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Lettera appello dal Chiapas
Riceviamo da Raimundo del Centro Don Bosco di San Cristóbal de Las Casas,
un appello accorato all'indirizzo del nuovo vescovo di San Cristóbal
affinché ritiri il suo avvallo allo sgombero del Centro Don Bosco, appello
al quale si chiede l'adesione a livello nazionale ed internazionale.
Stiamo raccogliendo le adesioni che chiediamo di inviare ad uno dei
seguenti indirizzi e-mail:
maribel@uninetcom.it
maribel@lombardiacom.it
annamaria.pontoglio@it.abb.com
Grazie.
Cordialmente.
Annamaria Pontoglio
Comitato Chiapas "Maribel" di Bergamo
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MONS. FELIPE ARIZMENDI ESQUIVEL
Vescovo della Diocesi di San Cristóbal de Las Casas
Egregio Sr. Vescovo.
Noi, persone e organizzazioni civili firmatarie, ci rivolgiamo a Lei per
manifestarLe la nostra preoccupazione di fronte al rischio che il progetto
del Centro Indigeno per la Formazione Integrale "Fray Bartolomé de Las
Casas" A.C. (CIDECI - LAS CASAS) sparisca e quando questo succederà, si
sommerà all'interminabile catena di ingiustizie commesse contro i popoli
indigeni, ai quali questa istituzione si è dedicata.
Siamo a conoscenza degli accordi sulla fiducia sottoscritti da parte del
CIDECI con i proprietari del terreno. Ciò che ci sorprende più di tutto, è
che si passi sopra a tutto ciò che è stato il CIDECI, che con l'appoggio di
molteplici organizzazioni solidali nazionali e internazionali, con le quali
ha costruito e sostenuto la infrastruttura necessaria per offrire ai
giovani indigeni ed ai settori emarginati la possibilità di una formazione
tecnica e umanistica per poter affrontare degnamente il loro futuro e
quello delle loro comunità. Adesso i proprietari del terreno sollecitano ai
responsabili del CIDECI lo sgombero e l'abbando di quanto hanno edificato,
senza tener cono dell'accordo stipulato sulla fiducia e quindi senza alcun
rimborso che permetta al progetto di continuare la sua missione e i suoi
propositi che, senza alcun dubbio, sono profondamente evangelici.
Ci provoca sconforto l'eventualità che questa richiesta dei proprietari del
terreno, in fondo, stia favorendo la comparsa di un progetto che ha reso
possibile una vita più giusta per i popoli indigeni, di un progetto che è
stato una opzione concreta per la quale i membri del CIDECI sono stati
perseguitati e minacciati da elementi dichiarati e non dello Stato che non
sono d'accordo nel riconoscere dignità e diritti ai popoli indigeni.
Si tratta di uno sgombero senza alcuna contropartita che dia la possibilità
al CIDECI di continuare a portare avanti i compiti che si è prefissato con
lo spirito che sempre lo ha animato. Ovviamente questo sgombero non si può
risolvere con la donazione di un altro terreno perché l' enorme sforzo che
è costato costruire questo Centro innovatore ha un valore ben superiore.
Ci provoca, inoltre, una gran tristezza sapere che questa iniziativa è
stata avallata da Lei. Questo ci ha fatto venire in mente le Sue parole
quando è stato nominato a capo di questa Diocesi. Lei ci ha fatto la
generosa promessa di dedicare i suoi sforzi a favore del miglioramento e
della continuità dei compiti diocesani. Lei ha detto: "Non sono venuto a
distruggere nulla".
Per questo, per valutare ciò che non si deve perdere, è giusto ricordare
che, in 12 anni, questo Centro Indigeno che adesso si vuole smantellare per
trasformarlo in un collegio, ha preparato 4.635 donne e 9.081 uomini, in
totale sono stati 13.716 i fratelli e le sorelle indigeni preparati in 12
anni. In media 1.143 all'anno.
Oggi, grazie a questo degno Centro Indigeno e grazie alla preparazione di
questi 13.716 fratelli e sorelle indigeni, sono stati 774 i progetti
comunitari realizzati nello stato del Chiapas: 262 progetti agropecuari,
367 progetti di attività produttive non agricole, 145 progetti di
infrastruttura (relativi all'acqua, sistemi di irrigazione, sale multiuso,
aule, ecc.), come si può rilevare dal curriculum generale e dai rapporti
pubblicati dal Cideci.
Ma c'è anche qualcosa d'altro di molto importante. Attualmente, questo
Centro Indigeno continua a funzionare preparando centinaia di sorelle e
fratelli indigeni. A tutt'oggi come pure nel passato, questi uomini, donne
e giovani hanno costruito qualcosa di più che gli edifici del Cideci, hanno
costruito dei percorsi verso la giustizia e la pace. Lungo questi anni,
questo Centro Indigeno è stato qualcosa di più che un centro di
preparazione, è stato un impegno verso la giustizia e la pace. Non la pace
intesa come tempo senza guerra e carico di miseria, ma una vera pace,
quella che si costruisce con giustizia e senza esclusioni, con amore verso
i più deboli e bisognosi, con rispetto, fraternità e genuina solidarietà.
Questo Centro Indigeno ha contribuito in modo fondamentale ai dialoghi di
San Andrés. Con tutta umiltà facciamo presente che questo Centro Indigeno
si è incaricato della logistica affinché i due protagonisti del conflitto
potessero sedersi al tavolo del dialogo con le adeguate condizioni di
sicurezza. Grazie a questo Centro Indigeno, un'istanza di mediazione e una
di coadiuvanza si sono trovate nelle condizioni di poter sviluppare il loro
importante lavoro durante i dialoghi di San Andrés. Grazie al silenzioso ed
efficace coordinamento di questo Centro Indigeno, migliaia di persone,
indigeni e non, hanno potuto effettuare cordoni di pace permanenti nei
giorni e nelle fredde notti durante il processo del dialogo. Si è reso
responsabile pure dell'alimentazione di migliaia e migliaia di sorelle e
fratelli indigeni durante i dialoghi di San Andrés.
Noi abbiamo seguito da vicino il lavoro e la generosità del CIDECI e con
molte altre persone e organizzazioni che in Messico e in altri paesi lo
hanno conosciuto, apprezzato ed appoggiato, non possiamo accettare questa
richiesta di sgombero come legittima, ma ci sentiamo obbligati a
denunciarlo come un atto ingiusto, motivato da interessi privati che,
ancora una volta, come tante altre, colpirà i più poveri togliendo loro ciò
che laboriosamente hanno costruito: la speranza di un sano benessere, uno
spirito di rispetto, un percorso di pace e di lavoro.
Come sarà interpretata questa azione? Che penseranno le centinaia di
comunità indigene, in cui vivono le migliaia di sorelle e fratelli che sono
passati dal CIDECI e nel quale si sono formati? Che penseranno i fratelli e
le sorelle indigeni che attualmente si stanno preparando con la speranza di
camminare lungo sentieri di vita?
Signor Vescovo, ciò che questo Centro Indigeno è e ciò che simbolizza, non
è esclusivo di nessuno, non appartiene a noi e nemmeno alla Diocesi che Lei
presiede, di fatto non è nemmeno di proprietà dello stesso Cideci. Questo
Centro Indigeno appartiene a tutti noi: a Lei, alla Diocesi, alla società
civile, indigena e non indigena, insomma a tutti noi che lavoriamo per la
giustizia, a tutti noi che costruiamo cammini di pace.
Signor Vescovo, non stiamo chiedendo che si rispetti un contratto; stiamo
chiedendo che si dia seguito ad un precetto a cui Lei stesso si richiama e
continua a richiamarsi: la giustizia.
Il progetto di sgombero del CIDECI, rappresenta un oltraggio etico e
morale. Rappresenta una lampante ingiustizia.
È giustizia ciò che chiediamo. Semplicemente in tutta la sua complessità.
Rispettosamente Le chiediamo di intervenire per impedire che questa
inaccettabile ingiustizia diventi realtà.
Distintamente.
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