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R: Lettera appello dal Chiapas
I Laici Comboniani di Palermo avendo visto di persona la situazione in
Chiapas, aderiscono pienamente all'appello di Raimundo del Centro Don Bosco
di San Cristóbal de Las Casas
----- Original Message -----
From: <annamaria.pontoglio@it.abb.com>
To: <latina@peacelink.it>
Sent: Tuesday, November 12, 2002 5:37 PM
Subject: Lettera appello dal Chiapas
> Riceviamo da Raimundo del Centro Don Bosco di San Cristóbal de Las Casas,
> un appello accorato all'indirizzo del nuovo vescovo di San Cristóbal
> affinché ritiri il suo avvallo allo sgombero del Centro Don Bosco, appello
> al quale si chiede l'adesione a livello nazionale ed internazionale.
>
> Stiamo raccogliendo le adesioni che chiediamo di inviare ad uno dei
> seguenti indirizzi e-mail:
> maribel@uninetcom.it
> maribel@lombardiacom.it
> annamaria.pontoglio@it.abb.com
>
> Grazie.
> Cordialmente.
> Annamaria Pontoglio
> Comitato Chiapas "Maribel" di Bergamo
> --------------------------------------------------------
>
> MONS. FELIPE ARIZMENDI ESQUIVEL
> Vescovo della Diocesi di San Cristóbal de Las Casas
>
> Egregio Sr. Vescovo.
>
> Noi, persone e organizzazioni civili firmatarie, ci rivolgiamo a Lei per
> manifestarLe la nostra preoccupazione di fronte al rischio che il progetto
> del Centro Indigeno per la Formazione Integrale "Fray Bartolomé de Las
> Casas" A.C. (CIDECI - LAS CASAS) sparisca e quando questo succederà, si
> sommerà all'interminabile catena di ingiustizie commesse contro i popoli
> indigeni, ai quali questa istituzione si è dedicata.
>
> Siamo a conoscenza degli accordi sulla fiducia sottoscritti da parte del
> CIDECI con i proprietari del terreno. Ciò che ci sorprende più di tutto, è
> che si passi sopra a tutto ciò che è stato il CIDECI, che con l'appoggio
di
> molteplici organizzazioni solidali nazionali e internazionali, con le
quali
> ha costruito e sostenuto la infrastruttura necessaria per offrire ai
> giovani indigeni ed ai settori emarginati la possibilità di una formazione
> tecnica e umanistica per poter affrontare degnamente il loro futuro e
> quello delle loro comunità. Adesso i proprietari del terreno sollecitano
ai
> responsabili del CIDECI lo sgombero e l'abbando di quanto hanno edificato,
> senza tener cono dell'accordo stipulato sulla fiducia e quindi senza alcun
> rimborso che permetta al progetto di continuare la sua missione e i suoi
> propositi che, senza alcun dubbio, sono profondamente evangelici.
>
> Ci provoca sconforto l'eventualità che questa richiesta dei proprietari
del
> terreno, in fondo, stia favorendo la comparsa di un progetto che ha reso
> possibile una vita più giusta per i popoli indigeni, di un progetto che è
> stato una opzione concreta per la quale i membri del CIDECI sono stati
> perseguitati e minacciati da elementi dichiarati e non dello Stato che non
> sono d'accordo nel riconoscere dignità e diritti ai popoli indigeni.
>
> Si tratta di uno sgombero senza alcuna contropartita che dia la
possibilità
> al CIDECI di continuare a portare avanti i compiti che si è prefissato con
> lo spirito che sempre lo ha animato. Ovviamente questo sgombero non si può
> risolvere con la donazione di un altro terreno perché l' enorme sforzo che
> è costato costruire questo Centro innovatore ha un valore ben superiore.
>
> Ci provoca, inoltre, una gran tristezza sapere che questa iniziativa è
> stata avallata da Lei. Questo ci ha fatto venire in mente le Sue parole
> quando è stato nominato a capo di questa Diocesi. Lei ci ha fatto la
> generosa promessa di dedicare i suoi sforzi a favore del miglioramento e
> della continuità dei compiti diocesani. Lei ha detto: "Non sono venuto a
> distruggere nulla".
>
> Per questo, per valutare ciò che non si deve perdere, è giusto ricordare
> che, in 12 anni, questo Centro Indigeno che adesso si vuole smantellare
per
> trasformarlo in un collegio, ha preparato 4.635 donne e 9.081 uomini, in
> totale sono stati 13.716 i fratelli e le sorelle indigeni preparati in 12
> anni. In media 1.143 all'anno.
>
> Oggi, grazie a questo degno Centro Indigeno e grazie alla preparazione di
> questi 13.716 fratelli e sorelle indigeni, sono stati 774 i progetti
> comunitari realizzati nello stato del Chiapas: 262 progetti agropecuari,
> 367 progetti di attività produttive non agricole, 145 progetti di
> infrastruttura (relativi all'acqua, sistemi di irrigazione, sale multiuso,
> aule, ecc.), come si può rilevare dal curriculum generale e dai rapporti
> pubblicati dal Cideci.
>
> Ma c'è anche qualcosa d'altro di molto importante. Attualmente, questo
> Centro Indigeno continua a funzionare preparando centinaia di sorelle e
> fratelli indigeni. A tutt'oggi come pure nel passato, questi uomini, donne
> e giovani hanno costruito qualcosa di più che gli edifici del Cideci,
hanno
> costruito dei percorsi verso la giustizia e la pace. Lungo questi anni,
> questo Centro Indigeno è stato qualcosa di più che un centro di
> preparazione, è stato un impegno verso la giustizia e la pace. Non la pace
> intesa come tempo senza guerra e carico di miseria, ma una vera pace,
> quella che si costruisce con giustizia e senza esclusioni, con amore verso
> i più deboli e bisognosi, con rispetto, fraternità e genuina solidarietà.
>
> Questo Centro Indigeno ha contribuito in modo fondamentale ai dialoghi di
> San Andrés. Con tutta umiltà facciamo presente che questo Centro Indigeno
> si è incaricato della logistica affinché i due protagonisti del conflitto
> potessero sedersi al tavolo del dialogo con le adeguate condizioni di
> sicurezza. Grazie a questo Centro Indigeno, un'istanza di mediazione e una
> di coadiuvanza si sono trovate nelle condizioni di poter sviluppare il
loro
> importante lavoro durante i dialoghi di San Andrés. Grazie al silenzioso
ed
> efficace coordinamento di questo Centro Indigeno, migliaia di persone,
> indigeni e non, hanno potuto effettuare cordoni di pace permanenti nei
> giorni e nelle fredde notti durante il processo del dialogo. Si è reso
> responsabile pure dell'alimentazione di migliaia e migliaia di sorelle e
> fratelli indigeni durante i dialoghi di San Andrés.
>
> Noi abbiamo seguito da vicino il lavoro e la generosità del CIDECI e con
> molte altre persone e organizzazioni che in Messico e in altri paesi lo
> hanno conosciuto, apprezzato ed appoggiato, non possiamo accettare questa
> richiesta di sgombero come legittima, ma ci sentiamo obbligati a
> denunciarlo come un atto ingiusto, motivato da interessi privati che,
> ancora una volta, come tante altre, colpirà i più poveri togliendo loro
ciò
> che laboriosamente hanno costruito: la speranza di un sano benessere, uno
> spirito di rispetto, un percorso di pace e di lavoro.
>
> Come sarà interpretata questa azione? Che penseranno le centinaia di
> comunità indigene, in cui vivono le migliaia di sorelle e fratelli che
sono
> passati dal CIDECI e nel quale si sono formati? Che penseranno i fratelli
e
> le sorelle indigeni che attualmente si stanno preparando con la speranza
di
> camminare lungo sentieri di vita?
>
> Signor Vescovo, ciò che questo Centro Indigeno è e ciò che simbolizza, non
> è esclusivo di nessuno, non appartiene a noi e nemmeno alla Diocesi che
Lei
> presiede, di fatto non è nemmeno di proprietà dello stesso Cideci. Questo
> Centro Indigeno appartiene a tutti noi: a Lei, alla Diocesi, alla società
> civile, indigena e non indigena, insomma a tutti noi che lavoriamo per la
> giustizia, a tutti noi che costruiamo cammini di pace.
>
> Signor Vescovo, non stiamo chiedendo che si rispetti un contratto; stiamo
> chiedendo che si dia seguito ad un precetto a cui Lei stesso si richiama e
> continua a richiamarsi: la giustizia.
>
> Il progetto di sgombero del CIDECI, rappresenta un oltraggio etico e
> morale. Rappresenta una lampante ingiustizia.
>
> È giustizia ciò che chiediamo. Semplicemente in tutta la sua complessità.
> Rispettosamente Le chiediamo di intervenire per impedire che questa
> inaccettabile ingiustizia diventi realtà.
>
> Distintamente.
> ........................
>
>