ATTENZIONE: NON REGALIAMO I VESCOVI ALLE DESTRE!!!



Mi pare un testo su cui si debba riflettere attentamente


Da, clicca: ADISTA N. 41 (2 giugno 2001)
FUORITESTONON REGALIAMO I VESCOVI ALLE DESTRE di Sergio Paronetto*

Da opposti versanti o per motivi diversi, i maggiori organi di informazione
hanno messo in evidenza solo alcuni passaggi degli interventi dei vescovi
durante la Conferenza Episcopale tenutasi pochi giorni dopo le elezioni del
13 maggio. Anche in questo caso, l'informazione è risultata parziale.
Quando si parla di Chiesa e di vescovi, prevale spesso un certo accanimento
disinformativo o strumentale.
La scuola privata, la famiglia, l'aborto sono apparsi come gli unici
argomenti affrontati. I grandi titoli hanno gridato che i vescovi stanno
con la Casa delle Libertà e appoggiano la stabilità del governo Berlusconi.
Riconosco volentieri che molti vescovi la pensano così, che spesso la Cei
nel suo complesso sembra comportarsi in modo da accreditare tale ipotesi.
Però, "regalare alle destre" l'episcopato italiano è un'operazione
scorretta e furbesca messa in atto, congiuntamente, dai fedelissimi della
Casa delle Libertà e dai "clericali" più tradizionalisti così come dai
"progressisti" più accesi o dai "laicisti" più arrabbiati. Uguali e
contrari nel coltivare logiche pregiudiziali, ideologiche o umorali.
Sono convinto che molti vescovi siano spesso troppo diplomatici, curiali,
rigidi o magari "opportunisti" secondo la situazione. A mio parere, però,
la critica più forte (nello spirito della paolina "parresia") deve
accompagnarsi a una valutazione complessiva oltre le pigrizie schematiche
di qualunque colore. Occorre risalire alle fonti. Informarsi meglio.
Leggere bene. Gestire un'informazione completa in modo propositivo o,
comunque, evidenziare sia la varietà delle idee che le palesi
contraddizioni che, in ogni caso, possono costituire il sale della
democrazia o lo stimolo alla ricerca in ogni ambiente.
I vescovi, ad esempio, pur parlando, nel loro modo abituale, della scuola
cattolica, hanno anche aggiunto che in ambito scolastico "lo Stato conserva
un ruolo irrinunciabile". Non è automatica l'opzione del "buono-scuola" (su
scelte tecniche come questa devono intervenire laicamente i laici; ogni
ulteriore specifico intervento episcopale sarebbe o un'indebita ingerenza o
una normale opinione). Può sembrare forzato, ma si poteva anche titolare:
"i vescovi difendono il ruolo dello Stato nella scuola". Analogamente, nel
difendere il ruolo della famiglia, i vescovi si sono fermati molto
sull'impoverimento delle famiglie italiane o sul diffondersi delle nuove
povertà. Si poteva scrivere: "i vescovi rilanciano la lotta alla povertà".
Nella Cei, si è parlato esplicitamente di "questione meridionale". Si
poteva dire: "basta con secessionismi e intolleranze".
Nessun giornale (tranne "Avvenire") ha riportato la valutazione episcopale
circa "immagini e modelli di vita negativi e corruttori del senso morale
proposti con disinvolta e anche ostentata insistenza dalla televisione e
dagli altri mezzi di comunicazione" o del "vuoto etico" presente negli
adulti. Nessun giornale, evidentemente, si è sentito di titolare: "i
vescovi lanciano l'allarme sul berlusconismo avanzante". L'accenno ai
modelli negativi si collega, indirettamente, a un documento pre-elettorale
di laici cristiani apparso sul "Corriere della sera" del-l'11 maggio con il
titolo "No a Berlusconi come modello".
Il giorno in cui si è dato enorme risalto alla riproposta di modifica della
legge 194, nella pagina sulla Cei, l'"Avvenire" (16/5) dedicava
all'argomento "aborto" solo dieci righe. La sintesi della giornata
riportava ampi interventi sulla salvaguardia del creato, sulla questione
meridionale, sulla necessità di educare a una fede adulta, sull'urgenza di
protestare contro la globalizzazione guidata dai "signori del mondo".
Pochissimi, in questo periodo, hanno ricordato le valutazioni equilibrate,
apparse su "Famiglia cristiana", durante e dopo la campagna elettorale. Sul
n.20/2001, padre Sorge attacca la cultura politica della Casa delle Libertà
e osserva che nessun credente è disposto a vendere l'identità cristiana per
un piatto di lenticchie.
Perché, infine, non valorizzare alcune iniziative del papa? Ad esempio,
l'intervento del 27 aprile presso la Pontificia Accademia delle Scienze
Sociali sui rischi di una globalizzazione guidata solo dalla logica di
mercato? Oppure lo stupendo gesto profetico della visita per la prima volta
in una moschea? Un fatto simile, che ha commosso lo studioso islamico
Khaled F. Allam, supera mille volte le pericolose dichiarazioni del
cardinal Biffi o del patetico Baget Bozzo. Annoto di sfuggita che l'attuale
papa, con tutte le sue limitazioni o preferenze (chi non ne ha?), è
aspramente contestato dal mondo clericale cattolico e dalle destre
culturali e politiche. Non solo dai tradizionalisti ultrareazionari ma
anche da (ex) ammiratori e intimi intervistatori come Vittorio Messori (su
"La Stampa" del 7 maggio, egli parla del viaggio papale in Medio Oriente
come di "un grande pericolo"). Al di là dei momenti e degli episodi più
discutibili, il pontificato di Giovanni Paolo II, a mio parere, verrà
ricordato come un evento storico-ecclesiale di primaria grandezza.
Conosco bene i limiti e le contraddizioni di molti vescovi. Spesso mi sono
pronunciato decisamente al riguardo. Mi sono indignato e mi indigno.
Cosciente anch'io dei miei limiti e delle mie contraddizioni, mi piace
ricordare il monito giovanneo sui "profeti di sventura". E, quindi, intuire
i "segni dei tempi". Andare "oltre". Cercare nel "profondo". Accendere
qualche fuoco nella notte. Soprattutto, camminare.

* presidente provinciale Pax Christi, Verona

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