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La nonviolenza e' in cammino. 226
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 226
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 12 Sep 2001 03:04:26 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 226 del 12 settembre 2001 Sommario di questo numero: 1. Mao Valpiana, non ci sono parole 2. Davide Melodia, un ritorno all'eta' della pietra 3. Emily Dickinson, ecco quanto ho io oggi da donare 4. Lanfranco Mencaroni racconta i Centri di Orientamento Sociale con le parole di Aldo Capitini 5. Alberto L'Abate, ultime notizie sul corso di laurea in "operatori per la pace" 6. Massimo Bricocoli, Marianella Sclavi: sicurezza urbana, gestione dei conflitti ed esperienze di formazione della Polizia Municipale (parte terza) 7. Per studiare la globalizzazione: da Giaime Pintor a Franco Pittau 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. MAO VALPIANA: NON CI SONO PAROLE [Mao Valpiana e' il direttore di "Azione nonviolenta", ed un limpido ed instancabile animatore di iniziative di pace, di verita', di giustizia. Per contatti: tel. 0458009803, fax 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it] Non ci sono parole per descrivere lo sgomento che deriva dall'assistere impotenti alla tragedia. Dolore e lutto per le migliaia di vittime. Paura per le conseguenze. Solo nel silenzio, nella preghiera, nella meditazione si puo' trovare rifugio. In questi casi la nonviolenza sceglie il non-agire. Il rispetto per le vittime e per l'intero popolo americano impone che il movimento antiglobalizzazione sospenda le proprie iniziative. Il movimento per la pace inorridisce davanti alle scene di giubilo che persone piene d'odio hanno inscenato. Dio non voglia che chi e' stato colpito cosi' gravemente pensi ad una risposta di tipo militare. Sangue chiama sangue, odio chiama odio, vendetta chiama vendetta. E' una spirale impazzita che solo la nonviolenza puo' fermare. Ognuno faccia la propria parte. 2. RIFLESSIONE. DAVIDE MELODIA: UN RITORNO ALL'ETA' DELLA PIETRA [Davide Melodia e' un infaticabile costruttore di pace; è nato a Messina nel 1920; prigioniero di guerra nel 1940-46; maestro elementare, pastore evangelico battista, maestro carcerario, traduttore al quotidiano "Il Giorno", pittore, consigliere comunale e provinciale, dirigente dei Verdi; pacifista nonviolento, segretario del Movimento Nonviolento (1981-83), segretario della Lega per il Disarmo Unilaterale (1979-83), membro del Movimento Internazionale della Riconciliazione, vegetariano, predicatore evangelico, dal 1984 quacchero. Ma questa mera elencazione di alcune sue scelte ed esperienze non ne rende adeguatamente la personalità, vivacissima e generosa. Per contatti: e-mail: melody at libero.it] Occorre sempre deprecare la violenza, ed in particolare quella da cui non ci si puo' difendere, cioe' il terrorismo. Ognuno ha diritto di difendere le proprie ragioni, ma mediante il dialogo, gli strumenti della ragione e della democrazia. La nonviolenza, intesa nel suo totale significato, e' al presente lo strumento principe, fondato e sulla ragione, e sulla solidarieta', e sulla forza morale, e sui sentimenti superiori, nel rispetto dell'altro, dei diritti dell'altro, della vita dell'altro, delle cose dell'altro, degli spazi dell'altro, atto a risolvere i gravi problemi della societa' umana. Il terrorismo, metodo perfezionato nella modernita', e' psicologicamente, culturalmente e socialmente un bieco ritorno all'Eta' della Pietra. Del cuore di pietra. 3. RIFLESSIONE. EMILY DICKINSON: ECCO QUANTO HO IO OGGI DA DONARE [Questa poesia abbiamo ripreso da Emily Dickinson, Poesie, Bompiani, Milano 1978, p. 11. LA traduzione e' di Guido Errante. Emily Dickinson (1830-1886) e' tra le voci poetiche piu' alte del mondo moderno] Ecco quanto ho io oggi da donare Questo, e il mio cuore in piu' Questo, e il mio cuore, e i campi E tutti i prati - immensi. Conta, ti prego, se ho dimenticato Ci sara' chi la somma ti puo' dire Questo, e il mio cuore, e poi tutte le api Che nel trifoglio stanno. 4. ESPERIENZE. LANFRANCO MENCARONI RACCONTA I CENTRI DI ORIENTAMENTO SOCIALE CON LE PAROLE DI ALDO CAPITINI [Ringraziamo Lanfranco Mencaroni per questo intervento. Lanfranco Mencaroni, amico e collaboratore di Aldo Capitini, e' infaticabile animatore dell'Associazione Nazionale Amici di Aldo Capitini, di cui cura in rete l'eccellente sito e un periodico di informazione e commento: "C O. S. in rete". Per contatti: e-mail: l.mencaroni at libero.it, sito: www.citinv.it/associazioni/ANAAC/ Aldo Capitini è nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il più grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti è (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977; recentemente è stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non più reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 è iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte; sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, e un volume di Scritti filosofici e religiosi. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, ECP, S. Domenico di Fiesole 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, BFS, Pisa 1998; Antonio Vigilante, La realtà liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999] I Centri di Orientamento Sociale (C.O.S.) nacquero dalla riflessione di Capitini sul ruolo innovatore dei CLN e sui modi di costruire la democrazia dopo vent'anni di dittatura fascista. "L'importanza dei Comitati di liberazione nazionale, - scriveva Capitini - specialmente per il loro moltiplicarsi nella provincia, nelle citta' piu' piccole, non era stata sufficientemente compresa dalla moltitudine degli italiani che non c'era abituata. In un paese antico come il nostro, il Comitato di liberazione nazionale rappresentava una prima manifestazione di compresenza di forze etico-politiche con una volonta' di amministrazione e di sviluppo democratico, che voleva salire fino alla forma dello Stato ed era gia' l'antitesi della monarchia. Ma i C.L.N. non potevano durare, perche', risultando da una coalizione di partiti, e cessando l'antitesi al fascismo armato, dovevano svolgersi in altro, nel loro significato reale e dinamico. Che era, e non poteva non essere, di autentica democrazia (mai stata in Italia), che chiamasse tutti, cioe' anche la provincia, anche le campagne, le donne, i giovani, le persone senza partito, che sono la maggioranza in Italia, al controllo democratico, alla responsabilita', alla consapevolezza dei problemi". Per attuare cio', nella Perugia appena liberata e con la guerra ancora in corso, per iniziativa di Capitini e con l'adesione di tutta la sinistra, l'antifascismo fece vedere che portava qualche cosa di nuovo per tutti e invento' i Centri di orientamento sociale (C.O.S.). La prima riunione del C.O.S. si tenne il 17 luglio 1944. Lo scopo era di portare nella gente l'interesse per la gestione della cosa pubblica. Erano libere assemblee dove tutti potevano intervenire e parlare di problemi amministrativi cittadini e nazionali, e di problemi sociali, politici, ideologici, culturali, tecnici, religiosi. Il loro motto era "ascoltare e parlare". "Il fatto che si discutesse insieme di amministrazione e di idee era, scrive Capitini, profondamente significativo contro ogni atteggiamento esclusivamente culturale o contro ogni atteggiamento limitatamente concreto: facendo le due cose insieme, si migliora l'amministrazione, l'educazione, la consapevolezza della realta', ci si "orienta"". I C.O.S. erano per Capitini la vera alternativa alla chiusura del fascismo e l'apertura verso il potere di tutti. Grande fu l'impegno per diffondere i C.O.S. Dopo il 1944 si aprirono C.O.S. in tutta la regione e fuori a Ferrara, Firenze, Arezzo, Ancona, Bologna, Prato, Cortona, Jesi, Nervi, Napoli, in provincia di Teramo. La guerra fredda li spense nel 1948. Sono stati l'unico e vasto esperimento di democrazia dal basso sul territorio italiano. Non erano organi di democrazia diretta, come alcuni li accusarono. Erano strumenti di informazione, discussione critica, di controllo dal basso. "Stimolare la partecipazione di tutta la popolazione alla vita pubblica", per Capitini, come per Gandhi, coincideva anche con la testimonianza religiosa. "Se dopo l'uccisione di Matteotti, scrisse Capitini, l'Italia avesse avuto decine di migliaia di C.O.S., nelle citta', nelle cittadine, nei villaggi, non sarebbe stato facile spegnere la liberta', o il popolo si sarebbe accorto di cio' che gli si toglieva". La vita dei C.O.S. prosegui' idealmente con "Il potere e' di tutti", il periodico fondato da Capitini nel 1963. In cinque anni, dal 1963 al 1968, sempre con il fine di saldare la societa' civile e quella politica, il mensile sviluppo' il tema del potere dal basso in tutti i campi della vita pubblica. Sui C.O.S. "ho notato - scriveva Capitini - che gli osservatori, italiani e stranieri, che sono venuti a Perugia a constatare il loro funzionamento, cercavano spesso di risalire nel tempo e di stabilire dei riferimenti con la vita medioevale della citta'... E se io volessi seguirli in questo potrei collocare i C.O.S. sulla linea di quei "parlamenti", che ebbero il nome di "arenghi", e senz'altro quello di "comuni". Dovrei, pero', anche indicare le differenze, e principalmente queste due: che i C.O.S. non sono deliberanti, e che si occupano anche di idee politiche e sociali. Mi piace pero' segnalare un'altra linea, piu' interiore e piu' vera, quella dello spirito con cui sorse il C.O.S., quella della sua anima ideale entro, tuttavia, la concreta situazione odierna; lo spirito, oso dire, di San Francesco, di Mazzini, di Matteotti. Perche' se uno Stato, piccolo o grande che sia, e' tutto animato e decentrato in queste libere assemblee di popolo che discute i problemi della propria amministrazione e quelli dell'orientamento politico, assemblee in ogni rione, in ogni villaggio, aperte a tutti, al popolo anonimo e quindi soprattutto ai "minori" (nome del partito dei popolo assunto da San Francesco); se uno stato fa questo, si svolge una specie di pacifica mobilitazione permanente sul piano del ragionamento e della persuasione, che educa al piacere dell'ascoltare, del comprendere, dell'amare. Poiche' per le persone la cosa peggiore e' non incontrarsi, non ascoltarsi reciprocamente. Se allo spirito di S.Francesco e di Mazzini, si aggiunge poi l'interesse preciso per i problemi amministrativi, per i lati tecnici della gestione degli enti nazionali e locali, si ha lo spirito di Matteotti, instancabile controllore di bilanci e di statistiche, profondo esperto della buona amministrazione, che seppe unire questo spirito di controllo democratico con l'ideale del socialismo, e mori' per questo assassinato dai fascisti. E se e' vero cio' che io penso, che il culmine della civilta' di un popolo e' quando esso sia capace di sostituire alla lotta armata, ai colpi di mano, alle mischie dei fronti di battaglia, la "noncollaborazione", che preme compatta, i C.O.S. sono i punti di raccolta di questo spirito, le fortezze della nonviolenza e le catacombe, i luoghi di formazione di una solidarieta' democratica antitirannica. Avra' l'Italia - continuava Capitini - la capacita' di realizzare i C.O.S., di riassumere in essi questo spirito nonviolento di controllo e di sviluppo democratico, collocato nel mondo moderno, in mezzo a simili e non simili assemblee dell'Occidente anglo-americano e dell'Oriente sovietico? I C.O.S. nelle parrocchie italiane non sarebbero una rivoluzione nelle abitudini del popolo italiano? e il superamento della separazione tra promotori, eretici, apostoli, e la vasta moltitudine?". Creare tanti centri nonviolenti di aggregazione come suggeriva non solo Capitini, ma anche altri come ad es. Dewey, il grande pragmatista americano, o padre Haring, il famoso teologo moralista cattolico, sarebbe anche ai tempi nostri un modo importante di favorire la partecipazione di tutti alla vita pubblica. Verrebbero coinvolte tra l'altro anche le tradizionali fasce di emarginati della societa' e si arricchirebbe la vita privata e collettiva. In un apposito sito del nostro web su Capitini raccontiamo le ragioni e la storia dei C.O.S., scritta dal loro fondatore. Nella grande piazza della rete lo riproponiamo periodicamente dal maggio 1999, con la testata di "C.O.S. in rete" e l'indirizzo www.cosinrete.it. Chiudiamo con un'altra delle attualissime pagine di Capitini: "Va bene che le materie prime e le merci circolino liberamente e vadano dove se ne abbisogna, e siano abbattute quelle barriere che hanno fatto si' che in un luogo non si sapeva che fare del grano e in un altro luogo si moriva di fame; va bene pure che abbiano fine queste contese, queste guerre per una citta', per un lembo di terra, per una rivalita' di origine storica, e che invece si allaccino vastissime federazioni internazionali. Tutto questo va bene, ma non basta, perche' politica, economia sono l'amministratore, sono la base pratica, ma nell'uomo c'e' tanto d'altro. E la conquista del potere, il raggiungimento del benessere, sono certamente un bene, ma portano con se' anche due pericoli, che sono il potere per il potere, il benessere per il benessere. Il potere e il benessere non sono fini, ma mezzi per migliorarci, per essere uomini migliori, piu' umani, piu' buoni, piu' capaci di avvicinarsi alla verita', alla bellezza, alle alte vette della vita, dove si vive qualche cosa di eterno, di piu' libero della stessa politica ed economia. L'uomo chiede a se stesso: perche' sono al mondo? e davanti al dolore, alla morte, davanti alla gioia stessa, si fa domande, si pone problemi che vanno oltre la sfera della politica e dell'economia. Arrivati a sentire, a vivere, a realizzare questa grande unita', questa nuova socialita', che e' la nostra patria suprema, noi sentiamo che la vita del pensiero e dell'animo acquista un nuovo valore, quello di orientare, di salvare, di aprire alla vita tutta l'umanita'". 5. INIZIATIVE. ALBERTO L'ABATE: ULTIME NOTIZIE SUL CORSO DI LAUREA IN "OPERATORI PER LA PACE" [Ringraziamo di cuore Alberto L'Abate per questo aggiornamento. Alberto L'Abate, nato a Brindisi nel 1931, e' docente universitario; amico di Aldo Capitini, impegnato nel Movimento Nonviolento, nella Peace Research, nell'attività di addestramento alla nonviolenza, nelle attività della diplomazia non ufficiale per prevenire i conflitti. Ha collaborato alle iniziative di Danilo Dolci e preso parte a numerose iniziative nonviolente. Come ricercatore e programmatore socio-sanitario è stato anche un esperto dell'ONU, del Consiglio d'Europa e dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Ha promosso e condotto l'esperienza dell'ambasciata di pace a Pristina, ed è impegnato nella "Campagna Kossovo per la nonviolenza e la riconciliazione". E' portavoce dei "Berretti Bianchi". Opere di Alberto L' Abate: segnaliamo almeno Addestramento alla nonviolenza, Satyagraha, Torino 1985; Consenso, conflitto e mutamento sociale, Angeli, Milano 1990; Prevenire la guerra nel Kossovo, La Meridiana, Molfetta 1997; Kossovo: una guerra annunciata, La Meridiana, Molfetta 1999; Giovani e pace, Pangea, Torino 2001. Per contatti: labate at unifi.it] Mando qui alcune notizie di aggiornamento sul nuovo corso di laurea in "operatori per la pace" dell'Universita' di Firenze. Il corso e' approvato e si sta aprendo: e' un corso interfacolta' tra Scienze Politiche e Scienze della Formazione. E' stato pubblicato recentemente, dalle due facolta' citate, il "Vademecum dello studente" con le notizie di base sul corso che contiene le seguenti informazioni: 1) Caratteristiche del corso di laurea e sbocchi professionali; 2) Organizzazione didattica; 3) Norme di ammissione; 4) Ordinamento didattico; 5) Corsi di insegnamento, lezioni ed esami; 6) Docenti ed insegnamenti attivati nel corso di laurea. Il quaderno succitato che comprende questo materiale puo' essere richiesto ad una delle due Facolta' (Scienze Politiche, Via Laura 48; Scienze della Formazione, Via del Parione 7). Parte del materiale e' accessibile anche via internet in http://unifi.it. Le iscrizioni possono essere fatte fino al 26 ottobre. Il costo dell'iscrizione e della retta annua e' proporzionale al reddito familiare delle persone interessate ad iscriversi, e va da un minimo di 919.200 annue per coloro che hanno un reddito fino a 34 milioni, ad un massimo di 2.216.200 per quelli con reddito oltre 77 milioni. Nel mese di settembre verra' stampato un fascicolo corrispettivo con tutti i programmi dei corsi attivati. Per il mese di ottobre e' annunciata invece la pubblicazione della guida dello studente. Per gli studenti lavoratori che non possano fequentare le lezioni sono previsti seminari o incontri compatti o attivita' di assistenza periodica, o programmi specifici di esame. Il testo del manifesto dice testualmente: "Per gli studenti impegnati in attivita' lavorative documentate ciascun docente attivera' forme alternative di didattica quali incontri individuali o collettivi sotto forma seminariale". 6. ESPERIENZE. MASSIMO BRICOCOLI, MARIANELLA SCLAVI: SICUREZZA URBANA, GESTIONE DEI CONFLITTI ED ESPERIENZE DI FORMAZIONE DELLA POLIZIA MUNICIPALE (PARTE TERZA) [Siamo assai grati a Marianella Sclavi, che da anni conduce un'esperienza di formazione con la polizia municipale di Milano, per averci messo a disposizione queso testo, dal titolo originale "Etnografia della sicurezza urbana. Il ruolo dell'ascolto attivo e della gestione creativa dei conflitti nella amministrazione del territorio", gia' apparso nell'"Archivio di studi urbani e regionali", n. 68 del 2000. Pubblichiamo oggi la terza e ultima parte del saggio. Massimo Bricocoli e' impegnato nella ricerca-azione sulla sicurezza urbana e nella formazione della Polizia Municipale. Marianella Sclavi e' docente universitaria al Politecnico di Milano, e' antropologa, e si occupa di progettazione urbana partecipata e di formazione della Polizia Municipale a Milano. Per contatti: msclavi at libero.it] 2. I nuovi "vigili di quartiere": l'avventura dell'ascolto attivo Massimo: Nel corso del lavoro di shadowing che ho svolto in questi mesi, seguendo come un'ombra gli agenti della Polizia Municipale, mi e' successo spesso di pensare che questi Vigili di Quartiere sono un po' come degli sportelli ambulanti della Pubblica Amministrazione. Sportelli un po' anomali perche' non ci sono code di attesa, non c'e' un bigliettino da staccare per assicurarsi il proprio turno e, soprattutto, sono privi di quell'orrido vetro con microfono incorporato che divide sportellista e utente. Il fascino e la visibilita' della divisa garantiscono una grande facilita' di riconoscimento e accessibilita' a questo "punto di riferimento mobile" e istituzionale. Marianella: E' un po' come se questi agenti fossero dei "front office" che camminano sui marciapiedi, mentre un back office dovrebbe provvedere a costruire le risposte ai problemi che vengono individuati come prioritari... Massimo: Esattamente... solo che al momento mi sembra che la Polizia Municipale, proprio perche' sollecitata ad innovare dal confronto diretto sul campo stia facendo molti piu' passi rispetto agli altri pezzi del Governo Locale che dovrebbero fare da back office. A livello di cultura organizzativa infatti e' una sorta di rivoluzione quella prodotta da un cambiamento che muove da un approccio centrato su "ruoli, mansionario e competenze" legati ad un problem solving semplificato e semplificante, ad un approccio centrato sul problem setting, sulla comprensione e definizione di problemi "specifici, concreti e contingenti" indicati come prioritari da chi abita o lavora in un quartiere. Di fatto la modalita' con cui molti Vigili di Quartiere affrontano i problemi che incontrano sul campo e' tanto distante da un approccio tradizionale di trattamento dei problemi cosi' come l'approccio degli operatori di strada che fanno reach out e street work si differenzia dalle pratiche tradizionali dei servizi sociali. Inoltre in qualita' di architetto e urbanista sono rimasto ammirato dalla conoscenza del territorio, articolata, complessa, capillare dimostratami dagli agenti che ho seguito. Mi sono convinto che alcune analoghe giornate di shadowing, farebbero molto bene agli studenti di urbanistica. Marianella: Ho l'impressione che tu ti sia un po' innamorato di questi vigili di quartiere... Bisogna stare attenti a non cadere in una idealizzazione dello "spontaneismo". Anch'io, quando ho fatto una ricerca nel Sud Bronx, ho incontrato numerosi "nuovi pionieri urbani", come si chiamano gli attori impegnati al risanamento fisico e sociale di ambienti urbani degradati, che erano degli eccezionali osservatori e ascoltatori delle dinamiche del tessuto urbano. Ma è anche vero che nel dialogo con i loro interlocutori istituzionali, erano spesso messi ai margini, strategicamente perdenti per un motivo molto preciso. Si trattava di un dialogo fra chi sa ascoltare l'ambiente urbano, ma non e' in grado di esplicitare e legittimare la metodologia che segue, e degli interlocutori che non sanno ascoltare ma si basano su una metodologia ampiamente legittimata dalle rispettive discipline e dal funzionamento delle istituzioni in cui operano. La Riforma della Pubblica Amministrazione e' un processo così lungo e travagliato perché ha alla sua base una rivoluzione nei paradigmi della conoscenza che coinvolgono non solo lei, ma la vita quotidiana di tutti i membri di una societa' che diviene sempre più complessa. Solo se si e' consapevoli che non si tratta di cambiare "i compiti", i mansionari, "le competenze" in senso stretto, ma quelle in senso largo (i sensi di identità e di appartenenza), e' possibile facilitare questi mutamenti e ridurre la confusione. * * Quinta storia: La vecchietta sorda e la musica troppo alta Massimo: Sento l'esigenza di compensare questi tuoi "voli alti" con il racconto di una storia piccola piccola, ma pertinente a cio' di cui parliamo. Una commerciante del quartiere Molise Calvairate ne ha commentato gli esiti cosi': "Io ai Vigili di Quartiere gli do 10 e lode. La signora Baccaretti da cui ho chiesto che andassero non e' mai stata cosi' contenta in vita sua, mi ha detto che da quando sono andate a trovarla due persone in divisa, non solo dorme profondamente, ma fa anche dei bei sogni". Ed ecco l'antecedente, raccontato dai Vigili: "La signora in questione da diverse settimane aveva preso a telefonare tutte le sere e in modo alternato a Polizia Municipale, Carabinieri, Polizia di Stato. Nel cuore della notte, tutta allarmata, chiedeva l'intervento di una pattuglia per mettere fine alla musica a tutto volume dei suoi vicini. Ma ogni volta che le pattuglie arrivavano sul posto, tutto era tranquillo. Abbiamo chiesto ai vicini di casa e tutti hanno dichiarato che non c'era alcun problema ne' di musica troppo alta, ne' di schiamazzi. Cosi' abbiamo pensato che la cosa migliore da fare era andare un giorno direttamente a chiacchierare con la vecchietta. Lei ci ha accolto letteralmente a braccia aperte dichiarando che prima di allora, nonostante le sue grida di aiuto, mai due uomini in divisa avevano messo piede nella sua casa. Ci ha fatto accomodare e praticamente ci ha raccontato la sua vita che secondo lei era essenziale per capire come mai la musica troppo alta la metteva in agitazione e non la lasciava dormire. L' aspetto paradossale e' che durante la conversazione noi ci siamo resi conto che la vecchietta era quasi completamente sorda! E che quindi, anche se ci fosse stata, la musica lei non l'avrebbe proprio potuta sentire. Beh, in poche parole, da quando siamo stati a trovarla, la vecchietta non fa altro che ringraziarci, dorme sonni tranquilli e non ha più chiamato la centrale operativa". Marianella: Come diceva Simone Weil "abbiamo bisogno di organismi ricettivi, capaci di cogliere i pensieri e bisogni latenti". Credo si debba riflettere sul fatto che un ruolo del genere lo possono svolgere piu' facilmente in certi casi, in casi come questo, delle persone in divisa che non, per esempio, una vicina di casa o una assistente sociale. Sono tentata di vedere in questo "un enorme bisogno di Stato", di una autorita' pubblica ridefinita, che non solo ti ascolta, ma ti da' un senso di appartenenza a una comunita' più vasta. Non vorrei sovraccaricare la figura del vigile di quartiere di troppi significati, anzi penso che questo vada evitato. Ma per evitarlo e' necessario che quegli organismi ricettivi di cui parla Simone Weil si moltiplichino, che i luoghi e le figure dell'accoglienza che gia' esistono vengano potenziati. Un quartiere degradato manda in continuazione ai suoi abitanti il messaggio: "Tu non, sei degno di riconoscimento e rispetto", "Tu non esisti, non servi a nulla". Come reazione, di nuovo l'ho capito meglio nel Sud Bronx, troviamo una solitudine disperata, inerme negli anziani e spesso aggressiva nei giovani ( "Sei tu societa', voi istituzioni, che non contate niente, che per me non esistete"). Massimo: Le tue riflessioni sul significato simbolico della divisa mi fanno venire in mente che Simona Pognant, che spesso mi affianca in queste ricerche, e' una volontaria dei Vigili del Fuoco, oltre ad essere una atleta eccezionale e Assessore alla Cultura nel suo Comune. Ebbene, in molti casi proprio il suo dichiararsi "vigile del fuoco" ci ha conquistato le simpatie immediate e la collaborazione di alcuni interlocutori della Polizia Municipale all'inizio distanti e diffidenti. * * Sesta storia. Un ascensore per "scalare" Ponte Lambro Massimo: Visto che ti e' piaciuta cosi' tanto la prima storia piccola piccola, te ne racconto un'altra. Ponte Lambro e' da tempo alla ribalta della cronaca milanese come uno dei quartieri piu' a rischio e piu' problematici della città. I due Vigili di Quartiere che vi prestano servizio hanno raccontato a me e a Simona che la struttura insediativa e sociale e' nettamente distinta in due realta': - il vecchio borgo, che conserva ancora l'aspetto di paese, dove sulla strada centrale si affacciano alcuni negozi, le abitazioni hanno un aspetto talvolta rurale, sia pure frammisto a nuovi edifici - e la zona di edilizia residenziale pubblica adiacente, caratterizzata da grandi "stecche" bianche, ovvero i lunghi edifici paralleli di Via Uccelli di Nemi dove si concentra, di fatto, il disagio del quartiere. Ci hanno spiegato che la costruzione di queste case popolari negli anni '70, con appartamenti molto grandi (quattro stanze con bagno) e' stata una scelta politica: "in questo modo si potevano marginalizzare quelle famiglie numerose, immigrate, e/o quelle pericolose". In un quartiere come questo - va detto - la divisa non e' molto ben vista: "Qui tutti ci vedono non come vigili urbani ma come poliziotti e noi non vogliamo dare l'impressione di uno Stato di Polizia. A questo basta e avanza la presenza dell'aula bunker del tribunale di fianco al quartiere e il via vai di blindati. Qui i ragazzini si vedono passare il padre o il vicino di casa avanti e indietro dentro il blindato dei carabinieri. Con la popolazione ci abbiamo messo un anno prima di entrare in contatto, prima di conquistare la fiducia della gente "normale", intendendo con questo tutti coloro che non sono dei delinquenti cronici. Eppure, rispetto ad altri quartieri piu' tranquilli dove ho lavorato, io preferisco Ponte Lambro. Qui c'e' un rapporto più franco con la popolazione. In altri quartieri, il rapporto e' freddo e centrato su una specie di arroganza dei propri diritti. Qui e' diverso, ci si puo' permettere di sgridare un ragazzino e di fare delle prediche sul rispetto degli spazi pubblici. L'autorita', anche se coincide con il nemico, e' riconosciuta maggiormente. Nei quartieri "alti" ti fanno una denuncia come niente. Vi faccio un esempio: "Ehi ragazzino, lascia perdere il frisbee, non vedi che e' pericoloso per le altre persone?" . Risposta nei quartieri "alti": "Beh, e allora? Cosa mi fai? Guarda che se mi prendi il frisbee ti denuncio per abuso, e prima di tutto mi devi fare un verbale di sequestro". Vai tu, a fare il vigile di quartiere in un ambiente cosi'... se va bene ti trattano come un maggiordomo. Invece in queste zone quello che ti devono dire te lo dicono in faccia, senza bisogno di passare attraverso l'avvocato. Adesso la gente ci ferma spessissimo, per ogni sorta di problemi. Ieri, ad esempio, una vecchietta a cui e' morto il marito e non sa da che parte incominciare con le pratiche burocratiche...". Marianella: Vorrei capire meglio come hanno fatto a conquistarsi questa fiducia, come sono riusciti ad accreditarsi presso degli abitanti cosi' prevenuti nei loro confronti. Massimo: Anch'io ho fatto questa domanda, che e' risultata piu' delicata di quanto pensassi perche' per conquistarsi la fiducia della popolazione loro stessi hanno dovuto assumere una posizione "borderline" rispetto al sistema ruolo-mansionario caratteristico della loro struttura Ecco uno dei racconti. "Un giorno, un signore è corso a chiamarci. Un uomo era chiuso da due ore in un ascensore, nei palazzoni bianchi dell'Aler. Non potevamo lasciarlo li', anche perche' iniziava a sentirsi male e cosi' sono saltato su un cornicione, sono passato dal tetto, ho raggiunto la stanza motore ed ho riportato l'ascensore al piano. Sono intervenuto perché i tecnici Aler in tutto quel tempo non si sono fatti vedere e quando noi abbiamo chiamato i Vigili del Fuoco ci hanno comunicato che questa per loro non era una vera e propria emergenza prioritaria e che sarebbero arrivati dopo una ventina di minuti circa... Ecco, noi su un'azione di questo tipo non possiamo fare una relazione di servizio sull'accaduto altrimenti va a finire che ci fanno rapporto o qualcosa di simile, perche' non e' cosa di nostra competenza. Eppure, e' grazie a interventi di questo tipo che nel giro di un anno la gente ha incominciato a vederci in modo diverso. Prima non ci salutava nessuno. Adesso dicono: 'No, no... questi sono bravi!'". In effetti camminando per il quartiere al loro fianco, abbiamo constatato che sono moltissime le persone che li salutano: l'autista dell'autobus, un ragazzo del Centro Territoriale Sociale, il custode di uno stabile, un uomo con un bambino... A un certo punto una signora concitata, convinta che io e Simona fossimo tecnici o ispettori dell'Aler, ci aggredisce sotto il portico del palazzone urlando: "Qui basta che dicano che c'e' mafia e camorra, e poi ci lasciano ridotti cosi'!", ma si e' immediatamente calmata quando uno dei vigili ha esclamato in napoletano stretto: "Fidati, loro non c'azzeccano nulla con l'Aler". Marianella: Questa faccenda che non possono o non osano far rapporto su un episodio del genere, e' effettivamente il punto delicato della questione. Per esempio i vigili del Presidio dello Stadera, che e' un altro quartiere popolare di Milano molto difficile e che sono stati per molti versi i pionieri di questo approccio, hanno subito una sorta di repressione, sono stati tutti spostati a lavori piu' innocui e burocratici. Ci sono stati momenti quasi di rivolta popolare in loro difesa contro i loro superiori. E' una storia di grandissimo interesse. Secondo me questi problemi non sono affrontabili con il richiamo a dei regolamenti procedurali, ma elaborando una casistica che nasce dall' esperienza. I Vigili di Quartiere devono essere liberi di aiutare il signore chiuso in ascensore, se lo giudicano opportuno, o di sostare nel negozio di animali, ma, per esempio, non di andare a chiacchierare nella casa del boss mafioso. Bisogna certamente fissare dei limiti, ma non di tipo burocratico. Si tratta di costruire un orizzonte difficile: degli operatori la cui capacita' di discernimento sul campo e' centrale, ma non arbitraria. Per questo ci vogliono riunioni periodiche con i diretti superiori per riflettere in tutta franchezza e senza timori e tabu' sulle esperienze che si stanno facendo. La formazione, il training di chi opera in situazioni complesse, e' cosi' che si fa; non certo chiudendoli in classe e trattandoli come tanti scolaretti o misurando il numero delle multe. Pero' a questo punto mi devi raccontare qualche intervento su qualche atto di microcriminalita', di infrazione palese delle regole del codice, perche' la prevenzione nasce anche dalla possibilita' di punire tempestivamente chi commette questi atti. * * Settima storia: Non è vero che i cinesi sono tutti uguali Massimo: Quella che segue l'ho raccolta seguendo come un'ombra i vigili del quartiere Sarpi, la Chinatown di Milano. La parola al vigile. "In novembre, mentre ero di servizio sono stato chiamato da alcuni passanti che avevano sentito delle urla uscire da un negozio. Mi sono precipitato in bicicletta e, fermandomi sulla soglia, ho intimato a tutti di stare fermi. Un gruppo di cinque uomini cinesi circondava la commerciante (cinese anche lei). Ho chiamato con il cellulare il numero unico della Centrale Operativa e mentre parlavo al telefono qualcuno dietro di me accennava a minacce di omicidio fatte alla negoziante. Poi ho subito chiesto di andare a chiamare una ragazza cinese che lavora nelle vicinanze e che mi aveva aiutato in altre occasioni in modo che fosse disponibile come interprete per la Polizia. Grazie alla flagranza dell'intimidazione alla commerciante, la Polizia di Stato ha potuto procedere all'arresto di cinque persone da tempo ricercate e portare a termine un'inchiesta che si e' poi conclusa con l' arresto complessivo di quindici persone che facevano parte del racket. La signora del negozio da quel momento mi inonda di sorrisi e inchini, quando mi vede. Questo è il vantaggio di "essere sul posto" e anche avere una bicicletta di servizio e' fondamentale". Marianella: Se poi il vigile si innamora dell'interprete, ne viene fuori un best-seller! Massimo: Non posso negare che facendo questa ricerca mi diverto e imparo tantissimo; anche perche' fra "ombra" e chi acconsente a farsi seguire si creano dei rapporti umani reciprocamente gratificanti. Ti racconto un'ultima storia e poi basta. * * Ottava storia. La vernice del vecchietto e la tattica della custode Massimo: Anche qui lascio la parola al vigile. "Il quartiere Emilia Grandi non e' un quartiere "a rischio", e' una zona semicentrale, i palazzi sono per lo piu' signorili e relativamente pochi quelli destinati ad uffici. Il mio quindi e' certamente un lavoro "minuto", mirato a risolvere problematiche apparentemente semplici che pero' se non affrontate al loro sorgere rischiano di trascendere in risse e anche peggio. Se mi limitassi a camminare lungo il corso tirando dritto perderei un sacco di informazioni; invece mi fermo a scambiare due parole con i custodi, i negozianti, le signore che portano a spasso i cani e cosi' poi la gente si rivolge a me. In un palazzo che affaccia su piazza Grandi, in collaborazione con la custode, abbiamo risolto diversi problemi anche molto spinosi. Te ne racconto uno. Quando ho iniziato il servizio di Vigile di Quartiere le auto erano ovunque sul marciapiede. Adesso, come vedi sono al 90% a cavallo tra strada e marciapiede. Per tappe successive e' stato raggiunto un accordo con i residenti, infatti gran parte del trucco, se vuoi conquistarti la fiducia dei cittadini e' non imporre le regole, ma negoziarle informalmente. Piano piano, sanno che quel certo giorno arriva la multa e quello successivo no. La voce si sparge. E' come un tam tam non indifferente. Un amplificatore del tam tam e' stato ad esempio il bar qui di fronte, dove ho chiesto di spargere la voce e poi i custodi delle abitazioni. Poi succede che quando credi di essere a buon punto succede qualcosa che ti manda all'aria tutto. Per esempio in questo caso avevo creduto di avere gia' trovato un punto di mediazione che consisteva nel permettere che le auto nei giorni successivi al lavaggio strade rimanessero posteggiate sul marciapiede sino alle 9.30-10 di mattina. Solo dopo quest'ora iniziavo con le contravvenzioni. In piazza Grandi, pero', c'era un anziano signore esasperato contro le auto sul marciapiede il quale non aveva ancora... siglato l'accordo, e dalla sua finestra al quarto piano buttava di tutto sulle auto, anche della vernice... con le reazioni dei proprietari che puoi immaginare. Con la custode del palazzo, si e' giocato d'astuzia. Io non potevo espormi direttamente. Lei gli ha detto che io stavo raccogliendo informazioni su di lui. Cosi' lui ha smesso con le sue vendette contro le auto sul marciapiede, che fra l'altro adesso non trova piu' perche' nel frattempo ho negoziato una soglia di tolleranza anticipata". Marianella: Mi sembrano molto interessanti questi approcci indiretti, questo far crescere le regole conquistandosi il consenso degli abitanti. Il filo rosso che lega queste esperienze che stiamo raccogliendo sul campo e' proprio questo nuovo stile, questa modalita' di approccio ai problemi della vita quotidiana. E' la capacità di trasformare le situazioni di tensione e i conflitti in risorse per costruire una cultura civica diffusa, di cui tutti si sentano responsabili. E' un'apertura ad un apprendimento che deriva dall' osservazione diretta e dall'esperienza, una tendenza a travalicare i comparti di uno specifico campo di ruoli prestabiliti, quando questo e' richiesto dalla natura delle questioni in gioco. La pratica di un ascolto attivo comporta la propensione al coinvolgimento e al racconto, piuttosto che al distacco e alla descrizione puramente neutrale e tecnica, la centratura sulla propria esperienza piuttosto che sul voler sostenere fino in fondo una propria tesi. Col linguaggio dell'antropologia: devono saper trovare un equilibrio fra coinvolgimento e distacco, invece che trovare difesa nel distacco contro il coinvolgimento. Mi piacerebbero un po' di esempi sui rapporti interetnici, fra persone di lingue e culture diverse. Massimo: Io non ho avuto ancora occasione di raccoglierne, ma potremmo farne uno dei temi del nostro programma di ricerca. Per il momento ti propongo di chiudere con una definizione di "insicurezza urbana" che mi è stata data da Maurizio di Mauro, un istruttore direttivo di Desio. E' la seguente. "Si tratta di un insieme di fastidi che nel loro insieme diventano insicurezza: l'accumulazione di ragazzi che mettono i piedi sulle panchine, i disegni con gli spray sui muri, i danni ai cartelli stradali, le auto posteggiate sui marciapiedi, le bottiglie di birra nei parchi. Tre ragazzi che parlano non danno fastidio, ma trenta creano preoccupazione... Tutta una serie di cose di per se' banali ma che nell'insieme producono insicurezza perche' cumulate alla presenza di nomadi, di uomini extracomunitari che spesso bighellonano nella piazza dove una volta si trovavano i vecchi che commentavano quello che era successo il giorno prima. Per esempio: il problema dei nomadi e' sempre esistito, ma adesso viene piu' percepito; appena si vede una roulotte scatta l'allarme... l'altro giorno e' arrivata una telefonata da Nova Milanese: tre roulottes! Erano tre famiglie di italiani che stavano partendo per le vacanze". Marianella: Questo mi ricorda che la mia amica Pearl White, che e' nera e vive nel Sud Bronx, quando faceva l'operatrice telefonica, riceveva chiamate allarmate: "Operatrice! Avvisi la polizia! C'e' un nero nella mia strada". Al che lei rispondeva: "Un nero? E cosa fa, cammina? E' davvero preoccupante, chiamo subito la polizia". Massimo: Infine, con nostra sorpresa stiamo scoprendo che molti vigili urbani, sia a livello direttivo che di base, con le loro esperienze documentano in modo singolarmente efficace che il passaggio dal government (decisioni e attuazioni prese dall'alto, procedurali e burocratiche) alla governance, di cui oggi tanto si parla, e' impensabile senza un agire che nasce dall'apprezzamento delle situazioni contingenti e delle persone concrete ( la portiera, la negoziante, il rappresentante di scala, i signori che portano a spasso il cane...), le quali sono gli interlocutori e protagonisti privilegiati indispensabili per combattere il degrado sia urbanistico che sociale e creare spazi pubblici più accoglienti e gradevoli per tutti. Marianella: Quello che viene fuori e' che la gente non ha bisogno di "ordine", ma di "co-ordinare", di essere coinvolta e partecipe di processi di ascolto e rispetto reciproco. 7. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA GIAIME PINTOR A FRANCO PITTAU * GIAIME PINTOR Profilo: intellettuale ed eroe della Resistenza, caduto nel 1943 a ventiquattro anni in uno dei primi episodi della guerra partigiana; di famiglia sarda era nato a Roma nel 1919, cresciuto a Cagliari, a Roma era tornato nel 1935 per proseguirvi gli studi. Opere di Giaime Pintor: fondamentale è la raccolta degli scritti politici e letterari dal 1939 al 1943 curata da Valentino Gerratana: Il sangue d'Europa, Einaudi, Torino; cfr. anche il Doppio diario. 1936-1943, Einaudi, Torino. * GIAIME PINTOR Profilo: figlio di Luigi e nipote di Giaime, ha lavorato come giornalista e operatore culturale nella "controcultura" giovanile, poi come operatore sociale a fianco delle persone più emarginate ed in ricerca. E' deceduto ancor giovane nel 1997. * LUIGI PINTOR Profilo: nato nel 1925 a Roma, fratello di Giaime, antifascista, giornalista a "L'Unità" dal 1946 al 1965, parlamentare, radiato dal PCI nel 1969 ha dato vita al "Manifesto", dapprima rivista e poi quotidiano su cui ancora scrive. E' uno straordinario corsivista politico, unisce una prosa giornalistica di splendida bellezza ad un rigore morale e di ragionamento di eccezionale nitore. Opere di Luigi Pintor: I mostri, Alfani, Roma; Servabo, Bollati Boringhieri, Torino; Parole al vento, Kaos, Milano; La signora Kirchgessner, Bollati Boringhieri, Torino; Il nespolo, Bollati Boringhieri, Torino 2001. Indirizzi utili: "Il manifesto", via Tomacelli 146, 00186 Roma. * GIOVANNI PIOLI Profilo: studioso di rigoroso ed intenso impegno per la pace e l'obiezione di coscienza. Opere di Giovanni Pioli: La rinuncia alla violenza, Alaya, Milano; Gli obbiettori di coscienza dinanzi alla legge, Alaya, Milano. * ROBERTO PIPERNO Profilo: studioso dell'antisemitismo. Opere di Roberto Piperno: L' antisemitismo moderno, Cappelli, 1964. * FABIO PIPINATO Profilo: e' stato fino a poco tempo fa direttore dell'eccellente sito di "Unimondo", ed e' attualmente cooperante in Africa. * AGOSTINO PIRELLA Profilo: psichiatra, impegnato nel movimento di psichiatria democratica. Opere di Agostino Pirella: suoi contributi sono in vari volumi collettanei, tra cui Che cos'è la psichiatria, Einaudi; L'istituzione negata, Einaudi; La salute in fabbrica, Savelli; I tetti rossi, Mazzotta; La ragione degli altri, Savelli; Il giardino dei gelsi, Einaudi; Dove va la psichiatria?, Feltrinelli; Fra regole e utopia, Cooperativa editoriale Psichiatria Democratica. * GIOVANNI PIRELLI Profilo: intellettuale democratico italiano (1918-1973). Opere di Giovanni Pirelli: con Piero Malvezzi ha curato per l'editore Einaudi le raccolte delle Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana, e delle Lettere dei condannati a morte della Resistenza europea; ha curato anche, sempre per Einaudi, l'edizione delle Opere scelte di Frantz Fanon (su Fanon ha anche pubblicato un breve profilo, riedito recentemente in Aruffo, Pirelli, Fanon, Erre Emme Edizioni). * HENRI PIRENNE Profilo: insigne storico belga. Opere di Henri Pirenne: segnaliamo particolarmente laStoria d'Europa dalle invasioni al XVI secolo (scritta durante la deportazione in Germania durante la prima guerra mondiale), Le città del Medioevo; la Storia economica e sociale del Medioevo; e la grande monografia Maometto e Carlomagno (apparsa postuma, coronamento di una prospettiva di studi, opera tra le decisive e maggiormente suscitatrici di ricerche, riflessioni, dibattiti, della storiografia medievista del Novecento), tutte ora in edizione italiana ultraeconomica presso la Newton Compton di Roma. * JOSE' MARIA PIRES Profilo: vescovo brasiliano, discendente da schiavi neri, è noto per il suo impegno per i diritti umani ed a sostegno delle lotte nonviolente di liberazione. * SERGIO PIRO Profilo: nato a Napoli nel 1927, psichiatra, docente universitario, uno dei protagonisti della riflessione e della pratica della psichiatria democratica. Opere di Sergio Piro: segnaliamo almeno i fondamentali Il linguaggio schizofrenico, e Le tecniche della liberazione, ambedue presso Feltrinelli. * VALENTINA PISANTY Profilo: nata a Milano nel 1969, studiosa di semiotica, lavora presso l'Universita' di Bologna. Opere di Valentina Pisanty: L'irritante questione delle camere a gas, Bompiani, Milano 1998. * FRANCO PITTAU Profilo: si occupa particolarmente di problemi dell'immigrazione e diritti delgi immigrati nella Caritas di Roma. E' uno dei massimi esperti in materia. Opere di Franco Pittau: è il curatore del dossier statistico pubblicato annualmente dalla Caritas sull'immigrazione in Italia. Ha curato anche il volume Forum per l'intercultura. Nuovi itinerari didattici, Anterem, Roma 1997. Indirizzi utili: Caritas diocesana di Roma, piazza S. Giovanni in Laterano 6, 00184 Roma. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ; per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ; angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 226 del 12 settembre 2001
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