caritas diocesana (in piazza Dante 2, a Viterbo) e vedra' la partecipazione di: Tonino Pari, del Centro Documentazione della Comunita' papa Giovanni XXIII di Rimini; Meratla Nedjwa, mediatrice culturale algerina presso la Provincia di Viterbo; Peppe Sini, responsabile del Centro di ricerca per la pace di Viterbo. * Il significato del titolo Il G8 di Genova e' stata l'ultima grande "rappresentazione" di un mondo sempre piu' intercomunicante, interdipendente, tragicamente diseguale e, di fatto, governato da un ristretto circolo di entita' politiche ed economiche che si arrogano sempre piu' maggior potere. L'attentato di New York ha dimostrato ancora una volta che pensare di arginare i fondamentalismi etnici e religiosi attraverso l'uso della forza, rinunciando a confrontarsi con il terreno di miseria ed oppressione in cui quelle aberrazioni si sviluppano, e' una colpevole illusione di cui pagano le conseguenze persone innocenti. Kabul rappresenta questi giorni di fremente attesa di quella che potrebbe essere un'ulteriore "avventura senza ritorno", attributo dato ad ogni guerra da Giovanni Paolo II, che, con il suo viaggio in Kazakistan ed Armenia, sta di fatto attuando una sorta di valida interposizione nonviolenta. Infine Assisi rappresenta la speranza di chi non si rassegna ad un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di lavoro, ma vede nel dialogo e nella nonviolenza la possibilita' di cambiare un sistema profondamente ingiusto. E' infatti la' che il prossimo 14 ottobre convergera' il "popolo della pace", per dare vita all'edizione 2001 della storica marcia Perugia-Assisi, intitolata "cibo, acqua e lavoro per tutti", a sottolineare che nessuna pace e' possibile se prima non si realizza la giustizia. Per tale occasione la Caritas ha prenotato un pullman che partira' alle 7,30 da piazzale Romiti, antistante la questura di Viterbo (per informazioni e prenotazioni il numero e': 0761-303171). Sebbene la Tavola della pace, organizzatrice di varie edizioni della storica marcia, sembra quasi voler ignorare l'edizione dello scorso anno promossa dai movimenti nonviolenti (Movimento Nonviolento e MIR in testa) che affermavano il netto rifiuto di tutte le guerre, e' importante che ad Assisi si arrivi in massa e che si sia tutti attenti ad evitare qualunque forma di violenza. Infatti, dopo Genova e New York, il movimento no-global, quello pacifico, che fa riferimento a Porto Alegre, e' sotto il tiro incrociato di tutti coloro che per vari motivi hanno interesse a difendere l'attuale sistema politico-economico. Si pensi alle folli affermazioni sulla presunta "superiorita' della civilta' occidentale". Affermazioni che, in bocca ad un presidente del Senato prima e a un capo di governo poi, suonano davvero raccapriccianti. Oppure al nuovo sillogismo che lascia sottintendere l'on. Berlusconi: i terroristi contestano la civilta' occidentale, i no-global pure, quindi i terroristi sono tra i no-global! Un motivo in piu' per esserci ce l'abbiamo noi cattolici impegnati sui temi della pace, della giustizia e della solidarieta', in quanto e' sempre piu' visibile dentro la Chiesa lo scontro (peraltro secolare) tra chi ha come riferimento principale il Vangelo "sine glossa" e chi invece elabora principi teologico-morali piu' "favorevoli" al potente di turno. Basti pensare al portavoce della santa sede che e' arrivato a "spiegare" ufficialmente le parole del papa stravolgendone di fatto il significato (tanto che ha dovuto rettificare il giorno dopo) o alla differenza tra le dichiarazioni dei presidenti delle conferenze episcopali italiana e tedesca. Gia' in vista di Genova il papa aveva richiamato il suo invito, fatto in occasione della Giornata Mondiale della Gioventu', a non rassegnarsi ad ".un mondo dove altri esseri umani muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di lavoro" ed a "sforzarsi per rendere la terra sempre piu' abitabile". Le violenze di gruppi minoritari hanno dato argomenti a chi considera quello pacifista un atteggiamento estraneo o addirittura contrario a quello cristiano. L'attentato di New York ha rafforzato le convinzioni di costoro (il che e' davvero paradossale). La marcia Perugia-Assisi sara' dunque l'occasione per dimostrare in modo netto la natura pacifica di un movimento che, anche in quei giorni, avra' l'impegnativo compito di opporsi ad una nuova assurda guerra. 3. RIFLESSIONE. DALLA "LETTERA QUACCHERA" [Riportiamo questo estratto dalla "Lettera Quacchera (Notiziario dell'Associazione religiosa degli Amici)", n. 36, luglio-dicembre 2001. La "Lettera Quacchera" e' curata da Pier Cesare Bori, via Angelelli 18, 40137 Bologna, tel. 0516237608, e-mail bori at spbo.unibo.it. Pier Cesare Bori e' un illustre pensatore amico della nonviolenza] Guardiamo due avvenimenti che hanno segnato gli scorsi mesi legandoli insieme con una testimonianza di Susanna Thomas, la giovane studentessa quacchera che e' stata imprigionata a Voghera per poco meno di un mese, in seguito ai fatti di Genova, e di sua madre. * La madre Cathy Thomas ci ha scritto il mercoledi 12 settembre: "Ieri sera abbiamo avuto una riunione silenziosa. Anche le chiese presbiteriana e quella cattolica, vicino a noi, hanno tenuto simili servizi. Qui il colpo e' stato grave: dalla strada principale [di Summit, New Jersey] si puo' vedere New York City e fino a ieri si scorgevano chiaramente le torri del W. T. C. Molti qui lavorano in citta' vicino al luogo del disastro. Fra questi, il marito di Arlene Johnson, segretaria del nostro meeting. Ci ha messo otto ore per trovare il modo di uscire da New York City. Alla fine ha traversato a piedi il ponte sino a Brooklyn e ha dormito presso amici. Durante il meeting silenzioso, qualcuno ha lanciato un messaggio, dicendo che un atto simile deve venire da un luogo di grande pena e disperazione. Mi sembra che siano stati presi di mira i simboli della ricchezza e del potere militare. Questo mi ricorda i messaggi di molta parte della protesta nonviolenta di Genova, che cercava una piu' giusta distribuzione delle risorse mondiali: se non vi fosse una tale enorme disparita' forse la gente avrebbe piu' speranza nel futuro e non sarebbe indotta a tali terribili azioni. Ora tutti preghiamo perche' la risposta dei nostri capi e del nostro popolo sia saggia e misurata". * Susanna ha scritto la seguente lettera per il giornale locale di Philadelphia: "Mi si dice che il 'Philadelphia Inquirer' vorrebbe ospitare un mio editoriale. Per quanto malvolentieri - gia' abbastanza attenzione si e' puntata su di me - sento che gli eventi di oggi autorizzano una reazione da parte di una pacifista. Spero che questa dichiarazione possa essere di aiuto. Salve, cari amici di Philadelphia. Le tragedie di oggi colpiscono il mondo intero. E' un giorno terribile. Alla luce degli eventi odierni, e' piu' importante che mai difendere i valori che uniscono, piuttosto che quelli che dividono: la comunicazione, il rispetto, la liberta' di espressione e il diritto a riunirsi pacificamente. Credo che siano questi i valori su cui si basa ogni democrazia. Credo che la salvaguardia di questi valori possa consentire alla gente di esprimere le loro preoccupazioni e i loro punti di vista, senza sentire il bisogno di ricorrere alla violenza, alla distruzione o alla forza. [...] Le persone direttamente responsabili degli attacchi - i dirottatori - sono gia' morti, con ogni probabilita'. E' tuttavia di vitale importanza non criminalizzare le pacifiche comunita' islamiche nel mondo associando la loro fede a presunte attivita' terroristiche. Ricordiamo il significato letterale della parola "Jihad", che vuol dire lotta spirituale, la forza dell'anima. Ogni persona di fede conosce questa lotta. E' anche importante ricordare il significato letterale della parola "Salam", su cui "Islam" di basa: questa parola vuol dire pace. Con pace e amore, Susanna Thomas". * Commento di Pier Cesare Bori: Questa riflessione, nella sua semplicita' e immediatezza, e' importante perche' viene dalla parte offesa, dalla parte "americana" (la Pennsylvania e' legata indissolubilmente agli Amici) [Societa' Religiosa degli Amici e' il nome preciso dei Quaccheri]; perche' c'e' un inizio di analisi delle cause sotto il profilo economico (la disparita') e psicologico-sociale (la disperazione come impossibilita' di comunicare); perche' articola la condanna della violenza terroristica e il rispetto della cultura e della religione islamica; perche', nel chiedere una risposta "saggia e misurata", indica la linea da seguire: legalita' nel perseguire giudizialmente gli autori del crimine, rispetto dei diritti fondamentali. Il riferimento all'Islam e al jihad richiederebbe un particolare approfondimento, ma appunto solo nella comunicazione e nel dialogo sara' possibile cercare con i credenti musulmani un chiarimento sul rapporto con la violenza che sia anche un impegno contro di questa. 4. TESTIMONIANZE. VAURO SENESI INTERVISTA GINO STRADA [Gino Strada, medico chirurgo in zone di guerra, e' l'animatore di "Emergency". Questa intervista e' apparsa sul quotidiano "Il manifesto" del 27 settembre] L'Afghanistan e' un pessimo posto in cui andare, di questi tempi. Ne fuggono a centinaia di migliaia, attraverso i passi che si affacciano sul Pakistan. A risalire la corrente sono pochi temerari, professionisti della pace e della guerra: un pugno di giornalisti che cerca l'imbarco su scassati elicotteri mujaheddin, un'imprecisata quantita' di teste di cuoio britanniche che ci arrivano col paracadute, sparuti gruppi di musulmani che vanno a arruolarsi nella jihad prossima ventura, a piedi. E poi c'e' un chirurgo italiano che in Afghanistan ha un pezzo di cuore e due ospedali. Hanaba e' nel Panshir, ben dentro la valle che fu il regno di Ahmed Shah Massud prima che lo ammazzassero, come misura preparatoria al massacro delle Torri gemelle. Dopo dieci giorni di tentativi, Gino Strada e' riuscito a rientrare in Afghanistan e a tornare nel "suo" ospedale, quello di Hanaba. La ricetta e' stata molta pazienza, ottime conoscenze, un buon cavallo e un telefono satellitare. La sua organizzazione, Emergency, oltre a quello di Hanaba ha un ospedale a Kabul (chiuso dopo un'incursione di Taleban, che non ritenevano maschi e femmine correttamente divisi). Aveva lasciato la capitale in luglio, quando l'Afghanistan era il paese delle donne murate nei burqua, dei buddha scalpellati a cannonate e della poverta' piu' spaventosa. Subito dopo gli attacchi ha cercato di tornare, ma ora l'Afghanistan e' il centro di un mirino planetario - e della poverta' piu' spaventosa, naturalmente. Quella non si e' mossa mai. Vauro Senesi: La prima cosa che ti chiedo naturalmente e': come stai? Gino Strada: Bene. Insomma... voglio dire, il viaggio e' stato duro, cinque giorni con la jeep e poi con il cavallo. In sella non e' male, pero' si va sempre a quote tra i tre e i cinquemila metri, abbiamo superato un passo alto come il Monte Bianco. Un viaggio terribile anche perche' tra la partenza e l'arrivo non c'e' niente in mezzo, e devi pur trovare riparo. V. S.: Questo paese ti sta molto a cuore a quanto sembra. G. S.: Mi piacciono loro, mi piace la gente dell'Afghanistan. E' gente che sta pagando ormai da troppo tempo. V. S.: "Loro" non sono il nemico? G. S.: Assolutamente no. Io non mi sento piu' americano di quanto non mi senta afghano, anzi se devo proprio scegliere.... Credo che questo paese abbia pagato abbastanza per le scorribande di tutti quelli che ci hanno giocato, dall'Unione Sovietica agli Stati Uniti, dall'Inghilterra al Pakistan, all'Arabia Saudita. E hanno pagato loro in carne ed ossa, non dimentichiamoci che questa guerra ha fatto una cifra vicina ai due milioni di morti. La gente che incontri e' gente che non ha niente a che fare con la guerra, che non sa neanche che la guerra c'e', se non quando si trova una bomba che gli piove addosso o una mina che gli scoppia sotto. Per forza della gente cosi' ti sta a cuore. V. S.: E' vero che le organizzazioni umanitarie e il personale dell'Onu hanno lasciato il paese? G. S.: Emergency non ha lasciato perche' non abbiamo alcuna ragione per lasciare. Ciascuno fa le sue scelte, ma credo che proprio ora serva essere vicino agli afghani. Bisogna dimostrare che non stiamo giocando, perche' la memoria delle cose resta e tra dieci anni diranno "si', pero' quando hanno minacciato di attaccarli - speriamo sia solo una minaccia - avete mollato". Se si vuole un dialogo con queste persone, con la loro cultura, bisogna per forza fare dei pezzi di strada insieme. Altrimenti arriva lo scontro. V. S.: Ormai in Italia ti conoscono tutti, alcuni pensano che sei un eroe e altri che sei un pazzo incosciente. G. S.: Fesserie. Certamente la prima, quella di essere un eroe, ma credo anche la seconda, cioe' di essere pazzo. Noi siamo qui per fare il nostro mestiere, ed e' quello di curare le vittime di guerra, non soltanto i feriti nel senso piu' lato. Perche' anche chi non puo' avere un'appendicectomia o una gravidanza sicura perche' la guerra ha distrutto tutto e' una vittima di guerra. E allora che facciamo, siamo qui per curare le vittime di guerra e proprio quando la guerra si avvicina ce ne andiamo? Siamo qui semplicemente per fare il nostro lavoro, o almeno uno dei due compiti che compaiono nello statuto della nostra organizzazione. V. S.: Qual e' l'altro? G. S.: Quello di promuovere una cultura di pace e di solidarieta'. L'importante e' capire che le due cose non sono diverse, sono semplicemente due modi diversi per riaffermare il principio che la vita umana ha un senso, un valore che mette fine a ogni discussione. Credo che la cultura di pace nasca dall'iniziativa di pace, e' il fatto di fare delle cose che ti da' anche diritto di parola. V. S.: Andrai anche a Kabul? G. S.: Oggi o domani mi mettero' in contatto con le autorita' di Kabul. Spiegheremo la situazione, spero che le autorita' talebane siano disponibili. Abbiamo sempre cercato di riaprire l'ospedale, che avevamo chiuso dopo aver subito un'aggressione armata. Pero' in questo momento credo sia nostra responsabilita' dire chiaro che, anche se non siamo d'accordo su un sacco di cose, qui c'e' una potenziale catastrofe umanitaria. Allora teniamo questo ospedale pronto a funzionare, se ce ne fosse bisogno, e se poi non ce n'e' bisogno tanto meglio. A me non piace parlare di pacifismo in senso astratto, e credo che aprire un ospedale dove lavora anche personale straniero sia uscire dall'astrazione. V. S.: Dicevi che molti afghani di questa guerra non sanno nulla. Che clima hai trovato tra le persone? Hanno la percezione di cio' che incombe su di loro? G. S.: Sono tutti molto preoccupati di quello che puo' succedere, pero' credo che la gente comune non capisca. Perche' si sta parlando di attaccare l'Afghanistan? Perche' si e' identificato l'Afghanistan come la culla del terrorismo internazionale? E che c'entra la popolazione afghana? Non c'entra niente. Allora bisogna essere seri, non si puo' continuare con i giochini. Il terrorismo internazionale islamico e' stato creato, finanziato, addestrato, pianificato dagli Stati Uniti d'America insieme con l'Arabia Saudita per quanto riguardava il finanziamento, e dal Pakistan per quanto riguardava l'organizzazione pratica logistica. Questo e' un dato incontrovertibile, sta gia' nei libri di storia. Come sono arrivate fin qui persone di 22 nazionalita' diverse? A Kabul ci sono algerini, sudanesi, filippini, ceceni, magrebini, marocchini, egiziani, iracheni. Chi ha dato loro le armi? Se gli Usa attaccheranno, qualche elicottero americano verra' abbattuto da missili americani. V. S.: Tra le molte ipotesi che si fanno, ora c'e' quella di appoggiare la guerriglia mujaheddin in funzione anti-taleban. G. S.: Io non esprimo posizioni politico-militari. Tutte le volte stiamo a discutere di cosa fare, senza renderci conto che stiamo elaborando la terapia per un malato terminale. Ma non si potrebbe pensare alla cura quando cominciano i sintomi? Le vittime hanno tutte quante la stessa faccia, a Kabul come a New York. Preferirei che si cominciasse a ragionare sul perche' ce ne sono. Anche i gesti piu' tremendi non nascono dal nulla. V. S.: Questi clamori di guerra hanno gia' provocato degli effetti? G. S.: Hanno gia' provocato dei morti, che mi sembra piu' preciso. Quando su una popolazione di una quindicina di milioni di persone poverissime si determina un aumento del costo dei generi alimentari di prima necessita' (del riso, della farina, dello zucchero) del 30-40 per cento in due settimane, vuol dire che domani uno su tre non mangia. E spesso muore. V. S.: Che prospettive ha questa gente? G. S.: Qui le prospettive non sono rosee per nessuno, anche perche' dall'Afghanistan se ne sono andati tutti. Hai presente la gente comune, i piu' poveri? Ancora una volta pagheranno loro. Io spero che si crei un grande movimento di opinione pubblica che dica: bisogna aiutare i piu' sfortunati, specie quando noi siamo responsabili della loro situazione. Bisogna aiutarli e non bombardarli. Perche' la' dentro, sotto cio' che vedono i piloti super-tecnologici e super-intelligenti, ci sono carne, muscoli, ossa, roba che noi chiamiamo esseri umani. 5. RIFLESSIONE. AMELIA ALBERTI: TERRORISMO, SERVIZI SEGRETI, MAFIE E CIRCUITO DELL'EROINA [Ringraziamo Amelia Alberti (presidente del circolo verbano della Legambiente, a Verbania-Pallanza) per questo intervento che pone l'accento su temi decisivi e ineludibili; per contatti: lambient at internetpiu.com] In coda ai molteplici interventi sulla questione del terrorismo islamico, e in particolare afghano, di grande spessore etico e morale, che leggo con attenzione e condivisione, vorrei porgere un diverso punto di vista, piu' concreto, forse non sufficientemente affrontato nella discussione politica tra le parti o interna ad esse. E cioe' il ruolo che il traffico internazionale di eroina ha giocato nel procacciare finanziamenti immensi ai gruppi terroristici telebani, ieri protetti e foraggiati, perche' nemici degli altri; oggi nemici e invisi a tutti, ma ormai ricchi e pericolosi. Qui di seguito riporto un estratto di informazioni utili, alle quali vorrei che aggiungessimo qualche riflessione sul ruolo che la mafia italiana puo' aver giocato in questa losca partita, essendo certamente l'Italia un punto nodale nei commerci internazionali delle droghe pesanti. Forse la via della droga ci condurrebbe piu' vicino ai centri dove si prendono certe decisioni. Forse alcuni centri potrebbero essere nei paraggi di casa nostra. * Fonte: Notiziario edito dall'Aduc, Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori del 20 settembre 2001: Alessandro Garzi: "Il Golden Crescent e i vecchi amici della Cia". Dopo l'attacco alle Twin Towers, si sono potute contare almeno un paio di decine di esponenti politici o degli organismi internazionali che hanno dichiarato che il terrorismo islamico si e' finanziato con l'eroina dell'Afghanistan... Secondo un articolo su "Il manifesto", del 19 e 20 settembre, scritto da Michel Chossudovsky, docente all'universita' di Ottawa, la Cia si sarebbe servita dei fondamentalisti islamici per evitare che quella zona cadesse sotto il dominio sovietico. L'eroina del Golden Crescent (le zone produttrici di oppio nell'Asia centrale, comprendente Pakistan, Afghanistan ed Iran) sarebbe sotto lo stretto controllo dei servizi segreti Pakistani (Isi), a loro volta controllati dall'Intelligence Usa, e sarebbe stata usata "per finanziare ed equipaggiare l'esercito musulmano bosniaco (a partire dai primi anni '90), nonche' l'esercito per la liberazione del Kosovo. Esistono prove che, negli ultimi mesi i mercenari mujahedin stiano combattendo nei ranghi dei terroristi Kla-Nla in Macedonia". Il Golden Crescent, oltre ad essere una scorta di risorse petrolifere, produce anche i tre quarti dell'eroina mondiale, con un fatturato annuale che va dai 100 ai 200 miliardi di dollari. Il "mercato globale" dell'eroina, ogni anno, fattura per 500 miliardi di dollari, circa un milione di miliardi in lire... Gli Usa saranno, a breve, impegnati militarmente in Afghanistan, dove si produce droga, sono impegnati in Colombia, paese abbastanza famoso per la cocaina, sono stati impegnati nel Triangolo d'oro nel sud-est asiatico, anch'essa zona di produzione di eroina, e nei Balcani, dove settori delle minoranze albanesi in Kosovo gestiscono i traffici. 6. INCONTRI. UNA LETTERA DI SILVANO TARTARINI [Per contatti con Silvano Tartarini, animatore dell'esperienza dei "Berretti Bianchi": Associazione Berretti Bianchi Onlus, via F. Carrara 209, 55042 Forte dei Marmi (LU), fax 0584735682, tel. cell. 03357660623, e-mail: bebitartari at bcc.tin.it, sito: www.peacelink.it/users/berrettibianchi] Cari amici, gli organizzatori della marcia Perugi -Assisi ci hanno risposto, per ora solo verbalmente, in maniera positiva. L'incontro sul tema " analisi e progettualita' in Italia per una globalizzazione dal basso della pace" si terra', dunque, a Perugia il giorno venerdi 12 ottobre dalle ore 20,30 alle ore 22,30 in una sala che ci verra' messa a disposizione presso il Palazzo dei Priori. Vi prego, per chi ancora non lo ha fatto, di farmi pervenire l'adesione all'iniziativa al piu' presto e di segnalarmi necessita' di pernottamento, in maniera da consentirmi di prenotare eventuali posti letto. Un caro saluto a tutti. 7. INIZIATIVE. UNA LETTERA ALLE BANCHE COINVOLTE NEL TRAFFICO DI ARMI [E' in corso da tempo una campagna per persuadere le "banche armate" a cessare di essere coinvolte nelle transazioni finanziarie legate al commercio delle armi. Ridiffondiamo questa proposta, trasmessaci dal prestigioso giornalista impegnato per i diritti umani Farid Adly, che ringraziamo. Per contatti con Farid Adly: anbamed at katamail.com] Hai affidato i tuoi soldi a una banca? Sai cosa fanno molte banche con i nostri soldi? Li usano anche per finanziare il commercio di armi. * L'elenco delle banche coinvolte Arab Bank PLC; Arab Bankin Corporation; Banca Carige; Banca Commerciale Italiana; Banca d'America e d'italia (anno 1999); Banca di Roma; Banca Nazionale Agricoltura; Banca Nazionale Lavoro; Banca Pop. Bg-Cr. Varesino (anno 1999); Banca Popolare di Brescia; Banca Popolare di Intra; Banca Popolare di Lodi; Banca Popolare Novara; Banca S.Paolo di Brescia; Banca Toscana; Banco Ambrosiano Veneto; Banco Bilbao Vizcaya; Banco di Brescia; Banco di Napoli; Banco di Sicilia; Banco do Brasil SA. - Milano; Banque Nationale de Paris (anno 1999); Barclays Bank PLC; Cariverona Banca Spa; Cassa di Risparmio di Firenze; Cassa Risparmio La Spezia; Cassa di Risparmio delle Province Lombarde; Credit Agricole Indousez; Credito Agrario Bresciano (anno 1999); Credito Bergamasco; Credito Italiano; Gruppo Bancario S. Paolo IMI; Monte dei Paschi di Siena; UGBI Bank; Unicredito Italiano (questa banca ha dichiarato di non voler piu' essere coinvolta). Nota: I nomi delle suddette banche, eccetto quelli contraddistinti con anno 1999, compaiono tutti nella "Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento nonche' dell'esportazione e del transito dei prodotti ad alta tecnologia", anno 2001, Doc. LXVII n. 5 del Senato della Repubblica. * Che fare Se la tua banca e' tra quelle sopracitate, non accettare di alimentare questo giro. Invia alla banca il modulo che trovi alla fine di questo documento e soprattutto informa tutti quelli che conosci inviandogli questa e-mail. * Lettera da inviare alla banca A. Per le banche presenti nella relazione del 2000, contraddistinte nell'elenco con "(anno 1999)", iniziare la lettera con: Nella relazione 2000 che il Governo ha presentato in Parlamento sulle esportazioni di armamenti autorizzate e svolte nel 1999, e in particolare nella parte curata dal Ministero del Tesoro, ho trovato il vostro nome come banca coinvolta in operazioni connesse con l'export (legale) di armi (e prosegue come nel modulo sottostante). B. Per tutte le banche presenti nella relazione del 2001: Luogo e data Al direttore della banca... Oggetto: Coinvolgimento nelle importazione-esportazione di armi Nella relazione 2001 che il Governo ha presentato in Parlamento sulle esportazioni di armamenti autorizzate e svolte nel 2000, e in particolare nella parte curata dal Ministero del Tesoro, ho trovato il vostro nome come banca coinvolta in operazioni connesse con l'export (legale) di armi. Ritengo che l'attivita' economica e finanziaria non possa sottovalutare il suo impatto sui diritti umani. Banche e imprese dovrebbero considerare le conseguenze sociali ed etiche delle loro azioni economiche. Da questo punto di vista il commercio delle armi continua ad alimentare guerre e violazioni dei diritti umani in tutto il mondo. L'Africa in particolare, pur non essendo in assoluto l'area maggiormente destinataria di forniture di armamenti, e' la regione dove i traffici hanno l'impatto piu' grave in termini umani e materiali. L'Italia continua ad avere un ruolo non marginale in questo mercato: e' tra i primi dieci esportatori nelle vendite di armi leggere. A quanto vedo dai dati, un ruolo cruciale nel mercato delle armi lo svolgono gli intermediari finanziari, cioe' le banche. Poiche' ho un deposito presso di voi (numero completo del proprio conto corrente bancario...), mi trovo nella situazione per cui anche il mio risparmio alimenta indirettamente questi gravi fenomeni. Sono pertanto a chiedere una Vostra eventuale presa di posizione che dichiarasse l'impegno a uscire da queste attivita'. Riterrei opportuno, in questo caso, un'informazione trasparente ai risparmiatori sul percorso per arrivare a questo risultato. Cordiali saluti. Nome e cognome Firma 8. DOCUMENTAZIONE. CENTRO AL MEZAN PER I DIRITTI UMANI: PERDITE UMANE E DI RISORSE DEI PALESTINESI IN UN ANNO DI INTIFADA [Da Luisa Morgantini (lmorgantini at europarl.eu.int) riceviamo i dati della conferenza stampa del Centro Al Mezan, organizzazione palestinese per i diritti umani, sull'ultimo tragico anno. Alle violenze subite dal popolo palestinese vanno aggiunte le altre violenze ugualmente orribili subite dal popolo israeliano. Possa venire la pace e la convivenza nella giustizia e nella solidarieta'] Il centro Al Mezan ha presentato un resoconto di: "Un anno di Intifada, Un anno di violazioni". Il documento contiene informazioni riguardanti i danni e le perdite subite dai civili palestinesi alle loro proprieta', e le violazioni e i crimini commessi dalle forze di occupazione israeliane. Da esso emerge l'uso eccessivo e letale di forza usato nei confronti dei civili palestinesi. - 682 palestinesi sono morti durante la rivolta. - 294 in Cisgiordania, 255 nella striscia di Gaza, mentre 13 palestinesi sono stati uccisi dentro i confini israeliani del 1948. - Il numero dei feriti e' arrivato a 21.480. - I bambini sotto i 18 anni uccisi sono 186, mentre quelli feriti sono 528, e tra di essi 437 resteranno permanentemente disabili. - Le forze di occupazione israeliane hanno intenzionalmente assassinato 41 palestinesi illegalmente in 35 operazioni, in cui altri 22 civili palestinesi innocenti sono stati uccisi. - I palestinesi arrestati nel corso dell'anno sono 1.605, 1.373 dei quali sono ancora in prigione, 218 dei quali sono ragazzi. - Le persone assassinate appartenenti a squadre mediche e di soccorso sono 7 e altre 96 sono rimaste ferite. - Per cio' che riguarda il bombardamento di case di abitazione, in particolare di civili palestinesi, le case completamente distrutte nella striscia di Gaza sono 341, in Cisgiordania sono 116, mentre sono state parzialmente distrutte 5.575 sia nella striscia di Gaza che in Cisgiordania. - 9.970 ettari di terre coltivate sono state "desertificate" dai bulldozer nella striscia di Gaza e 7.486 in Cisgiordania, mentre 134 pozzi d'acqua sono stati distrutti complessivamente a Gaza e Cisgiordania. - Per cio' che riguarda la chiusura imposta ai territori palestinesi e i suoi effetti sulle diverse attivita' economiche, il documento stima che le perdite economiche si aggirano sui 3.568.465.218 dollari. Nella parte finale di questo resoconto il centro Al Mezan rinnova la sua richiesta alla comunita' internazionale di provvedere al rispetto degli obblighi internazionali nei territori palestinesi occupati attraverso i mezzi legali a disposizione, e ribadisce la necessita' di offrire una protezione immediata ed effettiva ai civili palestinesi. Inoltre il centro Al Mezan lancia un appello per evitare ogni forma di politicizzazione delle sofferenze del popolo palestinese ed affinche' si cerchino modi possibili per compensare i palestinesi per i crimini perpetrati dalle forze di occupazione israeliane, e perseguire i criminali di guerra israeliani, imponendo sanzioni sul paese occupante. 9. DOCUMENTI. ALDO CAPITINI, LANFRANCO MENCARONI: PER LA CREAZIONE DI UNA CORRENTE RIVOLUZIONARIA NONVIOLENTA [Questa proposta e' stata pubblicata nel 1963 da Aldo Capitini e Lanfranco Mencaroni e aggiornata nel 2001 da Lanfranco Mencaroni, che ringraziamo per avercela inviata. Lanfranco Mencaroni e' animatore della Associazione nazionale Amici di Aldo Capitini. Per contatti: capitini at tiscalinet.it] 1) La situazione politica italiana e mondiale presenta un vuoto rivoluzionario: i partiti stanno o su posizioni conservatrici o su posizioni riformistiche, prive di tensione e di forza educatrice e propulsiva nelle moltitudini. Cosi' si va perdendo anche l'esatta prospettiva che pone come finalita' decisiva della lotta politica il superamento del capitalismo, dell'imperialismo, dell'autoritarismo. Vi sono tuttavia delle minoranze che vedono chiaro, ma tali minoranze devono giungere ad un'azione organica nella situazione italiana, per cui, da una societa' dominata da pochi, si passi ad una societa' aperta a tutti nelle liberta', nel potere, nella economia, nella cultura. 2) La crisi dei movimenti operai e socialisti nell'attivita' politica e sindacale e' dovuta principalmente al fatto che non si e' saputo concordare dinamicamente la triplice finalita' suddetta con la pratica quotidiana nella attuale democrazia. 3) Sarebbe un errore credere che la politica del neocapitalismo con le attrattive del benessere e la suggestione degli interventi paternalistici e provvidenziali riesca a cancellare dalle moltitudini la tendenza a possedere effettivamente il potere con tutte le sue responsabilita', a controllare tutte le decisioni pubbliche, a impedire realmente la guerra, a sviluppare la liberta' e la cultura di tutti nel modo piu' fiorente. Lo sviluppo della lotta per la pace, la democrazia, la giustizia economica e sociale, contro la miseria e la fame nel mondo, in difesa dell'ambiente e della salute, per la diffusione dell'istruzione e la difesa della cultura, provano che le moltitudini accettano sempre di meno gli equivoci offerti dalla classe dirigente. 4) Nei problemi posti dalle esperienze di socialismo nel mondo e' facile osservare che sono stati superati gli schemi dottrinari che attribuivano a una determinata ideologia, o ad un unico partito la possibilita' di intervento rivoluzionario. E' opinione sempre piu' accettata che esiste una connessione stretta tra il metodo rivoluzionario adottato e il tipo di potere che segue alla conclusione vittoriosa della rivoluzione. Anche in questo campo l'insufficienza del metodo leninista, e di altri metodi similmente imposti da minoranze alla maggioranza, e' rivelata dalla crisi che ha contrapposto e contrappone in maniera piu' o meno drammatica la societa' civile al potere rivoluzionario e che e' diventata la causa della instabilita' e della dissoluzione degli stati cosi' detti socialisti e di altri stati sorti nel dopoguerra da moti sottoposti all'egemonia di minoranze. La medesima crisi tra deficienza di potere civile delle masse e reale potere politico di gruppi ristretti e' chiaramente visibile anche nelle democrazie parlamentari, che sono sempre piu' esposte a subire la pressione egemonica di gruppi di potere economici, politici, religiosi, agenti fuori dagli istituti civili e capaci di svuotarli della rappresentativita' popolare, piegandoli ai loro interessi di minoranza. Inoltre, nel nostro paese, come del resto in tutto l'occidente, la situazione e' tale che tutti i vecchi metodi dell'opposizione popolare si rivelano inutilizzabili o insufficienti a mantenere una tensione rivoluzionaria che si costruisca progressivamente, nel suo sviluppo, gli adeguati strumenti pratici della sua applicazione. 5) Per queste ragioni siamo convinti che il metodo che deve essere assunto per la lotta rivoluzionaria e' il metodo della nonviolenza attiva, nell'articolazione delle sue tecniche, gia' attuate in altri paesi in lotte di moltitudini. Riteniamo che questo metodo sia da accettare e da svolgere non soltanto per la sconvenienza e l'improduttivita' dei metodi violenti e la loro inaccettabilita' da parte delle nostre moltitudini, ma soprattutto per il suo contenuto profondamente umano, all'altezza del migliore sviluppo della societa' civile moderna. 6) Questo metodo, che per essere visibilmente e politicamente efficace deve essere impugnato da un largo numero di persone, mostra con cio' stesso che e' in grado di dare le piu' ampie garanzie di democraticita', di espressione delle forze dal basso, di insostituibile e mai sospendibile liberta' delle piu' varie opinioni, di decentramento del potere nelle sue varie forme economiche, politiche, sociali, civili. 7) Con questo metodo e' possibile dare inizio alla formazione di organismi e istituzioni dal basso che concretino tali garanzie, prefigurando e preparando la complessa societa' di tutti. I rivoluzionari violenti con i loro metodi non sono capaci di realizzare tali organismi e istituzioni, e, o ne rimandano l'attuazione a dopo la conquista del potere, con atto autoritario che ne infirma la democraticita', o vi rinunciano, vista l'impossibilita' di usare la violenza, cadendo i dirigenti nell'inerzia e le moltitudini nello scetticismo. 8) Nell'attuale momento, crediamo che come prima fase un intervento nella situazione italiana che segua questo orientamento possa prendere la forma di "corrente" con "gruppi" operanti dentro e fuori le attuali associazioni politiche, sindacali, culturali, etico-religiose. Questi gruppi potranno operare coordinatamente secondo piani che saranno stabiliti dai gruppi stessi nei loro incontri. 9) Possiamo definire cosi' gli obiettivi finali di tutto il lavoro: la costituzione di una societa' nuova e socialmente aperta la cui organizzazione economica, politica, civile e culturale sia continuamente sotto il potere e il controllo di tutti, nella liberta' di informazione, di associazione e di espressione, manifestazione e promovimento costante di apertura ad una societa' universale nonviolenta. 10) Obiettivi immediati di transizione a questa finalita' sono: a) la diffusione delle tecniche della nonviolenza da applicare a tutte le lotte politiche e sindacali; b) l'opposizione alla preparazione e alla esecuzione della guerra; c) la convergenza sul piano rivoluzionario nonviolento di tutti i cittadini che aspirano ad una nuova societa' e delle loro associazioni di qualsiasi ideologia; d) la rapida costituzione di centri di orientamento sociale aperti, in periodiche riunioni, a tutti e alla discussione di tutti i problemi della vita pubblica; e) la formazione di consulte rionali o di villaggio elette da tutti i cittadini per il controllo e la collaborazione nei riguardi delle amministrazioni locali; f) l'organizzazione di comitati dei lavoratori e tecnici, eletti da tutti indipendentemente dalle organizzazioni politiche e sindacali, con il compito di seguire i problemi delle singole aziende e di portare tutti al possesso delle tecniche del controllo sulla produzione e sulla pianificazione democratica, da utilizzare nella lotta per la societa' di tutti; g) l'impostazione di una riforma della scuola per cui tutti gli istituti scolastici a tutti i livelli siano organizzati con spirito comunitario e controllati da comitati degli studenti e dei professori; h) la richiesta agli enti pubblici di fondare giornali quotidiani e settimanali con assoluta obiettivita' di informazione; i) la costituzione di centri cooperativi culturali dal basso per l'educazione degli adulti nel campo della divulgazione dei valori artistici, scientifici, storici, ecc. sottraendoli alle manipolazioni autoritarie o di parte. 11) Noi pensiamo che una corrente rivoluzionaria nonviolenta debba richiedere ai suoi aderenti un comportamento manifestamente concorde alla sua finalita', realizzando tra l'altro il principio che ogni eletto a qualsiasi carica, sia della corrente sia di ogni altro organismo, possa essere dispensato dal suo incarico nei periodici incontri con i suoi elettori; dedicando ad iniziative pubbliche orientate in campo sociale la massima parte del proprio bilancio privato, non partecipando al possesso di beni che comportino lo sfruttamento dei cittadini. 12) A coloro che non scorgessero differenza tra la nostra impostazione e quella democratica parlamentare teniamo a far presente quanto limitata sia la democraticita' parlamentare, lontana dalla volonta' attiva e quotidiana di tutti i cittadini, e quanto invece e' complessa e diretta la presenza di tutti negli organismi da noi propugnati, atti a superare continuamente i privilegi e il potere dei pochi. 13) A coloro che obiettassero che la pianificazione economica sociale di uno stato moderno non puo' essere che centralistica e autoritaria, rispondiamo che la pianificazione puo' e deve essere accompagnata dall'esistenza di organi democratici che ne rendano possibile dal basso la preparazione, il controllo della esecuzione e la revisione. Questi organi sono l'unica garanzia che l'autoritarismo della pianificazione non si trasferisca nell'autoritarismo di tutto l'apparato statale, come ha dimostrato l'esperienza sovietica. Questi organi, infatti, continuando l'azione gia' svolta nella situazione di economia privatistica, dovranno svilupparsi fino a diventare i protagonisti del mondo produttivo della nuova societa'. 14) La garanzia che la societa' di tutti e nonviolenta da' alla libera funzione delle correnti ideologiche e dei partiti deve avere come unica contropartita la libera espressione, all'interno delle correnti e dei partiti stessi, dei pareri dei singoli e dei gruppi. 15) Nella politica internazionale attuale la nostra posizione e', oltre che di lotta per la pace, di pieno appoggio a tutti coloro che lottano con i metodi nonviolenti contro il capitalismo, l'imperialismo, l'autoritarismo; di aiuto incondizionato ed immediato a tutti i popoli sottosviluppati da concretarsi in grandi piani di collaborazione; di sviluppo della collaborazione internazionale e degli organismi che la garantiscono, a cominciare dall'ONU, e della diffusione dei nostri metodi nonviolenti per il raggiungimento dei fini comuni. 10. CONCIONI. PEPPE SINI: NE' TIMIDI, NE' MARGINALI, NE' SUBALTERNI [Ancora una certo unilaterale predica del direttore responsabile di questo foglio] L'ora e' grave. Il mondo e' sull'orlo di un baratro. La bancarotta delle culture politiche che hanno accettato la violenza tra i loro strumenti e' palese. Occorre che la nonviolenza esca da ogni soggezione, da ogni timidezza, dalla marginalita' e della subalternita'. Occorre che la nonviolenza si definisca e si presenti come proposta metodologica e progettuale, intellettuale e morale, culturale e politica, in grado di gestire i conflitti e le relazioni tra soggetti diversi (tra le persone come tra le culture e gli stati), in grado di istituire rapporti sociali fondati sulla dignita' umana e la civile convivenza, in grado di dare una risposta di pace e di giustizia agli orrori presenti, in grado di contrastare e sconfiggere la violenza che sta devastando il pianeta. Per troppo tempo troppi amici della nonviolenza si sono sentiti e si sono presentati, e soprattutto si sono lasciati percepire e rappresentare, come uno sparuto gruppetto di brave persone tra candide e spaurite, tra impotenti e sognatrici. Ma la nonviolenza o e' quella dei forti o non e' nulla. La nonviolenza e' quella di Socrate ateniese e di Gesu' di Nazareth, o non e' nulla. La nonviolenza e' quella di Mohandas Gandhi e di Martin Luther King, o non e' nulla. La nonviolenza e' Virginia Woolf e Vandana Shiva, o non e' nulla. La nonviolenza e' quella di Aldo Capitini e Danilo Dolci, di Simone Weil e Marianella Garcia, di Cesar Chavez e Chico Mendes, di Luce Fabbri e Primo Levi, o non e' nulla. Occorre abbandonare ogni timidezza rispetto alle grandi culture politiche, con tutte confrontarsi alla pari, e tutte fecondarle. Occorre affermare la nonviolenza nella sua autonomia teorica e pratica. E, certo, anche nel suo essere intreccio di esperienze e riflessioni provenienti da molte fonti: la nonviolenza e' meticcia sempre; non e' un'ideologia in piu', una "ideologia di ricambio" (Basaglia), ma una proposta per l'azione che accoglie ed incrocia e verifica sperimentalmente e creativamente apporti di tradizioni diverse. Uscire dalla subalterita': la difesa della legalita', la difesa dei diritti umani, la costruzione di un mondo fondato sulla giustizia e la solidarieta', salvare la biosfera ed impedire la guerra, opporsi a tutti i poteri criminali, sono compiti che richiedono un'assunzione di responsabilita' e una proposta gnoseologica, assiologica e politica forte: la nonviolenza, la nonviolenza in cammino (poiche' non esiste una nonviolenza che non sia quella concretamente in cammino: sulle tue gambe. Io lo appresi da Franco Fortini - che la chiamava comunismo -, e non l'ho dimenticato piu'). Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 11. LETTURE. AA. VV.: LA TRADIZIONE INTERPERSONALE IN PSICHIATRIA, PSICOTERAPIA E PSICOANALISI AA. VV. (a cura di M. Conci, S. Dazzi, M. L. Mantovani), La tradizione interpersonale in psichiatria, psicoterapia e psicoanalisi, Erre Emme, Roma (ora Massari, Bolsena) 1997, pp. 464, lire 28.000. Utile antologia con testi di Fromm, Sullivan, Arieti ed altri. 12. LETTURE. FRANCO FORTINI: DIALOGHI COL TASSO Franco Fortini, Dialoghi col Tasso, Bollati Boringhieri, Torino 1999, pp. 194, lire 18.000. Il nostro miglior maestro con questo libriccino postumo di conversazioni alla radio ha persuaso anche un militante del partito dell'Ariosto come me a rileggere tutta la Gerusalemme, e ad amare il Tasso storico oltre quello mitico. 13. LETTURE. SIMONE WEIL: SULLA GUERRA Simone Weil, Sulla guerra, Pratiche, Milano 1999, pp. 164, lire 25.000. Una buona raccolta di scritti della Weil sulla guerra; ma della nostra grande Simone occorre leggere tutto, come diceva Friedrich Schlegel di Cervantes. 14. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA GIOVANNI RUSSO A SEVERINO SACCARDI * GIOVANNI RUSSO Profilo: nato a Salerno nel 1925, giornalista nel "Mondo", poi al "Corriere della sera", particolarmente attento ai problemi dell'Italia meridionale. Opere di Giovanni Russo: Baroni e contadini; L'Italia dei poveri; Chi ha più santi in paradiso; Israele, l'atomo e la Bibbia; Università anno zero; per la scuola media ha scritto I figli del Sud. Con Corrado Stajano ha scritto Terremoto. * LUIGI RUSSO Profilo: intellettuale italiano (1892-1961), storico e critico della letteratura italiana, esempio di impegno civile, antifascista e democratico; animò riviste di straordinario spessore e penetrazione nel dibattito culturale (tuttora si pubblica la sua "Belfagor"). * GIOVANNI RUSSO SPENA Profilo: militante politico, giurista, parlamentare, impegnato nella sinistra critica e nei movimenti per i diritti. * UMBERTO SABA Profilo: poeta italiano, nato a Trieste nel 1883, muore a Gorizia nel 1957. A tratti è tale la felicità che promana dalla sua poesia che si stenterebbe a credere da quali abissi di strazio essa emergeva. E' la poesia onesta della solidarietà umana. Opere di Umberto Saba: di Saba occorrerebbe leggere tutto. Ma almeno Il Canzoniere, Einaudi, Torino: una lettura fragrante come un pane, che nutre, addolcisce e fortifica il lettore. Opere su Umberto Saba: un buon punto di partenza è l'antologia a cura di Mario Lavagetto, Per conoscere Saba, Mondadori, Milano. Utile anche Francesco Múzzioli, La critica e Saba, Cappelli, Bologna. Cfr. anche Antonio Pinchera, Umberto Saba, La Nuova Italia, Firenze. * ALMA SABATINI Profilo: prestigiosa intellettuale femminista. * SEVERINO SACCARDI Profilo: nato nel 1949, impegnato nella rivista "Testimonianze". Opere di Severino Saccardi: Il continente ritrovato, ECP, 1990. 15. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 16. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ; per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ; angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 243 del 29 settembre 2001
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