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Globalizzazione Indotta e Pensiero Maya
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- Subject: Globalizzazione Indotta e Pensiero Maya
- From: "Comit. Intern.sta Arco Iris" <ale.ramon@numerica.it>
- Date: Fri, 10 Mar 2000 13:25:45 +0100
Riceviamo e Diffondiamo:
Da Jotaytzij* - febbraio 2000 (N°10)
Pensiero Maya e Globalizzazione
Viviamo tempi in cui l'essere umano è potuto arrivare a scoprire molte più
cose decisive in quanto alla scienza, che in tutto il resto della storia
dell'umanità.
L'alto sviluppo della tecnologia di punta come sono l'informatica, la
costituzione di sistemi complessi di comunicazione mondiale,
l'utilizzazione di robots nei processi produttivi, la miniaturizzazione, i
nuovi conduttori ed i nuovi materiali, hanno avuto un effetto qualitativo
nella nuova organizzazione mondiale dell'economia, come mai prima d'ora
avevamo visto nel pianeta.
Siamo di fronte ad un mondo diverso, di fronte a realtà diverse, di fronte
ad un nuovo modello di organizzazione economica, tecnologica e
amministrativa, praticamente generalizzato in ogni luogo, battezzato col
nome di globalizzazione. Ancora una nuova fase sembra poi svilupparsi con
il processo, già avviato, dell'ingegneria genetica.
Fino a pochi anni fa, uno dei principi fondamentali della politica
internazionale assicurava la prosperità economica alla capacità che avrebbe
avuto quella nazione di fare sentire la propria potenza militare
all'estero. Oggi sembra che tutto ciò sia terminato, il potere militare già
non è il simbolo del potere economico, al contrario, potrebbe comportare
una rovina economica.
I teorici della globalizzazione associano questo processo ad un tipo di
nuova modernizzazione, destinata, secondo loro, a promuovere la qualità
dell'esistenza, a garantire fonti di ricchezza all'interno dell'economia di
mercato, la fede nell'individuo, l'alto sviluppo dell'elettricità, della
meccanica, della chimica e dei computers. Inoltre, si dice che questa
garantirà il liberismo economico e politico, così come la creazione di una
identità sovranazionale, con molti attori ma con un solo direttore.
Per queste ragioni la globalizzazione costituisce un processo di
mondializzazione che trascende i limiti del campo economico, con
implicazioni culturali che colpiscono direttamente l'insieme delle attività
e delle istituzioni che i diversi Popoli e culture hanno prodotto nel corso
della loro esistenza.
I nostri paesi vengono obbligati a convertirsi in mercati privilegiati per
la collocazione dei capitali e degli investimenti che mediatizzeranno quasi
tutti i bisogni delle nostre popolazioni e del nostro habitat naturale.
L'America Centrale, per essere una regione di paesi economicamente
dipendenti, stà già affrontando un processo di regionalizzazione senza
integrazione, il cui referente principale sono gli Stati Uniti del
Nordamerica, paese che ha aumentato le proprie esportazioni verso i nostri
paesi, mentre la nostra regione si è vista diminuire la percentuale di
esportazioni verso quel paese.
Per queste caratteristiche dipendenti appare un nuovo concetto: la
"globalizzazione indotta", personificata e protagonizzata in ogni regione o
paese da oligarchie privilegiate che, nei loro discorsi ed appelli,
enfatizzano la necessità di affrontare l'epoca delle sfide e delle
opportunità.
Tuttavia, nella pratica prevalgono i processi di precarizzazione ed
esclusione della forza lavoro, lo spopolamento delle campagne, la falsa
"femminizzazione" del mercato del lavoro, nuove forme di povertà, la
depersonificazione, la disintegrazione delle culture originarie e la loro
uniformazione alla logica del mercato, oltre ad una debole protezione per
il consumatore, per il lavoratore e per la natura.
La globalizzazione, nel privilegiare i processi economico-finanziari,
all'interno di un quadro di libertà di commercio globale che cerca di
massimizzare i guadagni e promuovere il consumo di prodotti poco costosi,
genera una ideologia che assume come fondamento il fatto che gli esseri
umani ed il pianeta staranno meglio se il mercato globale si separerà da
considerazioni etiche, sociali ed ambientali.
A questi livelli, è impossibile che qualche paese o nazione possano
rimanere al margine di questo colossale processo mondiale; e dal momento
che non possiamo rimanere staccati, è importante domandarci con quali
qualità, con quali fondamenti e con quali argomenti possiamo incorporarci
senza attendere che ci incorporino. Forse, oggi più che mai, le nostre
culture e le nostre esperienze devono dimostrare la loro radice, la loro
identità, la loro fluidità, la loro apertura il loro antidogmatismo.
I Nostri Popoli sono chiamati a manifestare la loro volontà creativa, la
loro iniziativa, le capacità di trasformazione, le qualità organizzative,
le curiosità ed i loro talenti.
Siamo venuti alla Madre Terra - dice l'anzianità maya - per arricchire e
dare oggettività alla nostra storia, per ampliare l'orizzonte della
cosmovisione, dei nostri Popoli e di tutti i nostri simili.
In questi vertiginosi tempi di evoluzione nazionale e mondiale,
probabilmente, queste parole dei nostri nonni, nel cui contenuto troviamo
livelli di apertura, tolleranza, discernimento e riflessione, possono
servirci come strumento per considerare alternative, scelte e opportunità
e, così, servirci da supporto per generare una nuova mondovisione.
Sebbene la globalizzazione costituisca una manifestazione palpabile nel
nostro continente e senza dubbio in America Centrale, la sua meta finale
(rispetto alla qualità della vita) è molto lontana dal soddisfacimento dei
bisogni fondamentali delle nostre popolazioni, dal generare una ampia
occupazione, dal ridurre gli indici di povertà e dalla promozione di
politiche destinate ad assicurare uno sviluppo umano con giustizia sociale.
Ciò è così perchè l'impulso vitale della globalizzazione si basa nella
strutturazione e nella pratica delle cosiddette politiche neoliberiste, le
quali mettono sempre sulla bilancia l'ottenimento di più o meno elevati
guadagni. E' sotto questo pensiero che si orientano i nostri livelli di
"qualità della vita".
Ogni volta e sempre più i nostri governi stimolano e promuovono strumenti
basati esclusivamente sul mercato e sulla razionalità economica. attraverso
questo percorso è però impossibile costruire la democrazia, la pace, la
riconciliazione e la governabilità.
Nel mezzo della straordinaria competività tra gli individui è impossibile
il funzionamento di politiche di governabilità, impossibile fino a che,
nella solitudine del mercato dove tutti ci troviamo isolati gli uni agli
altri, dobbiamo combattere esasperate lotte nella mediazione dei prezzi.
Nella transazione del mercato globalizzato non ci sono scenari per
discutere della qualità della vita, del bene comune o della giustizia
sociale; neanche ci sono opportunità per il dialogo, per la discussione e
per il dibattito tra dieci, quindici o cento persone, come invece facciamo
noi, nei nostri consigli, nelle nostre organizzazioni e nelle nostre
famiglie, quando affrontiamo i problemi della società, del villaggio, del
cantone o del quartiere.
Nella transazione di mercato l'unica cosa che interessa è dove si guadagna
di più, dove si perde di meno, dove si può ottenere una manodopera meno
costosa. Non importa l'esercizio democratico e la qualità della vita per le
nostre popolazioni. Invece di un orizzonte di relazione comunitaria e di
bene comune, si propizia la depoliticizzazione delle azioni pubbliche, si
impegnano gli stati a porre fine alle politiche pubbliche per l'educazione,
la salute, la sicurezza sociale, l'ambiente e la sicurezza civile, per
esempio.
Non è quindi casuale che coloro che si oppongono alle pratiche di
governabilità politicizzate, esprimano la necessità di depoliticizzare le
discussioni, o meglio, che queste debbano essere distaccate dall'ambito
ideologico, perchè così, possano convertire i problemi politici ed
ideologici, in semplici problemi di ordine tecnico.
In questo modo, la tecnologia, pericolosamente, inizia a determinare il
destino delle nostre vite e con questo, saranno i tecnici che assumeranno
la responsabilità di prendere decisioni, rispetto alla nostra qualità della
vita ed allo sviluppo umano:
"... bhè, guardi, questa è una decisione tecnica, non c'è ragione per cui
discutere", si sente dire dove marcia la globalizzazione.
La confluenza della globalizzazione e del neoliberismo, fino a che
aspireranno in assoluto a dominare meglio le forze naturali per il maggior
benessere delle minoranze privilegiate, per aggiudicarsi l'egemonia
intellettuale della società e per assegnare alla ragione l'esclusività (ai
danni della vasta gamma dell'esperienza che corre per altre vie), non
ammetteranno mai nella pratica la discussione, il dialogo ed il dibattito
politico.
Però, è anche chiaro che i nostri Popoli da sempre possiedono i loro propri
concetti rispetto alla felicità, al progresso ed alla convivenza umana; i
nostri avi maya coltivavano la personalità, la ricerca nella natura delle
cose, la sincerità dei propositi e l'estensione delle frontiere della
conoscenza.
Insieme a questa antica sapienza convivono le antiche facoltà, però
probabilmente, per lo sviluppo abbagliante della scienza moderna, possiamo
pensare che le nostre culture siano inferiori di fronte a quelle delle
grandi nazioni.
Nei tempi antichi, gli avi costruirono grandi opere, alcune delle quali
sono servite ad altre culture e popoli, nella dieta dei loro abitanti,
nello sviluppo e nella proiezione della moderna astronomia,
nell'ampliamento delle conoscenze umane sul tempo e sulla condotta umana e,
certamente, la nostra relazione con il cosmo oggi fiorisce in diversi
programmi di ecologia e natura a livello mondiale.
In questa direzione, i nostri Popoli sono stati capaci di dimostrare che
alla ragione risulta impossibile dominare tutto, e perciò, abbiamo assunto
la responsabilità di indirizzarla attraverso i sentieri del sentire, del
sacro e delle emozioni.
Senza sentimenti non c'è fratellanza, senza la componente sacra nessuno può
rispettare la natura sebbene abbia volontà e senza emozioni hanno termine
le esperienze e si codificano le coscienze, impedendo la conoscenza di se
stessi, per conoscere gli altri.
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JOTAYTZIJ* è una pubblicazione del Cholsamaj (membro del Consejo de
Organizaciones Mayas de Guatemala) [E-mail:cholsamaj@micro.com.gt]
* neologismo di lingua "Kaqchikel", formato da "Jotay", la cui traduzione
letterale significa germoglio, sviluppo e "Tzij" che invece significa
parola, idea, pensiero. Contestualmente: Sviluppo del Pensiero. Sviluppo
fondamentale in una società multietnica dove si cerca il rispetto dei
diritti individuali e collettivi.
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