[Date Prev][Date Next][Thread Prev][Thread Next][Date Index][Thread Index]

Xucuru, guerrieri della pace



"Xucuru, guerrieri della pace"
Terra e diritti per gli indios del Pernambuco, Nordest del Brasile.
Intervista a Marcos Luidson de Araujo, cacique Xucuru.
di Cristiano Colombi (Associazione SAL)


Lungo le strade di Recife, colorata dai cartelloni pubblicitari della Tim e
della CocaCola, decine di paia di piedi nudi battono l'asfalto. Tra il
chiasso dei clacson, si distingue chiaramente il fruscio delle palme secche
di cocco. Mani, volti, colori, canti dall'interno dello Stato di Pernambuco
giungono fino alla capitale per rivendicare un'altra verità.

"La storia delle violenze inizia 500 anni fa, parte da lì. Al tempo della
conquista, gli Xucuru erano un popolo guerriero rifugiato nella foresta di
Pesqueira, a 200 km da Recife. Perseguitati a causa della propria cultura,
per i propri riti religiosi, abbiamo mantenuto le nostre tradizioni di
nascosto, nascondendo anche la nostra identità. Ciò non è avvenuto senza
costi: abbiamo perso la nostra lingua e abbiamo subito l'oppressione."

Parla Marcos, 24 anni, cacique - l'autorità politica indigena - del popolo
Xucuru nel Nord Est del Brasile. La lotta indigena in questa regione è una
lunga battaglia per la terra, contro violenze e intimidazioni continue da
parte dell'oligarchia terriera, troppo spesso taciute all'opinione pubblica
internazionale. Per questo abbiamo scelto di diffondere questa
testimonianza in prossimità del 12 ottobre, ricorrenza della
scoperta/conquista del continente americano.

"Trenta anni fa la situazione inizia a cambiare con le prime
rivendicazioni. Fu mio padre a battersi per primo con la prospettiva di
recuperare il territorio indigeno, ora di proprietà dei fazendeiros, come
sancito dalla Costituzione brasiliana del 1988. Gli Xucuru allora
iniziarono a riunire il loro popolo, in gran parte disperso e non più
identificato. La FUNAI allora censiva solamente 1000 indios in 4 aldeias
(villaggi) e aveva il progetto di spostare il popolo all'interno di una
riserva. Ma noi ci siamo battuti per riprendere possesso del nostro
territorio originario, nella Serra do Ororubà."

Marcos, a che punto è il processo di recupero del territorio?
"Attualmente il territorio Xucuru è identificato, delimitato, omologato e
ne occupiamo ormai il 40%. Dei 281 fazendeiros, 90 sono stati già espulsi o
rimborsati. Ma 7 di loro sono familiari dell'ex vice-governatore dello
Stato e si stanno opponendo con ogni mezzo al riconoscimento dei nostri
diritti. Così è iniziata la storia recente degli assassini e delle minacce
di morte contro i nostri dirigenti: José Everaldo Bispo nel 1992, Geraldo
Rolim nel 1995, mio padre cacique Xicão nel 1998, Chico Quelé nel 2001,
fino al 7 Febbraio di quest'anno, quando in una imboscata per colpire me e
mia madre sono stati uccisi altri due compagni."

È una sequenza impressionante. Qual è il ruolo delle istituzioni in tutto
questo, intendiamo della polizia e della magistratura?
"Non abbiamo molta fiducia. Ci sono complicità molto forti, anche se
sappiamo che la legge sta dalla nostra parte. Ad esempio, nel 1998 la
versione della Polizia Federale sull'assassinio di mio padre considerava
tre ipotesi: una disputa interna al popolo indigeno per il potere; un
delitto di gelosia da parte di mia madre; solo come ultima possibilità i
fazendeiros. Mia madre dovette fuggire varie volte per non essere arrestata
dalla polizia.
Nel 2001 i procuratori accusarono due indigeni della morte di Chico Quelé.
La motivazione era che il leader indigeno voleva denunciare una sottrazione
di denaro destinato a progetti dell'UNICEF e del CIMI (il Consiglio
Indigenista Missionario che ha accompagnato sin dall'inizio la lotta degli
indigeni del Nord Est). Presentammo tutti i documenti necessari per
dimostrare che ciò era una ulteriore calunnia, ma il pubblico ministero
incarcerò ugualmente i due indigeni, tra cui il vice-cacique. Continuammo
la nostra battaglia giudiziaria lungo tutti i gradi del processo, fino ad
arrivare alla Corte Suprema, anche con l'aiuto di Amnesty International. E
alla fine scarcerarono i nostri compagni.

Dopo l'aggressione che hai subito ti senti ancora in pericolo? Ci sono
possibilità di ottenere giustizia in Tribunale?
"Sono cacique dal 2000 e sono ora indicato come persona violenta ed
estremamente pericolosa perché difendo gli interessi del mio popolo e i
suoi diritti. Sono trattato come un bandito e perseguitato dalla polizia
federale e dai giudici. La versione dell'agguato di Febbraio data dalla
polizia parla di 'conflitto tra indigeni', che è solo un modo per
perpetuare l'impunità del vero assassino e per accusare invece le vittime."
Lo scorso 26 Agosto, alla vigilia dell'udienza della difesa, oltre 200
indios Xucuru hanno marciato pacificamente per le strade di Recife,
chiedendo il rispetto della verità da parte della giustizia. Molte persone
si sono unite al corteo e i giornali locali hanno pubblicato la notizia il
giorno successivo. Durante l'udienza del 27 Agosto degli 11 testimoni della
difesa erano presenti solo 4, che più volte sono caduti in contraddizione.
"Sono venuto a sapere che in passato due sicari erano venuti da S.Paolo per
uccidermi. Avevano 8 giorni di tempo e avvicinarono una compagna indigena
per avere informazioni. I mandanti erano i fazendeiros. In questa
situazione non ci sentiamo protetti dalla polizia, non abbiamo fiducia
nello Stato. Ogni volta al ritorno all'aldeia non so che cosa può
aspettarmi."

Qual è adesso il vostro principale obiettivo, l'esigenza più importante per
il popolo Xucuru?
"Lottiamo per i diritti umani, soprattutto per una educazione
differenziata. È difficile impiantare una scuola che risponda alla realtà
degli indios. E che trasmetta i nostri valori, che conservi le nostre
tradizioni, per affrontare i problemi attuali. Vogliamo formare guerriere e
guerrieri critici, vogliamo trasmettere loro il rispetto per la natura, per
la terra, le pietre, l'acqua.
"Ma la scuola indigena ha mille difficoltà. Mancano le risorse, come la
merenda per i bambini, l'acqua. Mancano i salari per il trasporto scolare e
anche per i professori indigeni. A volte è solo un problema burocratico,
che viene trascurato nell'indifferenza dell'amministrazione pubblica."

Cosa intendi quando parli di guerrieri e che significato può avere adesso?
"L'indio Xucuru è sempre stato guerriero, ma non nel senso comune del
termine. Per noi essere guerrieri significa affrontare le sfide del
presente apprendendo dalla nostra storia, dalla storia dei nostri antenati.
Significa rispettare le tradizioni, la natura e gli anziani. Significa
affrontare la persecuzione del nostro popolo, portando avanti le nostre
giuste rivendicazioni. Per questo diciamo: guerrieri critici per i propri
diritti"

Cosa c'è nei vostri progetti futuri?
"Il futuro ci dice che non è tempo di fermarsi, che abbiamo con noi la
forza dello spirito. Ora il popolo crede nella liberazione del proprio
territorio, è convinto che i suoi progetti siano possibili. È cosciente
della necessità di unire gli indios anche a livello nazionale, per
convincere il governo ad assumere una politica a favore dei popoli indigeni
del Brasile.
"Non lottiamo più da soli, né per noi stessi. In questo modo ci stiamo
avvicinando anche alla politica locale. Nelle prossime elezioni cercheremo
di avere dei consiglieri municipali. Sta aumentando la nostra coscienza, la
convinzione di poter portare come indigeni dei miglioramenti per l'intera
società."

E a livello concreto, come vi state organizzando nei territori recuperati?
Come affrontate il problema dello sviluppo economico nelle vostre terre?
"Le terre sono molto fertili, ma l'attività dei latifondisti rende
difficile lo sviluppo delle nostre attività. Infatti il grande interesse
dei fazendeiros è l'allevamento e per questo hanno bisogno di grandi
estensioni di terreno disboscato. Invece noi vogliamo coltivare la terra
nel rispetto della natura: nella nostra cultura la terra è la madre ed è
impensabile il suo sfruttamento. Insieme al CIMI stiamo pensando di
sviluppare l'agricoltura organica e sostenibile, che qui chiamiamo
'agroforesta'. Un esempio è il rimboschimento con alberi da frutta. Ora
stiamo progettando l'attività, dalla produzione alla commercializzazione,
alla ricerca di risorse economiche. Inoltre abbiamo costituito
un'associazione rurale che può amministrare direttamente il progetto. E
finora non abbiamo ricevuto nessun appoggio da parte del governo."

Per un giorno abbiamo camminato per le stesse strade e abbiamo gridato le
stesse parole. Al nostro ritorno in Europa vogliamo portare un messaggio da
parte vostra.
"Ecco cosa vogliamo dire ai vostri compagni e amici italiani, alla vostra
società: che non bisogna mai sottrarsi alle difficoltà di ogni giorno, ma
lottare sempre per i propri ideali, perché le difficoltà saranno sempre
minori. So che ci sono anche da voi molte persone escluse, che continuano
ad andare avanti per cambiare, che lottano come noi 'per una terra senza
mali'.
"Volgiamo rivolgerci anche ai governanti, che guardino queste minoranze
escluse. Che possano aiutare il popolo brasiliano, soprattutto per
combattere le persecuzioni, per sostenere la redistribuzione delle terre,
le rivendicazioni degli indios, ma anche di tutte le altre forze sociali.
Dobbiamo mutare questa situazione di ingiustizia e per fare questo abbiamo
bisogno dell'aiuto di altri paesi. Vogliamo incontrarli e parlargli della
nostra situazione di popoli del Nord Est del Brasile, che soffrono a causa
del capitalismo.
Speriamo che il popolo avanzi.
Avanzeremo!"