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[TESTIMONIANZE] - Era Genova quella citta' desolata ?
- Subject: [TESTIMONIANZE] - Era Genova quella citta' desolata ?
- From: Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>
- Date: Thu, 26 Jul 2001 17:12:34 +0200
Sono stato a Genova? Davvero? Mi sembra un secolo fa, sembra un brutto sogno, un b-movie. Prendiamo la navetta da Sestri la mattina di sabato. L'emozione per l'uccisione di un manifestante si è un po' attutita nella notte. Non ho più la tensione e la paura che mi attanagliavano quando siamo partiti da Torino. La rabbia, quella sì, è rimasta... Credo che andrà tutto bene. E la gente che ho intorno mi fa ben sperare. Ci sono un sacco di giornali che girano. Si parla, si scherza. Una volta a Nervi cerchiamo di capire come muoverci. Telefono a un amico della Rete di Lilliput per un gancio. Mi da appuntamento in via Pisa. Dopo mezz'ora riusciamo a salire su un autobus. Qualcuno parla al telefonino e riferisce che ci sono già scontri. Dove? Non si sa. Dalle parti di Piazza Sturla c'è un cordone di polizia. Ma nessuno gli rompe le palle e loro ricambiano l'indifferenza. Vediamo uno di quelli del Black Block. Volano un paio di "testa di cazzo" che non sembrano impressionare più che tanto il responsabile guerrigliero. Iniziamo a risalire il corteo. Volano insulti verso chi sta facendo come noi. Hanno ragione, ma vorremmo provare a cercare alcuni amici. Dai balconi piove acqua. Bacinelle e pompe dei genovesi danno una bella prova di solidarietà. Riscalda il cuore. Grazie genova. Sfiliamo fino alla chiesa di Sant'Antonio. C'è gente con cartelli in tutte le lingue che invitano al silenzio e all'annullamento del debito. Proseguiamo lungo Corso Italia. Fischi, urla di "Assassini-Assassini" davanti alla caserma dei carabinieri. Ma il servizio d'ordine tiene a distanza dal cancello. Qualcuno improvvisa un concerto di percussioni su un cartello che riserva un parcheggio agli eroici tutori della legge. Ci picchia sopra quasi con delicatezza. Gente che balla divertita. Un paio di volontarie ci dicono che avanti ci sono i lacrimogeni. "Non abbiate paura e continuate ad avanzare". Ma non si può. Da lontano vediamo la battaglia. Ci avviciniamo un po'. Sembra che chi sta attaccando la polizia sia un piccolo gruppo. Lacrimogeni sparati anche dai terrazzini. Illusione ottica? Eppure sembra proprio così. Scendiamo alla spiaggia. Ci sono delle docce e fa davvero caldo. Quando torniamo in strada, un quarto d'ora dopo, la situazione sembra essere peggiorata. Il lancio di lacrimogeni si fa più lungo. C'è una scalinata gremita di gente che porta a un'altra strada. Un lacrimogeno finisce lassù fra le urla di paura e indignazione. Un altro proprio dentro un balcone. Applausi per l'ottimo lancio. Le tute nere non avrebbero saputo fare di meglio. Di colpo da spettatori dello scontro ci trasformiamo, nostro malgrado, in attori. Iniziano a cadere lacrimogeni fra di noi. Quelli coi guanti corrono a prenderli per gettarli in mare. Ancora applausi, ma non siamo più tanto tranquilli. C'è un momento di panico. Arretriamo. Camminando all'indietro. Non dev'essere piacevole beccarsi uno di quei cosi in testa. Non ci posso credere! Non stavamo facendo assolutamente niente! Eppure corriamo. C'è uno slargo, un cancello aperto che porta al mare... Viaviavia! Urlo un paio di volte. "Piano, non correte!" Inutile. Scavalchiamo una staccionata per arrivare al cancello. Una ragazza urla disperata che sta male, che qualcuno la aiuti. Si tiene un braccio. E' il panico totale. Mi giro un secondo. I celerini sono già lì. Scena apocalittica. E' un uomo quell'armadio con la maschera antigas che emerge fra il fumo? Sono le lacrime che non mi fanno vedere bene? Solo allora sento le urla del motore di un blindato. Via. Di corsa. Arriviamo al cancello. Un ragazzo urla istericamente di chiuderlo. Non si può, la gente continua ad arrivare. Testa a posto. Scenderanno anche qui? Ci siamo persi un paio di amici. Una è rimasta più in su per cercare il suo ragazzo. La recuperiamo. Ancora il fumo dei lacrimogeni...Occhi e faccia che bruciano. Un ragazzo non dice niente e ci passa un limone. Forse è straniero. C'è gente che scende portata a braccia, facce insanguinate. Un altro in preda all'isteria "Di qui non si esce, non c'è uscita, siamo fottuti". Bestemmie. Poi ci si calma. Non sono scesi. Decidiamo di salire noi. Non siamo dell'umore di farci un bagno e ad ogni modo il mare è pieno di gommoni della polizia. Ma quanti sono? Sopra, come sempre, le pale degli elicotteri. Fermo un ragazzo. "Ci sono gli sbirri su?": "Do you speak english?". "Sì, ma fanno passare". Andiamo allora... Sfiliamo braccia alzate davanti a loro. Due o tre ci filmano. Uno ci guarda sarcastico dicendo "Pace e amore". Se non fossi sotto shock riuscirei almeno a pensare che quel manganello glielo ficcherei volentieri nel culo. Ci sono auto rovesciate e un poliziotto che, senza la giacca e il casco sembra Robocop per via delle protezioni, che sta aiutando a medicare una signora ferita dai suoi colleghi. Sangue. Fermano un paio di persone. Non ci sono manganellate arbitrarie. Solo l'arroganza di alcuni e la stanchezza di altri. Ma i giornalisti sono a due passi. Cosa accadrebbe se non ci fossero? Arriva un furgone che scarica acqua e panini. Mangiamo controvoglia. Lo stomaco è chiuso. Cerchiamo di raggiungere il resto del corteo. C'è una banca con i vetri sfasciati e un paio di macchine bruciate. Il rumore improvviso che sentiamo è quello di un blindato che centra una macchina parcheggiata. Non passiamo per Piazza Alimonda. Non c'è niente da vedere. Incontriamo un signore, 65 anni. E' col gruppo di Pinerolo (credo) di Rifondazione. E' arrabbiato. "Bisognava venire organizzati! Io ho alzato le mani davanti ai tedeschi, non ho più voglia di farlo con 'sti stronzi!" Costeggiamo la ferrovia. Non ho idea di dove siamo. Un gruppo di cinque tute nere scavalca un cancello e si dà alla fuga fra gli applausi ironici di quelli che stanno lì attorno. Urla di sirene. Paura. Ci lanciamo dall'altra parte del corso. Se ne vanno. No! Una jeep si ferma davanti a una casa dello studente. Alziamo le mani. Ma non vogliono noi. C'è gente che corre giù per le scale. Le mani alzate. Uno si becca una manganellata. Perchè? Cos'ha fatto? Non abbiamo visto niente. La jeep riparte. Elicotteri nel cielo e fumo da più parti. Non sappiamo dove andare. Siamo stanchi e non abbiamo più voglia di vedere giacche blu. Il sentimento è diffuso. Il corteo non si sa bene dove sia finito. Sono le sei. Decidiamo di tornare a casa. Come sarà andata? Quanti eravamo? Le voci ci inseguono sull'autobus. 300mila persone, scontri ovunque, infiltrati, polizia brutale. Un romano in stazione ci dice che ci sono state manifestazioni parallele in varie città. Parla anche di scontri. Più tardi un tipo in televisione parla dell'attacco di migliaia di anarchici con spranghe e pietre al fondo di Corso Italia. Che queste cazzate le vada a raccontare agli inviati de "Il giornale" e di "Libero". Ci credono soltanto loro. Sono successe davvero queste cose? Ero io? E' realistico, è credibile, che io mi senta fra quelli che non hanno visto quasi niente di quanto è successo? Se fosse un romanzo qualcuno lo considererebbe realistico? Era Genova quella città desolata? Erano tutori dell'ordine democratico quelli che tiravano i lacrimogeni fra gente che si riposava all'ombra, anziani sorridenti, ragazzini di 13 anni?
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