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Mi sto nascondendo dalla reazione
- Subject: Mi sto nascondendo dalla reazione
- From: Nada Tarlao <maschera at xnet.it> (by way of Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>)
- Date: Mon, 17 Sep 2001 19:24:56
...ricevo dalla mia amica che vive a boston.... ================================== Mi sto nascondendo dalla reazione Di Fariba Nawa, 9/15/2001 NEW YORK : MI STO NASCONDENDO nella mia casa, nel cuore di un quartiere Arabo di Brooklyn, 4 miglia dal terrore che ha investito Manhattan. Come Afghano-Americano, ho paura della risposta del "dopo-tragedia". Se questo e' un atto di guerra come quello di Pearl Harbor, gli Arabi e Afghani residenti in America diventeranno dei "targets" dell'odio come i Giapponesi-Americani, durante la Seconda Guerra Mondiale? Dal tetto della mia casa ho guardato il fumo incupire il cielo sopra il World Trade Center. Ho sentito le sirene, gli urli delle vittime che cadevano verso la propria morte e la rabbia che i New Yorkesi hanno poi espresso. Gli Americani sono furiosi - a ragione - e vogliono qualcuno da biasimare e attaccare. Ma io tremo pensando ai Musulmani innocenti che potrebbero diventare le vittime di questa furia. Sulla stazioni radio di New York i cronisti gridavano accuse contro Afghani e Arabi, pretendendo che fossero uccisi e dichiarando guerra contro l'Afghanistan, del quale il governanti sono sospettati di essere gli organizzatori dell'attacco terroristico. Ho spento la radio e, confuso, ho caminato verso al "Promenade", dove la gente stava a guardare il disastro oltre l'East River. Qualcuno teneva sopra la bocca dei pezzi di stoffa per bloccare i fumi tossici del metallo che bruciava. Un uomo, apparentemente sulla ventina, disse ad un suo amico: "Questa dannata gente Islamica di questo paese dovrebbe essere tenuta sotto sorveglianza. Stanno osando troppo". Nei bar c'erano i patroni in fila per guardare la TV; uomini e donne applaudirono quando il Presidente Bush giuro' di cercare vendetta. Sono tornato a casa con due miei amici Musulmani, ho chiuso la porta a chiave e mi sono seduto ancora sotto shock. Ho sperato che nessun abitante della nostra srtada sappia che dei Musulmani abitano in questa casa. Da quando Taliban e' divenuta il mio paese di nascita, l'Afghanistan e gli Afghani sono divenuti soggetti di scherno e ridicolizzazione. Ma stereotipizzazione e attacchi verbali non costituiscono piu' la mia paura. La grandezza di questa tragedia potrebbe provocare violenza contro Musulmani e specialmente comunita' Afghane di questo paese. Pochi ascoltano i media che avvertono gli Americani di non attaccare gruppi senza evere prove. Ripenso alla Guerra del Golfo, quando gli Americani hanno lasciato le briglie della loro rabbia contro i Musulmani. Quella volta alle superiori, ero un teenager scherzato, quando ci chiamavano "camel jokey" e "Massad lover" - il nome di Saddam Hussein pronunciato al contrario -. Oggi sono piu' spaventato, conoscendo quanto vizioso il solitamente tollerante Americano puo' diventare in tempi di crisi. Il sindaco Rudolph Giuliani ha messo piu' poliziotti a guardia dei quartieri Musulmani, il che' mi fa sentire piu' al sicuro. Ma per quanto? Allo svolgersi di questa storia, Osama bin Laden e' in cima alla lista dei sospettati, e la richiesta degli Ameicani di bombardare la sua residenza, l'Afghanistan, diventa piu' e piu' forte. Io mi dispero in silenzio, pensando alla sorte di inermi civili Afghani che subiranno le conseguenze se le accuse contro bin Laden sono fondate. Mi chiedo se gli Americani sanno che la rabbia che provano oggi e' cio' che i Palestinesi e Musulmani in tutto il mondo provano ogni giorno contro il governo Americano. Ogni volta che c'e' stato un attacco contro gli Americani, il governo si e' concentrato sul risarcimento e la prevenzione, ma ha prestato poca attenzione verso il cambiare le proprie posizioni, come l'indifferenza verso la perdita di vite Palestinesi. Non c'e' alcuna giustificazione per l'attacco terrorista di Martedi, ma aumentare la vigilanza nelgi aereoporti e catturare i colpevoli costituisce solo una soluzione momentanea che probabilmente non fermera' questi disastri. Riconsiderare le posizioni Americane e creare in leale e consistente approccio verso le altre nazioni e' invece una soluzione durevole. Come ibrido dell'Afghanistan e degli Stati Uniti, sono arrabbiato non con una nazionalita' o gruppo, ma con un fanatismo e l'ingiustizia dell'egemonia. Spero che il popolo Americano sara' piu' tollerante del proprio governo, verso i Musulmani, dentro e fuori dell'America. Fariba Nawa e' uno studente laureato in studi sul Medioriente alla New York University e un contribuente del Pacific News Service. Questa storia si trova a pagina A19 del Boston Globe del 15/9/2001. © Copyright 2001 Globe Newspaper Company. traduzione di Walter Bosello Testo in Inglese I am hiding from backlash By Fariba Nawa, 9/15/2001 NEW YORKI AM HIDING in my house in the heart of an Arab neighborhood in Brooklyn, four miles from the terror that struck Manhattan. As an Afghan-American, I fear the retaliation in the aftermath of the tragedy. If this act of war is like Pearl Harbor, will Arabs and Afghans living in America become targets of hate as Japanese-Americans did during World War II? >From the roof of my brownstone home, I watched the billowing smoke darken the sky above the World Trade Center. I heard the sirens, the screams of victims falling to their deaths, and the rage that New Yorkers expressed afterwards. Americans are angry - rightly so - and want someone to blame and attack. But I shudder thinking of the innocent Muslims who could be the victims of this fury. On New York radio stations, callers shouted slurs against Afghans and Arabs, demanded they be killed, and called for war against Afghanistan, whose rulers are suspected perpetrators of the attack. I turned off the radio and in a daze walked to the Promenade, where people stood looking at the disaster across the East River. Some held any extra fabric over their mouths to block the fumes and stench of burning steel. A man appearing to be in his 20s said to a friend, ''These damn Islamic people in this country should be under surveillance. They're getting away with too much.'' In bars where patrons crowded to watch TV, men and women clapped as President Bush swore to seek revenge. I paced back home with my two Muslim friends, locked the door, and sat still in shock. I hoped no one on our street knew that Muslims live in the house. Ever since the Taliban seized my birthplace, Afghanistan and Afghans have become the butt of slurs, jokes, and ridicule. But stereotyping and verbal attacks are not my fear anymore. The magnitude of this tragedy may provoke violence against Muslim and especially Afghan communities in this country. Few listen to the warnings by the media that Americans should not convict any group without proof. I think back to the Gulf War, when Americans unleashed their anger on Muslims. Then in high school, I was a dumbfounded teenager when we were called ''camel jockey'' and ''Maddas lover'' - Saddam Hussein's first name spelled backwards. Now I am more scared, knowing how vicious the usually tolerant American can become in times of crises. Mayor Rudolph Giuliani deployed more police officers to Muslim neighborhoods, which makes me feel safer. But for how long? As the story unravels, Osama bin Laden is at the top of the suspect list, and Americans' call to bomb his residence, Afghanistan, gets louder. I quietly weep when I think of the fate of hapless Afghan civilians who will suffer the consequences if the accusations against bin Laden are true. I wonder if Americans know that the rage they are feeling today is what Palestinians and Muslims across the world feel every day against the American government. Every time there has been an attack against Americans, the government focuses on retribution and prevention but pays little attention to changing its policies such as indifference to the loss of Palestinian lives. There is no justification for Tuesday's terrorist attacks, but increasing security at airports and catching the culprits are short-term Band-Aids that will probably not stop these disasters. Reconsidering American policies and creating a consistent and fair approach to deal with other nations is a long-term solution. As a hybrid of Afghanistan and the United States, I am angry not with a nationality or group but with fanaticism and the injustice of hegemony. I hope that the American people will be more tolerant than their government toward Muslims, inside and outside America. Fariba Nawa is a graduate student in Middle Eastern studies at New York University and a contributor to Pacific News Service. This story ran on page A19 of the Boston Globe on 9/15/2001. © Copyright 2001 Globe Newspaper Company. ....nada
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