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Dossier globalizzazione (schede di approfondimento - terza parte)
- Subject: Dossier globalizzazione (schede di approfondimento - terza parte)
- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.it>
- Date: Sun, 22 Jul 2001 10:29:23 +0200
- La preparazione del vertice
- La convocazione del vertice viene decisa in quello precedente che, su
proposta del paese ospitante, stabilisce, generalmente, anche il luogo e
la data di svolgimento della riunione. Il vertice non è un'organizzazione
internazionale in senso tecnico: non si basa su un trattato
internazionale, né vi è una struttura dotata di una certa autonomia
rispetto ai singoli partecipanti. Fino ad oggi non è stato creato alcun
Segretariato.
- La preparazione dei vertici inizia nell’anno che precede il summit: contatti personali, contatti giornalieri via telefono e via fax, e quattro o cinque riunioni per ogni vertice. Ad essi partecipano un gruppo di diplomatici per ogni Paese membro del G8. A capo della struttura c’è uno “sherpa”, scelto dal primo ministro, a cui si affiancano uno o due “vice-sherpa”, e i funzionari di alto livello dei ministeri del Tesoro e degli affari esteri. Lo sherpa italiano si chiama Francesco Olivieri, ed è stato designato all’inizio del 1999 da Massimo D’Alema. Subito dopo le elezioni del 13 maggio è stato affiancato, con un decreto del presidente della Repubblica, da Giovanni Castellaneta (ovviamente uomo di fiducia di Berlusconi). Sotto di loro ci sono i due vice-sherpa, uno per il ministro degli affari esteri e l’altro per quello del Tesoro. Si tratta di Valerio Astraldi e Lorenzo Bini Smaghi.
- Ogni governo del G8 poi, invia anche una delegazione nel Paese ospitante, qualche mese prima del summit, per discutere di tutti i dettagli, come ad esempio gli aspetti logistici.
- L’organizzazione logistica del vertice è stata affidata ad una speciale struttura di missione della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il responsabile di questa struttura è il ministro plenipotenziario agli Affari esteri Achille Vinci Giacchi, in carica dallo scorso ottobre, La sua collaboratrice più stretta è Emanuela D’Alessandro. Sotto di lui uno staff dirigenziale di una decina di responsabili.
- Di cosa discutono gli “sherpa” e gli alti funzionari? Oltre agli aspetti organizzativi, devono stabilire l’agenda del vertice - Il Paese che organizza il vertice ha una maggiore influenza nella scelta dei temi da dibattere e redigere le bozze della dichiarazione finale.
- Insomma, a parte alcune indicazioni generali dei capi di Stato e di governo, alcuni burocrati, di cui non conosciamo nemmeno il nome, decidono il contenuto del vertice dei “grandi” della Terra.
- In questa fase preparatoria possono svolgere un ruolo importante anche i gruppi di lavoro, creati dal G7-G8 su temi finanziari, tecnologici e sociali: ad essi viene affidato il compito di presentare specifici rapporti al G-7 o ai suoi rappresentanti personali. Un altro modo per influenzare il G8, restando nascosti dietro rapporti tecnici incomprensibili per i non addetti ai lavori.
- E finalmente il vertice
- La presidenza del vertice è assicurata dal leader del Paese ospitante, che ha il potere di fissare l'agenda dei lavori, dirigere e moderare la discussione, dare l'impulso necessario all'ordinato e proficuo svolgimento della fase preparatoria, ed emanare (se è il caso) un comunicato finale. Normalmente però le parti preferiscono adottare una Dichiarazione congiunta.
- Le decisioni del vertice sono adottate con il metodo del consenso, cioè quando tutti i componenti del vertice sono d’accordo su un testo. Ciò conferisce un significativo potere di veto a ciascuno dei partecipanti.
- Il tempo disponibile è scarso - meno di dieci ore di discussioni utili. Affermare che un certo argomento è stato “trattato” al vertice significa, in molti casi, che non è stato oggetto di esame da parte dei leader, ma tutt’al più dei ministri degli esteri o delle finanze che si riuniscono in contemporanea o, ancora peggio, che è stato discusso solo dagli sherpa nella loro attività di preparazione dei documenti finali.
- L'atto tipico del G7-G8 consiste nella Dichiarazione finale dei partecipanti alla riunione: questa Dichiarazione può suddividersi in due o più parti dedicate, rispettivamente, alle questioni economiche ed a quelle politiche; raramente, lo abbiamo già anticipato, le conclusioni della riunione, o almeno di una parte di essa, sono presentate sotto la forma di “Conclusioni della presidenza”.
- Questo imponente spettacolo mediatico sforna blandi comunicati mai ratificati dai parlamenti degli Stati membri dove vengono presi vaghi impegni comuni per la crescita e il benessere, invece di produrre accordi concreti. I summit dei G8 terminano sempre con dichiarazioni ufficiali orientate allo sviluppo dei popoli, o con impegni - come quello sul debito estero del Sud del mondo a Colonia - che finiscono sempre per diventare carta straccia.
- Il G8 evidentemente rappresenta gli Stati più ricchi - e quindi più potenti - del pianeta, le scelte prese nel vertice avranno comunque, di fatto, ripercussioni sul resto del pianeta.
- Non sopravvalutate però il potere del vertice. In realtà chi comanda il mondo non è il popolo sovrano, seppure con la mediazione di uomini e donne eletti nelle sedi istituzionali, ma una ristretta aristocrazia economica che ha acquisito il controllo della finanza, del commercio e dei mezzi di informazione.
- “Gli attori economici privati si muovono in uno spazio la terra intera e a una velocità impensabili per gli Stati nazionali, per cui si stanno sottraendo sempre più all’azione dei governi locali. All’economia globale non corrisponde in alcun modo un livello politico globale, e questo provoca un predominio dell’economia sulla società, che fa dire a Hans Tietmayer (ex-presidente della Bundesbank): ’I mercati svolgeranno sempre di più il ruolo di gendarme. I politici devono capire che sono sotto il controllo dei mercati finanziari?, e Michel Camdessus ’Lo Stato non deve dare ordini alle banche?.
- La classe politica, ma non solo, ha una forte sudditanza rispetto a questi poteri privati. Si chiama sindrome di TINA ed è una malattia assai diffusa, anche se poco conosciuta, che colpisce politici, alti funzionari, opinionisti, intellettuali, docenti universitari, dirigenti di grandi e piccole imprese, e anche milioni di persone che subiscono quotidianamente le scelte di chi gestisce la politica e l’economia. TINA è l’acronimo inglese di There Is No Alternative. Non ci sono alternative vuol dire: questo mondo va piuttosto male, siamo noi i primi a riconoscerlo, aumentano le disuguaglianze, la disoccupazione e il numero dei poveri nel Nord come nel Sud del mondo, l’ambiente va in pezzi, ma questo è l’unico mondo possibile. E i Paesi dell’Est sono lì a ricordarci che chi lascia la via antica per la nuova…
- (Tratto da Bosio R., Verso l’alternativa, Edizioni EMI, pp. 14-15).
- La genesi del G8
- L’idea di organizzare un summit tra le più importanti nazioni del mondo, nacque da un’idea di Valéry Giscard d’Estaing (presidente francese) e di Helmut Schmidt (cancelliere dell’allora Repubblica Federale Tedesca): tra il 15 e il 17 novembre 1975, si riunirono a Rambouillet, in Francia, i capi di governo di Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Giappone e Italia. Bisognava affrontare in maniera congiunta la crisi petrolifera che in quegli anni stava condizionando il mondo intero, e la fine del sistema di cambi fisso - gli accordi di Bretton Woods.
- Doveva essere un vertice unico, ma la crisi economica era lungi dall’essere risolta, così le sei potenze alle quali si era unito il Canada si ritrovarono un anno dopo a San Juan di Porto Rico. Era nato il vertice G7.
- Dopo un ampio dibattito tra i Paesi membri della Comunità Europea, al terzo vertice Londra venne ammessa a partecipare anche la Commissione europea, con il pretesto che uno dei principali temi in discussione, il commercio, ricadeva sotto la competenza esclusiva della Commissione.
- Questo gruppo di Paesi rimane inalterato per diversi anni, anche se vennero stabiliti contatti con i rappresentanti di altri Paesi: fin dal 1981 con l'URSS e poi la Russia si è mantenuto un dialogo "post-Summit"; nel 1985 con i leader di 15 Paesi in via di sviluppo; nel 1989, al vertice “dell’Arche” a Parigi, Mitterand invitò a cena anche i leader di alcuni grandi Paesi in via di sviluppo ma era un atto puramente formale; nel vertice di Tokio del 1993, infine, i giapponesi volevano invitare Suharto, ma dovettero ripiegare su un incontro a tre con Clinton e Myazawa, a causa dell'opposizione degli europei.
- I Sette invitarono anche Gorbaciov a Londra (1991) e Eltsin a Monaco (1992) e a Tokio (1993), per ottenere, con questa concessione e gli aiuti concessi, un comportamento “cooperativo” di Mosca nella gestione della guerra del Golfo - e nel conflitto dell’ex-Jugoslavia -, oltre a tenere sotto controllo i grandi rischi derivanti dall'esistenza dell'arsenale nucleare ex-sovietico. Gli inviti non rafforzarono la stabilità dell’ex potenza sovietica: entrambi hanno dovuto subire due tentativi di golpe poco dopo aver partecipato al G7 (1991 e 1993).
- La Russia fu coinvolta progressivamente nelle attività del vertice: inizialmente era il 1994 la partecipazione fu limitata alle discussioni politiche, per arrivare all’intera agenda del vertice di Denver nel 1997. Solo l’anno successivo, a Birmingham, il G7 diventa ufficialmente G8 (comunque quando si parla di soldi il vertice continua a riunire solo 7 Paesi).
- Il vertice negli ultimi due anni approda in Germania (Colonia) nel 1999, e in Giappone (Okinawa) nel 2000. Il summit del 2001 si terrà a Genova dal 20 al 22 luglio. Quest’anno, oltre al vertice sono previste:
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- La presidenza del G8 spetta a turno ad ogni Paese: l’Italia è la quarta volta che presiede il summit (le altre volte sono state nel 1980, nel 1987 e nel 1994).
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- La preparazione dei vertici inizia nell’anno che precede il summit: contatti personali, contatti giornalieri via telefono e via fax, e quattro o cinque riunioni per ogni vertice. Ad essi partecipano un gruppo di diplomatici per ogni Paese membro del G8. A capo della struttura c’è uno “sherpa”, scelto dal primo ministro, a cui si affiancano uno o due “vice-sherpa”, e i funzionari di alto livello dei ministeri del Tesoro e degli affari esteri. Lo sherpa italiano si chiama Francesco Olivieri, ed è stato designato all’inizio del 1999 da Massimo D’Alema. Subito dopo le elezioni del 13 maggio è stato affiancato, con un decreto del presidente della Repubblica, da Giovanni Castellaneta (ovviamente uomo di fiducia di Berlusconi). Sotto di loro ci sono i due vice-sherpa, uno per il ministro degli affari esteri e l’altro per quello del Tesoro. Si tratta di Valerio Astraldi e Lorenzo Bini Smaghi.
- I materiali qui riportati ci sono stati gentilmente inviati da
Roberto Bosio <robertobosio at libero.it> autore del libro "Verso
l'alternativa" (edizioni EMI, Bologna). Ringraziamo di cuore
Roberto.
- A.M.