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rischio nucleare nei porti militari: risponde il governo
- Subject: rischio nucleare nei porti militari: risponde il governo
- From: Alessandro Marescotti <kfqma at tin.it>
- Date: Fri, 18 Feb 2000 18:38:24 +0100
Sulla base della rivelazione da parte del Manifesto (9/2/2000) di un documento riservato della Marina Militare circa i rischi nucleari in 11 porti italiani, il governo ha risposto ad un'interrogazione di Rifondazione Comunista, come ci ha gentilmente informato Alfio Nicotra (alfionicotra at virgilio.it). Per conoscere i piani di emergenza relativi alla popolazione civile - ad esempio a Taranto - PeaceLink aveva inviato una lettera al senatore Rocco Loreto (DS Commissione Difesa) e al Prefetto di Taranto. Attendiamo fiduciosi una risposta. Riportiamo (in coda a questo messaggio) la risposta del governo italiano, relativa solo agli aspetti militari e non esaustiva delle precauzioni che le autorita' locali civili sono tenute ad adottare. La risposta governativa conclude cosi': "Tenuto conto che unità a propulsione nucleare operano anche nel Mediterraneo da moltissimi anni senza che risultino essersi verificati - almeno per quanto concerne le unità militari alleate - incidenti significativi o situazioni di particolare emergenza appare oggettivo e legittimo constatare come questa tipologia di mezzi disponga di sistemi propulsivi con spinte caratteristiche di protezione e sicurezza". Su quest'ultima affermazione occorrerebbe una maggiore cautela da parte del governo italiano, tenuto conto che i dati raccolti nel dossier Neptune III di Greenpeace (presentato a Roma il 6/5/89), parlano di 27 sottomarini nucleari finiti in fondo al mare con un carico atomico: 5 sovietici, 4 americani, 4 francesi e 3 britannici. Greenpeace ha reccolto informazioni direttamente dalla documentazione del Congresso Usa circa 1276 incidenti, anche se non tutti nucleari, accaduti in mare: 50 atomiche attualmente sono in fondo al mare. Ulteriori elementi conoscitivi sulla materia provengono dallo scienziato Giuseppe Longo, fisico dell'Universita' di Bologna, che documenta: "In un periodo di 23 anni, dal 10 aprile 1963 al 30 ottobre 1986, sono stati resi noti 14 incidenti gravi a sottomarini nucleari, di questi 7 a unita' sovietiche e a unita' statunitensi. In 5 casi l'incidente si e' concluso con l'affondamento del sottomarino (2 statunitensi e 3 sovietici). Negli altri casi si sono verificati esplosioni, incendi (fino a 90 morti) e inquinamento radioattivo delle acque marine. I reattori utilizzati per la propulsione di mezzi militari navali pongono problemi di sicurezza certamente non inferiori a quelli delle centrali elettronucleari civili. Le caratteristiche dei reattori civili e militari sono analoghe, ma su un mezzo navale non possono essere imbarcate pesanti schermature di calcestruzzo, ne' potra' sempre essere garantita nelle vicinanze un'adeguata assistenza in caso di incidente. E gli incidenti ai sottomarini nucleari sono piu' frequenti di quello che comunemente si pensi". Il governo italiano, oltre alle dichiarazioni verbali sulle "spinte caratteristiche di protezione e sicurezza", e' in grado di dare garanzie reali? Se cosi' fosse un cittadino potrebbe, ad esempio a Taranto, farsi una polizza assicurativa per ottenere un indennizzo in caso di un incidente nucleare. Ma nessuna assicurazione a Taranto, ne' in altre citta' italiane, e' disposta a stipulare un contratto assicurativo che risarcisca in caso di incidente nucleare, neppure limitato ai sicurissimi sottomarini Nato alle affidabilissime navi Nato a propulsione nucleare. La ragione? Il 21 novembre 1975 nel mar Ionio la portaerei John Fitzgerald Kennedy e l'incrociatore Belknap, entrambi americani, si scontrarono e un incendio arrivo' a pochi metri dai missili atomici Terrier della Belknap, con testate della potenza di un kilotone l'una. Il tutto e' stato documentato da Greenpeace e dall'ammiraglio Usa Eugene Carrol. Grazie alle rivelazioni di quest'ultimo il segreto militare e' venuto meno nel 1989. Il 26 maggio di quell'anno il Corriere del Giorno di Taranto titolava in prima pagina: "Una catastrofe nucleare nello Ionio l'abbiamo sfiorata quattordici anni fa". Alessandro Marescotti --- Interrogazione Bertinotti e Nardini 5-07370. TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA DEL GOVERNO Preliminarmente si rileva che gli accordi esistenti tra l'Italia e gli Stati Uniti nel quadro della comune appartenenza all'Alleanza Atlantica prevedono la possibilità di sosta delle unità militari a propulsione nucleare in alcuni porti nazionali di apposite caratteristiche. In particolare: Augusta, Brindisi, Cagliari, Castellammare di Stabia, Gaeta, La Maddalena, La Spezia, Livorno, Napoli, Taranto e Trieste. Il permesso di sosta delle citate unità viene concesso, di volta in volta, sulla base di valutazioni connesse alla situazione in atto in quei porti, in particolare per quanto concerne i vincoli relativi alla configurazione ed attrezzature dei porti stessi nonché al tipo e numero delle unità presenti. Per ciascuno dei citati porti, la Marina Militare ha predisposto un "Piano di emergenza per la sosta in porto di navi militari a propulsione nucleare", allo scopo di definire compiti e responsabilità dell'Amministrazione militare per le soste in questione. Appare innanzitutto necessario premettere che il piano aveva una classifica di prudente riservatezza adeguata alle notizie trattate ma che esso era distribuito e quindi noto in tutti gli ambienti militari e civili interessati a conoscere per le loro funzioni e responsabilità. In particolare, le disposizioni - in aderenza a quanto stabilito dal decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185 - prevedono: azioni precauzionali intese ad evitare la possibilità di qualsiasi incidente che possa interessare tali unità, ottimizzando le condizioni di sicurezza della sosta, attraverso l'individuazione di posti di ormeggio sicuri e isolati, idonee procedure d'informazione delle Autorità locali preposte alla sicurezza territoriale, sulla eventuale presenza in porto di navi a propulsione nucleare, collegamento radio continuo tra l'unità e l'autorità portuale della sede; azioni da attuare durante la sosta tese a minimizzare i tempi d'intervento in caso di emergenza. Tra questi: la disponibilità di un rimorchiatore in elevata prontezza per il rimorchio immediato fuori dal porto dell'unità interessata, in caso di emergenza, la gestione del servizio di monitorizzazione ambientale per il controllo dei livelli di radioattività nell'aria e nell'acqua, la sorveglianza del posto di ormeggio con imbarcazioni delle Capitanerie di porto e dei Carabinieri, per evitare avvicinamenti indesiderati di natanti; azioni da intraprendere in caso di emergenza per assicurare il più rapido allontanamento dell'unità sinistrata e le modalità per fornire alle autorità locali il concorso dell'Amministrazione militare nel settore sanitario, dei viveri e dei trasporti nell'ambito dei Piani di emergenza predisposti dalle competenti Prefetture. In questo contesto si rappresenta che: il documento, cui si riferiscono gli interroganti, è costituito dal "Piano di emergenza per le navi a propulsione nucleare in sosta nella base della Spezia", edizione ottobre 1999, predisposto dal Comando in Capo del Dipartimento Militare Marittimo dell'Alto Tirreno di La Spezia. Detto elaborato è stato oggetto di pubblicazione su sito internet; come può evincersi dall'elenco indirizzi annesso al documento in esame - anch'esso reso noto sul sito internet - il piano è stato esteso, tra gli altri, alla competente Prefettura ed al Comune di La Spezia; non rientra nella competenza delle Amministrazioni militari la elaborazione di "Piani d'emergenza per la popolazione civile". I piani d'emergenza relativi alla sosta nei porti di unità a propulsione nucleare approntati dai Comandi militari marittimi hanno lo scopo di dettare disposizioni di dettaglio in merito alle azioni da attuare per il monitoraggio delle manovre e della sosta delle unità in esame, negli ambiti portuali e nelle relative rade e di prevedere interventi di concorso ai competenti organismi locali e della protezione civile nella remota eventualità di incidenti che vedano coinvolte tali unità; è per questo motivo che i piani di emergenza predisposti dai Comandi militari marittimi sono estesi, tra gli altri, alle Prefetture interessate, cui risale la competenza per provvedere ad integrare i pertinenti piani di emergenza di protezione civile con le previsioni elaborate dai Comandi militari locali. Le Amministrazioni comunali interessate sono anch'esse in possesso dei piani di emergenza in materia di protezione civile ed hanno pertanto compiuta cognizione della tematica in esame; tutte le soste di unità a propulsione nucleare nei porti nazionali sono sempre state monitorate e non risulta che si siano mai registrati incidenti di alcun tipo, né si è a conoscenza di eventuali incidenti in acque internazionali prospicienti le coste italiane. Tenuto conto che unità a propulsione nucleare operano anche nel Mediterraneo da moltissimi anni senza che risultino essersi verificati - almeno per quanto concerne le unità militari alleate - incidenti significativi o situazioni di particolare emergenza appare oggettivo e legittimo constatare come questa tipologia di mezzi disponga di sistemi propulsivi con spinte caratteristiche di protezione e sicurezza.
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