rischio atomico e propulsione nucleare (Il Manifesto)



09 Febbraio 2000     

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Chiamatemi Charlie,abito a La Spezia
Un documento "riservato" dell'esercito e 11 porti a rischio nucleare 
- ANGELO MASTRANDREA - LA SPEZIA 


A La Spezia è una rigida giornata di sole di metà inverno. Il mare si
presenta calmo, affacciati sul lungomare all'altezza del centro culturale
Salvador Allende. E una camionetta dell'esercito ci ricorda di essere
quietamente adagiati su una polveriera che potrebbe non esplodere mai. La
Spezia è una tranquilla città ligure in cui la presenza dei militari si
tocca con mano ed è accettata con condiscendenza e talvolta con piacere.
Perché le attività militari e quelle ad esse correlate danno da vivere
tuttora a circa 12mila persone ("ma una volta erano tre volte di più"), una
cosa non da poco in una città di 90mila abitanti. E la storia dell'ultimo
secolo spezzino è spesso la storia delle sue strutture e servitù militari,
da quando, il 17 gennaio del 1863, il colonnello Domenico Chiodo firmò il
piano per la realizzazione di un cantiere per la costruzione di navi
militari. Un anticipo della costruzione dell'Arsenale militare, attorno al
quale si sono rette per un secolo le sorti della città. Al punto che il
taglio previsto di 300 posti di lavoro, unito al ridimensionamento
dell'intera industria militare spezzina, rappresenta una vera e propria
mazzata per l'intera città (che, negli ultimi trent'anni, ha visto svanire
ben 30mila abitanti) e per un colosso militare di 85 ettari di superficie,
sei bacini in muratura, due galleggianti, tre chilometri di banchina, 13
chilometri di strade di collegamento, più officine e uffici.

La crisi della provincia spezzina oggi elenca cifre impietose: 25mila
disoccupati, 10mila lavoratori precari o al nero, e chi lavora oggi lo fa
quasi esclusivamente nel terziario. L'ex fabbrica di armi Oto Melara è
passata, dal '90 a oggi e attraverso alcune ristrutturazioni, da 2200
dipendenti a 1580; i cantieri navali del Muggiano da 1060 a 780; l'Arsenale
militare dai 2368 civili del '92 ai 1831 di oggi, la Termomeccanica da 770
a 490. Favorendo, così, il lavoro d'appalto e subappalto.

Dalla fine dell'800 a oggi, tutto l'apparato industriale, dai cantieri
all'arsenale, al porto, alle servitù militari, al sistema dei trasporti, è
stato funzionale agli interessi strategici dello stato. Così come la quasi
totalità del territorio è stata "colonizzata" (come si legge in una lettera
indirizzata da Rifondazione al Presidente del consiglio D'Alema in
occasione di una manifestazione, venerdì scorso) per far posto alle aree
militari, alle discariche, alla produzione bellica, alle zone interdette,
al "mare in scatola". "E non ci sembra giusto che, dopo 150 anni, spetti a
noi anche la bonifica delle aree che i militari lasciano", lamentano gli
spezzini, governati dal '72 da giunte di sinistra. L'attuale sindaco è un
diessino, Giorgio Pagano (eletto al primo turno con il 60 per cento dei
voti su una destra divisa tra An e Forza Italia), sostenuto da una
maggioranza di centrosinistra composta da Popolari, Rifondazione comunista,
diniani, socialisti e un indipendente di sinistra, Marco Grondacci, che è
anche assessore all'Ambiente.

Il piano "riservato"
Nella città più meridionale della Liguria, abbiamo scoperto che termini
come "falce", "fievole", "fuga" e "fungo" possono assumere talvolta un
significato che non riesci a trovare in alcun vocabolario d'italiano,
legati come sono alle conseguenze, in ambito militare, di un eventuale
incidente nucleare. Sì, nucleare, avete capito bene. Perché, in un paese
che ha rigettato con un referendum qualsiasi ipotesi di produzione e
utilizzo dell'energia nucleare, per una questione di buoni rapporti con
paesi "amici", è ancora possibile che girino navi e sommergibili a
propulsione nucleare o che trasportano armi nucleari.

Il "Piano di emergenza per le navi militari a propulsione nucleare in sosta
nella base della Spezia", un documento militare segreto risalente
all'ottobre scorso ed entrato in nostro possesso, è solo uno degli undici
piani esistenti negli altrettanti porti in cui è previsto l'ormeggio di
tali unità. Che sono (oltre a La Spezia) La Maddalena, Augusta, Taranto,
Livorno, Brindisi, Gaeta, Venezia, Cagliari, Napoli e Trieste.
Naturalmente, il dettagliato documento, che prospetta le misure di
emergenza in caso di "massimo incidente possibile", cioè nell'ipotesi di
"rottura del circuito primario del reattore con perdita di refrigerante,
conseguente fusione del nocciolo e fuoruscita dei prodotti di fissione", è
rivolto esclusivamente ai militari. Secondo L'Agenzia nazionale per la
protezione ambientale (Anpa) e la Protezione civile, tutte le Prefetture
interessate hanno piani d'emergenza contro gli incidenti nucleari.
Possibile, visto che il piano risulta comunicato ai carabinieri, alla
Prefettura e al Comune. Ci piacerebbe vederli, e comunque è plausibile che,
se davvero esistono, non siano aggiornati, visto che il piano militare è
datato ottobre '99 e va a sostituire quello vecchio, risalente al 1974.

Il piano di La Spezia disciplina le manovre di entrata e uscita dal porto e
i posti di ormeggio per sommergibili e navi a propulsione nucleare. E le
procedure da rispettare in caso di incidente, dove, molto singolarmente,
gli ultimi a dover essere informati sono proprio le Prefetture e i Vigili
del fuoco (proprio quelli che dovrebbero mobilitarsi per proteggere i
civili). Gli incidenti possono essere di tre tipi: alfa, se comporti la
contaminazione di un'area non abitata; bravo, se minacci un'area abitata;
charlie, se comporti un pericolo immediato per la popolazione locale e "nel
quale siano coinvolte persone in tale numero che le operazioni di bonifica
o di salvataggio risultino seriamente ostacolate, o in cui dette persone
corrano pericolo di contaminazione". Esiste poi un meccanismo cifrato per
segnalare un eventuale incidente. Per cui un incendio con possibilità di
danni al reattore nucleare sarà indicato con "calore", un sabotaggio con
"congegno", la rottura del circuito primario con conseguente fusione del
nocciolo con "caduto", un incidente di un altro tipo con "comune". E
ancora, con "falce" saranno indicati i morti, con "fievole" i feriti, con
"fulmine" il personale contaminato, con "fuga" il personale da sgomberare e
con "fungo" la dispersione di sostanze radioattive. Ma, da dove
proverrebbero queste unità a propulsione nucleare? Non dall'Italia, che non
ne ha. Di navi nucleari, a parte due rompighiaccio russi e qualche
portaerei, non si ha notizia. Ci sono poi i sommergibili russi,
statunitensi e francesi, che usano uranio arricchito quasi al 90 per cento,
per cui producono una notevole quantità di radiazioni e la cui vita media
(proprio per questo motivo) è di circa trent'anni. Quelli che "bazzicano" i
nostri porti, in particolare La Maddalena (dove viene effettuata la
manutenzione), Napoli e Gaeta (sedi della VI flotta Usa), è inutile dirlo,
sono soprattutto americani. Passano invece navi e sottomarini con armi
nucleari che, a quanto pare, per "rispetto" nei confronti del nostro paese
(non nuclearista), sarebbero "parcheggiati" con le armi disattivate. Anche
se questo non evita i rischi di contaminazione in caso d'incidente.

In questo contesto, la placida La Spezia che incontriamo in questa mattina
di metà inverno, riveste un'importanza strategica dal punto di vista
militare. Così decidiamo di andare a vedere cosa si nasconde dietro
l'apparente calma di una provinciale città di mare.

A San Bartolomeo
Andando verso Lerici, nella zona di San Bartolomeo, in una curva ci si
imbatte in una sbarra guardata a vista dai carabinieri. Dietro ci sono tre
strutture. Innanzitutto il Saclant, una filiale della Nato che non è
indicata in nessuna mappa dell'Alleanza atlantica. Secondo quanto riusciamo
a sapere, il Saclant svolgerebbe non meglio precisate ricerche marine,
anche se in un dossier preparato dalla federazione provinciale di
Rifondazione comunista si parla di "occupazione di aree dello specchio
d'acqua per esigenze militari dello stato italiano e non (ricovero della VI
flotta Usa)". Poi c'è Maricocesco, un ente che fornisce pezzi di ricambio
alle navi. E infine Mariperman, la Commissione permanente per gli
esperimenti sui materiali da guerra, composta da cinquecento persone e
undici istituti (dall'artiglieria, munizioni e missili alle armi
subacquee). Negli stessi locali che furono sede del quartier generale della
decima Mas.

E non finisce qua. Arrivando dal prolungamento di quella via Aurelia che
congiunge La Spezia con la capitale e con il Vaticano, balza agli occhi la
ex fabbrica di carri armati Oto Melara, oggi divisa in tre settori: Oto
Breda, Alenia Marconi systems (settore missilistico) e Alenia Marconi
(divisione navale). Senza contare gli aeroporti militari di Cadimare e
Luni, i poligoni, i depositi militari disseminati nelle zone costiere e
nell'entroterra, i radar sulle colline. Nonché l'oleodotto della Nato che
passa sotto la collina (e il paese) di Vezzano ligure. E la polveriera di
Pitelli, una collina sulla zona orientale del golfo tristemente "famosa"
per le vicende giudiziarie legate a una discarica, e sventrata per far
posto a bunker militari inaccessibili, all'interno dei quali qualcuno
vocifera che vi siano addirittura "dispositivi nucleari". Che farebbero il
paio con le scorie radioattive che, si vocifera sempre, potrebbero essere
sepolte da qualche parte, e le barre di uranio vendute dalla centrale
nucleare di Caorso agli americani. Passeranno per il porto di La Spezia? Ma
questa è un'altra storia. 


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11 Febbraio 2000     

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LA SPEZIA-NUCLEARE PROTESTANO ANCHE WWF E LEGAMBIENTE
Il "pericolo Charlie" approda in parlamento
Verdi e Rifondazione comunista: dove sono i piani per i civili? 
- A. MAS. - ROMA 


L a vicenda dei piani di emergenza contro i rischi di incidente nucleare
arriva nelle aule di Camera e Senato. Mentre dalla Liguria riecheggiano le
prime prese di posizione di forze politiche e associazioni ambientaliste.
Le rivelazioni del manifesto e del Diario della settimana sull'esistenza di
dettagliati piani di emergenza per i militari in 11 porti italiani (in
realtà ci sarebbe anche un dodicesimo porto, quello di Castellamare di
stabia, citato in alcuni documenti del '96, ma la notizia non è
confermata), ha contribuito ad abbattere il velo di quello che era ormai
considerato un segreto di Pulcinella. Costringendo il prefetto della città
di La Spezia, Mario Spano, a indire in fretta e furia una conferenza stampa
per tranquillizzare l'opinione pubblica e confermare la bontà delle
rivelazioni.

Sul fronte politico, si registrano le interpellanze di Rifondazione
comunista (Russo Spena al Senato e De Cesaris alla Camera) e
l'interrogazione parlamentare dei deputati verdi Paolo Galletti, Paolo
Cento, Giorgio Gardiol e Lino De Benetti. "Poiché, visti i risultati del
referendum dell'86, gli eventuali incidenti potrebbero essere causati
soltanto da mezzi a propulsione nucleare stranieri o che comunque
trasportano armi nucleari non italiane - si legge nell'interrogazione dei
Verdi - chiediamo al governo uno stop immediato all'uso dei porti italiani
per pratiche che metterebbero a grave rischio la salute di intere
popolazioni". "La non esistenza di un piano di emergenza per la popolazione
civile la si desume anche dalle dichiarazioni rilasciate dal prefetto di La
Spezia, secondo il quale la Protezione civile sta elaborando un piano
parallelo per la popolazione civile, avvalendosi degli esperti dell'Anpa
(Agenzia nazionale per la protezione ambientale)", è scritto
nell'interpellanza di De Cesaris, Mantovani, Nardini, Cangemi e Valpiana (Rc).

"E' bene che il governo chiarisca presto e sino in fondo il ruolo del porto
di La Spezia come base militare navale nucleare non solo per quanto
riguarda gli aspetti legati alla sicurezza dei cittadini, ma soprattutto
per gli aspetti ambientali", chiedono Wwf e Legambiente della Liguria.
Mentre il locale segretario di Rifondazione, Aldo Lombardi, rivendica: "Le
ammissioni del prefetto dimostrano la fondatezza delle cose che
denunciavamo. Ora la linea è quella di minimizzare, ma i rischi restano". E
per la settimana prossime sono annunciate iniziative di protesta.

Il prefetto di La Spezia intanto ha cercato di gettre acqua sul fuoco,
dicendo che "il piano predisposto dalla Marina militare sarebbe sufficiente
a tutelare anche la popolazione civile". Anche se, nel frontespizio del
piano in nostro possesso, si specifica che esso va ad "integrare" le misure
di competenza delle autorità civili. Il prefetto ha poi detto che "la
Protezione civile sta elaborando un piano parallelo per la popolazione
civile, avvalendosi degli esperti dell'Anpa, anche in considerazione del
fatto che i tempi per l'arrivo della flotta Nato non sono imminenti". Ma
l'arrivo delle navi a propulsione nucleare è disciplinato dal '74, e di
piani e di esercitazioni per i civili non si è mai sentito parlare. Di
trasparenza, fino a ieri, nemmeno a parlarne.

L'ultimo ormeggio nel porto spezzino di un sottomarino nucleare
statunitense risale alla fine di novembre del '99. Anche allora, il piano
d'emergenza per i civili era in "lavorazione". Quello per i militari,
invece, era stato ultimato un mese prima. 


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