una polemica sul messaggio di Dino Frisullo



"Lo sgomento che viviamo non è diverso da quello vissuto dieci anni fa,
davanti allo spettacolo dei traccianti sui cieli di Baghdad. E' lo
sgomento dell'impotenza, dell'espropriazione, di fronte alla morte che
viene dall'alto.
Siamo contro tutte le guerre. Anche contro questa guerra. Siamo per un
altro mondo, in cui nessuno possa decidere della vita o della morte
altrui schiacciando un pulsante, che si tratti del telecomando di una
bomba o del comando di lancio di un jet. In cui nessuno debba guardare
al cielo con paura, che si tratti del cielo di New York o di Gaza."
Dino Frisullo




Caro signor Fisullo,
io non la conosco e non so chi sia, ma ho letto queste frasi sonora
l'ho letta sul sito www.peacelink.it. Siccome io e lei abbiamo la
fortuna di essere vivi non essendo nessuno dei due cittadini di Gaza o
New York, mi permetto di iniziare una piccola polemica in relazione a
ciò che ha scritto. Inizio col dirle che è sempre entusiasmante vedere
come tutto viene strumentalizzato per la propria causa politica. Le sue
frasi ad effetto, unita alla retorica della "pace", lasciano
intravvedere un modo di intendere il concetto stesso di "pace" in
maniera piuttosto naif, molto alla "John Lennon", senza nessuna
valutazione di carattere strategico, politico o etico. La qual cosa è
inqualificabile. Oggi più che mai il concetto di "pace" dev'essere
supportato non da un'ondata emotiva irrazionale e aleatoria, ma da
logiche precise, matematiche e rigorosamente intellettuali. In tutta
franchezza, io non provo le stesse emozioni che prova lei. I traccianti
sui cieli di Bagdad facevano parte di un'azione di guerra (o
di "polizia internazionale", come ipocritamente la si chiamò allora),
feroce forse, ma che rientrava nel concetto di "guerra". Ciò che è
successo a New York è stato un atto di terrorismo. "Guerra"
e "Terrorismo" sono due termini distinti e separati. Non facciamo di
tutt'erba un fascio. "Guerra" significa che io posso telefonare a lei,
signor Fisullo, intimandola di non fare una cosa a mio arbitrio,
minacciandola. E se lei non "ubbidisce" verrò e farò del male a lei e
alla sua famiglia. Ma glielo dirò prima. Le dichiarerò le mie
intenzioni e agirò secondo i miei codici di "soldato". In questo caso
lei sarà preparato, e starà a lei attrezzarsi o quantomeno tentare di
capire perchè io le abbia dichiarato guerra. Agirà come
crede. "Terrorismo", d'altro canto, significa che una mattina, senza
che lei sospetti nulla, le piombo alle spalle e faccio del male
permanente a quanti della sua famiglia lei ama. E mi nascondo anche.
Per quanto doloroso possa sembrare e per quanto cinico io le possa
apparire, i bombardamenti di Gaza non sono mai paragonabili ad una
dolce mattina di fine estate quando, all'improvviso, non si sa quante
vite vengono devastate da non si sa chi. A Gaza lo sappiamo chi è
stato, in Irak anche. Ma due giorni fa?
Alla "guerra" ci si oppone, a mio avviso, insegnando una cultura di
pace. Al "terrorismo" ci si oppone reagendo: ci provi lei a dialogare
con i sordi.
Saluti
Emiliano Moncia