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approfondimento su Seattle: chi governa il mondo?
- Subject: approfondimento su Seattle: chi governa il mondo?
- From: Alessandro Marescotti <kfqma at tin.it>
- Date: Wed, 12 Jan 2000 12:21:32 +0100
Chi governa il mondo? Seattle e’ un banco di prova Di Alessandro Gimona, Peacelink e-mail: ag0648 at mluri.sari.ac.uk La democrazia nel mondo e’ in difficolta’. Il modello di stato, emerso dalla pace di Westfalia, e reso democratico dalle idee illuministe, e' messo in profonda crisi dalla globalizzazione. Gli stati nazionali sono sempre meno entita' delimitate dal punto di vista politico. Di conseguenza, i concetti di 'demos', cittadinanza, autogoverno, consenso, rappresentazione, sovranita' popolare sono rimessi in discussione dal fatto che attivita' politiche ed economiche si fanno sempre piu' interconnesse a livello globale. Nella transizione verso un diverso ordine mondiale, i protagonisti sono, schematicamente, le lobby economico-finanziarie, i governi ( e specialmente i governi del primo mondo), e la societa' civile, organizzata ma frammentata in una miriade di forme. I negoziati della WTO a Seatlle sono un esempio di come il confronto proceda. Le lobby economico-finanziarie hanno come obiettivo lo smantellamento di ogni forma di "ingerenza" che sia d'ostacolo alla competitivita’, cioe' al profitto degli azionisti. Molte compagnie transnazionali (CTN), sono abbastanza potenti da influenzare il pattern del commercio globale, i flussi tecnologici e l'occupazione [1]. Sono anche abbastanza potenti da influenzare i governi. In una parola, agiscono in modo paragonabile a stati, ma non sono responsabili verso governi o cittadini e non vi e’ un effettivo meccanismo di retroazione riguardo ai loro comportamenti. Organismi che in teoria avrebbero la funziuone di mediare e regolamentazione (come FMI, Banca Mondiale, WTO), finiscono per essere uno strumento fortemente influenzato dalle lobby, grazie alle collusioni tra governi e mondo economico. Questi organismi sono parte di quello che il Financial Times ha definito “governo mondiale de facto”. Uno dei nodi centrali del conflitto tra democrazia territoriale e attivita' delle CTN e' il Foreign Directed Investment (FDI) cioe' gli investimenti in paesi stranieri, che implicano la produzione di beni e servizi in paesi diversi da quello di origine. Per ora, FDI e' un fenomeno relativamente limitato a paesi del primo mondo, ma e' destinato a crescere con l'espansione verso paesi in via di sviluppo. La posizione, dei sostenitori del “libero mercato”, fatta propria dal GATT, e' che le condizioni in cui gli investitori operano in ogni paese debbono essere non discriminatorie. Tradotto in pratica, questo significa che, se la legislazione di un paese e' troppo stringente, per esempio in materia di condizioni di lavoro, legislazione ambientale, protezione della salute, le leggi possono essere dichiarate GATT-illegali e lo stato in questione deve cambiarle, pena sanzioni. Veniamo ai negoziati di Seattle e alla WTO. Che i negoziati governativi saranno fortemente influenzati dalle lobby e' stato ammesso anche dall' ex-presidente del GATT, Arthur Dunkel. Per esempio, la Boeing, per cui la posta in gioco e' alta, ha donato 250.000 dollari per l'incontro ministeriale. Sempre la Boeing ha ottenuto cinque posti ad un pranzo che le da' accesso ai ministri commerciali dei paesi chiave. La Monsanto, che spera di vedere approvata la brevettabilita' del materiale biologico, e' pure in ottima posizione. Il suo presidente, Robert Chapiro, guida il comitato di consulenza al Presidente (USA) per la politica commerciale. Il rapporto incestuoso tra governo USA e Monsanto e' ulteriormente esemplificato dal fatto che Mickey Cantor, che era rappresentante del governo durante l'Uruguay round del GATT, fa ora parte del consiglio di amministrazione della compagnia bio-tecnologica. Il carattere burocratico e profondamente anti-democratico della WTO, sottratto ad un effettivo controllo e negoziazione da parte di tutti coloro che hanno qualcosa in gioco, puo' essere compreso considerando alcuni punti principali: Il principio precauzionale e' ignorato dalle procedure Le udienze non sono pubbliche, e la 'giuria' e formata da un comitato di tre esperti commerciali Non c'e' spazio per la presentazione di punti di vista alternativi, per esempio da parte di ONG. I documenti non sono accessibili ed il voto e' segreto. La mancanza di controllo democratico su questa istituzione e' tanto piu' preoccupante quanto piu' si pensa alla sua potenziale influenza sull'economia, la societa' e l’ambiente a livello globale. Obiettivi specifici a parte, se lo spirito attuale della WTO prevale, e' plausibile aspettarsi che questa promuovera' l'eliminazione di una parte della esistente legislazione ambientale, sociale, e a tutela della salute e ostacolera' la ulteriore formazione di tale legislazione, specialmente in paesi in via di sviluppo. Per esempio, legislazione che sia tesa a promuovere prodotti e pratiche piu' compatibili con l'ambiente, compresa la etichettatura di prodotti, come quelli modificati geneticamente, potrebbe essere dichiarata GATT-illegale, con ovvie conseguenze sulla politica ambientale e di prevenzione sanitaria. Qualche esempio attesta che queste non siano fantasie. Il Clean Air Act, dell' EPA (agenzia di protezione ambientale US) ha dovuto essere modificato, cioe' reso piu' permissivo, perche' dichiarato GATT-illegale dalla WTO. (Che le conseguenze di questo atto sulla salute pubblica saranno studiate dagli epidemiologi, e' di scarso conforto). Sempre la WTO ha gia decretato che Il Marine Mammal Protection Act, negli USA, non puo' proteggere delfini se interferisce con la pesca del Tonno. Infine, la dichiarazione di illegalita' del bando della carne americana agli ormoni, imposto dalla UE, tenta di imporre standard sanitari che i suoi cittadini e i loro rappresentanti considerano inadeguati. Il tutto dietro porte chiuse. Questi sono solo piccoli esempi di come Il governo mondiale de facto stia esercitando un' autorita' che una gran parte dei cittadini del pianeta non gli ha delegato. La globalizzazione, dunque, determina una crescente separazione dell' economia dalla politica, ridotta al ruolo di management, e comporta l'esclusione di coloro che non hanno influenza ed accesso ai centri del potere . Nel futuro prossimo, potrebbe consolidarsi un ordine mondiale in cui il libero mercato prevalga, in cui gli stati abbiano come obbiettivo predominante la competitivita' e in cui la societa’ civile sia relegata a spettatrice. Cio’ avrebbe come conseguenza prevedibile la ulteriore polarizzazione delle societa' in vincenti e perdenti, elite ed esclusi. Anche se il contesto e' diverso, non sarebbe la prima volta che il pendolo della storia oscilla tra la mancanza di controllo sociale sull' economia, e la (ri-)imposizione di regole sulle condizioni di lavoro, diritti sindacali, stato sociale, da parte della societa' civile. Gia’ negli anni '40 , Polanyi [2] riconobbe nello svincolo dell'economia dalla societa' una delle cause della decadenza dei valori umani e democratici nell' Europa degli anni '30. Rappresentazione e consenso, dunque, debbono essere adeguatamente discussi, e rinegoziati prima di incamminarsi su questo sentiero, che polarizza I rapporti all’ interno delle societa’ e marginalizza i Paesi in Via di Sviluppo. S.M. Gobal, coordinatore del gruppo indiano National Alliance for People's Movement (http://www.foil.org/politics/napm) sostiene che " FMI, Banca Mondiale, WTO subiscono la pressione delle compagnie trasnazionali e stanno ostacolando lo sviluppo per cui ci battiamo". Per il futuro prossimo, Il rimedio non puo' che essere la riconduzione dell'economia verso la sfera politica e democratica, con un ampiamento della base decisionale. Un passo fondamentale per raggiungere tali obbiettivi e’ la riforma di tutti gli organismi del governo de facto (per esempio Banca mondiale, WTO, FMI) per renderli trasparenti e democratici, e la promozione della partecipazione di tutti i settori delle societa’ nel guidare (e limitare, quando e’ il caso) il processo di globalizzazione. Centrale, per questo progetto, e’ la riforma in senso democratico delle Nazioni Unite. A questo proposito, un documento molto interessante, che articola un progetto di riforma, e’ “Our global Neighborhood”, della “Commission On Global Governance” [3] . La Commissione propone, tra l’altro, la creazione di una Assemblea dei Popoli e di un Forum per la Societa Civile [globale], da associarsi all’ Assemblea Generale, e dell’ istituzione del diritto di petizione da parte di ONG e individui. Per il presente, la sospensione dei negoziati di Seattle, e' un obbiettivo forse non realistico, ma certamente simbolico. Quasi 1200 organizzazioni di 87 paesi sono coinvolte in forme di protesta contro i negoziati [4], ed e' molto probabile che a Seattle i dimostranti siano molti piu' numerosi dei delegati. Questo dovrebbe mandare un segnale ai futuri candidati presidenziali in US. E' pero' necessario che un forte messaggio sia mandato anche dalla societa' civile italiana al suo governo, riguardo a Seattle e alle posizioni future. Senza forti meccanismi che controbilancino il potere del capitalismo globale, la democrazia mondiale rimane una fragile utopia. [1] Per esempio, la General Motors ha un giro d’affari paragonabile al PIL della Finlandia [2] l'Origine Politica ed Economica del Nostro Tempo [3] puo’ essere prelevato a http://www.cgg.ch [4] vedi http://www.n30.org, per iniziative in corso, con documenti anche in Italiano.
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