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Secondo messaggio dall'Ecuador di Cristiano Morsolin



ECUADOR NEWS – DIARIO N. 2

Dal vostro corrispondente in Ecuador, ecco il secondo diario di bordo...

Giovedi Claudia Ibadango (directoria della comunita’ “Cristo de la
calle” di Ibarra, dove vivo) mi accompagna a Quito a salutare Gianni e Nadia
Tarquini (coordinatori della Comunita’ Capodarco-Ecuador): e’ una
grande gioia incontrarli; la comunione e’ profonda. Fra poco rientrano in
Italia e mi piacerebbe fosse riconosciuto fino in fondo il valore del modello
di  cooperazione dal basso, di protagonismo della base che hanno costruito
insieme ai vari gruppi locali.
Monica mi ha invitato al suo paese d’origine LAUCI, 6 ore da Quito,
approfittando del ponte per la festa dell’Indipenza.
Trascorro il pomeriggio con i ragazzi lustrascarpe del nostro progetto
“Muchachos Solidarios”: oggi c’e’ la visita mensile di una copia di
giovani medici: regalano farmaci sopratutto per curare le infezioni della
pelle causate dalle pattine gras per lustrare le scarpe.
Prima di partire scriviamo gli auguri di buon compleanno per don Franco
Monterubbianesi, il nostro patriarca; Monica Silva,la coordinatrice, scrive: “Saludos a nuestros companeros italianos que los llevamos en el corazon.
Muy contenta de que Cristiano esta’ ahora con nosotros en el camino
solidario con nuestros chicos, nos motiva y motiva a los chicos a salir
adelante. La situacion ecuatoriana es critica pero el camino se hace mas liviano
si estamos juntos unidos en nuestra filosofia solidaria y de liberación.
Les auguramos el mejor de los exitos en la actividad que llevaran adelante y
nosotros tambien estaremos alli junto a ustedes con nuestras oraciones y
amistad. Que Dios bendiga sus labores y que siempre esten con nosotros. Un
abrazo solidario y les esperamos en nuestro pais chiquito pero con una
grandeza de amor.”

In autobús ho tutto il tempo per leggere il quotidiano El Hoy,
centrosinistra, che quotidianamente dedica 2 pagine alle notizie internazionali e
mi tiene collegato al mondo. Sembra che 20 anni fa (proprio quel 24 maggio
che la storia festeggia la vittoria del Pichincha dove l’esercito ribelle
capitanato da Antonio Sucre ha colpito di sorpresa l’esercito spagnolo,
passando attraverso la roccaforte del maestoso vulcano; sono aggiornato
grazie ad una telenovela che racconta la liberazione dell’oppressione
spagnola) a far cadere l’aereo che accompagnava Jaime Roldos, primo presidente
democratico e di sinistra dopo la dittatura, sia stato il goberno Usa
attraverso la Cia.
...la solita guerra a bassa intensita’ contro il comunismo... un filo
rosso che continua fino a oggi. Proprio la settimana scorsa il Washington
Times del reverendo Moon ha parlato di un possibile golpe nel Venezuela,
orchestrato contro il Presidente Chavez per eliminare un amico di Fidel Castro
che possiede quel petrolio che serve agli Usa...

A Lauci un trenino da far-west scende a zig-zag tra le gole profonde del
famoso luogo turístico: il naso del diavolo. Saliamo sul tetto del vagone
per ammirare il paesaggio naturale. Passando per il ponte il macchinista
fischia rumorosamente per ricordare il sacrificio dei tanti schiavi
provenienti dalla Giamaica, morti per costruire questo trenino ottocentesco. Gli
indios non seguono il copione da far-west, dell’assalto al “cavallo che
sputa fumo”...
Superando i cliche’ turistici, la realta’ dei popoli indigeni e’
davvero desolante. Mi accompagna Antonio, un indio della citta’ che parla
quechua e Monica porta banane, pane e formaggio da distribuire. Saliamo con
una jeep scassatissima in alto, fino al paramo a quasi 3,000 m. di
altitudine. Tra queste montagne sperdute incrociamo gruppi di mucche e pecore che
pascolano sotto la direzione di piccoli indios che giocano con i cani. Le
Ande sono tappezzate di zolle colorate, gialle per il mais, marron per la
terra arata con buoi che si inerpicano lungo pendenze rigide, verdi per quel
poco bosco rimasto a fermare l’erosione; sono fazzoletti di terra colorata
che nascondono la fatica di lavorare sotto un sole che ti brucia. 
Saliamo in cima fino alla comunita’ indígena di Oquay... Frotte di
bambini che parlano solo quechua ci danno il benvenuto rincorrendo la jeep, mi
accompagnano nelle loro chose, capanne di paglia davvero misere dove
convivono con polli e galline. A lato il governó ha costruito la casa in
cemento ma preferiscono dormire per terra nelle chose perche le frasche spesse
trattengono il caldo e difendono dal freddo pungente della notte; i loro
piccoli ponchi colorati e sporchi nascondono la timidezza e forse la
diffidenza per il gringo. Ogni gruppo di chose ha un gabinetto a parte come quello
dei nostri vecchi contadini delle contrade; la mortalita’ infantile
continua ad essere alta. Mi passa come un flash la sensazione amara di questa
miseria-esclusione che uccide la dignita’ di popoli ricchi di storia, di
saggezza, di culture ancestrali. Bisognerebbe pensare ad un progetto per
questi bimbi lavoratori, campesinos, che pascolano greggi di lama, che
lustranoscarpe e vendono bibite ai turisti anche in cima al trenino. Lasciamo il
villaggio e incontriamo un rifugio abbandonato, in parte lesionato, una
cattedrale nel deserto costruita dal gobernó centrale per la riserva naturale
della laguna di Coroqua senza l’appoggio della comunita’ locale.
Arriviamo alla laguna di  Coroqua, di origine glaciale. L’acqua ha eroso
la terra fino ad un metro e mezzo, incontrando sabbia come una piccola
spiaggia. Il vento pungente agita l’acqua  che corre lungo piccole onde. A
dieci metri dalla riva un gabbiano tutto bianco (a 3.000 m. di quota !) mi
osserva silenciosamente, quasi mi volesse annunciare che questa pace e’ un
dono di Pachamama, Madre Terra, che dobbiamo continuamente riscoprire in
noi stessi per continuare a “globalizzare la speranza”, malgrado tutto...

Passo anche per Riobamba, terra di Mons. Leonidas TAITA Proano, vescovo
degli indios, tra i padri della teologia della liberazione dal volto indio.
Incontro l’amica Amelia Morocho, 24 anni, si sta laureando in psicologia:
mi colpisce la sua tenacia nel resistere, malgrado tutto... Era
l’educatrice coordinatrice della comunita’ “Mano Amiga” per ragazzi infrattori
un’alternativa al carcere. Due mesi fa e’ fuggito un ragazzo
sospettato di homicidio e  la presidente Margarida Guevara se ne e’ lavata le mani
e la policía la voleva arrestare. Poi il ragazzo e’ ritornato indietro
ma Amelia ha preferito dare le dimissioni. Ora sta aiutando Antonio per
fondare una nuova comunita per minori con l’aiuto di Confie, coordinamento
nazionale di ong che lavorano con minori.

Ritorno nel frastuono della citta’, che sembra lontana anni luce...
Addirittura il Presidente del Parlamento Hugo Quevedo ha mandato in
vacanza per un mese il Parlamento Nazionale per evitare il rischio della sfiducia
a causa del sospetto di essere il mandante dell’attentato
all’allenatore della Nazionale di Calcio Hernan Dario Gomez (che si e’ rifiutato di
convocare il figlio dell’ex Presidente Abdala Bucaram, al centro di
interessi “mafiosi” di parte...), di essere corrotto e di compiere altre
illegalita’ in doppiopetto. 
Mons. Luis Alberto Luna Tobar, gia’ Arcivescovo di Cuenca e esponente
della Teologia della Liberazione, ha commentato : “El grado de impudor
moral y cívico que este hecho constituye en si mismo duele a la nación
consciente; es un peso mas y determinante contra la dignidad de un poder del
Estado y eso afecta a todos lo que, en cuanto ciudadanos electores, somos
parte de la autoridad moral y fundamento del poder gobernativo de quienes
dirigen la vida de la nación. Por eso nos sentimos obligados a toda forma
digna de protesta, no podemos asumir impávidamente la condicion vergonzosa
de complices. Crece en el sentido social comunitario esta molestosa
constancia. Nuestra comun pasividad tolerante, ese dejar que el tiempo cubra
miserias inaceptables, ese esperar que manana sea mejor dia que hoy y que de
todas formas nos resignemos a un presente que nos sobreviene, es una derrota
moral que no cabe en seres libres. Por esa libertad en la que esta’
esencialmente nuestra dignidad, la protesta de todos debe descalificar a quien la
merece.” (El Hoy, 2/6/2001)

Il Presidente della Repubblica Gustavo Noboa si e’ scagliato contro ong
e gruppi ecologisti che si oppongono alla costruzione di un faraónico
oleodotto di 500 kilometri che attraversera’ l’Ecuador, dalla foresta amazónica fino alla costa del Pacifico, lungo un percorso di grande valore
ecológico:”Non lascero’ che fottano il paese, l’oleodotto si fara”
ha detto Noboa che ha dato dell’ipocrita a chi “adesso si chiama verde
e prima si identificava con l’estrema sinistra”.
Accion Ecológica, un’organizzazione ecologista radicale, sta
organizando l’opposizione insieme alla ong italiana Cric- Centro Regionale
d’intervento per la cooperazione (per approfondimenti www.carta.org, e-mail del
CRIC a Quito:  amazonia@uio.satnet.net ). La maggior parte del greggio (il
bilancio statale dipende per il 46% dalle esportazioni di petrolio)
trasportato proverra’ dal Parco Nazionale Yasuni, ovvero l’ultimo blocco
petrolífero che ancora non e’ stato concesso all’industria petrolífera e
che quindi rappresenta l’ultimo angolo vergine del Parco Nazionale
piu’ importante dell’Ecuador continentale e che al tempo stesso e’ il
territorio del popolo indigeno Huaorani; inoltre il nuovo oleodotto ampliera’
la frontiera petrolífera ai boschi amazzonici del sud ecuatoriano-finora
lasciato quasi intatto- nei territori indegeni Quichua, Shuar y Achuar. L’impresa OCP ha la concessione come consorzio, di cui fa parte anche
l’italiana AGIP-Eni.

Mercoledi 30 maggio Amnesty Internacional ha diffuso il suo rapporto
annuale, sottolineando violazióni dei diritti umani anche in Ecuador: torture
e maltrattamenti per opera delle forze di sicurezza, in particolare nel
carcere di Guayaquil e anche detenzioni arbitrarie di dirigenti sindacali e
leader dell’opposizione durante il “leviantamente popular” del 21
gennaio 2000 che ha detronizzato l’ex presidente Jamil Mahuad. La prossima
settimana dovrei passare per Quito ad incontrare anche i rappresentanti di ong
e gruppi che lavorano per i diritti umani, per farvi sentire la loro
diretta opinione nella prossima lettera-news.

Il primo giugno 2001 abbiamo festeggiato anche a Ibarra la GIORNATA
INTERNAZIONALE del NIÑO, con una marcia cittadina boicottata dalle autorita’
municipali, a causa della mala organizzazione dell’Infaa (presieduta
dalla first-lady del presidente Noboa) che era interessata a inaugurare solo un
parco per porre in evidenza il proprio patrocinio.
Doña Esperanca è una mamma indígena di 28 anni che si ocupa di una
delle sei case-famiglia che formano la comunita’ “Cristo de la calle”.
Fin dall’eta’ di 8 anni lavora come domestica a servizio dei ricchi.
Ai poveri genitori campesinos viene chiesto di “regalarla”=venderla e
allora la mandano a Quito, dove cresce sola. Vent’anni dopo la realta
dell’infanzia non e’ migliorata sostanzialmente, cosippure la giovane
democracia (22 anni dalla fine della dittatura) non ha superato la fase
adolescenziale. Il Ministro del Bienestar Social Raul Patino ha difuso
l’allarmante dato del 78% de los ninos dell’Ecuador sono poveri.
In questa giornata di celebrazione del dia internacional del NIÑO,
l’incremento del lavoro minorile, le denunce di traffico di bambini verso
l’estero e il nuovo Codice de la infancia e adolescenza, sono al centro del
dibattito. Ad Ibarra manifestiamo per esigere che vengano rispettati tutti i
diritti e in particolare il diritto a vivere in famiglia con amore e
rispetto, il diritto ad una educazione gratuita, di qualita’ e senza
discriminación e il diritto a vivere in un ambiente vivibile ed eco-sostenibile.
Oltre a questo momento pubblico come comunita’ “Cristo de la calle”
abbiamo organizzato sabato una gran festa al parque “Yucocha” con giochi
di grupo; scontato riferire che la mia squadra “Las Estrellas” e’
arrivata prima nella graduatoria finale.

Martedi mattina 5 giugno si e’ svolto l’incontro di verifica
quindicinale dell’equipe degli educatori, soffermandosi sull’osservazione e nell’approfondimento di alcuni casi-situazioni-storie dei ragazzi/e dal
punto di vista sociale, educativo e psicológico. Per esempio Irving e’
particolarmente irrequieto dopo che ha vissuto in carcere con la madre.
Jonathan spesso mangia dolciumi o patatine: raccogliera i soldi chiedendo
l’elemosina? Maria Belem quando ritorna dal weekend con la famiglia accogliente
piange e chiama sempre mamma.
... I problemi, le situación difficili, le fatiche sono davvero tante
eppure la storia di “Cristo de la Calle”, accompagnata dalla passionaria
directoria Claudia, 29 anni, testimonia la crescita, il riscatto , la
liberazione di tanti ragazzi di strada. Per esempio Pajo, 18 anni, ha cominciato
a fumare a 8 anni e la sua carriera di piccolo tossicodipendente esperto
in fughe dal carcere , oltre a essere stato un rinomato ladro, e’
incredibile. Oggi la sua fiducia e’ riconosciuta al punto che fa il guardiano, la
notte, della comunita’ principale.
Ora ti saluto perche’ sta cominciando il corso per imparare l’alfabeto
dei gesti visto che la casa-famiglia di Giovanni e Licia ospita due
sorelle sordo-muto, Luzmila e Transito.
Aspetto tue notizie, scrivimi alla mia e-mail personale : utopiamo@yahoo.it
Saluti di pace da CristianoMorsolin                                      
                         
          
     Ibarra, venerdi 8 giugno 2001