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Arrestato per una telecamera
- Subject: Arrestato per una telecamera
- From: "ULisse" <ulisse at quantunque.eee> (by way of Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>)
- Date: Wed, 25 Jul 2001 03:07:19 +0200
dallla nuova sardegna.it del 24\07\2001 Arrestato per una telecamera» Lo studente cagliaritano scappava dalla zona dei disordini di Giuseppe Centore CAGLIARI. «Senza vestiti, appoggiato a un muro con le mani dietro alla testa per tutta la notte, trattato come un criminale, alla mercè di chiunque. Calci, pugni, schiaffi e minacce». È ancora scosso Pietro Ulzega, lo studente cagliaritano arrestato venerdì pomeriggio a Genova a margine degli scontri tra manifestanti e forze dell'ordine. L'origine del suo arresto è tanto banale quanto preoccupante. Ulzega è stato tradito dalla sua curiosità, dalla passione per le immagini, e dalla sua telecamera. ---------------------------------------------------------------------------- ---- CAGLIARI. «Senza vestiti, appoggiato a un muro con le mani dietro alla testa per tutta la notte, trattato come un criminale, alla mercè di chiunque. Calci, pugni, schiaffi e minacce». È ancora scosso Pietro Ulzega, lo studente cagliaritano arrestato venerdì pomeriggio a Genova a margine degli scontri tra manifestanti e forze dell'ordine. L'origine del suo arresto è tanto banale quanto preoccupante. Ulzega è stato tradito dalla sua curiosità, dalla passione per le immagini, e dalla sua telecamera. Il giovane pacifista, studente di filosofia, è stato fermato, picchiato e poi arrestato dalla Polizia forse solo perché aveva una telecamera. Ulzega è stato scarcerato ieri mattina dalla casa circondariale di Alessandria, e, dopo una sosta a Firenze, oggi rientrerà a casa. Voce ferma, palesemente acerba, Ulzega ricostruisce la sua odissea. - Quando è arrivato a Genova? «Sono arrivato mercoledì sera, da solo, e mi sono diretto al centro informazioni del Gsf. Mi hanno indirizzato allo stadio Carlini, dove sono rimasto, per riposarmi dal viaggio. Avevo con me la telecamera, che ho subito usato». - La mattina dopo c'è stata la prima manifestazione, quella dei migranti. «Ci sono andato, e ho fatto una trentina di minuti di ripresa, poi la batteria si è esaurita. Subito prima sono andato al press center e mi sono registrato come teleoperatore freelance. Mi hanno dato un pass che ho appeso al collo, e con quello ho ripreso la manifestazione stando dall'altra parte del corteo, dove c'erano i giornalisti e gli operatori tv. Passavamo in mezzo ai poliziotti, ma ci ignoravano, nessuno ci ha fermato». - E veniamo alla giornata dell'arresto. Cosa ha fatto quella mattina? «Sono andato via dallo stadio Carlini all'ora di pranzo. Ho seguito da solo, all'esterno del quadrato formato dalle lastre di plexiglass, insieme agli altri giornalisti il corteo. Ho ripreso un'ora di manifestazione. Sono andato verso la coda del corteo, per poi risalirlo. Quando sono iniziati gli scontri più intensi, verso le 16.30, ho cercato una via di uscita per allontanarmi dalla zona calda. Ho superato indenne un cordone delle forze dell'ordine, e ho raggiunto piazza Tommaseo, dove mi hanno preso». - Può raccontare la dinamica dell'arresto? «Appena arrivato in piazza ho superato il secondo cordone di polizia, quello più lontano dalla zona degli scontri. Indossavo pantaloni di velluto, una maglietta verde e scarpe da tennis. Avevo al collo il tesserino, e nella borsa la telecamera, con me c'era un ragazzo, che stava prendendo appunti vocali con un registratorino. I poliziotti mi hanno chiamato e sono tornato indietro». - Cosa chiedevano? «Volevano sapere se avevo il tesserino. Io ho risposto di sì, e loro hanno cominciato a correre verso di me. Mi hanno spinto e buttato a terra, distrutto la telecamera e il nastro, e preso per i capelli mi hanno trascinato verso una camionetta. Appena sono salito mi hanno spruzzato un qualcosa di irritante che mi ha mezzo accecato. Sono stato ammanettato e portato in Questura, non avevo l'orologio, ma ho visto che erano passate da poco le diciassette». - Cosa è successo dopo l'arrivo in questura? «Siamo entrati in cinque, due italiani e tre spagnoli. Ci hanno chiesto i documenti, domandandoci se volevamo un avvocato di ufficio. Io ho preteso di contattare il mio legale di fiducia, dopo hanno chiesto che firmassi un foglio dove c'era scritto che avevo fatto resistenza a pubblico ufficiale. Mi sono rifiutato di farlo. Siamo rimasti in questura, in uno stanzone grande, in sette, tutti contro al muro. Vietato parlare o muovere la testa. Eravamo soli, non è entrato nessuno per due ore. Una situazione assurda». - Quanto tempo siete rimasti in questura? «Sino alle 20.30. Poi, ammanettato, sono stato caricato su una volante, e con due agenti seduti davanti e isolati dal plexiglass divisorio, sono stato condotto in una diversa località, distante una ventina di minuti dalla Questura. Era un centro di smistamento e "accoglienza" per gli arrestati. Anche qui mi hanno portato in una grande stanza, faccia al muro e silenziosi. Venivamo chiamati a turno, per le impronte e le foto segnaletiche. Alle 22 anche questa operazione era completata. Da quel momento è stato l'inferno. Senza vestiti, impossibilitati a muovere anche un solo muscolo siamo rimasti all'aperto sino alle sei, faccia al muro, alla mercè di chi passava. Calci, pugni, insulti di ogni genere. Abbiamo passato l'alba dentro a un cellulare, e siamo partiti verso il carcere di Alessandria». - Come è stato trattato in carcere? «Sembrava di stare in un hotel. Pensavano di trovarsi di fronte a dei delinquenti smaliziati e violenti e invece le guardie si sono visti arrivare noi ragazzini. Molte erano sarde, il mio cognome mi è stato utile. Mi hanno rifocillato, abbiamo mangiato e bevuto, mi hanno anche dato delle sigarette. Ieri, dopo l'interrogatorio il gip ha disposto la scarcerazione. Ieri sera siamo andati al pronto soccorso dell'ospedale civile di Alessandria dove mi hanno visitato, riscontrando ferite in varie parti del corpo e una costola incrinata. È questo il mio souvenir da Genova». IL CASO Il giovane di Castelsardo tornava a casa dall'ufficio CAGLIARI. Ieri mattina gli interrogatori, e per i due giovani sardi arrestati, Pietro Ulzega e Alessandro Cairoli, si sono aperte dopo pochi minuti le porte del carcere. Il pm aveva chiesto la misura cautelare in carcere, ma il gip ha disposto la scarcerazione. Per entrambi l'accusa è di resistenza aggravata a pubblico ufficiale, ma se la storia di Ulzega è comune a tanti giovani, quella di Cairoli, è unica nel suo genere. Cairoli, 30 anni, nato a Castelsardo ma residente a Genova da diverso tempo, è stato arrestato mentre tornava a casa dall'ufficio. «Con la manifestazione non c'entravo nulla. Ero sceso controllare che l'auto del mio capufficio e la mia moto non avessero subito danni e poi ho deciso di andare a casa. Visti i tafferugli, ho fermato la moto e mi sono avviato a piedi in via Smirne. C'era un posto di blocco, sono stato preso, bloccato, picchiato e arrestato». -- ____________________ www.censurati.it www.misteriditalia.it Icq 6973768 oppure 328\6849962 giuseppe_scano [ at ] hotmail.com . ______________________-
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