Peppe Sini: "Digiuno a un anno dalla guerra"



Dichiarazione del responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di
Viterbo, Peppe Sini, al quarto giorno di sciopero della fame ad un anno
dall'inizio della guerra dei Balcani cui anche l'Italia prese parte

Cari amici ed egregi signori,
la recente barbara, terroristica guerra della Russia contro la popolazione
della Cecenia è evidentemente stata incoraggiata dal "precedente" della
guerra della Nato contro la Jugoslavia: da essa ha tratto una sorta di
ignobile pretesa di giustificazione: poiché il male produce sempre altro
male, ed ogni criminale adduce a suo favore gli analoghi crimini
precedentemente da altri commessi.

Poiché alla Nato fu consentito di portare strage su un paese sovrano al di
fuori del territorio dell'alleanza atlantica, i gerarchi russi si sono
proclamati autorizzati a portar strage in un'area che fa parte della CSI.
Tutto ciò è talmente drammatico e aberrante che a tutti risulta evidente
che questa logica, e questo agire, sono totalmente criminali, disumani,
inammissibili sotto ogni profilo etico e giuridico.

Ma questo è l'orrore presente e cogente: ed infatti la cosiddetta comunità
internazionale, dominata dai signori della guerra, si è limitata a qualche
generica deplorazione e si è ben guardata dal protestare energicamente ed
opporsi efficacemente (e dire che gli strumenti per far cessare il massacro
li aveva: la nomenklatura della Russia di Eltsin e di Putin ha un bisogno
estremo dei finanziamenti internazionali, ed una volta tanto la minaccia
reale di taglio dei crediti avrebbe avuto un'efficacia immediata).

E l'esempio russo non è il solo: si pensi alla violenza terroristica
dispiegata dalla Turchia contro i Kurdi (alla quale Turchia l'Italia
fornisce armi). O anche: si pensi alla "pulizia etnica" in corso da parte
dell'UCK in Kosovo. E gli esempi, tragicamente, potrebbero moltiplicarsi.

La guerra distrugge, devasta e degrada tutto; è un morbo contagioso e
pervasivo; da una guerra altre traggono alimento e forza. Per questo non
esiste "guerra giusta": lo sapeva già Erasmo da Rotterdam.

Peraltro gli strumenti di distruzione hanno raggiunto un tal grado di
sviluppo tecnologico e ve ne sono in tal quantità sul pianeta, che come
osservava anni fa l'indimenticabile padre Balducci l'umanità è ormai
unificata da un unico destino di vita o di morte, l'ideale della pace
coincide ormai con l'istinto di conservazione, la guerra è uscita per
sempre dalla sfera della razionalità.

Occorre dunque far cessare le guerre, con concrete politiche di autentico
disarmo, con il ripristino ed il consolidamento del diritto internazionale
e della democrazia, con la scelta della cooperazione, della difesa e
promozione dei diritti umani praticata con metodi coerenti.
Occorre abolire altresì quei sistemi di "guerra con altri strumenti" come
sono ad esempio gli embargo che stanno strozzando il popolo iracheno ed il
popolo jugoslavo, con il risultato tremendo che le vittime degli autocrati
muoiono di fame e di stenti, e i regimi assassini ovvero i sistemi di
potere criminali ovvero i governi dittatoriali e nazionalistico-autoritari
prosperano.
Ed occorre infine un passo decisivo: la promozione della nonviolenza a
tutti i livelli.
Solo con la nonviolenza si può contrastare la guerra, solo con la
nonviolenza si può costruire la pace.
Cordialmente,

Peppe Sini
responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
tel. e fax 0761/353532

Viterbo, 26 marzo 2000


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Dichiarazione del responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di
Viterbo, Peppe Sini, al quinto giorno di sciopero della fame ad un anno
dall'inizio della guerra cui anche l'Italia sciaguratamente prese parte

Cari amici ed egregi signori,
un anno fa la guerra, oggi le conseguenze della guerra. Nessuno può più
occultare o falsificare la drammatica realtà.

Quali gli esiti della guerra "umanitaria" della Nato?
Tutta la Serbia è devastata.
Nel Kosovo proseguono gli omicidi e si va compiendo l'ennesima atroce
"pulizia etnica" nell'indifferenza del mondo.
La straordinaria esperienza di resistenza nonviolenta del popolo kosovaro
guidata da Rugova è stata distrutta con la forza delle armi, con la ferocia
dei belligeranti.
Il criminale regime di Milosevic è consolidato dalla vicenda bellica, il
nazionalismo più becero e fanatizzato ne esce potenziato; mentre le
popolazioni della Jugoslavia subiscono le conseguenze delle devastazioni
della guerra e di quella vera e propria infame guerra ulteriore costituita
dalle sanzioni che non scalfiscono il regime ed affamano invece la gente,
tre volte vittima.
Nel cuore dell'Europa si replica l'orrore della guerra del Golfo e del suo
interminato esito sterminista: i regimi autocratici restano intatti; le
popolazioni subiscono la violenza del regime, la violenza della guerra e
dei poteri imperiali stragisti, la violenza delle sanzioni che colpiscono,
umiliano, affamano, uccidono le vittime innocenti.

Nei Balcani ora le mafie sono quasi ovunque effettualmente al potere, ed
all'assalto delle aree che ancora non dominano.
Il diritto internazionale è stato infranto e non sarà facile ricostituirlo.
Ogni autocrazia, ogni dittatore, ogni terrorista, ogni mafioso ora sa che
al mondo non vige altra legge che quella della giungla; mors tua, vita mea.
La Costituzione della Repubblica Italiana è stata fatta a pezzi; ed al
governo, in Parlamento, alla Presidenza della Repubblica, siedono dei
fuorilegge e complici di fuorilegge.
Intere regioni nel cuore d'Europa devastate e contaminate. Bombe letali
sparse in terra e per mare. Inquinati irreversibilmente i cieli, le terre,
le acque. Città ed impianti produttivi distrutti. Tantissimi in miseria. E
tante persone che sono morte, vittime innocenti delle folli cogitazioni dei
potenti.

Ad un anno dall'inizio di questa catastrofe, non ho voluto associarmi alle
iniziative autocelebrative degli assassini "umanitari", né ai dibattiti
garbati in cui gli assassini piangono lacrime di coccodrillo ed i pacifisti
si mostrano comprensivi, né alle parate propagandistiche di coloro che
gongolano di soddisfazione per aver proclamato il loro dissenso (e magari
promosso qualche ininfluente spettacolo e pensato piuttosto ai mass-media
ed alle elezioni che a far cessare l'orrore).
Ed invece occorreva tentare di contrastare concretamente e coerentemente,
operativamente e realmente, la guerra; ed era possibile farlo: ma
occorrevano scelte chiare e chiara coscienza: occorreva l'azione diretta
nonviolenta, sostenuta da una pratica democratica di massa della
disobbedienza civile, e dallo sciopero generale per ripristinare la
legalità costituzionale.
Pochi tentarono di farlo, e tra questi mi è grato ricordare gli amici del
movimento dei "Beati i costruttori di pace".

Un anno dopo l'inizio di questa apocalisse, ho preferito digiunare, per
significare dolore e vergogna: dolore per le vittime di allora e di oggi;
vergogna per non esser riusciti, noi che potevamo senza rischiare granché,
a impedire o almeno fermare la guerra.
Noi che avevamo condizioni favorevoli e strumenti adeguati (la protezione
giuridica accordata dallo stato di diritto ai cittadini in Italia, la
legalità costituzionale e il diritto internazionale dalla nostra parte, e
la possibilità di far uso efficace delle tecniche della nonviolenza), noi
non siamo riusciti a impedire o almeno fermare la guerra. Ed oggi ci resta
solo l'indignazione e il rammarico, il dolore e la vergogna. Ma insieme la
coscienza che occorre continuare a impegnarsi: per lenire le sofferenze dei
superstiti, per costruire la pace, per ripristinare il diritto e la
civiltà, per preparare ogni persona di volontà buona alla resitenza
nonviolenta: altri roghi si accendono ad ogni momento, ed occorre essere
vigili, pronti, solleciti.
Ha scritto una volta Primo Levi che il male si compie con grande facilità
("Il dolore è la sola forza che si crei dal nulla, senza spesa e senza
fatica. Basta non vedere, non ascoltare, non fare"); il bene invece
richiede impegno. Si possa noi essere oggi e domani più pronti e persuasi e
adeguati all'impegno di quanto non fummo ieri.
Cordialmente,

Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
tel. e fax 0761/353532

Viterbo, 27 marzo 2000

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Dichiarazione del responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di
Viterbo, Peppe Sini, al sesto e conclusivo giorno di sciopero della fame ad
un anno dall'inizio della guerra cui anche l'Italia sciaguratamente prese
parte

Cari amici ed egregi signori,
concludo oggi il digiuno nell'anniversario dell'inizio della guerra dei
Balcani del 1999 cui anche l'Italia prese parte.
Ringrazio tutti gli amici che hanno voluto manifestarmi il loro affetto e
la loro sollecitudine.

Resto convinto del fatto che quella guerra poteva e doveva essere evitata:
e non solo perché la Carta dell'ONU, lo stesso Statuto della Nato e la
Costituzione della Repubblica Italiana la vietavano in modo assoluto; e non
solo perché erano praticabili altre forme di intervento, pacifiche,
solidali, nonviolente, per sostenere efficacemente l'impegno per la
democrazia e i diritti umani nella regione del Kosovo ed in tutta la
Serbia; e non solo perché di tutti i crimini la guerra è il peggiore; e non
solo perché oggi è a tutti evidente che quella guerra ha provocato stragi
atroci e devastazioni tremende, ed ha favorito nuove uccisioni e una nuova
"pulizia etnica" in Kosovo, ha provocato e provoca sofferenze terribili
alle popolazioni della Serbia tutta, ed ha rafforzato il regime di
Milosevic anziché favorirne la caduta; e non solo perché la distruzione del
diritto internazionale e la ridicolizzazione dell'ONU hanno avuto come
effetto di offrire un precedente ed un esempio per altre guerre
terroristiche e stragiste, per altre efferate violazioni del diritto e dei
diritti.
Non solo per tutto ciò, ma anche per il motivo più semplice e fondamentale
che la guerra è la fine della civiltà, del diritto, della dignità umana; e
nell'epoca segnata da Auschwitz ed Hiroshima la guerra è il nemico assoluto
dell'umanità: pertanto l'umanità deve opporsi alla guerra sempre e
comunque: ne va della stessa sopravvivenza del genere umano.

Resto convinto anche che potevamo riuscire a fermare la guerra, con
l'azione diretta nonviolenta. Con la lotta nonviolenta potevamo riuscire a
contrastare efficacemente la macchina bellica della Nato, con la lotta
nonviolenta potevamo riuscire ad imporre al governo ed al parlamento
italiano il rispetto della Costituzione, con la lotta nonviolenta potevamo
fermare la strage.
Non ci siamo riusciti, ed anche per questo al dolore si unisce la vergogna.
Cordialmente,

Peppe Sini
responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
tel. e fax 0761/353532

Viterbo, 28 marzo 2000





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